di PINO NANO – Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, magistrato da 30 anni in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta, considerato il nemico numero uno oggi della mafia organizzata e non solo in Italia, non è mai scontato. Anzi, ogni volta che compare in televisione da lui puoi aspettarti di tutto. Così è stato ieri sera su La7, da Corrado Formigli, dove ha spiazzato tutti e dove ha trasformato Piazza Pulita in un ring dove per tutta la durata del match non si è mai difeso, ma ha solo attaccato. Lo ha fatto alla sua maniera, con garbo ma con assoluta determinazione e consapevolezza, senza mai accennare ad un sorriso, lo sguardo mai basso e sempre in macchina, come se volesse comunicare al meglio le sue idee e la sua filosofia di vita.
Prima di tutto Gratteri liquida come inutile e fallimentare la legge di riforma della giustizia firmata dalla Cartabia, e lo fa senza se e senza ma: «Il mio sogno è solo un rigo di legge: la riforma Cartabia è abolita».
Ma Gratteri, incalzato da Formigli che forse sperava da lui in un passaggio di mediazione ulteriore, va invece molto oltre e mette a segno un altro dei suoi colpi più diretti: «La riforma Cartabia è in vigore da 27 giorni e non ha aiutato a velocizzare la giustizia, ha solo impedito che si potesse procedere contro alcuni reati. Ad esempio, ho dovuto rinunciare a perseguire una truffa di 2 milioni di euro fatta dalla ‘ndrangheta perché non c’era la querela di parte».
Poi, sulle intercettazioni, Gratteri sfida il nuovo ministro della giustizia Carlo Nordio: «Vorrei che si rispondesse a una domanda secca: hanno intenzione di limitare le intercettazioni per i reati di corruzione, concussione e e peculato? Basta un Sì o un No per sciogliere tutti i dubbi, perché questi sono i reati che riguardano principalmente i pubblici amministratori, che emergono durante le indagini di mafia».
Ma perché Gratteri insiste con il difendere a tutti i costi le intercettazioni?
«Su questo argomento sono state dette tante cose – dice Gratteri –. Lo stesso ministro prima si è spinto avanti, fino a prospettare l’abolizione in alcuni ambiti investigativi perché costerebbero troppo, per poi tornare sui suoi passi. Innanzitutto bisogna spiegare che non è vero che costano troppo, e io di intercettazioni me ne intendo. È da quanto ero il sostituto procuratore di Reggio Calabria, nel 1989, che mi occupo di intercettazioni. A quei tempi intercettare un telefono fisso costava circa 40 mila lire al giorno, oggi il costo medio è di 3 euro. Ma comunque, per chiudere la questione, principalmente i pubblici amministratori, che emergono durante le indagini di mafia».
Corrado Formigli gli ricorda il giorno in cui Renzi lo voleva Ministro della Giustizia e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si oppose alla sua nomina, poi gli ricorda la sua nomina mancata ai vertici della Direzione Nazionale Antimafia, data quasi per scontata da tutti, e poi ancora quella ai vertici del Dap, e riesce finalmente a scrollargli un accenno di sorriso. Ma anche su questo Nicola Gratteri non indietreggia di un solo millimetro, e va avanti come un panzer: «Il passato è passato. Ora mi sono candidato a guidare la Procura di Napoli, e tra poco mi candiderò anche a guidare la Procura Generale di Roma Capitale. Io le mie belle domande le ho presentate. Fatto sta che nell’aprile del 2024 saranno otto anni per me alla guida della Procura della Repubblica di Catanzaro e per forza di cose dovrò scegliere una destinazione diversa. Ma se potessi e me lo permettessero rimarrei in Calabria fino al momento della pensione. È una terra dove lavoro benissimo, dove ho una squadra di giovani magistrati che sono il fiore all’occhiello della magistratura italiana, e il supporto della polizia giudiziaria che ha dimostrato di essere a livelli altissimi. Sa cosa le dico? Che io sono un procuratore felice a Catanzaro e ci resterei davvero fino alla fine».
Al ministro Carlo Nordio che si prepara a varare la sua riforma della giustizia Gratteri manda un ennesimo messaggio diretto, che non è per niente subliminale: «Che senso ha mandare in pensione i magistrati a 70 anni? Che senso ha avuto ridurre l’età della pensione da 75 come era in passato a 70? Sa quanti magistrati si potrebbero recuperare ogni anno, almeno 300. E sa quanto magistrati sono oggi impiegati nei vari ministeri o “comandati” nella pubblica amministrazione e potrebbero essere fatti rientrare nella loro casa di origine? Sono magistrati che hanno fatto un concorso per scrivere sentenze, non per fare lavori che potrebbero fare dirigente e funzionari amministrativi di ogni genere di varie esperienze.E se la crisi della giustizia è reale come leggo da più parti, le ricordo allora che mancano ancora all’appello almeno 1300 nuovi magistrati in questo Paese».
Servono dunque nuovi concorsi anche per gli apparati amministrativi, e serve soprattutto lavorare ad un sistema informatico che sia all’avanguardia nel mondo.Per niente scontato invece il principio caro da sempre a Nicola Gratteri, e che oggi è diventato anche di comune consapevolezza sulla vera supremazia assoluta della ‘Ndrangheta calabrese sulle altre mafie: «Mentre la mafia siciliana era impegnata nella strategia stragista – dice Gratteri –, la ‘ndrangheta è cresciuta specializzandosi nel traffico internazionale di cocaina. Ecco perché secondo me Riina era uno stupido».
Messaggio chiaro, durissimo, incontestabile, e su cui varrebbe la pena di riflettere. (pn)