di ROBERTO DI MARIA – Il ministro Enrico Giovannini non ci fa mai mancare dichiarazioni su cui riflettere, rese nelle sedi istituzionali o sui giornali. Nell’ultima, pochi giorni fa, è tornato a parlare di Ponte sullo Stretto, con affermazioni a dir poco allarmanti.
È l’ennesimo riferimento allo studio di fattibilità, ancora da assegnare, anche se alla primavera, termine annunciato per la sua consegna, mancano soltanto tre mesi. Calendario alla mano, i misteriosi incaricati (i cui nomi saranno resi noti a breve) avranno 3 mesi per studiare la fattibilità dell’opera, già accertata nel secolo scorso non prima di un decennio di studi, sondaggi, indagini e discussioni varie.
Un numero che ci ricorda tanto il voto assegnato agli allievi incapaci persino di scarabocchiare qualcosa sul foglio di carta alla consegna del compito di italiano o matematica: un’abitudine poco pedagogica, fortunatamente desueta per rispetto dell’ego degli scolari meno brillanti. Ma, senza alcun rispetto per l’amor proprio dei meridionali, l’espressione del ministro appare come una bacchettata sulle dita o, se volete, un “dietro la lavagna”, con tanto di orecchie da somaro.
Tutto ciò mentre gli allievi più meritevoli, nei panni di un Sala o di un Zaia, con la mano alzata e la risposta pronta, pregustano il 10 e lode che, inesorabilmente, sarà loro elargito, sotto forma di finanziamenti e nuove opere pubbliche. Di quelle il nord ha sempre bisogno.
Ma, disprezzo verso il meridione a parte, l’espressione usata da Giovannini lascia interdetti per altri e ben fondati motivi, di natura istituzionale. Il ministro, infatti, non può ipotizzare una soluzione anzi, una non-soluzione infrastrutturale, ignorando le indicazioni del suo stesso dicastero: quelle che provengono dalla cosiddetta “Commissione De Micheli”, appositamente nominata dalla ministra per stabilire cosa fare, o non fare, sullo stretto. Ancorchè carente e tecnicamente più che discutibile, la relazione conclusiva quella Commissione escluse del tutto l’opzione zero, ribadendo la necessità di realizzare l’infrastruttura di attraversamento ed indicandone persino la tipologia: il Ponte sospeso.
Ma quel che è ancora più grave, è aver ignorato gli atti di indirizzo delle due Camere di pochi mesi fa, sostenuti dall’Intergruppo costituitosi per il Ponte tra le varie forze politiche, che indicavano al Governo la necessità di trovare le risorse necessarie per costruire l’opera di attraversamento. Atti perentori e vincolanti, che non possono essere in alcun modo contraddetti da un Ministro della Repubblica.
Il cui sottosegretario Giancarlo Cancelleri si dice un giorno si e l’altro pure non soltanto favorevole all’opera, ma anche convinto assertore della sua indispensabilità. Ciò che pone, a buon diritto, Giovannini in una posizione più estrema di uno dei maggiori rappresentanti del grillismo.
Che strana, la politica italiana, capace di proporci lo spettacolo di un ministro per le Infrastrutture che le nega alla parte meno sviluppata del Paese. Impegnando qualcosa come 50 milioni di euro per finanziare uno studio, l’ennesimo, che potrebbe persino sancire l’inutilità dell’opera, dopo decenni di lamenti e stracciarsi le vesti per le “spese pazze” della Stretto di Messina s.p.a. La quale, a conti fatti, spese poco più di 330 milioni di euro in oltre 30 anni di attività.
Ci chiediamo, a questo punto, se non sia il caso che intervenga il premier Draghi affinché, con la sua autorevolezza, chiarisca una volta per tutte le intenzioni del Governo nei riguardi di un’opera fondamentale per il futuro del Paese. Una richiesta finora avanzata solo da singoli parlamentari, come la deputata Matilde Siracusano (Forza Italia) sempre attenta al tema del Ponte e subito intervenuta dopo le ultime esternazioni dell’uomo dell’”opzione zero”; ma sempre più voce nel deserto.
In questo caso, infatti, l’opzione zero è stata applicata dal Presidente della Regione siciliana che, se all’ultimo dell’anno ha ricordato la questione Ponte, ha pensato bene di non replicare pochi giorni dopo, di fronte alle dichiarazioni di Giovannini. Speriamo che la stessa opzione non venga applicata dal più risoluto collega di oltrestretto.
L’opzione è da tempo prediletta, invece, dalla ministra per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, che non ha sentito il bisogno di spiccicare una sola parola sulla questione Ponte, in questa come in altre precedenti occasioni.
Opzione zero privilegiata anche da un’altra donna, la leader dell’opposizione Giorgia Meloni, che nelle parole di Giovannini ci aspettavamo cogliesse, finalmente, una ghiotta occasione per obiettare con intelligenza all’operato del governo. Forse la segretaria di Fratelli d’Italia pensa, in tal modo, di guadagnare voti al Nord, riserva di caccia della Lega? Temiamo che stia facendo male i conti proprio con il suo tradizionale elettorato, situato in buona parte nel Meridione.
In fondo, come abbiamo visto, l’opzione zero non è prediletta soltanto da Giovannini. La condividono in molti, forse a livelli ancora più alti. Di fronte all’angosciante condizione del Sud ed a quei 25.000 giovani che lasciano, soltanto in Sicilia, la loro terra per andare ad arricchire il già ricco Nord, ci sarebbe piaciuto sentire qualche parola di allarme provenire dal colle più alto. Purtroppo, ci è toccato constatare che anche nell’ultimo discorso di fine anno, l’attuale inquilino del Quirinale ha scelto “l’opzione zero”… (rdm)