IMPIANTI OBSOLETI, MALFUNZIONANTI E SPESSO TROPPO VICINI AL MARE, CON CONSEGUENZE IMMAGINABILI;
Quando la depurazione non funziona

È IN CRISI LA DEPURAZIONE IN CALABRIA
PROBLEMA TRASCURATO, NON RINVIABILE

di GIOVANNI MACCARRONE Nei giorni scorsi l’associazione ambientalista Legambiente ha presentato durante una conferenza stampa i dati finali di Goletta Verde 2025 sul monitoraggio effettuato lungo le coste della Calabria tra la fine di giugno e l’inizio di luglio.

Come ogni estate, anche quest’anno i volontari di tale associazione sono saliti a bordo di un’imbarcazione a vela (la famosa “goëlette”, che è un tipo di nave dotata di due o più alberi) e nei mari che circondano la penisola italiana hanno prelevato e analizzato circa 500 campioni d’acqua ed eseguito su ognuno di essi le analisi previste dalla legge.

Finora in Calabria sono stati analizzati 23 punti. Di questi, tredici (13) risultano “oltre i limiti di legge” (con 9 casi classificati come “fortemente inquinati” e 4 come “inquinati”).

I dati relativi al monitoraggio effettuato in Calabria indicano sostanzialmente che circa il 57% dei punti campionati risultano inquinati o fortemente inquinati.

Da uno a dieci, quanto siete sorpresi di sapere che oltre la metà dei punti campionati da Legambiente risultano fuori limite e, soprattutto, che “risultano fuori limite da anni”.

Guardando attentamente o considerando attentamente tutto quello che è avvenuto negli anni in Calabria, non c’è nulla di inaspettato o sorprendente.

Lo abbiamo già detto su questo quotidiano digitale nell’articolo dello scorso anno intitolato “Il problema del mare non è solo estivo. Tutelare questa risorsa ogni giorno” che sono decenni che il mare è diventato una sorta di sversatoio, con evidenti danni sull’ecosistema e palesi ripercussioni sulla salute umana.

Quindi, tutti questi dati emersi dai controlli di Goletta Verde non ci sorprendono affatto, ma anzi servono solo a confermare quello che ciascuno di noi pensa, oramai da anni, sullo stato di salute del mare che circonda le coste calabresi (e non solo), vale a dire che la presenza di chiazze e macchie nel mare non sono in alcun modo dovute a fenomeni naturali come mucillagini o fioriture di fitoplancton, ma a cause di inquinamento. 

Quello che invece ci lascia un po’ perplessi è leggere che – secondo la Presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta – «le criticità su cui agire sono ormai note: chiediamo alle amministrazioni di imprimere una forte accelerazione per garantire un’adeguata depurazione delle acque reflue e tutelare ambiente e cittadini».

Certo, il problema dei depuratori in Calabria è effettivamente un problema storico e diffuso, radicato nel tempo. Lo abbiamo già segnalato su questo quotidiano lo scorso anno, quando nell’articolo intitolato “Maladepurazione, in Calabria ci sono ancora molti centri privi di impianti”, si è rappresentato che la mala-depurazione, come spesso viene definita, si manifesta frequentemente con impianti obsoleti, malfunzionanti e posizionati in zone vicino al mare. In molti casi, addirittura, i depuratori non esistono.

È un problema che, evidentemente, in tutti questi anni nessuna amministrazione è riuscita o voluto mai risolvere; e ciò nonostante il conseguente e ripetuto invito a prendere in seria considerazione provvedimenti di fatto e non solo annunciati.

Comunque sia, è certo che, per superare le criticità emerse anche quest’anno, non è sufficiente intervenire solo sugli impianti destinati al trattamento delle acque reflue (chiamate anche acque di scarico), ma necessita di agire o intervenire in modo simultaneo (o in tempi diversi) sulle altre fonti e cause dell’inquinamento delle acque marine. 

Il mare – come ben sappiamo – è un grosso contenitore dove vengono convogliati ed immessi i prodotti finali di molti processi e attività che sono sviluppate in città, in campagna (agricoltura) e nelle industrie

Pertanto, è semplice intuire che in esso vanno spesso a finire materiali di diverso genere; si pensi, ad esempio, a tutti i materiali non biodegradabili (sacchetti di plastica, polistirolo, spazzatura di vario genere ma anche reti e lenze abbandonate) oppure a tutte le acque reflue provenienti spesso da reti fognarie inadeguate e scarichi abusivi.

Bisogna intervenire subito, E bisogna farlo energicamente e sapendo che il problema dell’inquinamento delle acque marine calabresi non è legato solo ed esclusivamente all’inadeguatezza degli impianti di depurazione delle acque reflue, ma anche ad altri fattori.

Di ciò si era perfettamente reso conto anche il Presidente della regione Calabria, il quale con l’Ordinanza contingibile e urgente n. 1 del 07.07.2023 aveva sostanzialmente individuato – sebbene a metà estate – tutte le cause di inquinamento delle acque marine calabresi.

Con tale Ordinanza, in pratica, la Regione aveva preso atto che: – il sistema fognario e depurativo del territorio calabrese presenta persistenti criticità che hanno determinato la violazione della direttiva comunitaria sul collettamento e trattamento delle acque reflue urbane con 181 agglomerati superiori ai 2.000 abitanti equivalenti in infrazione comunitaria; – prevengono continue segnalazioni che documentano gli effetti sulle acque marino-costiere – in prossimità della foce di fiumi e torrenti, di canali tombati destinati alle acque bianche, di fossi di scolo delle acque meteoriche superficiali – degli illeciti sversamenti che, in talune circostanze, hanno determinato la necessità di inibire la balneazione e la fruizione dei luoghi; – dall’analisi condotta dalle competenti strutture regionali sulla presenza e distribuzione di utenze non allacciate alla pubblica fognatura nel territorio regionale è emersa la necessità di strutturare un sistema complessivo e coordinato di attività coinvolgendo tutti i soggetti competenti nonché le forze di polizia ambientale e, a tal fine, è stato approvato il Piano d’azione di cui alla D.G.R. n. 280/2023.

Devo dire che era una check list abbastanza completa, un elenco di fonti o cause di inquinamento delle acque marine calabresi che dovevano essere assolutamente e velocemente eliminate per ridurre al minimo le alterazioni ambientali di cui ha fatto cenno Legambiente.

Cosa sia avvenuto successivamente non è dato sapere. Di certo è che l’Ordinanza non andava emanata nel mese di luglio, quando praticamente la stagione balneare in Calabria era già ampiamente iniziata (di solito inizia ufficialmente il 1° di maggio).

Ed è altrettanto certo che tutte quelle criticità non dovrebbero essere affrontate solamente durante la stagione estiva, ma tutto l’anno. Altrimenti si corre il rischio di vedere le cose ulteriormente peggiorate.  Per impedire che ciò avvenga, tutte le istituzioni che operano a livello nazionale e regionale per la tutela dell’ambiente devono, ciascuna per la loro parte, adoperarsi affinchè le cause che in qualche modo determinano le alterazioni dell’ambiente vengano eliminate o, in qualche modo, diminuite.

Ricordiamo a tal fine la sentenza n. 51721979 delle Sezioni Unite della cassazione, la quale precisa che il “diritto alla salute deve essere identificato con quello dell’ambiente, la cui protezione è un diritto fondamentale e inviolabile della persona umana”. Per cui, in caso di inerzia di una di queste istituzioni, bisogna inevitabilmente fare ricorso al potere sostitutivo previsto all’art. 120 della Costituzione italiana.

E che Dio ce la mandi buona. Mah. Speriamo bene. (gm)