PONTE, AMBIENTALISTI CONTROCORRENTE
IL PARERE FAVOREVOLE DI FAREAMBIENTE

di ROBERTO DI MARIAVincenzo Pepe, presidente di FareAmbiente ha di recente ribaltato tutti i luoghi comuni dell’ambientalismo “mainstream” a proposito del Ponte sullo Stretto. Nelle sue dichiarazioni, un aperto riconoscimento della sostenibilità ambientale del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria.

Pepe arriva a queste conclusioni superando il muro di preconcetti di molti suoi “colleghi” ambientalisti militanti, e prendendo atto dei risultati di studi scientifici e analisi molto approfondite. In particolare, uno studio (“Stretto di Messina e rispetto della transizione ecologica”) pubblicato dal Distretto Rotary 2110, Sicilia e Malta, redatto dagli ingegneri Mollica e Musca, nel quale sono evidenziati i benefici che la realizzazione del Ponte comporterebbe per l’ambiente.

È proprio da questo studio che scaturisce l’enorme riduzione di emissioni di CO2 che si registrerebbe dopo la realizzazione del Ponte. Un ridotto utilizzo del traghettamento da parte del gommato comporterebbe circa 140.000 ton. di CO2 e diverse centinaia di tonnellate di altri inquinanti (ossidi di azoto, di zolfo, particolato, etc.) in meno sullo Stretto.

Una riduzione del 90-95% rispetto alla situazione attuale. Ma questo è solo uno dei tanti aspetti che dovrebbero indurre gli ambientalisti a chiedere loro la costruzione del Ponte. Il progressivo trasferimento del trasporto merci da gomma a ferro è un obiettivo che l’Ue persegue da molti anni: entro il 2030 la quota su rotaia deve essere pari almeno al 30%.

Oggi, in Italia siamo al 13%, ma in Sicilia va peggio: percentuali da prefisso telefonico e treni merci sono praticamente scomparsi dall’isola. Il perché è presto detto: che senso ha trasferire le merci da un camion a un treno che non si sa quando parte e, tantomeno, quando arriverà a destinazione?

Tanto vale farle restare su gomma e scegliere due possibilità: la rete stradale ed il traghettamento a Messina o, più facilmente, il traghettamento Ro-Ro verso il continente, senza cambiare modalità. A dispetto del fatto che entrambe le soluzioni sono molto più impattanti sull’ambiente rispetto al trasporto su rotaia, che può essere rilanciato, in Sicilia, solo realizzando il collegamento stabile con il continente. I treni merci viaggerebbero senza “rottura di carico”, divenendo competitivi con le altre modalità di trasporto, permettendo un facile conseguimento degli obiettivi stabiliti dalla Ue ed evitando le pesanti sanzioni che si prevedono in caso di inadempienza. FareAmbiente lo ha capito.

Sono riflessioni banali ed è difficile credere che siano sfuggite perfino agli ambientalisti più appassionati, ma anti-Ponte sempre e comunque. I quali, peraltro, nelle loro tesi si spingono ad altre valutazioni, che con l’ambiente fanno semplicemente a pugni.
Consideriamo gli effetti che avrebbe il Ponte sulla mobilità delle persone.

Sappiamo che il Ponte comporterebbe l’arrivo dell’Alta Velocità in Sicilia, servendo altri 5 milioni di italiani e metterebbe il treno in condizione di competere con l’aereo, diventandone una validissima alternativa, consentendo di coprire il tragitto Catania-Roma in meno di quattro ore, da centro a centro. Con l’aereo, già oggi, ce ne vogliono quasi cinque, considerando i tempi necessari agli spostamenti centro-aerostazione, controlli, etc.

Meraviglia che i paladini della sostenibilità ambientale senza se e senza, nell’analisi costi-benefici, diano più peso agli aspetti economici che all’enorme riduzione dell’emissione di sostanze pericolose. Il trasporto aereo incide profondamente sul riscaldamento globale ed è per questa ragione che il trasferimento al treno di una quota consistente dei viaggiatori sulle medie distanze rappresenta uno degli obiettivi prioritari dell’Ue. Alcuni Paesi membri – in particolare in Francia – vietano tratte aeree fra città già collegate in Av ferroviaria.

Ma le considerazioni sull’impatto reale del Ponte sull’ambiente, non finiscono qui. Basta allargare lo sguardo al di là dei confini nazionali per rendersi conto che l’isola viene inserita in uno dei corridoio “Core” della rete Ten-T europea dei trasporti. La Sicilia, infatti, si trova al centro del Mediterraneo, un mare che dopo il raddoppio del canale di Suez viene solcato da un quarto del traffico containers dell’intero globo.

Una quantità enorme di merci, in maggioranza diretta dalla Cina all’Europa. Com’è noto, una parte consistente di queste merci sfiora le coste siciliane, attraversa lo Stretto di Gibilterra e viene sbarcata nei porti del Mare del Nord (Rotterdam-Amburgo-Anversa). Se soltanto un’aliquota significativa arrivasse in Europa attraverso un porto mediterraneo, i percorsi di queste navi si accorcerebbero di 5-6.000 km, con una riduzione nelle emissioni in ambiente molto rilevante.

Va rammentato, per la precisione, che il percorso via ferrovia da questi porti verso ipotetiche destinazioni nel centro dell’Europa sarebbe paragonabile, se non inferiore, a quello da intraprendere a partire dai porti del Northern range. La Sicilia, con la sua posizione geografica, è una candidata ideale anche per le sue enormi potenzialità portuali, attualmente inespresse. Il piano regolatore portuale di Augusta prevede – grazie a fondali profondi 22 metri -, quasi 10 km di banchine accessibili alle più grandi navi esistenti. Il doppio di Gioia Tauro, attualmente lo scalo più grande in territorio italiano.

In tal senso, sia Genova che Trieste sono fortemente penalizzate e i disperati e costosissimi interventi necessari per renderle appena più competitive non porteranno risultati concreti: è vero che la contestatissima nuova diga foranea di Genova – che secondo autorevoli esperti finirà per costare oltre 1,5 mld di euro – renderebbe la città ligure in grado di accogliere grandi portacontainers (cosa oggi impossibile), ma offrirebbe meno di un quinto dei banchinamenti che potrebbero essere presto disponibili ad Augusta a costi di gran lunga inferiori. Il PNRR italiano ha puntato tutto sui due porti del nord Italia ma i risultati saranno risibili. Nel silenzio assordante degli ambientalisti di casa nostra.

Per quali ragioni i nobili movimenti ambientalisti – FareAmbiente a parte – non hanno preso atto delle evidenze sopra accennate? Convenienze politiche, inerzia, abitudine o forse la comodità di avere un simbolo contro cui combattere, la cui imponenza fa presa sull’immaginario collettivo, risvegliando ancestrali quanto ingiustificati timori?
Inoltre, è comodo confondere l’impatto estetico, certamente importante, con quello ambientale ma è anche vero che il Golden Gate, il Rion Antirion e il viadotto di Millau sono tra le opere più fotografate al mondo. Manca l’onestà intellettuale, come ha dimostrato FareAmbiente. (rdm)

Occhiuto: La difesa del suolo e lotta all’abusivismo dovrebbe essere in cima all’agenda politica

«Questo tema della difesa del suolo e della lotta all’abusivismo dovrebbe essere in cima all’agenda politica di tutti i decisori, sia di quelli che partecipano alle scelte del governo nazionale, sia di quelli regionali e comunali». È quanto ha dichiarato il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, nel corso del suo intervento a Tg2 Post.

«È davvero importante – ha evidenziato – che ci sia una coscienza collettiva che deve riguardare anche i cittadini, spesso autori degli abusi. Si dice che occorrono risorse per fronteggiare il dissesto idrogeologico. Ed è vero. Nella mia Regione io, appena insediato, ho trovato 500 milioni di euro da spendere nelle attività per fronteggiare il dissesto idrogeologico, con una progressione della spesa di circa 9-10 milioni all’anno. L’ho raddoppiata, portandola a 20 milioni nel 2022, ma è comunque pochissimo perché se non c’è una struttura capace di metterle a terra queste risorse non producono gli effetti che invece potrebbero produrre».

«Presto incontrerò i sindaci – ha aggiunto – per mettere a punto un piano per la difesa del territorio e chiederò loro molta attenzione al presidio. I fenomeni che si sono verificati ad Ischia hanno interessato zone abitate, ma molti dimenticano che nelle Regioni del Sud – dove ci sono paesi montani nei quali non c’è più l’uomo e dove dunque non c’è la manutenzione del territorio – questi fenomeni si verificano più assiduamente».

Il Governatore, poi, ha espresso preoccupazione per «l’allerta meteo emanata dalla Protezione Civile nella mia Regione. Ci sono Comuni che vedono le strade trasformate in torrenti, ci sono smottamenti, c’è stato un tornado a Crotone».

«Purtroppo – ha proseguito – si tratta di fenomeni a cui assistiamo ormai ordinariamente dopo allerta gialla o fenomeni temporaleschi. Questo tema dei cambiamenti climatici, che per tanti anni abbiamo considerato un fenomeno secondario, quasi un vezzo degli ambientalisti, oggi è invece sotto gli occhi di tutti».

«Credo che la nostra epoca stia pagando anche le conseguenze di un consumo del suolo – ha spiegato – fatto dalle generazioni precedenti, e che oggi espone molta parte della popolazione a gravi rischi. In Calabria ci sono dei fiumi che sono tombati. Il problema è che la natura non sa che quel fiume non c’è più e che al suo posto c’è una strada, e quando piove si trasforma di nuovo in un torrente, in un fiume, trascinando tutto ciò che si trova davanti».

«Nella mia Regione da un anno a questa parte, da quando io mi sono insediato – ha concluso – c’è tolleranza zero sui reati ambientali, non sono solo quelli relativi all’abusivismo ma anche quelli relativi alla mala depurazione, agli incendi boschivi. Siamo stati per la prima volta la Regione che quest’anno ha avuto meno incendi. La tolleranza zero può arrivare anche fino all’abbattimento delle case abusive». (rrm)

AMBIENTE, LA CALABRIA È SEMPRE ULTIMA
A CAUSA DELLA FRAGILITÀ DEL TERRITORIO

La Calabria in forte calo nelle performance ambientali. È quanto è emerso dal report Ecosistema urbano di Legambiente realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, sulle performance ambientali di 105 Comuni capoluogo che tiene conto di 18 indicatori, distribuiti in sei aree tematiche: aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano ed energia.

Per l’Associazione, infatti, sono pochi i capoluoghi di provincia italiani che sono riusciti a fare la differenza sulla sostenibilità ambientale. In Calabria, solo Cosenza ha raggiunto un importante risultato: è l’unica città del Sud a entrare, quest’anno, nella top ten della graduatoria: è quinta. Vibo Valentia si posiziona 46esima, mentre Catanzaro 63esima. Reggio si posiziona 91esima, mentre Crotone è tra gli ultimi: al 100esimo posto.

«La classifica di Ecosistema urbano 2022 – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – disegna un quadro di grande difficoltà dei capoluoghi di provincia calabresi. Una fragilità ambientale e sociale ben evidente sia nell’analisi dettagliata dei parametri che nell’arretramento, in alcuni casi nettissimo, delle posizioni rispetto allo scorso anno».

«Caso emblematico quello di Crotone che si colloca, come ormai da molti anni – ha spiegato – in fondo alla lista scivolando di ben  15 posizioni. Unica eccezione positiva è Cosenza, quinta nella graduatoria nazionale, ma che rispetto allo scorso anno scivola di una posizione con criticità in alcuni dei 18 indicatori presi in considerazione dal rapporto».

Nonostante i buoni risultati, per Cosenza sono tante le criticità su cui deve lavorare. Dal Rapporto, infatti, è emerso «un basso indice di verde pubblico a cui fa da contraltare un consistente tasso di inquinamento dell’aria dovuto alla congestione del traffico urbano in alcune zone. Si registra, poi, una scarsa incidenza di buone pratiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, mentre risulta non efficiente la gestione della raccolta dei rifiuti».

«Criticità – si legge in una nota del Comune di Cosenza – su cui ha inciso in maniera forte e determinata la nuova amministrazione, invertendo, finalmente, la rotta. Ed, infatti, un sostanziale miglioramento nell’inquinamento dell’aria si è già registrato grazie alle modifiche sulla viabilità, in particolare, di via Roma e Piazza Bilotti, che sarà certamente più incisivo e definitivo quando sarà operativo il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, la cui redazione è stata affidata all’Unical».

«Importante svolta sulle buone pratiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, inoltre – si legge – è dato dal progetto per “Interventi green blue” finanziato per circa 300 mila euro e  che sarà realizzato  nei pressi dell’ultimo lotto di via Popilia».
«Uno dei punti centrali e qualificanti del programma Cosenza2050 è la visione di “Cosenza Ecologica”– ha affermato la vicesindaco ed assessore all’ambiente Maria Pia Funaro – . Con l’obiettivo, quindi,  di realizzare un percorso green, abbiamo previsto la realizzazione di due boschi urbani. Abbiamo, infatti, aderito sin dal nostro insediamento al progetto “Un albero per il futuro” promosso dal Ministero per la transizione Ecologica ed abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa con A0CO2.  Alla fine di questo primo anno di amministrazione si stima di riuscire a mettere a dimora circa 700 nuove specie arboree. A ciò si aggiunge l’istituzione del Garante del Verde che ci porta ad essere la prima città a sud di Napoli ad averlo costituito. Punto critico e nota dolente rimane, invece, la gestione dei rifiuti, su cui però siamo già intervenuti approvando il nuovo piano dei rifiuti che sarà messo in atto appena saranno concluse le procedure del relativo bando».

«Su input del sindaco Franz Caruso – ha concluso Maria Pia Funaro – abbiamo bandito interventi spot e instabili per come hanno fatto i nostri predecessori che continuano ad autoincensarsi, dimentichi dei fallimenti di cui sono lastricati i propri percorsi. Noi   preferiamo portare avanti, invece, un’azione corretta, improntata alla legalità ed alla trasparenza, armoniosa e strutturata, facendo rete anche con i Comuni più virtuosi d’Italia, i cui risultati positivi saranno presto tangibili e non avranno bisogno di essere decantati da noi stessi. Sicuri di ciò, il giudizio lo lasciamo ai nostri concittadini, che sanno distinguere il grano dal loglio».

Vibo Valentia, invece, è tra le cinque città del comparto Sud-Isole piazzate meglio, con risultati straordinari sul fronte della raccolta differenziata. Un risultato che ha portato il sindaco Maria Limardo a partecipare alla presentazione del Rapporto a Roma.

Il primo cittadino, infatti, ha illustrato i punti di forza dell’attività amministrativa condotta negli ultimi tre anni, e che ha permesso a Vibo Valentia di piazzarsi quest’anno al 46esimo posto nazionale. Un balzo enorme se si tiene conto che all’atto dell’insediamento dell’amministrazione Limardo la città galleggiava al 104esimo posto di Ecosistema urbano, mentre già nel 2021 era riuscita a raggiungere il 39esimo posto.

Il sindaco, poi, ha parlato della grande attività compiuta a partire dai concetti di tutela ambientale e sviluppo sostenibile, «utilizzando la cultura come arma vincente per superare storiche criticità, poiché era importante ribaltare l’impatto reputazionale che a livello nazionale ci penalizza».

Entrando nel merito, Limardo ha spiegato come sia stato fondamentale iniziare col “valorizzare l’esistente”, a cominciare dagli indirizzi agli uffici comunali.

«Quanto alla differenziata – ha spiegato – abbiamo portato la città da una percentuale molto bassa ad attestarsi oggi stabilmente sopra il 70%. Lavoriamo per una raccolta di qualità e selettiva, la sfida ulteriore è proprio questa. Per farlo al meglio abbiamo a disposizione due centri di raccolta, dei quali uno verrà inaugurato a breve. Di recente ci siamo posti una problematica che è quella del riuso dell’asfalto, poiché tante volte le imprese conferiscono il rimosso in discarica mentre bisognerebbe agevolarne il riuso».

Ma ambiente non è solo raccolta differenziata, ed infatti a Vibo si sta cercando di incidere molto anche «su altri settori, come l’abusivismo edilizio, la realizzazione di piste ciclabili per le quali abbiamo già i fondi a disposizione, un impianto di bike sharing in città di imminente avvio, ed ancora il progetto City Log per decongestionare il centro dai mezzi di trasporto merci con la possibilità di effettuare consegne attraverso mezzi elettrici posti nelle stazioni ai lati della città»

«Ed ancora, stiamo lavorando molto – ha aggiunto il sindaco – sul limitare la dispersione idrica grazie ad interventi di ingegnerizzazione della rete, inoltre abbiamo appena acquistato le centraline per il rilevamento dei campi elettromagnetici e il monitoraggio della qualità dell’aria. Una serie di iniziative che permetteranno certamente alla mia città di diventare sempre più competitiva».

«Ma l’aspetto più importante – ha concluso il primo cittadino di Vibo – è l’eredita immateriale che potremo lasciare, serve una rivoluzione culturale che consenta alla cittadinanza di comprendere che quella per la tutela ambientale e lo sviluppo sostenibile è la vera sfida del presente e del futuro. E sono certa che la gente sarà al fianco dell’amministrazione per raggiungere risultati sempre più lusinghieri».

Nonostante i buoni risultati, quello emerso dal Report è «un quadro che deve fare molto riflettere – ha evidenziato Parretta –. Nonostante l’urgenza e la gravità della crisi climatica, energetica ed ambientale, nelle nostre città  non vi sono stati i cambiamenti necessari, anzi si registra complessivamente un peggioramento. Sono indispensabili iniziative urgenti e concrete che incidano nelle cinque aree tematiche prese in considerazione da Ecosistema urbano: qualità dell’aria, consumo e dispersione acqua, mobilità, rifiuti ed ambiente urbano».

«Le città calabresi possono e devono essere rese più inclusive, sicure, sostenibili e a misura d’uomo – ha evidenziato –. Deve essere ripensato, ad esempio, l’efficientamento degli edifici, installando impianti di energia rinnovabile; fermare il consumo di suolo ed incentivando parchi e foreste urbane, puntare sul trasporto pubblico e sostenibile, migliorare il sistema idrico per evitare le perdite d’acqua, completare fognature e reti di depurazione, realizzando gli impianti del riciclo per gestire al meglio il ciclo dei rifiuti. L’assetto delle nostre città deve cambiare volto per diventare più vivibili».

«E per farlo – ha concluso – è necessario un investimento di energie e risorse nelle opere pubbliche tali da realizzare realmente la transizione ecologica della Calabria». (rrm)

 

BENVENUTO IN CALABRIA, PRINCE ALBERT
TESTIMONIAL DELLA TUTELA AMBIENTALE

di SANTO STRATI – La visita di tre giorni che il Principe Alberto di Monaco farà da domani in Calabria, non solo onora la nostra terra, dove peraltro esistono anche radici lontane dei Grimaldi, ma soprattutto è uno stimolo a occuparsi e preoccuparsi della natura e del territorio. L’Aspromonte con le sue straordinarie testimonianze di biodiversità, sia di flora, sia di fauna, e il mar Mediterraneo, laboratorio permanente di biodiversità marina, sono due ricchezze che i calabresi – in particolare le nuove generazioni – devono imparare a rispettare e proteggere. E lo stesso discorso vale per la Sila e il Pollino (non dimentichiamo che la Calabria ha la bellezza di tre parchi nazionali) e le grandi rocce, i laghi, i reperti archeologici e rupestri, oltre alle tracce, meravigliosamente uniche, della civiltà classica che la Magna Grecia ci ha lasciato. La presenza del Principe Alberto è l’occasione per fare tesoro del suo impegno, mondiale, nella salvaguardia di mari, foreste, territori: occorre diffondere la cultura ambientale, educando sin da bambini ad avere cura dell’habitat naturale.

E l’attenzione che il Principe Alberto II di Monaco riserva all’Ambiente, sin dal primo momento della sua incoronazione, lascia guardare con ottimismo verso il futuro. Lo sviluppo sostenibile non è soltanto una serie di belle parole utili a disegnare scenari non apocalittici del pianeta: c’è il segnale di un concurante impegno nei confronti della biodiversità e delle risorse naturali della Terra, con l’obiettivo di ridurre i gas serra e ristabilire quell’equilibrio troppo spesso compromesso della sostenibilità ambientale.

E, considerando, che il Principato si affaccia sul Mediterraneo (che contiene il 7,5% delle specie mondiali della biodiversità marina), il ruolo da protagonista del Principe Alberto, a favore della tutela dell’Ambiente, diventa ancora più rilevante nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica. 

Nel 2006 il Principe Alberto ha creato un’apposita Fondazione per combattere i cambiamenti climatici e difendere la biodiversità, i mari e le risorse idriche del nostro pianeta: molte altre sezioni, oltre quella monegasca, sono seguite in tutto il mondo, inclusa l’Italia, con l’obiettivo, ammirevole, della salvaguardia del patrimonio ambientale. 

Ben 720 progetti di sostenibilità ambientale sostenuti da risorse personali del Principe e donazioni (ben 92 milioni di euro raccolti in questi anni) indicano un percorso di impegno globale per ridare il giusto equilibrio all’ambiente, col rispetto della natura e la tutela di un ecosistema che rischia di collassare.

Il pensiero del Principe è noto: occorre lavorare tutti insieme, scienziati, capi di Stato e rappresentanti delle Istituzioni, politici ed esponenti  delle organizzazioni internazionali, mondo economico e produttivo, senza dimenticare il coinvolgimento della società civile, al fine di individuare le soluzioni per la sostenibilità necessaria e possibile del Pianeta. Occorre cooperare per raggiungere l’obiettivo di un’etica sociale che garantisca la salvaguardia ambientale e consegni alle nuove generazioni un futuro non più irrimediabilmente inquinato e soffocato da fumi e scarichi che uccidono l’ambiente e sconvolgono l’ecosistema.

Per giungere a risultati concreti è, soprattutto, necessario sensibilizzare i giovani al rispetto della natura, alla tutela della biodiversità, alla salvaguardia delle foreste, anche attraverso piccoli gesti di vita quotidiana che non trascurino mai l’attenzione verso l’ambiente e la natura. Abituarsi a proteggere e preservare l’ecosistema significa limitare i danni che, inevitabilmente, in assenza di sostenibilità, l’atmosfera rischia di subire e con essa il clima, le cui mutazioni sono sotto gli occhi di tutti, ogni giorno, e, non da ultimo, le coltivazioni, che rappresentano il benessere di milioni di individui che di esse vivono. 

C’è, dunque, l’esigenza di diffondere la cultura ambientale e fare in modo che si realizzino modelli di tutela della sostenibilità: il Principe Alberto di Monaco è il propulsore di quella necessaria attitudine a rispettare l’habitat in cui viviamo, e questo lo rende un sovrano illuminato, ammirevole esempio di nobile impegno per il futuro del Pianeta. L’ultimo principe di un’Europa che nel Mediterraneo trova la sede naturale per il suo nuovo Rinascimento. Prossimo venturo e di sostenibilità. Benvenuto in Calabria, Principe Alberto. (s)

Ambiente, convenzione tra Arpacal e Società Italiana di Geologia Ambientale

Importante convenzione è stata stipulata tra Arpacal Società Italiana di Geologia Ambientale, che crea un modello innovativo di collaborazione esportabile in tutta Italia sul tema dell’ambiente.

Le parole chiave sono tre: collaborazione, sinergia e divulgazione. La collaborazione Arpacal e Sigea si intende su un campo molto ampio come quello ambientale che riguarda aspetti che sono sinergici. Il lavoro comune tende ad avere una visione globale dello stato dell’ambiente che comprende tutte le matrici e soprattutto quella legata all’idrogeologia.
«L’esperienza della Società Italiana di Geologia Ambientale è per noi fondamentale e l’enorme professionalità ci aiuterà nel dare un impulso molto forte alle nostre attività. Cruciale è la divulgazione dei dati ma anche la ricerca sul campo che noi facciamo. Questo aspetto sarà fondamentale non solo per lo scambio di carattere tecnico – scientifico ma anche per la formazione delle nuove generazioni. La divulgazione delle informazioni, rendere i risultati degli studi accessibili e leggibili alle nuove generazioni ci consentirà di formare una coscienza diversa e speriamo molto più consapevole dei rischi idrogeologici e la prevenzione», ha dichiarato Michelangelo Iannone, Direttore Scientifico di Arpacal intervenendo al Convegno per il Trentennale della nascita della Società Italiana di Geologia Ambientale, conclusasi ieri a Roma presso la prestigiosa sede della Società Geografica Italiana.
Arpacal ha partecipato alla Convention Nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale che ha riscontrato particolare successo con la presenza di Enea, Ispra, CNR, numerose Università Italiane, Consiglio Nazionale dei Geologi. Società Geografica Italiana. Un grande evento per il trentennale della SIGEA con il patrocinio morale del Ministero della Transizione Ecologica e del Ministero dell’Ambiente. La sede giusta, dunque per presentare la convenzione tra SIGEA e Arpa Calabria.
«Si tratta – ha spiegato Antonello Fiore, presidente nazionale Sigea – di un modello innovativo esportabile anche in altri territori italiani. Arpacal e Società Italiana di Geologia Ambientale, andranno a collaborare sulle varie tematiche ambientali anche nell’attività di informazione e conoscenza dei programmi di educazione ambientale. Grazie alla sensibilità del management dell’Arpacal, del Commissario Domenico Pappaterra, e alla sempre più concreta e stringente collaborazione con la sezione regionale di Sigea, la Calabria può vantare il primo accordo tra Sigea e Arpa che andrà a creare un’interazione di competenze in diversi settori riguardanti l’ambiente».
«La Sigea per 30 anni – ha dichiarato Gaetano Osso, Presidente della Sigea sezione Calabria – si è dimostrata un’associazione seria, che ha argomentato scelte e confronti scientifici nell’interesse della collettività. La Calabria, negli ultimi anni, ha calamitato l’interesse non solo degli addetti ai lavori, triplicando gli iscritti, ma anche dei cittadini comuni, delle scuole e di Enti che si occupano della gestione di aree naturalistiche e museali. Sono però anche cosciente che il lavoro fin qui svolto non deve essere considerato come un punto di arrivo ma come stimolo e impegno per proseguire e ampliare la coscienza ambientale, unico futuro per l’uomo e il Pianeta». (rcz)

Presentato il progetto di FederAnziani sull’ambiente “Non esiste un Pianeta B”

È stato presentato, a Scalea, Non esiste un pianeta B, il progetto di FederAnziani Calabria contro l’abbandono di mozziconi di sigarette nella comunità che provoca un alto tasso di inquinamento e che è stato proposto ai Comuni calabresi.

Nel corso della conferenza stampa di presentazione del progetto, nella sala consiliare di Scalea, sono emersi numeri preoccupanti per il territorio: il 26% dei calabresi fuma con una media di 15 sigarette al giorno, per un totale annuo di 2.750.000.000; si stima che il 60% dei fumatori non smaltisca correttamente i mozziconi di sigarette, così una gran quantità di esse invade fiumi, coste e spiagge finendo in mare.

Quindi 1 miliardo di mozziconi di sigarette, pari a 300 tonnellate di rifiuto speciale, provocano danni enormi al sistema ambientale calabrese”, si è ribadito, grazie anche al lavoro dell’ex assessore regionale all’ambiente Diego Tommasi.

Coinvolti, oltre a Federanziani, il Comune di Scalea, la Provincia di Cosenza, l’Opi di Cosenza, l’Anci e Federsanità Anci e l’associazione Volare. Insieme alle associazioni “Centro donne Roberta Lanzino” ed il centro di aggregazione sociale di Scalea è partita la prima tappa.

L’idea è quella di riempire i contenitori, consegnarli ed avere in cambio dei regali offerti da alcune aziende del territorio. Caffè e passata di pomodori, intanto. Soddisfatti il vicesindaco Annalisa Alfano e l’assessore all’ambiente Davide Manco.

«Le cattive abitudini dei fumatori sono anche associate alla mancanza di strumenti per disfarsi correttamente dei mozziconi; eppure una Legge dello Stato disciplina questa materia prevedendo l’installazione nelle strade, nei parchi e nei luoghi ad alta aggregazione sociale di appositi raccoglitori. Senza dimenticare le sanzioni che variano dai 25 a 300 euro», hanno ribadito Alfano e Manco, insieme al supporto tecnico della società Mia e di Azzurra che si occupano di smaltimento rifiuti e disinfestazioni varie.

«I senior sono persone che hanno più tempo libero e disponibile, se adeguatamente formati possono essere le sentinelle ed i custodi dei territori. Ed in questo modo si mantengono attivi e connessi con l’amministrazione collaborando alla salvaguardia dell’ambiente in cui vivono e possono avviare azioni di educazione civica verso i nipoti, che saranno i cittadini di domani», il pensiero della presidente di FederAnziani Calabria, Maria Brunella Stancato e di Antonio Volpentesta dell’Associazione Volare.

A settembre, dopo alcune tappe intermedie sul corso principale di Scalea, il resoconto delle attività. Poi spazio ai giovani, alle scuole, ai volontari ed a chi premia l’ambiente. (rcs)

Ambientalisti contro Occhiuto: non ci ha convocati per lo stato del mare

Italia Nostra, Legambiente, WWF e Lipu, le più importanti e rappresentative Associazioni Ambientaliste Calabresi, in una nota congiunta hanno rilevato come le continue richieste di incontri urgenti fatte al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, non hanno mai avuto risposta.

«La stampa di qualche giorno fa – hanno rilevato le Associazioni in una lettera rivolta a Occhiuto – ha doto notizia che il Presidente Occhiuto  ha illustrato ai giornalisti, ai sindaci  ed ad un’associazione  i provvedimenti adottati in questi giorni con l’Ordinanza n. 10 del 16 giugno 2022  in merito alla gestione della depurazione e per il  mare calabrese pietoso».

«La vicenda si ripete ed ancora una volta la stessa associazione è stata ricevuta ieri dal Presidente Occhiuto e nella giornata di oggi parteciperebbe all’incontro che lo stesso presidente Occhiuto terrà con tutti i Sindaci per una rendicontazione delle misure avviate» hanno rilevato ancora le Associazioni, ricordando che «il 15 dicembre 2021 le  hanno  chiesto  un incontro urgente  dopo aver presentato  insieme ad altre dodici Associazioni  due corpose e dettagliate osservazioni in merito all’Impianto di smaltimento di rifiuti pericolosi e non  di San Sago nel Comune di Tortora, posto sulle sponde del fiume Noce, di cui è in corso  la procedura di rinnovo AIA per la riapertura dell’impianto dopo 9 anni di chiusura. Non abbiamo ricevuto né una convocazione né una risposta».

«Analoga richiesta di incontro le stesse Associazioni, insieme ad altre 12 Associazioni – continua la nota – la quasi totalità di quelle presenti sulla fascia tirrenica cosentina, le hanno presentato   in data 01.04.2022,  poco dopo la pubblicazione dell’Ordinanza n. 09 del 17.03.2022 sullo smaltimento dei fanghi presenti negli impianti che avrebbero  impedito il corretto funzionamento dei depuratori». 

«Volevamo confrontarci – hanno spiegato – sui dati che i funzionari della Regione Calabria avevano raccolto relativi alle ispezioni ed alle verifiche dei depuratori della Provincia di Cosenza perché ritenevamo che il cattivo funzionamento della depurazione avesse origini ben più strutturali e non solo legate al trattamento dei fanghi. Anche in questo caso alcun incontro ci ha accordato ed oggi è lei stesso  ad affermare che l’intervento per lo smaltimento dei fanghi non è servito a niente  avendo appurato che  comunque gli impianti non funzionano bene».

«Si è ricorso ai ripari con una nuova Ordinanza, la n. 10 del 16 giugno 2022 – prosegue la nota – per interventi urgenti sui depuratori di 13 Comuni della fascia Tirrenica e sugli scarichi abusivi a stagione estiva già iniziata. Ancora provvedimenti di emergenza, molto tardivi che difficilmente, ma non ce lo auguriamo, possano produrre effetti significativi come quelli che vengono assicurati. Lo vedremo presto. Vorremmo ricordarle, Presidente Occhiuto, che il suo ruolo istituzionale non le consente di scegliersi associazioni di eventuale gradimento escludendo dal confronto tutte le altre, forse giudicate scomode, poco inclini a fare da megafono». 

«Con i nuovi provvedimenti tardivi – si legge ancora – si parla anche di monitorare e prevenire  scarichi abusivi,  di vietare la circolazione notturna degli auto spurgo, di pulizia dei corsi d’acqua, dei fiumi , di  monitorare i depuratori dei comuni montani  che scaricano in canali, torrenti che giungono a mare tramite l’immissione nei fiumi come il Noce, il Fiume Lao, l’Abatemarco ecc. Ci verrebbe da dire “benvenuta regione Calabria”. Sono anni che segnaliamo queste problematiche ad una Regione sorda e cieca e non ci siamo risparmiati ad inviare segnalazioni   alle autorità, a scrivere sui giornali, a darne spazio sui social, insomma cercando di fare tutto ciò che alle Associazioni è consentito per smuovere una situazione di spregevole paralisi».

«Presidente Occhiuto – si legge ancora – lei può concedere incontri a chi vuole, non per questo ci stracceremo le vesti. Ora verificheremo se le misure tampone costate ai Calabresi milioni di euro avranno quell’impatto promesso se attuate, pretendendo la massima trasparenza delle informazione e continueremo ad insistere per la realiz–zazione di un piano organico strutturale di efficientamento, ammodernamento ed adeguamento dell’intero sistema  depurativo della nostra costa che la Regione Calabria non ha,  senza il quale il mare presenterà  sempre delle criticità».

«Il mare è la nostra primaria risorsa – conclude la nota – che le classi dirigenti della nostra regione, nessuna esclusa,  hanno colpevolmente e completamente trascura to con le conseguenze che oggi vediamo. Non ci sarà un’altra volta per intervenire. Sappiatelo». (rrm)

ACQUA, AMBIENTE, ENERGIA: DALLA SVIMEZ
INDICAZIONI PER UTILIZZO RISORSE PNRR

In Calabria, l’attivazione in termini di valore aggiunto della produzione delle utilities (ambientale, idrico ed energetico), ha un’incidenza dello 0,5%. È il valore minimo rilevato nelle otto regioni meridionali dal Rapporto Sud I servizi pubblici locali nell’Economia del Mezzogiorno, elaborato da UtilitaliaSvimez.

Un dato che preoccupa, ma che deve far comprendere come sia importante investire le preziose risorse del Pnrr per migliorare la qualità della vita dei calabresi, partendo dall’acqua, dall’ambiente e dall’energia.

Soprattutto sull’acqua, la nostra regione ha un problema serio: è tra le più colpite per l’irregolarità nel servizio dell’erogazione dell’acqua e il 28,8% delle famiglie si lamenta del problema. Grave disagio, poi, anche sui consumi: il 38,2% delle famiglie ha dichiarato di non fidarsi a bere l’acqua del rubinetto.

Quello presentato è, infatti, un prezioso documento che analizza e valuta gli impatti economici e occupazionali nei vari settori in cui operano le utilities (ambientale, idrico ed energetico) nelle regioni del Mezzogiorno. Vengono messe a fuoco sia le criticità, legate ad alcuni ritardi storici e all’incalzare della crisi climatica e per la cui risoluzione vengono effettuate alcune proposte, sia le opportunità, moltiplicate dalla destinazione del 40% delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) alle regioni meridionali.

Secondo il rapporto, infatti, «i servizi di pubblica utilità, nello specifico quelli relativi alla gestione delle risorse idriche, ambientali ed energetiche, svolgono un ruolo particolare: sono vettori che possono accelerare il passaggio verso un’economia decarbonizzata, basata sulla circolarità delle risorse, sul miglioramento della qualità della vita e sul rafforzamento della resilienza dei sistemi economici e sociali».

«In quasi 290 mila gli addetti nel comparto delle utilities, di cui oltre 93 mila impiegati nelle unità locali situate nelle regioni meridionali. Il peso relativo del Mezzogiorno sull’Italia è dunque pari al 32%, in linea con il peso demografico di queste regioni e nettamente maggiore di quanto emerge da altri indicatori economici (la quota del PIL meridionale su quello nazionale, ad esempio, arriva a malapena al 22%). In termini di occupati, il peso relativo delle utilities sul totale dell’industria raggiunge l’8,9% nel Sud, ed è pari al 4,5% nel CentroNord».

«Passando, però – si legge – dal numero degli occupati alla produttività, l’equilibrio tra Nord e Sud viene ribaltato. Il valore aggiunto per occupato nelle utilities del Mezzogiorno è pari a circa 116 mila euro, mentre nel Centro-Nord si attesta a 166 mila euro, rispetto a valori pari, rispettivamente, a 48 e 67 mila euro per il totale dell’industria. Inoltre il Sud Italia è caratterizzato da una minore concentrazione di società rispetto al resto del Paese: delle 1.301 realtà a livello nazionale, soltanto 260 hanno sede nelle aree meridionali. Nel 2020, il valore della produzione (fatturato) dei servizi di pubblica utilità realizzato da 241 aziende con sede legale nelle regioni del Mezzogiorno ha sfiorato i 5 mld di euro, che corrisponde al 21% dell’intero fatturato prodotto su scala nazionale, nel medesimo anno, dalle aziende attive nei due settori considerati (idrico e servizio ambientale)».

«Il valore della produzione – viene spiegato – complessivamente attivato dalle utilities del Mezzogiorno qui considerate è pari, in valore assoluto, a circa 11 mld di euro a scala nazionale. Per offrire un termine di comparazione, quest’ultimo dato è pari a quasi lo 0,4% dell’intero valore della produzione nazionale al netto delle attività non market2 nel 2019. Per ogni euro di produzione realizzata nel Sud da parte delle utilities esaminate se ne attivano, in Italia, circa 2,2».

Tornando al discorso dell’attivazione in termini di valore aggiunto nelle otto regioni meridionali e la sua incidenza sul Pil, se la Calabria è quella che presenta il valore minimo, c’è la Puglia che, invece, presenta il valore più alto (1,6%).

Dunque, «In sei regioni su otto del Mezzogiorno, l’attivazione di valore aggiunto è uguale o superiore al punto percentuale (sul PIL regionale). Sono valori che indicano come, al di là delle funzioni di primaria importanza svolte da queste aziende (basti pensare a quelle attive nella raccolta dei rifiuti), esse presentano una “dimensione” economica non trascurabile. A fronte di un numero complessivamente esiguo di aziende, la loro capacità propulsiva appare comparativamente elevata».

Per Svimez e Utilitalia, poi, c’è un altro elemento da considerare, ossia che le aziende meridionali sono importanti attivatori di produzione e occupazione anche per le regioni del Centro-Nord. Se nelle regioni del Sud, per ogni milione di euro di produzione realizzata dalle utilities locali, si attivano dai 7 ai 10 addetti, la produzione totale attivata dalle aziende genera a livello nazionale da 2 a 3 posizioni lavorative aggiuntive che interessano le regioni del Centro-Nord. In altri termini, per ogni milione di euro di produzione realizzata dalle imprese meridionali, in media una quota prossima al 30% dell’attivazione complessiva di occupazione va a beneficio delle regioni centro-settentrionali».

Per quanto riguarda il settore idrico, è cosa nota che il Sud soffra di significativi ritardi sia sulla governance che sugli investimenti. Una condizione che aumenta il divario con il resto del Paese andando a creare quella che nel rapporto viene chiamata Water service divide.

«La presenza di piccoli operatori – si legge – spesso coincidenti con i singoli Enti Locali, e la mancanza di un ente di regolazione locale che coordini l’attività dei gestori sul territorio, hanno forti ripercussioni sulla pianificazione degli interventi e sulla determinazione delle tariffe: i gestori del servizio si ritrovano spesso in condizioni di difficoltà economica per cui l’obiettivo finale si focalizza più sulla necessità di contrastare eventuali squilibri di breve termine che su una pianificazione ottimale di lungo periodo che guardi all’efficienza della gestione. È dunque necessario garantire la piena operatività agli Enti di Governo d’Ambito, passaggio fondamentale per il superamento delle gestioni in economia (che al Sud servono il 26% della popolazione; vedi figura) e della frammentazione gestionale che rappresentano un freno allo sviluppo industriale e agli investimenti».

Per Svimez e Utilitalia, «sarebbe opportuno prevedere un’accelerazione nella realizzazione delle infrastrutture interregionali o comunque sovra-ambito (già previste nei piani di bacino e nel Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico) ecoerentemente, completare la costituzione di una nuova Società dello Stato (prevista dalla Legge di Stabilità per il 2018) che subentri all’EIPLI, ente definitivamente soppresso e posto ormai in liquidazione. Lo stallo sul destino di questo ente determina infatti un’elevata vulnerabilità del sistema di grande approvvigionamento di buona parte del Sud Italia, comportando un rischio significativo per l’uso civile dell’acqua ma anche per quello irriguo e industriale».

«Si tratta di interventi urgenti perché l’infrastruttura presente nelle regioni del Sud è stata in gran parte realizzata grazie alle risorse previste dalla Cassa del Mezzogiorno» viene evidenziato nel Rapporto, dove viene spiegato che il Sud deve fare i conti con la persistente scarsità della risorsa idrica.

Purtroppo, infatti, «in molte zone i problemi connessi alla disponibilità di acqua potabile costringono ogni anno le amministrazioni a emanare ordinanze di razionalizzazione delle acque, causando disagi alla cittadinanza soprattutto nel periodo estivo. Il quadro complessivo ha un impatto evidente sui consumi di energia elettrica: se da un lato il consumo di energia dell’acqua immessa in rete è abbastanza omogeneo, lo stesso non può dirsi in relazione ai volumi consegnati all’utenza».

E, proprio sulla dispersione dell’acqua, è stato rilevato come «in sei capoluoghi del Mezzogiorno si osservano perdite totali lineari sulla rete comunale di distribuzione dell’acqua potabile superiori a 100 metri cubi per chilometro di rete, che si traducono in perdite percentuali superiori al 50%. Basti pensare che la percentuale delle perdite di Siracusa è pari al 68% circa, mentre a Milano scende al 14%. %. Questa differenza è espressione del service divide che caratterizza il comparto idrico italiano, ovvero l’asimmetria in termini di qualità del servizio offerto tra Nord e Sud del Paese, che può essere riequilibrata solo con un piano di investimenti strategico per le regioni meridionali».

«Inoltre in 11 Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana, localizzati tutti nel Mezzogiorno, si è fatto ricorso a misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua potabile, disponendo la riduzione o sospensione dell’erogazione idrica. A 10 Famiglie e servizio idrico: nel Mezzogiorno maggiore irregolarità nel servizio e bassa fiducia nel bere acqua del rubinetto Attivazione complessiva degli investimenti nel periodo 2018-2023: in termini di produzione 3,2 mld € con 42mila ULA Enna, Pescara, Cosenza e Reggio di Calabria le restrizioni nella distribuzione dell’acqua potabile sono state estese a tutto il territorio comunale. Le situazioni più critiche si sono registrate ad Agrigento e Trapani, dove l’erogazione dell’acqua è stata sospesa o ridotta in tutti i giorni dell’anno, con turni diversi di erogazione estesi all’intera popolazione residente».

Da questi dati, dunque, emerge come le sfide più importanti per le utilities del Sud sono legate essenzialmente alla riduzione del service divide, soprattutto nei settori idrico e ambientale. L’obiettivo è migliorare i servizi erogati anche nell’ottica di aumentare il grado di resilienza di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici.

A tal proposito dal rapporto emergono alcune precise proposte: è necessario sostenere e potenziare lo sviluppo industriale delle utilities nel Sud Italia favorendo le gestioni industriali per superare i problemi derivanti dalla frammentazione; migliorare e semplificare la governance, per garantire rapidità ed efficacia nel processo di evoluzione industriale, incentivando la completa realizzazione degli investimenti, e semplificare i procedimenti autorizzativi; completare il processo di costituzione di una nuova Società dello Stato, che subentri ad EIPLI, per garantire il riequilibrio della dotazione della risorsa idrica nel bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale; incentivare il processo di digitalizzazione del comparto; e, infine, programmare lo stanziamento di nuove risorse destinate alle regioni del Meridione ed assicurare la realizzazione degli investimenti.

Nelle regioni del Sud inoltre – e in particolare in Sicilia, in Puglia e in Basilicata – è presente il maggior potenziale di sviluppo delle rinnovabili da solare ed eolico d’Italia. Ad oggi la produzione di energia rinnovabile da queste fonti, al Sud Italia, è pari a circa il 30% della produzione nazionale (dati Terna): un valore che può crescere sensibilmente, contribuendo al raggiungimento dei target previsti dalla normativa europea.

Per la Presidente di Utilitalia, Michaela Castelli, «l’unica strada percorribile per elevare il livello dei servizi pubblici al Sud è favorire una gestione industriale, ovvero una gestione unica che si occupi dell’intero ciclo dell’acqua come dei rifiuti. Come dimostrano le positive esperienze del Centro-Nord e quelle delle realtà industriali presenti nel Meridione, solo in questo modo è possibile ottenere un incremento degli investimenti e della qualità dei servizi offerti ai cittadini».

«Bisogna intervenire – ha evidenziato – nei territori in cui le amministrazioni locali non hanno ancora affidato il servizio a un soggetto industriale, con l’obiettivo di superare le gestioni in economia e la frammentazione gestionale. Per ogni euro di produzione realizzata nel Sud da parte delle utilities esaminate nel Rapporto se ne attivano, in Italia, circa 2,2: il comparto può dunque contribuire in maniera importante al rilancio economico del Meridione, anche dal punto di vista dell’impatto occupazionale diretto e indiretto».

Anche per il Direttore Generale della Svimez, Luca Bianchi «il comparto delle utilities risulta essere uno dei canali di trasmissione più idonei a mettere a terra con profitto le risorse del PNRR nel Mezzogiorno. La maggiore robustezza rispetto al resto dell’industria riscontrata nelle gestioni integrate idriche e dei rifiuti, così come la capacità progettuale e di governo del sistema dei Consorzi di Bonifica, sono gli elementi che lo studio mette in evidenza come leve cruciali per favorire la transizione digitale ed ecologica del Mezzogiorno».

«Puntare su modelli di governance – ha sottolineato – che si sono rivelati efficaci anche al Sud, rafforzandoli nei territori in cui ancora non si sono insediate le gestioni industriali e concentrandovi le maggiori risorse per investimenti del PNRR, può essere la soluzione per sopperire al deficit di capacità amministrativa che potrebbe compromettere l’efficacia del PNRR nel Mezzogiorno. Tanto più che l’impatto degli investimenti su questi settori risulta essere particolarmente incisivo nella formazione di nuova occupazione e riguarda gli ambiti più esposti alle sfide del cambiamento climatico».

«Gli investimenti sulla digitalizzazione delle gestioni idriche, dei campi agricoli, sulla depurazione e sul trattamento dei rifiuti possono produrre effetti a cascata (effetti spillover) nel lungo periodo di gran lunga superiori alle stime di impatto sul Pil e occupazione, peraltro già consistenti, elaborate in questo studio», ha concluso Bianchi. (rrm)

Mare Pulito incontra Occhiuto: Illustrate le attività messe in campo dalla Regione

È stato un incontro proficuo, quello avvenuto tra il presidente e il vice presidente dell’Associazione Mare PulitoAlessandro RuvioGiuseppe Dattilo, e il presidente della Regione, Roberto Occhiuto.

All’incontro, a cui erano presenti anche Salvatore Siviglia, dirigente del Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente e i responsabili degli uffici tecnici regionali, con cui l’Associazione ha potuto verificare quali azioni concrete la Regione ha messo in campo per la risoluzione delle note problematiche relative all’inquinamento del mar Tirreno.

Ai due esponenti di Mare Pulito, infatti, dopo un lungo incontro con il Presidente della Regione, è stata mostrata la documentazione delle attività realizzate fino a questo momento e sono stati illustrati i progetti in corso.

«L’appuntamento con il Governatore ha permesso, anzitutto – viene spiegato in una nota – di illustrare tutti i progetti realizzati dall’Associazione, ma si è concretizzato anche in uno scambio di pareri volto all’instaurazione di una sinergia tra la Regione e l’Associazione per discutere delle sorti del mare calabrese».

«L’Associazione, dopo aver verificato personalmente il lavoro che sta svolgendo la Regione Calabria e gli interventi di risoluzione che si stanno realizzando – spiega la nota – non può che esprimere soddisfazione. Non c’è dubbio che la problematica, purtroppo, sia grave e richiederà tempo e pazienza, tuttavia, finalmente, sembrerebbe che si stia andando nella direzione giusta».

Mare Pulito, poi, ha ricapitolato le attività realizzate e programmate dalla Regione:  il Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente ha costituito un gruppo di lavori con funzionari regionali, dipendenti Arpacal, dipendenti delle province e dipendenti dell’ufficio del commissario per monitorare lo stato di efficienza degli impianti di sollevamento e degli impianti di depurazione.

Inoltre, il Dipartimento sta predisponendo un sistema informatico territoriale per la gestione di tutte le informazioni legate alla tutela del territorio e del mare. Oltre a ciò, è stato preposto un gruppo di funzionari che si interfacciano giornalmente con cinque comuni affidati al loro controllo (1 funzionario ogni 5 comuni); sono stati individuati molti degli scarichi potenzialmente abusivi e segnalati ai singoli comuni, nonché alla Procura competente.

Come già annunciato nelle scorse settimane sono state mappate tutte le criticità sui corsi d’acqua e programmati gli interventi da realizzare; Calabria Verde ha già realizzato degli interventi di pulizia dei corsi d’acqua (Malpertuso di Falconara, Aron di Cetraro, il Savuto ecc.). Ancora, sono state risolte le criticità relative agli impianti di sollevamento e ai quadri elettrici. Viepiù, già negli scorsi mesi sono stati smaltiti i fanghi degli impianti di depurazione di tutti i comuni.

Entro il 15 luglio i comuni dovranno realizzare lavori di manutenzione e di ripristino della corretta funzionalità degli impianti, per i quali è stato già stanziato un finanziamento da parte della Regione. In totale, è stata programmata una spesa di complessivi 7 milioni di euro, di cui 3 già spesi e 4 già impegnati e liquidati durante lo stato di avanzamento dei lavori.

È stato confermato che dal 15 di luglio sarà in funzione, per 4 comuni dell’alto Tirreno (Tortora, Praia a Mare, San Nicola Arcella e Scalea), il battello ecologico “puliscimare”, per la pulizia delle acque superficiali.

Inoltre, il Presidente della Giunta Regionale ha predisposto specifiche ordinanze (la n. 9 e la n. 10), finalizzate alla rimozione dei fanghi e alla sistemazione degli impianti di sollevamento.

È stato, poi, instaurato un tavolo regionale con Procure, Prefetture, Capitanerie di Porto, Guardia di Finanza e Carabinieri per le attività di verifiche degli scarichi abusivi e delle anomalie presenti.

A conclusione dell’incontro, il Presidente della Regione ha comunicato che domani, presso la Cittadella regionale, si terrà una nuova riunione – alla quale parteciperanno anche delegati di Mare Pulito – con tutti i sindaci per una rendicontazione dello stato dei procedimenti avviati.

In ultimo, il Prefetto di Cosenza ha finalmente emanato l’ordinanza che impone il divieto di circolazione notturna dei veicoli adibiti allo spurgo dei pozzi neri e/o condotti fognari. (rcz)

 

In Cittadella regionale confronto su ambiente, salute e sport con l’Ammi Catanzaro e gli studenti

In Cittadella regionale si è svolta la terza edizione del progetto Green Ammi, organizzato dalla sezione catanzarese dell’Ammi – Associaizone Mogli Medici Italiani, che ha visto un importante confronto su ambiente, salute e sport.

«Il Green Ammi – ha affermato la presidente Silvana Aiello Bertucci – è incentrato sulla relazione tra ambiente, natura e salute, alla quale, per il terzo meeting, abbiamo aggiunto la parola sport, un altro elemento importante per la nostra salute psico-fisica».

«Ringrazio – ha aggiunto la presidente – la Regione Calabria che condivide con noi questo progetto sin dall’inizio. A fine incontro ci ha raggiunto il segretario particolare del presidente Roberto Occhiuto, Luigi De Rose, che ha accolto il dono fatto dall’Ammi alla Regione: un albero per diffondere il nostro messaggio di sostenibilità».

«Credo molto nei semplici ma significativi gesti e realtà come l’Ammi sono speranze per il futuro di questa Terra», sono state le parole di commento di De Rose.

Tanti e di rilievo gli interventi che si sono susseguiti.

Agostino Miozzo, consulente per la Regione Calabria in materia di sanità e protezione civile, ha coinvolto i ragazzi raccontando loro il mondo della protezione civile: «Parliamo sempre superficialmente dei problemi dell’ambiente – ha detto – . È importante conoscere per sapere come comportarci in caso di emergenza, per proteggere la propria esistenza e quella degli altri».

«È fondamentale acquisire una cultura di Protezione Civile – ha dichiarato Domenico Costarella, direttore generale della Dipartimento della Protezione Civile Calabria –. È venuto il momento di prendere coscienza per imparare ad essere custodi del territorio».

«Siamo quello che mangiamo – ha puntualizzato Ludovico Abenavoli, medico, componente dell’Unità di Crisi per il Covid-19 della Regione Calabria – per questo è dobbiamo seguire la dieta mediterranea e fare regolarmente attività sportiva: basilare per prevenire l’insorgere di patologie croniche».

Saverio Mirarchi, presidente Lega Nazionale Dilettanti Calabria e vice presidente Area Sud LND ha sottolineato il ruolo dello sport per i giovani come importante agenzia educativa.

L’avvocato Antonella Palaia Di Tocco si è soffermata sul recente inserimento della tutela dell’ambiente nei principi fondamentali della Costituzione; mentre il presidente del FAI Calabria, Annalia Paravati, ha raccontato la mission del Fondo Ambiente Italiano e la volontà di diffondere la “cultura del rispetto”.

Per Pietro Marino, presidente dell’associazione Vita Ambiente, «è importante fare rete e portare avanti le progettualità che scaturiscono da questi incontri. Grazie a queste iniziative riusciamo a sensibilizzare le comunità e a stimolare una cittadinanza attiva».

I veri protagonisti sono stati gli studenti del liceo scientifico “L. Siciliani” guidato dal dirigente scolastico Filomena Rita Folino, sempre attenta ai progetti di sensibilizzazione dedicati ai giovani, che ha ringraziato per la collaborazione le docenti Francesca Ferraro, Maria Minervini, Rosanna Ierardi e Caterina Palaia.

Stefano Rotella e Azzura Palmisani hanno presentato i lavori realizzati durante l’anno con i loro compagni e dedicati al tema della salvaguardia e tutela dell’ambiente, con proposte di riqualificazione di alcune aree presenti sul territorio calabrese.

E’ intervenuta anche Nuccia Carrozza, consigliera nazionale AMMI, e i docenti, Francesco Pirrone e Anna Minnicelli dell’Istituto Tecnico Tecnologico “B. Chimirri”, diretto da Roberto Caroleo, che sta lavorando molto sull’educazione alla cura e al rispetto degli spazi verdi.