di SERGIO DRAGONE – E ora che è scoppiata la guerra tra i Governatori sull’autonomia, con chi si schiererà Roberto Occhiuto? La domanda sorge spontanea dopo le ultime mosse compiute dalle Regioni per contrastare (o sostenere, a seconda dei punti di vista) la legge Calderoli che trasferisce all’autonomia regionale importanti materie finora concorrenti con lo Stato.
E mentre Sardegna, Toscana e Puglia, nelle ultime ore hanno formalizzato il ricorso alla Corte Costituzionale per ottenere la cancellazione, totale o parziale, della legge, il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha annunciato che presenterà un controricorso. Si profilo dunque anche un conflitto molto acuto tra le Regioni.
Ho molto apprezzato, per la sua fierezza, il discorso della presidente della Sardegna, Alessandra Todde, che pure avrebbe potuto infischiarsene vista la “specialità” della sua Regione.
Riporto testualmente un passaggio della sua dichiarazione: «Sono orgogliosa che la Sardegna sia capofila in questa battaglia, in difesa di chi ha di meno e contro la volontà di questo governo di aumentare una disparità inaccettabile tra i territori. La Sardegna non può tollerare una legge che favorisce le Regioni più ricche, a discapito dell’equità e della solidarietà nazionale oltre che delle prerogative costituzionali che ci sono state riconosciute attraverso il nostro Statuto. Stiamo lottando per garantire che ogni sardo e ogni cittadino italiano siano trattati con la stessa dignità e avere le stesse opportunità, ed è nostro dovere opporci a scelte politiche che indeboliscono il nostro Paese, vorrebbero silenziare le Regioni più povere e metterci gli uni contro gli altri».
Un manifesto dell’unità nazionale, quello di Todde, che è difficile non condividere. E l’appartenenza politica della presidente sarda non c’entra nulla con l’alto valore, oserei dire “patriottico”, di un richiamo forte a tutti gli italiani.
Diventa ora interessante comprendere l’atteggiamento che vorrà assumere il Governatore calabrese che sembra sospeso tra la fedeltà al centrodestra e le forti preoccupazioni per gli effetti che potrà avere sulla martoriata Calabria una legge che è destinata ad aprire forti disparità soprattutto in materia di sanità e istruzione. Alle dichiarazioni pubbliche, molto critiche verso la Calderoli, non sono seguiti atti concreti in sede istituzionale. Anzi, abbiamo assistito ad una melina che tende a rinviare più che possibile ogni decisione, in attesa degli eventi e degli sviluppi.
Occhiuto capisce bene che se il referendum si terrà (e sarà difficile per la Consulta dire no ad un milione di firme) ci sarà uno tsunami in Calabria e dunque la sua leadership ne uscirebbe molto indebolita. Non vorremmo essere nei suoi panni. Anche perché un atteggiamento “neutrale” gli procurerebbe l’ostilità di entrambi gli schieramenti in campo e le sue pubbliche perplessità sulla legge apparirebbero solo posizioni strumentali. Si capirebbe di più una posizione favorevole all’autonomia che una tattica attendista. Si dice, giustamente, che se pretendi di piacere a tutti (o meglio non scontentare nessuno), finirai per non piacere a nessuno. E qui c’è in gioco non una semplice partita politica, ma il futuro di una terra che – se dovesse andare in porto questa legge iniqua – rischia la desertificazione entro un decennio. (sd)