di ALESSANDRA BALDARI – Stupisce e sconcerta l’ennesimo spot del Commissario ad acta per il Piano di rientro dal debito sanitario della Calabria, presidente Roberto Occhiuto.
Ancora una volta, il presidente, forse per giustificare le prescrizioni e reprimende contenute nell’ultimo verbale dei Ministeri affiancanti riguardo la mancata garanzia dei Lea, e in particolare le somme non spese e le mancate assunzioni, esterna dichiarazioni preoccupanti, velate di minacce, sottendendo che nelle Aziende Sanitarie e Ospedaliere della Calabria vi sia un numero esorbitante di lavoratrici e lavoratori illecitamente dichiarati inidonei.
Lo fa riferendosi agli infermieri e non per le altre figure professionali che, invero, probabilmente ci sono. Ma nel farlo, in primis, esprime una grossolana inesattezza, affermando che questi dipendenti “non lavorano” e questo, se fosse davvero così, chiamerebbe in causa pesanti responsabilità aziendali che consentono ad un numero esorbitante di persone di non contribuire alla vita delle Aziende così in sofferenza proprio per mancanza di personale.
Ma l’aspetto più sconcertante di questa vicenda è che il Commissario possa ignorare, e nulla abbia fatto in tutto questo tempo di governo e risanamento del servizio sanitario regionale, quali siano i compiti e i doveri del datore di lavoro circa gli adempimenti di sorveglianza sanitaria prescritti dalla legge che comprendono “l’insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”.
Per brevità, nel richiamare il D.lgs 81.08, ci permettiamo di precisare che il medico competente che effettua la sorveglianza sanitaria è nominato dal datore di lavoro e sulla base degli esiti anche diagnostici elabora il giudizio di idoneità relativo alla mansione e lo consegna al lavoratore e al datore di lavoro. I giudizi possono essere di idoneità, inidoneità parziale con limitazioni, inidoneità temporanea, quindi da rivalutare, e inidoneità permanente.
Proprio quest’ultima fattispecie contempla che se il lavoratore non è ritenuto clinicamente in grado di svolgere la sua attività, il datore di lavoro, in accordo con il medico competente, deve provvedere ad effettuare il cambio di mansione, o a trovare una collocazione adatta al rispetto delle prescrizioni mediche.
La legge, inoltre, prescrive che gli adempimenti di sorveglianza sanitaria siano effettuati una volta l’anno, proprio per sorvegliare i lavoratori da valutare o che siano stati già valutati e le cui condizioni di salute siano da rivalutare per confermare o rivedere i giudizi emessi dal medico competente.
E, invece, la realtà delle Aziende calabresi, che anche da questo punto di vista non brillano per corretta applicazione della legge a conferma delle criticità gestionali, costruite ad arte o per mera insipienza, evidenzia che la sorveglianza sanitaria non rispetta i tempi e le modalità che la legge prescrive. Conosciamo casi in cui le visite del medico competente non sono proprio programmate a cadenza annuale, anzi che vengono effettuate a scadenze improbabili (in alcune aziende anche dopo 10 anni e a richiesta del lavoratore).
Infine, il Commissario dovrebbe essere consapevole che la violazione di questa legge prevede pesanti sanzioni sia per il datore di lavoro (lui stesso o i Commissari e Direttori generali da lui nominati?) che per il medico competente che vanno dall’arresto a congrue ammende pecuniarie.
In sintesi, come più volte abbiamo dichiarato, riteniamo che se la situazione è così grave vi siano aspetti non imputabili alla volontà delle lavoratrici e dei lavoratori, vi è una prima grande responsabilità del datore di lavoro che non applica e non rispetta la legge e ci sarebbero gli estremi per ricorrere agli organi di vigilanza ispettiva, poi ci sono anche aspetti di inerzia gestionale da parte delle Aziende che in caso di inidoneità permanente non hanno consequenzialmente provveduto ai cambi di qualifica, ma probabilmente hanno semplicemente ricollocato e redistribuito il personale interessato presso altri servizi. In tal caso, se non fosse possibile il cambio di qualifica sarebbe sempre possibile dichiarare l’esubero debitamente motivato, anche perché va tenuta in giusta considerazione l’elevata età media del personale sanitario dopo il decennale blocco delle assunzioni che, come in qualsiasi altra classe di lavoratori, può contemplare l’insorgenza di malattie dovute all’età, oltre a quelle professionali che, invece, sono collegate alla condizione usurante di lavori particolarmente gravosi in assenza di turni adeguati e spesso di mancanza di strumenti di supporto.
Non neghiamo evidentemente che ci possano essere casi di inidoneità costruita ad arte per favorire legami di clientela con la politica o areee di potere che si affermano dentro le aziende anche con queste modalità, ma in tal caso vanno perseguite e questo è possibile farlo solo attraverso la puntuale applicazione della legge che ad oggi presenta invece falle ampie di inadempimenti che aprono i varchi alle situazioni illegittime la cui responsabilità non è ascrivibile alle lavoratrici e ai lavoratori, facendo di tutta l’erba un fascio, ma a chi governa le Aziende e a chi dovrebbe esercitare il controllo su tale governo.
Tutto ciò ricade sui professionisti che continuano a garantire i servizi con sacrifici immani e sui cittadini in relazione alla quantità e qualità dei servizi, per questo non smetteremo di lottare per cambiare questo sistema dal quale emerge sempre più chiaramente che la mancata volontà di governo e l’approssimazione generano buona parte dei disservizi e della mancata erogazione dei servizi a garanzia di diritti costituzionalmente garantiti. (ab)
[Alessandra Baldari è segretaria generale Fp Cgil Calabria]