È stato presentato, a Polistena, il libro L’estate del Golpe – 1973 , l’attentato a Mariano Rumor, Gladio, i fascisti. Tra Piazza Fontana e il compromesso storico della scrittrice e giornalista Stefania Limiti.
L’evento rientra nell’ambito della rassegna culturale Senza memoria non c’è futuro, organizzata dalla Fondazione Girolamo Tripodi.
La presentazione è stata aperta dall’intervento di saluto di Michelangelo Tripodi, Presidente della Fondazione Girolamo Tripodi, che ha ringraziato i presenti per la partecipazione; un particolare ringraziamento è stato rivolto al sen. Giuseppe Auddino e alla scrittrice Stefania Limiti. Tripodi ha espresso apprezzamento per il lavoro della Limiti che risulta sempre documentato, preciso e puntuale e ci offre un grande contributo per approfondire la nostra conoscenza e le nostre informazioni sugli aspetti più gravi ed inquietanti della storia della Repubblica con particolare riferimento alle vicende accadute nel secondo dopoguerra del Novecento.
In tal senso, un grande valore assume L’Estate del golpe, uno degli ultimi libri pubblicati da Stefania Limiti, che si concentra sull’attentato alla Questura di Milano del 17 maggio 1973, focalizzando una delle stragi più gravi che hanno insanguinato l’Italia negli anni di quella stagione nella quale si sviluppò la strategia della tensione.
Il pregio di questo lavoro sta nell’aver messo in evidenza quello che finora è stato taciuto, dimenticato o occultato e cioè che la bomba lanciata dal neofascista Gianfranco Bertoli rappresentava un attentato fallito contro Mariano Rumor, ministro degli interni della DC, e all’epoca della Strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 Presidente del Consiglio dei Ministri: la novità è che si tratta del primo e fino ad allora unico attentato conosciuto ad una delle più alte cariche dello Stato.
L’attentato della questura di Milano rappresenta una sorta di vendetta organizzata dalle organizzazioni eversive neofasciste perché Rumor all’indomani della strage di Piazza Fontana non aveva voluto proclamare lo stato di emergenza, richiesto dai gruppi neofascisti, che comportava la limitazione di tutte le libertà personali e collettive e l’inizio del colpo di stato. Tripodi ha voluto sottolineare il ruolo negativo svolto da Israele che emerge in tanti passaggi, a cominciare dalla bomba utilizzata per l’attentato che è di fabbricazione israeliana e dal fatto che l’attentatore Bertoli prima dell’attentato è stato a lungo ospitato in un kibbutz israeliano, dove è stato preparato per l’attentato. Tripodi ha voluto, infine, ricordare cle l’Italia viveva in un regime di democrazia a bassa intensità, proprio perché si voleva in ogni caso impedire che il PCI andasse al governo e si potesse instaurare una stagione di rinnovamento del paese.
Subito dopo è intervenuto il sen. Giuseppe Auddino che, dopo i saluti ed i ringraziamenti alla Fondazione Girolamo Tripodi, ha parlato della democrazia bloccata che il nostro paese ha dovuto subire e del fatto che abbiamo sempre vissuto sotto tutela, con una Repubblica che non ha mai potuto esprimere liberamente le proprie scelte ed è stata costretta ad una condizione di sovranità limitata. Auddino ha ricordato gli altri incontri che si sono svolti con Claudia Pinelli, con Tommaso Minniti e con Paolo Cucchiarelli e che sono tutti dentro un contesto che punta ad ricostruire un pezzo della nostra storia passata, a fare luce su vicende rimaste largamente oscure e a fornirci strumenti di conoscenza e di sapere e che sono fondamentali per sviluppare la coscienza critica, libera dal pensiero unico.
C’è poi stato l’intervento della prof.ssa Nelly Creazzo, già amministratrice del Comune di Polistena, che ha voluto esprimere un apprezzamento per il lavoro che si sta portando avanti ed ha sottolineato il decadimento della politica attuale con personaggi come la Meloni che sono espressione della peggiore destra fascista e che rappresentano un pericolo per la nostra democrazia.
Infine è intervenuta la scrittrice Stefania Limiti che ha ringraziato la Fondazione Girolamo Tripodi per l’invito e l’accoglienza. Limiti ha raccontato di avere fatto questo libro soprattutto perché è stata incuriosita dal silenzio della Democrazia Cristiana e anche di Mariano Rumor sull’attentato. Attentare alla vita di un uomo di governo a quel livello, già Presidente del Consiglio, non era mai successo in Europa. Eppure la cosa strana è che nessuno ne ha mai parlato. Abbiamo avuto un silenzio omertoso sulla vicenda.
«Per questo ho deciso di approfondire questa cosa. La ricostruzione che ho fatto, parte da un episodio preciso: nell’ottobre 1973 casualmente a Padova il giudice Tamburino scopre che esiste la Rosa dei venti che è una struttura di militari e civili e si capisce che ci sono dietro anche dei legami con l’attentato a Rumor. Il giudice Tamburino mi ha raccontato che un mese dopo che era stata scoperta la Rosa dei venti, Rumor lo ha chiamato lo ha invitato ad un incontro per sapere se era vero che, dietro l’attentato ai suoi danni, c’era questa struttura che si chiamava Rosa dei venti. Questo, insieme ad altri elementi, ci dice moltissimo e cioè che la DC si rende conto di essere essa stessa in difficoltà, perché è sotto il tiro dei settori neofascisti che erano stati infiltrati dentro lo Stato attraverso la Gladio, una struttura di controllo e di destabilizzazione, legata a doppio filo ai servizi americani».
«Nella DC, a seguito dell’attentato a Rumor ci fu il terrore derivante dal fatto che avevano capito che il SID, il servizio segreto e l’Arma dei Carabinieri erano sfuggiti al loro controllo. In realtà, quindi, attorno all’attentato a Rumor e attorno a quel grande silenzio c’è una consapevolezza che viene fuori in tutta la sua drammaticità con l’intervento di Paolo Emilio Taviani, uomo molto importante della DC e uomo di Gladio, che farà un pandemonio, dicendo: stiamo attenti perché qui i pericoli ci vengono da destra, altro che opposti estremismi. Infatti, fu proprio Taviani, da ministro degli interni, a sciogliere Ordine Nuovo. L’attentato del 1973 è importante perché si apre una fase nuova: la DC si rende conto che deve trovare una strada, che deve guardarsi dai settori della destra golpista, che non può continuare l’altalena da una parte all’altra, tant’è che dopo la breve esperienza del governo Rumor, nel novembre 1974 torna Moro a capo del governo e la DC sostanzialmente ritorna nel campo del centrosinistra e fa la scelta di non portare l’Italia a destra. Da qui si arrivò poi al compromesso storico e sappiamo com’è andata a finire nel 1978 con l’assassinio di Aldo Moro e con il golpe forse più riuscito. Ma questa è un’altra storia». (rrc)