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Terapia anticovid in ospedale

L’OPINIONE / Sanità Calabria: il perché di una fragilità che il tempo ha solo consolidato

di FRANCO BARTUCCI – Dovevamo essere investiti da un virus come il Covid-19 per prendere atto della nostra nudità e debolezza del sistema sanitario calabrese, che finisce per coinvolgere l’intera classe politica a livello regionale e nazionale, non trascurando in questo caso anche il mondo accademico universitario che ha pure le sue colpe non avendo saputo creare un sistema regionale equilibrato universitario per quanto riguarda la presenza sul nostro territorio regionale delle Facoltà di Medicina in grado di supportare le domande di tanti giovani interessati ad acquisire dei titoli accademici abilitanti a divenire dei bravi medici ed infermieri.

La Calabria oggi paga questa collocazione nell’area rossa di lotta al coronavirus non tanto per il numero di persone infettate (nella giornata di domenica 15 novembre ne sono stati rilevati 344 a fronte degli 8.060 casi della Lombardia o dei 3.682 del Piemonte), quanto per la debolezza del sistema strutturale sanitario avendo a disposizione soltanto 157 posti per la terapia intensiva, mentre in base alla popolazione ne avrebbe dovuto avere 266, a fronte dei 768 posti della Lombardia o 660 del Piemonte. Ma anche per la carenza degli organici sia medici che infermieri.

In tanti anni di commissariamento la Calabria, a causa del forte indebitamento delle aziende sanitarie pubbliche, ha dovuto registrare la chiusura di tanti ospedali ed un forte taglio nel ridimensionamento del personale medico ed assistenziale, che oggi vanno ad aggravare il peso derivante dalla scarsa possibilità assistenziale e di lotta all’epidemia virale del Covid – 19 che tocca il nostro paese, come la nostra regione ed il mondo intero.

Siamo zona rossa in primo luogo per la mancanza, come è stato già detto, di strutture che garantiscono i posti letto, anche e soprattutto in questo momento per le terapie intensive e di cura, prima e dopo il trattamento, ma soprattutto per la mancanza di medici specialisti ed infermieri professionali. Una situazione che mi porta ad esprimere parole di approvazione con chi dice che tale scelta di zona rossa è stata fatta dal Comitato Tecnico Scientifico, dal Ministro alla Sanità e dal Presidente del Consiglio Conti, non per una forma di punizione ma di protezione della Calabria.

Pur in una situazione di zona rossa entrata in vigore continuano a svolgersi irresponsabilmente e non in forma corretta delle manifestazioni di protesta da parte di tanti cittadini calabresi per respingere tale scelta e denunciare corruzione ed incapacità gestionale da parte di una classe politica calabrese povera ed affaristica; dimenticando nel frattempo la pericolosità di un virus che non guarda a queste sottigliezze per colpire ed aggravare la capacità gestionale delle nostre strutture sanitarie ed assistenziali.

Ad aggravare tale situazione arriva la defenestrazione scandalosa del commissario Cotticelli al quale spettava l’elaborazione del piano anti Covid in Calabria, non ancora predisposto; seguita da un’altra nomina, da parte del governo, individuata nel commissario Zuccatelli, subito sotto processo pubblico con richiesta di dimissioni immediate per una sua posizione manifestata contro l’uso della mascherina, quando in Italia nei primi mesi dell’anno regnava la confusione, mentre il virus si diffondeva pesantemente nelle regioni del Centro e del Nord. Non è tempo di soffermarsi ad analizzare questa doppia storia anche perché nel frattempo è arrivato il secondo decreto legge sulla Calabria che proroga il commissariamento della nostra sanità per altri tre anni con una copertura finanziaria di settecento milioni di euro. L’auspicio è che arrivi un nuovo commissario con una sua forte personalità ed esperienza professionale e gestionale nel settore sanitario ed amministrativo, di caratura ed immagine attraente fuori dalle logiche associative di partiti o quanto altro e soprattutto di trasparenza maturata con l’esercizio della sua missione. In questo frangente abbiamo poi la transitorietà dell’elezione di un nuovo governo regionale; mentre continuano a sbarcare sulle nostre coste tanti migranti provenienti dalle aree povere del Sud del Mediterraneo con tanti uomini e donne affetti dal Covid-19.

C’è l’esigenza, quindi, di pensare a come meglio predisporre un piano di difesa in modo da superare questa epidemia, il quale deve avere alla base di tutto il senso di responsabilità civica di ogni cittadino sapendosi autogestire con prudenza, saggezza e solidarietà nel rispetto delle leggi, regolamenti e consigli che provengono dal mondo medico e della scienza. Assodato questo pensiamo alle cose da fare a partire da subito sapendo scegliere con le prossime elezioni una classe politica nuova e sana. Poi vengono le scelte strutturali adeguate ai nuovi tempi condizionati dall’evoluzione dell’epidemia, facendo in modo da recuperare, ristrutturandoli, quegli ospedali dislocati sul territorio calabrese e chiusi negli anni passati per ragioni finanziarie. Potrebbero divenire luoghi idonei per il periodo di quarantena e cura “pre e post covid”.

Ma è pure tempo di dare incisività alla realizzazione di quei progetti mirati ad ottenere dei nuovi ospedali programmati in varie località calabresi. Penso a Vibo Valentia, alla piana di Gioia Tauro, come anche a Cosenza, dove da anni si discute se realizzarlo nell’area dell’Annunziata o Vaglio Lise, come nell’area dell’Università. Per Cosenza c’è l’interessamento pubblico e poi quello privato per creare una nuova struttura ospedaliera sul territorio di Rende e magari nei pressi dell’Università. Un intuito ed una proposta intelligente ed innovativa guardando al collegamento stretto tra il mondo della ricerca scientifica e della formazione con quello dell’ambito medico sanitario che chiama in causa il ruolo e la funzione dello strumento umano per un servizio di alta qualità e competenza professionale.

L’epidemia del Covid-19 sta creando pure delle sacche di crisi con la mancanza di medici ed infermieri, il cui quadro scarseggia anche in Calabria. Non vi sono medici ed infermieri in numero sufficiente a coprire la domanda quanto gli organici necessari ad assicurare l’assistenza nei vari servizi. Abbiamo una sola Facoltà di Medicina a numero programmato per legge in campo nazionale, dove concorrono aspiranti calabresi e di altre regioni italiane con riferimento soprattutto a quelle del centro Sud, che finiscono nel corso degli studi per emigrare nelle università più vicine ai loro luoghi di residenza. Mentre tanti studenti calabresi concorrono in altre università collocate fuori regione con particolare riferimento a quelle del Centro e del Nord finendo poi per costruire in quei posti di studio una loro carriera medica e nuclei familiari.

In Calabria è tempo che i referenti politici in accordo con gli accademici si ritrovino con urgenza, spinti dalle nuove condizioni sociali/sanitarie, per predisporre un piano tale da creare un proprio nucleo giovanile medico infermieristico, formato in loco attraverso l’Università di Catanzaro, ma soprattutto attraverso l’Università della Calabria, che per legge istitutiva prevede il numero programmato con l’80% degli studenti, per tutti i corsi di laurea, residenti e appartenenti a famiglie calabresi.

All’interno dell’Università della Calabria esiste un’area di ricerca e formazione medica di grande prestigio e qualità alla quale va data lo spazio necessario per attivare in Calabria una seconda Facoltà di Medicina con una Scuola e dipartimenti in grado di dare alla nostra regione un nuovo volto con la nascita nell’area della media Valle del Crati di una nuova grande città metropolitana, con i suoi ospedali, cliniche e case di riposo per le persone anziane. I fondi europei che dovranno arrivare, compresi quelli previsti dal Mes, potranno consentire di lavorare e trasformare questo sogno in realtà. L’aggravarsi dei ricoveri negli ospedali calabresi giustificano l’adozione della zona rossa da parte del governo ed è tempo di pensare al futuro testé descritto sperando nel superamento della crisi pandemica al più presto, cosa possibile se verranno rispettate le regole e indicazioni che vengono dettate dal Comitato Scientifico in accordo con il Ministro alla Sanità ed il Presidente del Consiglio. (fb)