«Non è maltempo, è crisi climatica», hanno ribadito Legambiente Calabria e il Circolo Legambiente Lamezia, sottolineando la necessità di «attuare la corretta transizione ecologica e mettere in sicurezza i territori fragili».
«In Calabria i comuni di Maida e di San Pietro a Maida sono isolati per l’esondazione di un torrente – si legge nella nota – ed il crollo del ponte stradale che lo attraversava, sulla strada SS280, una delle principali arterie della nostra regione, si è aperta una vera e propria voragine che ha inghiottito un’autovettura. Ci sono forti disagi nella circolazione oltre a case ed immobili commerciali allagati».
«Si parla di maltempo, ma siamo di fronte agli effetti della crisi climatica che stanno diventando sempre più accentuati e frequenti – ha sottolineato Legambiente – ed hanno subito un esponenziale incremento in intensità, evidente a tutti, che deve preoccuparci per la velocità di evoluzione. Dagli ultimi dati Arpacal, le piogge registrate nella stazione pluviometrica Catanzaro-Janò, dalla mezzanotte sino alle ore 17 del 19 ottobre, sono state di 102mm, una quantità di acqua pari a quella che si registra in tutto il mese di ottobre in media nella stessa area. Analizzando gli eventi climatici estremi che si sono verificati in Calabria, dal 2010 al 20 settembre 2024 si registrano 105 eventi su 2.214 totali in Italia. Tra questi, i principali riguardano 41 allagamenti da piogge intense, 28 danni da raffiche di vento e trombe d’aria, 13 danni alle infrastrutture, 9 frane da piogge intense e 18 vittime».
«I territori calabresi, come altre regioni a partire dall’Emilia Romagna, con i suoi tragici eventi alluvionali – continua la nota – stanno subendo stravolgimenti climatici che impongono di intervenire in fretta per mettere in sicurezza le persone, le attività agricole, commerciali e industriali, le scuole, gli ospedali, le infrastrutture. Soprattutto in Calabria dove spesso si è costruito troppo, male, in maniera abusiva e senza adeguati controlli per quanto riguarda le infrastrutture».
«L’obiettivo fissato dagli accordi di Parigi del 2015, di contenere l’aumento di temperatura del Pianeta al massimo 1,5, sembra già una chimera – hanno rilevato Legambiente e il Circolo di Lamezia –. I dati ci dicono che in Calabria, la scorsa estate, la temperatura è aumentata di oltre 2 gradi rispetto alla media e che quella del mare Mediterraneo ha superato i 30 gradi con la possibilità sempre più concreta di sviluppo dei Medicane, i cosiddetti uragani mediterranei».
«Si tratta di record destinati, purtroppo, ad essere superati – hanno detto –: per il futuro ci attende un’alternanza di ondate di calore ed eventi meteorici estremi. La siccità prolungata che ha colpito negli ultimi mesi gran parte della nostra regione con effetti gravi sul settore agricolo è l’altra faccia della medaglia delle precipitazioni atmosferiche alluvionali che stanno impattando sul fragile territorio calabrese. La realtà temuta che le istituzioni non vogliono vedere nella sua chiarezza, sta irrompendo con tutti i suoi effetti negativi trovando, nonostante annunci e dichiarazioni, quasi tutti impreparati agli impatti crescenti sul clima e sugli ecosistemi, sui luoghi e sulle popolazioni che vi risiedono».
«La realtà sta dimostrando che è indispensabile – hanno sottolineato – cambiare modello di sviluppo e realizzare, molto velocemente, la transizione ecologica per raggiungere, nella maniera più celere possibile, la neutralità climatica, azzerando l’emissione di gas climalteranti in atmosfera. Un obiettivo per il cui raggiungimento è essenziale il settore energetico nel quale è indispensabile uscire dalle inquinanti fonti fossili e costruire impianti di energia rinnovabile piccoli e grandi, lavorando, allo stesso tempo sulla riduzione dei consumi e sull’efficientamento energetico».
«In Calabria moltissimo deve essere ancora fatto – hanno proseguito – per la reale riduzione del rischio idrogeologico, ma servono interventi per mitigare gli effetti della crisi climatica ed adattare territori e città con appositi piani mettendo in atto competenze e tecnologie. Servono appositi programmi strutturali di finanziamento ed intervento per le aree urbane più a rischio – come Lamezia Terme – con interventi di messa in sicurezza e manutenzione che arrivino fino alla delocalizzazione degli edifici a rischio».
«In Italia, infatti – hanno detto – si continuano a correre rischi enormi, fino alla perdita di vite umane, perché le persone vivono in case e zone a rischio dove si continua anche a costruire. La situazione è molto pericolosa, basta pensare alla tombatura dei corsi d’acqua ed alle costruzioni realizzate in zone a rischio idrogeologico o in aree non consentite. Le soluzioni non possono prescindere dalle problematiche, alluvioni e siccità, con l’obiettivo di mitigare le emissioni climalteranti e favorire l’adattamento».
«In una prospettiva di adattamento al clima, ad esempio – hanno concluso – vanno vietati gli intubamenti dei corsi d’acqua e recuperati alla naturalità ovunque possibile fiumi e fossi, creando spazi per il naturale deflusso in sicurezza delle acque durante le piogge e la ricarica delle falde, occorre favorire la permeabilità dei suoli ed il riutilizzo delle acque piovane e delle acque grigie, eliminare le isole di calore. È necessario ripensare le città ed i comuni rigenerandone il tessuto urbanistico, ad esempio con la creazione di tetti verdi, vasche e fontane per ridurre l’aumento delle temperature esterne oltre alla messa a dimora di alberi in strade e piazze ed alla realizzazione di boschi urbani». (rcz)