IN VISTA DELLE REGIONALI VANNO CONSIDERATI I "NOMADI INTELLETTUALI E CREATIVI" D'ISPIRAZIONE LIBERALE;
Elezioni

AVVISO AI MESTIERANTI DELLA POLITICA
OCCHIO AI PANDEMIALS, I NUOVI ELETTORI

di MAURO ALVISI – In Italia è nata una nuova “classe ultra economica” di nomadi intellettuali e creativi che crede e investe in una vita più libera e liberale. Dopo la reclusione coatta, frutto di una idea bolscevica, antieconomica e socialmente esplosiva della lotta al virus. Il Paese si sta riappropriando di una narrazione liberale, di una voglia di Nomadland da oscar elettorale. C’è voglia di on the road, di autostop del consenso, di salire a bordo di nuovi raggruppamenti. Soprattutto c’è voglia di partire con un partito che faccia ripartire.

Under 35 e over 55, Millenials in carriera e Boomers adultescenti, la minoranza e la maggioranza demografica italiana formano la nuova classe trasversale dei pandemials, i nuovi esploratori del consenso, futuri Indiana Jones delle urne. Altro che maggioranza silenziosa. Questa idea di voto liberale e liberante ha un potenziale devastante e non ancora intercettato. Sondaggi classici (come quelli condotti di recente da Antonio Noto) e monitoraggi scientifici del dialogo digitale (quelli che conduco da anni) arrivano alle stesse conclusioni. Fallite, con milioni di vittime, le narrazioni dell’idea fascista e comunista, è la nuova narrazione liberale a bussare prepotentemente alle urne. Una domanda politica non più latente che reclama una pronta offerta, distante dal giocare a fascisti e comunisti, coesa e chiara nei termini d’ingaggio. La pensa così un italiano su due. La voterebbe un italiano su tre. È un’Italia di nuovo alla “Viva l’Inghilterra” di Baglioni, non più figli dei fiori ma degli usciti fuori dal Covid19, che identifica stranamente la Perfida Albione come la più liberale delle nazioni, insieme ai Paesi Bassi e a quelli Scandinavi.

Questi tanti italiani ora si destano, come nell’inno di Mameli, vedono in Mario Draghi una forma tecnica efficace, quindi largamente incompiuta, dell’idea liberale. Donne e uomini europeisti (di recente lo sono diventati tutti) che non si sentono rappresentati dai vecchi schieramenti. Si collocano al centro con decisa inclinazione al centro destra, restando inclusivi anche di una minoranza liberale della sinistra, dove collocano Italia Viva e Calenda. Hanno di nuovo una visione neo rinascimentale e No Linkedin del loro Paese. Più cose sai più puoi fare, dare, vendere, comunicare e vivere. Despecializzati ma capaci di vera sintesi creativa, allenati dalla pandemia a riconoscere l’innata capacità adattiva italiana. Il mito della scalata sociale non li riguarda più. La pandemia li ha fortificati, nel loro stato di tardo adolescenza e di adultescenza, sono una fraternità di sconosciuti che fondano una sorta di nuovo nomadismo razionale del saper fare ed essere.

Plurilaureati o piccoli imprenditori, consulenti o barman, cuochi o scrittori, imprenditori o giornalisti, fotografi o insegnanti, commesse dei centri commerciali o grafici digitali e i tanti professionisti non riconosciuti. Gente che deposita i propri averi nel cloud e non in cassaforte, che quando si parla di politica cercano di nuovo la solidità di un partito. Sempre meno movimentisti e anti casta, con una paritetica distribuzione tra Nord, Centro e Sud del paese.

Figure politiche di alto rango come quella di Vincenzo Zoccano (già vice ministro a Famiglia e Disabilità nel governo Conte1), attivista da sempre per i diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie, il quale ha affermato:«Sull’importanza di rappresentare senso e consenso liberale di un universo di 7,5 milioni di persone con disabilità in Italia andrebbe riposta grande e maggiore attenzione. Una tematica trasversale, un indicatore di eccellenza civica e innovazione sociale, che tocca temi quali l’accessibilità ai servizi, al territorio e alle strutture, che assume un peso strategico in ambito turistico, economico e culturale, che traccia una linea di demarcazione tra Paesi avanzati e terzo mondo».

Occorre stanare allora questo nuovo nomadismo liberale, delineando l’identikit di molte potenziali personalità, nazionali e locali, capaci d’incarnarlo. Intanto sta per nascere una Fondazione che abbraccia Mediterraneo e Atlantico con un suo Centro Studi, attivo dal prossimo settembre, che lancerà in autunno un’Alta Scuola di Politica e Strategia di Governance del Territorio. Territorialità nel fare rete funzionale tra imprese e cittadini, comunicazione e informazione della rinnovata passione e strategia liberale sono i loro due pilastri. Rimettere le proposte e non le figure politiche al centro del vissuto democratico italiano, Euro Mediterraneo e Atlantico, con un programma articolato di riforme e un’agenda politica non a scadenza semestrale, a sostegno e sostenibilità di ogni emergenza ed eccellenza italiana Italia  da riposizionare come nuovo motore dell’Europa e nel mondo. Un impegno a tutto campo che non consegni l’idea liberale, cosi ambita e attesa, nelle mani di una tecnocrazia pseudo liberale, dove il voto non sia più l’ossessione quanto non lo sia mai più il suo continuo, quasi eterno rinvio. (ma)

[Mauro Alvisi è libero docente ed esperto di scenari socio-politici]