IL PROF. BUSETTA: PER UNA REALE ATTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI IN CALABRIA E NEL MEZZOGIORNO ;
Zome Economiche Speciali

NELLE ZONE ECONOMICHE SPECIALI SERVE
PREVEDERE L’AREA “FRANCA” DOGANALE

di PIETRO MASSIMO BUSETTADalle perplessità all’entusiasmo. La proposta adesso è addirittura di far diventare tutto il Sud una zona economica speciale dimostrando, in realtà, di non aver capito molto  della filosofia sottostante lo strumento. 

Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, a 24 ore dall’assegnazione ufficiale del bando per la cessione dello stabilimento della Whirpool al gruppo industriale napoletano Tea Tek, lo dichiara. 

L’azienda subentrante é specializzata nella produzione di energie alternative ed in particolare di pannelli fotovoltaici, reindustrializzerà il sito e assumerà  i 312 lavoratori. De Luca ricorda che «questo risultato è la conferma della svolta che può dare la nostra proposta di estendere le Zes a tutto il Mezzogiorno. Per lo sviluppo, per il lavoro» 

Gli fa eco l’assessore regionale allo Sviluppo Economico della Regione Puglia, Alessandro Delli Noci, che dichiara «Raffaele Fitto blocca lo sviluppo delle Zes. Senza la firma del Dpcm per le riperimetrazioni gli investimenti sono a rischio». 

La riperimetrazione richiesta  delle Zes permetterebbe l’allargamento delle aree  nelle quali è possibile usufruire delle agevolazioni per l’insediamento di nuove imprese. Una procedura che sia il commissario della Zes Adriatica, Manlio Guadagnolo, che quello della Zes Ionica, Floriana Gallucci, hanno già dichiarato di voler intraprendere, ma che vorranno perseguire probabilmente anche tutti gli  altri commissari. 

Il tema riguarda aree che devono essere inserite nelle Zes, in maniera tale da aggiungere altri territori a quelli nei quali l’insediamento di attività produttive prevede alcuni particolari vantaggi. La variazione del perimetro attuale delle Zone economiche speciali costituisce modifica sostanziale della delimitazione territoriale di cui ai Piani di sviluppo strategici approvati e dei conseguenti decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, istitutivi delle aree Zes e, pertanto, potrà essere effettuata con una  procedura speciale. 

I commissari sostengono  che non includendo nuovi lotti e nuove particelle, sulla base dell’effettivo interesse da parte di potenziali investitori, il rischio che gli stessi, prevalentemente provenienti dall’estero, vadano altrove è veramente molto alto.  

Ritorna con forza il tema. È evidente che la strada più semplice è proprio quella di allargare le aree. Tale strada è stata già perseguita dalle Regioni nella prima fase di individuazione dei territori da inserire. Per cui ci ritroviamo con  ettari inseriti,  che sono molto più consistenti  di quelli per esempio individuati dalla Polonia, che con le Zes sta lavorando in modo brillante. Le Regioni hanno ampliato molto  le aree in modo da far rientrare molte delle aziende, con le quali avevano un rapporto preferenziale, nelle zone individuate. 

Il motivo è facile a dirsi: se un’azienda rientra in tali aree dovrebbe poter avere alcuni vantaggi particolari, come un credito agevolato o quello di una detassazione degli utili di impresa e molti altri, che é  facile prevedere potranno essere destinati alle aree individuate, e se lo ricorderà al momento del voto.

Ma la logica delle Zes  è totalmente opposta. Il tema è quello dell’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area. Perché ciò avvenga è necessario che vi siano alcune condizioni di base, come la infrastrutturazione dell’area e  il controllo della criminalità organizzata, perché l’obiettivo è quello di farsi scegliere da coloro che dovendo fare investimenti in Europa cercano le aree più favorevoli per la loro impresa.  

Per il tema della infrastrutturazione si sono scelte zone vicine alle aree portuali che evidentemente possono usufruire di collegamenti più facili. Per la criminalità,  poiché è chiaro che nessuno vuole andare in realtà nelle quali oltre al rischio di impresa vi può essere, come accaduto in alcune aree del Mezzogiorno, anche il rischio della propria sopravvivenza, si é pensato di non estenderle troppo proprio per istituire sistemi di controllo molto sofisticati 

Il caso emblematico dell’imprenditore palermitano Libero Grassi, che viene ucciso perché non si vuole piegare alle condizioni imposte dalla criminalità organizzata, nel caso specifico dalla mafia, dà la dimensione del problema.  

Ma per attrarre investimenti dall’esterno dell’area non è sufficiente che vi siano delle condizioni minime, che si possono trovare in molte parti dell’Europa, ma che vi siano anche dei vantaggi particolari come un costo del lavoro molto basso e una tassazione degli utili di impresa contenuta. 

Ma come è noto l’Unione Europea, quando si tratta di abbassare le aliquote della tassazione, prevede che lo si faccia in tutto il Paese altrimenti non autorizza, a meno che le aree interessate non siano limitate.

Per questa doppia motivazione  non è stato possibile, ne é opportuno, allargare troppo le aree interessate. Anzi in una eventuale riperimetrazione sarebbe importante compattarle, in modo da consentire di raggiungere anche gli obiettivi di collegarle meglio possibile e di avere un controllo completo del territorio in modo da poter affermare che sono “criminal free”. 

Tutto l’opposto di quello che richiede la politica, che invece ha interesse all’allargamento. Quello che serve veramente è invece istituire vicino ai porti coinvolti nelle Zes una zona franca doganale interclusa. Che deve essere individuata dall’Agenzia delle Dogane. Così da consentire che le merci possono essere lavorate senza entrare nel regime fiscale del Paese. 

E poi serve quel gran lavoro della ricerca degli investitori internazionali,  che probabilmente deve essere fatto a livello centrale, evitando quegli interventi distorsivi che invece vogliono che gli investimenti più interessanti si localizzino nel Nord, come é stato fatto con la Intel da Giorgetti. 

Ma anche far capire che, con un’operazione di comunicazione importante, come le Zes siano la sola alternativa all’ampliamento del manifatturiero nel Sud, che da decenni rimane con un numero di addetti assolutamente limitato e stabile. 

Dei 3 milioni di posti di lavoro che devono essere creati nel Mezzogiorno, più della metà devono provenire dal manifatturiero. Siamo in presenza di dati talmente enormi che senza un impegno straordinario e la localizzazione di grandi imprese non potrà essere conseguito.

Ma é necessario che le Zes non siano abbandonate a se stesse ma anzi  che siano seguite molto attentamente. Altrimenti saranno un’altra occasione mancata. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]