Si è conclusa, con successo a Tropea, l’ottava edizione di Teatro d’aMare, che ha deliziato il pubblico con un cartellone interamente dedicato alla drammaturgia al femminile e firmato da Francesco Carchidi e Maria Grazia Teramo.
Il festival è stato organizzato dall’Associazione LaboArt Tropea e patrocinato dal Comune di Tropea, main sponsor dell’iniziativa sono LaboApartments, Tropis Hotel, Acqua degli Dei e Associazione Albergatori Tropea (As.Al.T.). LaboArt Tropea è un’Associazione nata nel 2010 che opera in ambito culturale e sociale. Produce spettacoli teatrali, organizza corsi di formazione a lungo termine ed eventi culturali tesi ad incrementare l’offerta culturale nel territorio calabrese, durante tutto il corso dell’anno.
L’associazione si occupa principalmente di percorsi di teatro-terapia, teatro sociale e teatro di comunità; per la naturale vocazione a coinvolgere utenti con disagi mentali, sociali o propensi all’emarginazione. Non avendo a disposizione un teatro, LaboArt ha abbattuto il concetto classico di teatro e ha sfruttato luoghi inconsueti per le pratiche teatrali (chiese sconsacrate, ex biblioteche, spiagge, boschi).
L’Associazione organizza dal 2015 il festival “Teatro d’aMare” durante il periodo estivo e la rassegna “Zona di Contagio” durante il periodo invernale. Le due manifestazioni sono nate con l’obiettivo di migliorare il tessuto culturale della zona, di riportare lo spettacolo dal vivo tra le abitudini della comunità e per provare a creare un movimento culturale che instauri legami con i gruppi artistici che hanno sede sul territorio regionale e nazionale.
«L’esito dal punto di vista emotivo, è stato devastante – hanno detto Carchidi e Teramo – abbiamo fatto i conti con l’imprevedibilità, ma questi apparenti ostacoli sono diventati preziosi compagni di viaggio, tramutando questa esperienza in qualcosa di indimenticabile. Il pubblico che ha assistito alle serate è stato eroico perché ha deciso di volerci essere a tutti i costi, nonostante le intemperie. Di fronte alla manifestazione del loro consenso per ciò che abbiamo realizzato, ci siamo sentiti capiti, amati».
Il tratto distintivo che rende questo Festival unico è rappresentato dall’osmosi che si crea fra l’ambiente, gli artisti e le compagnie. Un insieme di persone uniche che hanno reso il cartellone di quest’anno una poesia in movimento. Alessandra Cristiani in primis, che a causa di una forzata assenza si è trasformata in natura primordiale, in una marea di lacrime che scendevano dal cielo per quello che è solo un appuntamento rimandato con la sua straordinaria espressività. Magnifico nel suo carisma dominante Roberto Latini che ha recitato con tutto il suo corpo i versi scolpiti nell’aria di Mariangela Gualtieri, nel tramite di uno strumento che evoca parole urgenti e struggenti.
«E poi Laura Nardinocchi e Niccolò Matcovich – ha spiegato Carchidi – che anche se li hai appena incontrati ti sembra che li conosci da una vita. Luisa Borini e la sua iconica leggerezza nel giocare con le ferite del suo passato. Michele Losi e Campsirago, residenza capace di traslare il festival dalle mura del giardino del Museo Diocesano, per spostarlo in ogni angolo della città. A Pakkyone, tenero e inquietante, accogliente e perturbante. E ancora ai Quotidianacom e alla loro cinica ironia che mentre ridi ti devasta dentro».
Il festival si è chiuso con una performance musicale delle Tarab Ensamble, con una selezione di musiche dal mondo rielaborate con grande intensità e partecipazione emotiva.
«E poi – conclude la Teramo – varie ciliegine sulla torta, con la polverina magica della fatina B interpretata da Elisa Trapuzzano, la materia in movimento di Caterina Stillitano, le rughe delle sagge sculture di Nadia Riotto e la comunicatività della pietra scolpita da Meduso, ovvero Gerardo Mazzitelli. A rendere uniche le notti del festival poi ci ha pensato anche il nostro staff organizzativo e tecnico. Insieme a loro siamo diventati una famiglia. Al termine di questa esperienza ci sentiamo indubbiamente stanchi ma allo stesso tempo fieri per ciò che abbiamo messo in piedi. Ma soprattutto siamo commossi. Ci scende una lacrima perché sappiamo che questi pazzi quattro giorni resteranno sempre nel nostro cuore». (rvv)