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LETTERA APERTA / Storia di una giornata di malasanità tra disservizi e attese disumane

LETTERA APERTA / Storia di una giornata di malasanità tra disservizi e attese disumane

di GIOCONDA CACCIA – Ci sono giornate destinate ad entrare negli annali dei ricordi, purtroppo anche di quelli spiacevoli. Nella giornata del 5 agosto, di buon mattino, ho portato mia mamma, 90enne, al policlinico di Germaneto per effettuare dei prelievi.

Mentre ci accingevamo ad entrare nella struttura sanitaria, la porta automatica si è chiusa all’improvviso causando una rovinosa caduta di mia mamma, la quale ha sbattuto  violentemente il capo a terra, con esiti imprevedibili. Anche su suggerimento di quanti hanno prestato i primi soccorsi, abbiamo pensato di approfondire gli effetti della caduta facendo ricorso al pronto soccorso dell’Ospedale di Soverato. Qui siamo giunti alle 14 circa, ed il triage ha assegnato a mia mamma il codice arancione (secondo le linee guida ministeriali si riferisce ai casi di urgenza indifferibile, ed il cui tempo massimo di attesa, per la presa in carico, è fissato 15 minuti). 

All’arrivo in pronto soccorso dell’ospedale di Soverato abbiamo trovato una sala d’attesa con  circa 10 pazienti, in buona parte alle prese con problematiche di cadute e, che quindi, avrebbero avuto necessità di essere portati in tempi celeri nei servizi appositi (radiologia ed ortopedia) per i necessari approfondimenti diagnostici. Non sempre, però, ciò che appare scontato, specie nelle nostre strutture sanitarie, viene utilizzato per snellire tempi e procedure.

Con il passare del tempo, sebbene non si siano, fortunatamente, registrati accessi per incidenti stradali o altre calamità, i tempi di attesa si sono inspiegabilmente dilungati a dismisura. Le visite dei medici del pronto soccorso hanno viaggiato a passo di lumaca, circa 1 paziente ogni 70 minuti. Alle comprensibili rimostranze di quanti (pazienti e familiari) erano in sala d’attesa, la risposta delle figure sanitarie presenti era  sempre la stessa: «dovete attendere stiamo lavorando».

Non è nostra intenzione sindacare sul lavoro altrui,  ma  quando si parla di interventi di pronto soccorso pare evidente che la variabile tempo debba avere priorità assoluta per misurare la qualità del lavoro dei medici ed infermieri coinvolti. Per l’esperienza da noi vissuta, pare quanto mai opportuno intervenire sul corretto utilizzo delle risorse, umane e tecnologiche di cui anche l’ospedale di Soverato dispone.

Spesso dietro la frase fatta, non c’è personale a sufficienza, si tende a mascherare anche forti limiti organizzativi che dovrebbero essere invece superati. A conferma di tale osservazione, non appena alle ore 20 è scattato il cambio dei professionisti, la squadra subentrante è stata quanto mai celere nel visitare i pazienti e predisporre gli interventi diagnostici entro poco tempo. Anche mia mamma ha fatto parte di questo gruppo e, dopo oltre 8 ore di attesa, è stata visitata da una dottoressa, gentile e competente.

Siamo usciti dal pronto soccorso dopo le ore 22, un tempo disumano per chiunque, ma specie per persone fragili, su cui sarebbe doveroso intervenire. In Calabria non deve vincere la rassegnazione, e chi ha responsabilità faccia la propria parte. (gc)