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L'OPINIONE / Franco Cimino: «Che bello, sono alla festa di Mario Casalinuovo!»

L’OPINIONE / Franco Cimino: Ho votato per l’Europa che mi è stata insegnata e cucita addosso

di FRANCO CIMINO – Europa e Politica camminano insieme, come Repubblica e Democrazia. Come due persone che si amano. Europa è territorio esteso su tanti Stati che in essa si organizzano nella loro peculiare cultura. Europa è anche rottura dei vecchi steccati. È apertura dei confini, come nei primi anni cinquanta lo fu delle dogane. Europa è fine dei confini, l’apertura piena dei singoli stati per farne un territorio unito, come natura ha voluto che fosse terra unica. Unitaria. Ha voluto che fosse, la Natura con la sua intelligenze, unica terra per essere unita nei popoli che la abitano all’intero dei loro Paesi. Tanti popoli per uno soltanto, che li comprenda tutti restando ciascuno ciò che è sempre stato. E con il pensiero antico, la lingua dei padri, le tradizioni e le religioni proprie.

L’Europa non è un corpo forzuto che tutto prende e nulla dà. A chi ha paura dell’Europa per questo e, ignorante qual è, crea il terrore della perdita anche dell’identità propria di nazione e la caratteristica di popolo, va insegnato che la nuova istituzione aggiunge, non toglie. Offre, non prende. Una nuova lingua, offre. Per capirci tutti quando, senza limiti di movimento, ci parliamo e con tutti parliamo. Per gli scambi commerciali e le operazioni finanziarie. Per la costruzione di un’economia comune. Per lo scambio di lavoro e di lavoratori. Per gli studi e la comunicazione dei saperi e per il lavoro di ricerca nei laboratori comuni. La nostra lingua resta. Anzi, le due, dialetto compreso. Le possiamo parlare, dove e quando vogliamo. E tramandarle attraverso le nostre scuole, dove, proprio per merito dell’Europa, dovremmo liberarci del vecchio complesso di inferiorità per insegnare anche la lingua locale. E con con essa le trazioni più antiche, dai motti, che sono filosofia pura, ai ritornelli che sono poesia, ai canti e balli popolari, che sono musica e danza vere. Più vere perché sono sangue che scorre ancora nelle vene.

L’Europa non toglie, offre. Offre conoscenza, non ci priva di quella che abbiamo. Non ci toglie la terra, ma ci dona risorse e tecniche per “ararla” meglio e farla più ricca. Non ci prende l’acqua, né il vento, né il mare. Ci aiuta a curarli meglio e a farne, soprattuto del vento (ma quegli alberi di ferro, però, qui lo ripeto, no!)una risorsa per crescere in energia vitale, in miglioramento della qualità della vita. L’Europa non ci sottrae ricchezza, né pubblica, né privata. Il patrimonio nazionale verrà meglio tutelato e la sua ricchezza indiretta aumenterà con la visita di un numero crescente di europei, che considereranno il nostro ricchissimo patrimonio artistico non come monumenti da vedere, mordi e fuggi, ma beni incommensurabili di tutti. Di ciascun europeo. La ricchezza dei privati, anche se sono pochi e molto ricchi, sempre più ricchi, neppure verrà intaccata.

L’Europa, toglierà solo la povertà, che è di tantissimi e sempre più numerosi. Mentre alla stragrande maggioranza delle persone restituirà il benessere di un tempo ormai troppo lontano, ma che pure molti viventi hanno conosciuto. L’Europa non toglie neppure quel “ sano egoismo” che rassicura ancora non pochi, purtroppo spingendoli, nella crisi attuale, tra paure nuove e ancestrali bramosie, a sentirlo maggiormente. Dona, invece, la solidarietà, quello spirito che, vincendo le spinte a prendere per sé, fa sī che ciascuno si adoperi per l’altro, nell’intelligente convincimento, non ancora troppo tardivo, che non può esserci felicità per sé se non c’è felicità per gli altri. Anzi, oggi, suona così: non può essere serenità per me e la mia famiglia, se cresce la disperazione negli altri. La mia stessa antica sicurezza, non potrò garantirmela neppure con le forze d’ordine che lo Stato impiega per “l’ordine sociale”. Solidarietà tra le persone è, in Europa, solidarietà tra i popoli, tra Stati e, al loro interno, tra regioni e municipi. L’Europa nulla ci toglie neppure qui, ci “conquista” la Pace. E se Pace sarà per lei, per la Pace opererà nel mondo. Ché la Pace si costruisce con la Pace. Essa può essere cercata dagli uomini di pace. Soprattutto, da quelli che appartengono a paesi, vittoriosi o sconfitti, distrutti dalle loro guerre. Ancora in lutto per le vite cadute in battaglia o sotto le macerie a milioni. La vera Pace, però, non è la sospensione delle guerre, nel mentre, gli Stati continuano a spendere miliardi per gli armamenti nel il timore che le guerre ritornino. Ovvero, per la segreta intenzione di muoverle agli altri. Ovvero ancora, per la furbizia di continuare ad arricchire i mercanti più antichi di morte con la scusa che “e se venissimo attaccati, aggrediti?”.

Nelle ultime guerre conosciute, ancora in corso, sono state spese per armamenti, anche da parte dei paesi non direttamente belligeranti, come il nostro e di tanti europei, qualcosa di incalcolabile che da sola avrebbe ridotto la crisi economica di quei paesi e alleviato le loro popolazioni da preoccupazioni gravi sul tema della salute della povertà. Messi insieme questi denari, avrebbero potuto sanare la siccità e l’asciutezza delle terre più povere del pianeta, iniziare a favorire il loro autonomo sviluppo, consentendo a milioni di esseri umani di restare nel proprio paese per farlo ricco e progredito. E per contribuire a rendere più sano, dall’ambiente alla coscienza, dalla terra alla morale, questo mondo “inquinato”. Pace, allora, vuol dire solidarietà. Quella vera, che non è la misera carità che ti cade dalle tasche piene. Non è l’opportunistica accettazione della forza fisica e intellettuale dei migranti, utile alle nostre economie asfittiche.

Non è la presuntuosa concessione “agli stranieri” di percorsi di integrazione che vorrebbero essere svuotamento dell’identità altrui. Non è l’arrogante pretesa di farli tutti pienamente italiani o tedeschi o francesi (di serie b, evidentemente). Solidarietà è accettazione, riconoscimento del valore dell’altro. Valore pari al tuo. È la cancellazione del concetto di normalità, che le vecchie culture dominanti hanno inventato con lo stesso significato attribuito alla parola civiltà. Come per queste, per cui ogni popolo è civile, ogni uomo e ogni popolo, sono diversi. Il valore dell’Europa, è quello che campeggia silenzioso nella nostra Costituzione. Sulla cancellazione della “legge” segreta della normalità, si impone il principio della diversità come unico valore. Tutti siamo diversi. Perciò tutti siamo belli. La Pace vera è questa. La solidarietà è amicizia, fratellanza. Questo significa eguaglianza piena. Giustizia piena. Libertà senza aggettivi. Per tutti. Questa è la Pace che offre l’Europa, senza nulla togliere al nostro sentimentalismo romantico, al nostro amore per la famiglia, al nostro sentimento per la la patria, al nostro sentirci gemello di chi più somaticamente mi somiglia. I figli son figli anche quando sono dissimili fra loro. E non si somigliano affatto.

Se questa è l’Europa che vogliamo, quella che i padri fondatori ci hanno idealmente consegnato, essa o è democratica o non è. Sarà autentica perché si accompagnerà alla Democrazia, che ne costituirà il dna. Democrazia anche nella partecipazione dei cittadini europei. Piena. Libera. Diretta. Il cammino dell’Europa, però, ha bisogno di energie vitali, che corroborino la partecipazione alimentando lo spirito di cittadinanza europea accanto a quella originaria intangibile. L’energia più importante si chiama Politica. Senza di essa, con tutto il suo profondo significato che qui non richiamo, non ci sarà l’Europa. Ovvero, ci sarà un’altra Europa, la somma magari di tanti piccoli staterelli chiusi nel loro egoismo. Minuscole entità “nazionaliste”, che si incontrano pure spesso per prendere all’altro ciò che più gli aggrada. Una collaborazione-competizione per diventare singolarmente più forte degli altri. Questa non sarebbe l’Europa di cui ha bisogno il mondo.

L’Europa vera è, al contrario, bella. Sana. Ricca. Libera. Unita.Democratica. Per questa Europa io sto per andare a votare, nonostante la insistente assenza della Politica e di partiti che la facciano presto rinascere. Come per tutta la mia vita, da quel mio giuramento di ventunenne sul dolore dei giovani sottomessi dalle dittature, andrò a votare con gioia. E con sentimento d’Amore per l’Italia. Per l’Europa. Per la Democrazia. E per la Politica, che, come fuoco sempre acceso, arde dentro di me. (fc)