di SERGIO DRAGONE – Mentre scrivo questa nota, la richiesta di referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata (legge Calderoli) ha superato le 650.000 firme in appena dieci giorni e prima di Ferragosto arriverà vicina al milione. A settembre le firme potrebbero essere anche un milione e mezzo. E mentre tutto questo accade, con una mobilitazione popolare che nemmeno gli organizzatori si aspettavano, il Consiglio Regionale della Calabria ha deciso di rinviare a data da destinarsi il dibattito e quindi la decisione se chiedere, come già hanno fatto Campania, Puglia, Sardegna, Toscana ed Emilia Romagna, l’indizione del referendum.
La sensazione che se ne ricava è che il Consiglio Regionale della Calabria non abbia alcuna intenzione di contrastare la legge sull’autonomia, ma semplicemente attendere gli eventi. Non vale la pena di chiedere il referendum, tanto sarà respinto dalla Corte Costituzionale, così si sono giustificati alcuni esponenti della maggioranza. Altri hanno escogitato i più fantasiosi sistemi per prendere tempo: istituzione di un osservatorio sulla legge, richiesta alle Università di “studiare” la Calderoli, inutilità della richiesta perché il quorum delle firme è stato già raggiunto.
Mi ha molto colpito una frase del sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, che si era rivolto alla presidente della Prima Commissione-Affari Istituzionali di Palazzo Campanella, Luciana De Francesco, per chiedere di calendarizzare la discussione sulla Calderoli: «Il Consiglio Regionale della Calabria non volti le spalle al suo popolo».
È più o meno quello che è avvenuto. Il Consiglio Regionale della Calabria non ha avuto coraggio, nemmeno di dire si alla riforma voluta dalla Lega. Già quella sarebbe stata una posizione chiara, comprensibile, non condivisibile da tutti, ma quanto meno schietta e coraggiosa.
Si è scelta la strada dell’ambiguità, dell’eterna attesa che altri decidano al posto dei calabresi, magari nella speranza che la Corte Costituzionale bocci il referendum e dire: noi l’avevamo detto!
È stata, lo dico con rispetto delle posizioni di tutti, una scelta miope perché il Consiglio Regionale così si è scollegato dalla sua gente, da coloro – e non sono solo quelli di sinistra, i sindacati e la Chiesa – che intravedono enormi pericoli nell’applicazione della legge voluta dalla Lega.
Studi molto seri, compiuti anche da istituzioni prestigiose, hanno dimostrato che la Calderoli produrrà effetti devastanti nei sistemi della sanità e dell’istruzione, dove si registrerà una contrazione dei finanziamenti in ragione dell’elevata spesa storica. Ma c’è di più. L’effetto più drammatico, secondo Svimez, sarà la desertificazione del Sud e della Calabria, con un esodo molto significativo verso il nord e le grandi città metropolitane.
Ma che succederà se le cose prenderanno una piega diversa da quella auspicata dalla maggioranza di Palazzo Campanella? E se il referendum sarà ammesso, come affermano prestigiosi costituzionalisti? E se, in caso di voto, il si all’abrogazione – come ha profeticamente detto il presidente Roberto Occhiuto – vincerà con il 90% in Calabria? Sarebbe la delegittimazione del Consiglio Regionale, bocciato dalla sua gente. Lucio Battisti direbbe: lo scopriremo solo vivendo! (sd)