di ANGELINA DE SALVO – Reggio Calabria è una città di mare e dovrebbe avere anche una vocazione turistica. Io non mi spiego come i reggini possano sporcare un loro bene e come oltre a tenere chiuso un tapis roulant in centro città, l’amministrazione comunale lo tenga così sporco e proprio quel tratto più vicino al mare e nella stagione più importante per il turismo.
Ma non vi vergognate di presentare ai cittadini e ai turisti questo luridume circondato da una rete arancione? Ma se non avete la possibilità di aprirlo perché almeno non tenerlo pulito? Perché al posto di quelle orribili reti arancioni non mettete dei pannelli illustrativi? Se io fossi dentro l’amministrazione o fossi sindaco pagherei anche di tasca mia per chiamare qualcuno per pulirlo o lo pulirei io stessa. Darei l’esempio.
Questo e uno spettacolo indecente. E quelli che fanno cultura (cittadini compresi) in gran parte rimanete silenziosi sulle responsabilità di abitanti e amministrazione. Perché non gridate la vergogna di una città bella che i reggini rendono brutta? A che servono le inaugurazioni, le presentazioni dei libri, i tagli dei nastri, le mostre che organizzate da anni a un passo da questo degrado? Non servono a niente se non a voi silenti autoreferenziali. Siete una contraddizione e il motivo del vostro silenzio è che siete accomodanti con tutti senza dignità in un’ipocrisia tutta reggina.
Non ci vuole nulla a prendere 2 sacchi e una scopa per togliere questa sporcizia. Perché anche solo uno degli assessori non lo fa spontaneamente? Sarebbe un esempio immenso di dedizione al bene pubblico. E voi negozianti limitrofi, tu parroco della chiesa di San Giorgio al Corso ma che ci vuole a spazzare o a chiamare qualcuno per pulire questo pezzo di tapis roulant che è diventato una discarica e che sta davanti a voi.
Così ci si ribella. Siete assuefatti al brutto, ma come fate a fregarvene così? Ma da dove venite?
Una qualsiasi persona di media intelligenza e cultura capirebbe che con un gesto così semplice raggiungerebbe più obiettivi.
Io reggina da generazioni in questi 13 anni a Reggio Calabria ho capito che il reggino medio non ha identità, si sente straniero. E lo è.
E intanto i bambini di Arghillà non avevano l’acqua.
Ecco, tutto questo è la mia tristezza. (ads)