INTERDIPENDENZA ECONOMICA: CRESCE IL
PAESE SENZA IL BISOGNO DELL’AUTONOMIA

di MASSIMO MASTRUZZOAlla base della interdipendenza economica, ci sono: il riconoscimento di diritti reciproci; il riconoscimento reciproco della legittimità degli obiettivi; la ricerca ed azione di politiche coordinate e concordate tra i territori e le Regioni.

Da qui la convinzione che serva lavorare ad una nuova visione di paese che guardi all’interdipendenza economica come ad una opportunità dalla quale trarre reciproci benefici. 

Ad avvalorare questa tesi v’è uno studio, curato da Srm (Intesa San Paolo) in collaborazione con Prometeia su “L’interdipendenza economica e produttiva tra il Mezzogiorno e il Nord d’Italia – Un Paese più unito di quanto sembri – che mostra come le principali filiere produttive nazionali siano tra loro territorialmente interrelate e come il Mezzogiorno generi spesso spillover di attività per il resto del Paese oltre a contribuire in valore alla forza competitiva dei nostri prodotti all’estero

Ad esempio il “ribaltamento” per ogni 100 euro di investimenti è diverso nelle due direzioni:  se investiti nel Mezzogiorno produco un ritorno (ribaltamento) verso il centro nord del 40,9% (40,9 euro); se l’investimento avviene nel Centro-Nord il ritorno verso mezzogiorno vale il 4,7% (4,7 euro). 

Chi crede e si ispira al criterio di equità: “dare a tutti le stesse opportunità”, dovrebbe lavorare affinché questa nuova visione di Paese sia il pilastro della democrazia, la molla che ne favorisca la diffusione e la base per una crescita morale ed economicamente equilibrata.

 Attualmente invece assistiamo ad un sistema Italia con divisioni e contraddizioni che, in barba a quanto previsto dall’art. 3 della Costituzione, spende di più dove c’è già di più, e meno dove in realtà servirebbe. 

Questo “Sistema Italia ” oltre ad essere moralmente inaccettabile, tantomeno costituzionalmente, non è più economicamente sostenibile. 

Purtroppo non solo si insiste sul mantenimento dello status quo, ma addirittura su un percorso che con l’autonomia differenziata, e in barba alle indicazioni di maggiore coesione sociale dell’Ue, aggraverebbe inevitabilmente la disomogeneità territoriale e segnerebbe definitivamente la fine del Mezzogiorno, mettendo i cittadini del Sud nella condizione di non credere più all’unità stessa del Paese.

L’autonomia differenziata un male anche per le ricche regioni del Nord

L’eccessivo consumo del suolo nel territorio del Nord Italia, è solo uno dei sintomi dell’accentramento di ricchezza in una sola area della Penisola.

Nella sola Lombardia, infatti, viaggia al ritmo di 2 metri al secondo. Con circa 750 nuovi ettari cementificati, pari a 1.100 campi da calcio, la Lombardia è la prima regione d’Italia per consumo di suolo. Il Record nel Bresciano: la provincia di Brescia, con 214,5 ettari consumati in un anno (seconda in Italia dopo Roma), pari al 27% del totale regionale. 

Confermando, quando ve ne fosse ancora bisogno, il nesso tra l’accumulo e la concentrazione di ricchezza con l’inevitabile conseguente danno ambientale. 

È noto infatti che la Pianura Padana è la zona con l’aria più inquinata d’Europa.

Gli alti livelli di inquinamento atmosferico sono causati principalmente dalla forte industrializzazione, dalla concentrazione di allevamenti intensivi di animali, dall’alta densità di popolazione, con la conseguenza che quest’ultima si porta in dote: più automobili, più case che significano più impianti di riscaldamento, e così via. Ovvero altissime concentrazioni delle famigerate polveri sottili PM 2.5.

Senza contare che una delle voci più «pesanti» dell’inquinamento da particolato Pm 2,5, è data dagli allevamenti intensivi di animali. Basti ricordare che uno studio portato avanti da Greenpeace in collaborazione con l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha portato alla luce un risultato molto preoccupante: tra il 2007 e il 2018 gli allevamenti intensivi hanno inquinato come quasi otto milioni e mezzo di automobili.

La Lombardia è la prima regione per numero di suini allevati di tutta Italia. Qui vivono quasi 4,4 milioni di maiali — ovvero il 50% della produzione nazionale. La provincia di Brescia conta più maiali che abitanti. La Lombardia è anche la regione con il maggior numero di capi bovini allevati in Italia: quasi 1,5 milioni, il 27% del totale, concentrati, anche questi, soprattutto tra Bergamo e Brescia. Subito dopo si attesta il Piemonte, con 815 mila capi e il Veneto con 753 mila. L’Emilia Romagna è al quarto posto con 572 mila capi.

Per questi motivi, ma non solo, andrebbe sostenuta la corretta redistribuzione nazionale dell’economia, che grazie all’interdipendenza economica, non toglierebbe nulla ai territori già ricchi, che anzi ne avrebbero un giovamento dal punto di vista dell’ecosostenibilità e della salubrità, rendendo peraltro tutta la nazione economicamente più stabile. (mm)

[Massimo Mastruzzo è del Direttivo nazionale Movimento Equità Territoriale]

AUTONOMIA, MATTARELLA FIRMA LA LEGGE
MA RICORDARSI CHE È UNA SCATOLA VUOTA

di ERNESTO MANCINIE così il Presidente Sergio Mattarella ha firmato il disegno di legge Calderoli (approvato in via definitiva dalla Camera il 16 giugno scorso) che stabilisce le procedure per arrivare alle intese con le Regioni ai fini dell’autonomia regionale differenziata. Pertanto, il disegno di legge sarà promulgato, pubblicato e diventerà legge dello Stato nei prossimi giorni.

È facile prevedere i trionfalismi di Lega & Co che si vanteranno di questo “nulla osta” del Quirinale: “se Mattarella, uomo saggio ed esperto di legittimità costituzionale, ha firmato vuol dire che ha condiviso il contenuto della legge sicché è tutto legittimo nonché perfettamente costituzionale”. 

Non è così.

Bisogna dire a chi millanterà questa firma come implicita certificazione di legittimità costituzionale, che la firma del Presidente su una legge è un “atto dovuto” ed è rifiutabile solo in caso di provvedimenti che si configurano come “attentato alla Costituzione” o che appaiano ictu oculi “palesemente incostituzionali” (per esempio: nuova legge ordinaria che preveda la pena di morte per la quale la Costituzione all’art. 27 pone invece espresso divieto).

Non trattandosi di tali fattispecie estreme, il Presidente ha l’obbligo di firmare senza che ciò in alcun momento significhi condivisione o approvazione della proposta legislativa che gli è stata sottoposta.

Al riguardo va ricordato quanto lo stesso Mattarella ha già avuto modo di insegnare. Nel Corriere della Sera del 4 gennaio 2019 (pag.3), Marzio Breda, tra i più stimati quirinalisti, riportava l’episodio in cui il Presidente, incontrandosi con un gruppo di studenti affrontava il tema del ruolo Capo dello Stato nella firma degli atti del Governo o del Parlamento. Un ragazzo gli chiede: «Quando le capita di firmare atti che non le piacciono come si comporta?». Risposta: «Quando mi arriva qualche provvedimento, una legge del Parlamento o un decreto del governo, io, anche se non lo condivido appieno, ho il dovere di firmarlo. Anche se la penso diversamente, devo accantonare le mie convinzioni perché devo rispettare quello che dice la Costituzione: che la scelta delle leggi spetta al Parlamento e la scelta dei decreti che guidano l’amministrazione dello Stato spetta al governo. E se non firmassi andrei contro la Costituzione. C’è un caso in cui posso, anzi devo non firmare: quando arrivano leggi o atti amministrativi che contrastano palesemente con la Costituzione. Ma in tutti gli altri casi non contano le mie idee, perché non è a me che la Costituzione affida quel compito, ma ad altri, al Parlamento e al Governo. E io ho l’obbligo di firmare, perché guai se ognuno pensasse che le proprie idee prevalgono sulle regole dettate dalla Costituzione. La Repubblica non funzionerebbe più».

Ineccepibile e chiarissimo, che più chiaro non si può.

D’altra parte, cosa pensi Mattarella dell’Autonomia Differenziata è già noto dai testi ufficiali dei suoi più recenti discorsi.  

In occasione della sua visita in Calabria del 30 aprile scorso, il Presidente ha avuto modo di affermare che “la separazione delle strade tra le Regioni del Nord e quelle del Sud comporta gravi danni alle une ed alle altre”.

Il 9 maggio successivo identica affermazione nella manifestazione Civil Week di Milano «Una separazione delle strade tra territori del Nord e territori del Meridione recherebbe gravi danni agli uni e agli altri».

Dunque, il Presidente ha firmato la legge Calderoli non avendo poteri interdittivi sulla stessa e non volendo doverosamente fare prevalere le sue idee su quelle del Parlamento. Un grande Presidente, come al solito, perfettamente ligio ai limiti dei suoi poteri costituzionali.

Ed ora cosa succede?

 Va detto che la legge Calderoli è solo una legge “procedimentale” e cioè una legge che segna il percorso per giungere alle intese Stato/Regioni ma che in alcun momento stabilisce le dimensioni di tali intese, la quantità o la tipologia delle materie da assegnare concretamente ed in modo differenziato alle Regioni.

Insomma, una “scatola vuota” (vedi i primi commenti su Repubblica del 26.06.24) che va riempita (o non riempita) di contenuti. Ed è proprio qui che si accenderà lo scontro fra chi vuole il massimo (Veneto – Lombardia, 23 materie con Calderoli tutt’altro che ministro dello Stato ma grand commis o procuratore del velleitarismo regionale) e chi, avendo a cuore l’unità della Repubblica non è disposto a concedere nulla di più di quanto le regioni non abbiano già, ed anche abbondantemente, in base all’assetto costituzionale attuale.

Ed è qui che si vedrà lo scontro tra chi vuole un regionalismo competitivo ed egoistico, foriero di sostanziale separatismo tra regioni del nord e resto d’Italia (non solo sud) e chi vuole, come i nostri Padri Costituenti del 1948, un regionalismo cooperativo e solidale che rechi utilità e progresso per tutto il Paese, nord compreso (artt. 2, 3 e 5 Costituzione). 

È qui che si vedrà come il nuovo titolo V del 2001 non potrà mai essere interpretato ed applicato fino al punto da trasferire le materie concorrenti e strategiche per lo Stato alla competenza esclusiva delle Regioni (istruzione, sanità, trasporti, energia, ecc. ecc.). Verrebbero infatti snaturate le disposizioni del titolo V ed il loro collegamento con gli art. 2,3 e 5 della Costituzione che impongono l’uguaglianza dei cittadini, l’unità e l’indivisibilità della Repubblica.  

È qui che si vedrà come la questione dei Livelli essenziali di prestazione è solo uno specchietto per le allodole in quanto si tratta di livelli che saranno “determinati” ma tutt’altro che “finanziati” per ridurre il gap tra i vari territori del Paese.

Ha fatto benissimo il Comitato nazionale per il ritiro di ogni Autonomia differenziata, l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti – Tavolo No Ad, a diffidare formalmente il Governo a “non muovere foglia” se prima non vi sarà un quadro chiaro, complessivo, ragionato sotto ogni profilo (sociale, economico, istituzionale) delle concessioni che lo Stato intende fare, per quale motivo e con quali effetti sull’unità della Repubblica e dello stesso interesse strategico dello Stato. Da quel quadro emergerà tutta la irragionevolezza delle pretese regionali ed il caos istituzionale che ne deriverà in caso di cessione, peraltro dichiaratamente asimmetrica.

Non serve impugnare (e l’esito positivo sarebbe molto dubbio) una legge solo procedimentale ma bisogna prevenire e contestare le modalità con le quali questa legge verrà applicata.  Ed il cuore di questa applicazione sono le pre-intese Stato/Regione nelle quali si vedrà quanto i sedicenti patrioti siano disposti a svendere l’unità e l’indivisibilità della Repubblica ai noti secessionisti.

Altra cosa sarà il referendum abrogativo su questa legge Calderoli del 19 giugno u.s e la precedente normativa inserita furbescamente (ma il gioco è già scoperto) nella legge finanziaria n. 197/2022 art. 1 commi da 791 a 891) per impedirne la remissione alla volontà abrogativa della maggioranza dei cittadini. In quel caso non vi è questione di legittimità o meno ma di semplice volontà dei cittadini di mantenere o meno la legge ed ogni eventuale sua applicazione.

Si prospetta, insomma, una lotta dura nella quale l’associazionismo, la dottrina giuridica ed economica preponderante, il parere di tutti gli enti specialisti e le manifestazioni civiche non basteranno. Ci vuole lotta civile, lotta giurisdizionale, lotta politica e referendaria dalle quali nessuno può chiamarsi fuori, come invece è già avvenuto con media e partiti intervenuti solo a misfatto compiuto.

Infine, va detto che Il Presidente Mattarella è Presidente della Repubblica e cioè di un’entità superiore che, a mente dell’art.  114   della Costituzione si compone di Comuni, Città Metropolitane, Province, Regioni e Stato. Ma egli è anche, per espressa denominazione dell’art. 87 della Costituzione, Capo dello Stato, cioè uno dei soggetti di cui si compone la Repubblica. Egli sarà pertanto chiamato a difendere gli interessi dello Stato qualora, come potrebbe accadere in fase di applicazione della legge Calderoli, il regionalismo egoistico sarà favorito da un Governo cedevole, a danno dello Stato, per mera tattica di mantenimento del potere. Ed in quel caso ci troveremmo di fronte alla “manifesta incostituzionalità” oggi non eccepibile. (em)

L’OPINIONE/ Filomena Greco: Dimostrate che il dissenso non è solo di facciata

di FILOMENA GRECO – C’è un modo diverso, molto più incisivo e virile, per mostrare vero dissenso nei confronti dell’autonomia
differenziata. Autosospendersi dal proprio partito che, insieme agli altri, ha generato questo mostro. Consiglio questo ai ‘nostri’ rappresentanti politici e istituzionali che, post mortem, piangono lacrime da coccodrillo. Uscite dal vostro partito. Vale per sindaci,
presidente dei sindaci, consiglieri e assessori regionali, parlamentari e perché no, anche per il presidente della Regione. Siete davvero contro questo disegno di legge? Dimostratelo per davvero, altrimenti, francamente, il sospetto della protesta di facciata prende
inevitabilmente il sopravvento…

Questi sindaci e politici di Calabria che oggi ‘piangono’ e protestano sono gli stessi che due settimane fa hanno chiesto e ottenuto voti in giro per i partiti protagonisti dell’autonomia differenziata. Non basta una nota di dissenso, uscire dall’Aula al momento del voto o persino sventolare la bandiera della Calabria, immaginando che qui si abbia tutti l’anello al naso.

Ognuno dei nostri rappresentanti di Calabria ha giocato e sta giocando una partita solo di tornaconto personale in questa faccenda. Che è grave e drammatica per i calabresi e occorre avere il coraggio di dire la verità fino in fondo. Chi ha chiesto voti in giro per la Calabria ha spiegato ai sindaci che tra qualche mese i loro municipi saranno prossimi al dissesto? È stato detto loro che per alcune materie il decreto Calderoli è operativo sin da subito e si tradurrà in minori trasferimenti di risorse dello Stato? Ci si è resi conto che giocando con la pelle dei calabresi e dei meridionali pur di conquistare qualche scheda elettorale si è di fatto svenduto il Sud agli interessi egoistici del grande
Nord?

Il presidente Roberto Occhiuto non è stato né leale né benevolo con la sua gente. Ha prima approvato da presidente di Regione la proposta di legge nella Conferenza Stato Regioni, poi ha chiesto voti per il suo partito protagonista tra gli altri dello scempio e oggi vorrebbe persino capitanare una specie di inguardabile rivolta. No, caro Occhiuto. Proprio tutto non si può avere e non può essere concesso. Ha scelto una strada, quella degli interessi del grande Nord.

I calabresi non sono ingenui, hanno capito. Sapranno per cosa ricordarla. (fg)

[Filomena Greco è già sindaca di Cariati]

AUTONOMIA, NON È ANCORA TUTTO PERSO
QUALE VIA PER IL MERIDIONE PER REAGIRE?

di PIETRO MASSIMO BUSETTACome quando presero Gesù nell’orto  degli ulivi del Getsemani, anche l’approvazione del disegno di legge sull’Autonomia Differenziata è avvenuta con il favore della notte, in realtà nella prima mattina, dopo una seduta fiume, con una forzatura nei tempi.   In questo caso quella  che viene portata al patibolo è l’unità del Paese, viene crocifissa la volontà di rendere i meridionali   uguali nei diritti di cittadinanza. 

In molti chiedono di conoscere i nomi dei rappresentanti meridionali della maggioranza in Parlamento che hanno votato a favore, per decretare nei loro confronti una forma di ostracismo, come fossero i traditori del Sud. 

A parte che conoscere tali nomi è estremamente semplice perché, tranne tre deputati della Calabria, vicini a Occhiuto, nessuno si è sottratto, si rischia in tal modo, invece che guardare ai processi nella loro parte iniziale, di guardare solo agli effetti. 

Nel senso che con la legge elettorale esistente, che non prevede le preferenze, e che fa dipendere l’elezione dal posto in lista che il Partito di appartenenza  assegna, andare contro le indicazioni di voto indicate avrebbe significato, con molta probabilità, non essere più candidati in una posizione utile ad essere eletti alle elezioni successive. 

Quindi si poneva ai Parlamentari della maggioranza meridionali la scelta tra continuare l’attività politica o interromperla e, ovviamente,  si sono ritrovati solo pochi eroi disposti a rischiare. I loro nomi Francesco Cannizzaro, Giuseppe Mangialavori e Giovanni Arruzzolo. Onore al merito di chi ha voluto dimostrare  la propria opposizione alla legge. 

«Questa norma andava maggiormente approfondita e la discussione doveva svolgersi in modo sereno. Comprendo le ragioni dei deputati calabresi di Forza Italia che hanno deciso di non votare questa legge». Sono le parole nette di Roberto Occhiuto, governatore della Calabria e vicesegretario nazionale di Forza Italia, dopo l’approvazione definitiva alla Camera  del provvedimento. 

«Temo che il Centrodestra nazionale abbia commesso un errore, del quale presto si renderà conto», dice Occhiuto, che aggiunge di avere dei dubbi «che i minimi vantaggi elettorali che avrà al Nord compenseranno la contrarietà e le preoccupazioni che gli elettori di Centro Destra hanno al Sud». 

Giudizio tombale sia sul contenuto della legge che sul metodo con cui si è arrivata all’approvazione. 

Posizione alla quale, nella stessa Forza Italia, fa il controcanto Renato Schifani che invece applaude. Lui che è Presidente di una Regione che l’Autonomia in teoria l’ha sempre avuta e che l’ha utilizzata talmente male che continua ad essere una di quelle Regioni in cui il rapporto tra popolazione e occupati é tra i più bassi del Mezzogiorno: su 5 milioni di abitanti lavorano poco più di un milione e trecentomila compresi i sommersi, una persona su quattro; che ha avuto  circa 500.000 richieste per il reddito di cittadinanza, quando era in vigore; che ha un incidenza della povertà tra le più elevate in Italia, e che grazie alla cattiva gestione consolidata nel tempo oggi soffre dei problemi della siccità che stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura, mentre ogni anno 25.000 persone formate vanno via con un costo per le casse regionali di oltre 5 miliardi,  applaude al provvedimento. 

«Il Sud deve smettere di continuare a piangere». Pino Aprile risponde in genere a questa contestazione che «se smetti di picchiarmi forse smetto di piangere». Lo dice il Ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ex Presidente della Regione Siciliana, «noi abbiamo bisogno di competere con il Nord, sapendo che i nostri obiettivi sono diversi da quelli delle Regioni settentrionali. Ma per fare questo dobbiamo liberarci dalla teoria della questione meridionale», ha insistito Musumeci con parole belle e incomprensibili. 

Mentre Stefano Bonaccini non fa alcun passo indietro rispetto alle sue richieste precedenti, che lo avevano accumulato a Luca Zaia e Attilio Fontana in un Partito Unico del Nord, pronto a mettersi insieme quando c’è da mantenere i privilegi della spesa storica, dopo che il PD aveva avuto la responsabilità della modifica del titolo V, cavallo di Troia per soddisfare le esigenze della Lega di una secessione morbida senza i contraccolpi  che essa poteva creare.

Un Sud battuto, suonato e messo all’angolo cerca di capire quali possano essere le vie percorribili di una reazione ad una legge che potrebbe essere definita “prendi il malloppo e scappa“. 

Una via è quella di ricorrere al referendum abrogativo, che però in molti ritengono non sia percorribile. La  raccolta delle firme non sarà estremamente  complicata. L’indignazione parolaia del Sud è al suo massimo storico. Che possa raggiungere poi l’obiettivo non è così scontato.  Come voteranno gli emiliano- romagnoli di sinistra  che in questo modo salvaguardano la loro spesa storica e i loro privilegi non é scontato sapere. 

Una seconda strada prevede che i Presidenti di Regione possano fare ricorso alla Consulta. Il capofila dell’operazione potrebbe essere  il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. L’idea è quella di un ricorso a più mani. Michele Emiliano, presidente della Puglia è d’accordo. Meno scontato il sì delle regioni non meridionali a guida centrosinistra. Ma sarà della partita Eugenio Giani (Toscana), che ha detto: «Zero dialogo e testo sbagliato».

Una terza via é quella che vede in una macroregione del Sud la risposta a quella che presto si costituirà al Nord, che potrebbe essere prodromica alla divisione in due Paesi.

Ma vi é una quarta altrettanto pericolosa. Un cinguettio su X di un certo Franco Graziano dice «non voglio far parte di uno Stato che mi considera cittadino di serie B, ed essere considerato un questuante se reclama i propri diritti o peggio ancora che è colpa mia se la situazione è questa». 

La sensazione di frustrazione del popolo meridionale comincia a montare pericolosamente. C’è chi non vuole andare più in cordata con chi  ti vuole tagliare la corda.  Il pensiero dominante sarebbe che l’unità é un grande valore se è vera, altrimenti è un totem che si può anche abbattere. (pmb)

[Courtesy il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

 

L’OPINIONE / Roberto Occhiuto: Il centrodestra ha commesso un errore forzando tappe autonomia

di ROBERTO OCCHIUTO  – Il testo del disegno di legge sull’autonomia differenziata approvato dalla Camera è certamente migliorato – grazie soprattutto al lavoro dei ministri di Forza Italia e del segretario nazionale, Antonio Tajani – rispetto a quello proposto mesi fa dal ministro Calderoli.

Per le materie più importanti non si potranno ratificare intese tra Stato e Regioni senza prima aver quantificato e finanziato i livelli essenziali delle prestazioni.

Ma proprio per questa ragione è poco comprensibile il metodo usato per votare a tappe forzate – rifiutando possibili ulteriori migliorie – questo provvedimento: così facendo il ddl è sembrato una bandierina di una singola forza politica, in un clima che ha rappresentato questa norma come divisiva in Parlamento e nel Paese.

Non so se i minimi vantaggi elettorali che il centrodestra avrà al Nord, dove presumibilmente i cittadini prima dell’autonomia avrebbero preferito avere meno tasse e meno burocrazia, compenseranno la contrarietà e le preoccupazioni che gli elettori di centrodestra hanno al Sud.

Questa norma andava maggiormente approfondita e la discussione doveva svolgersi in modo sereno: avremmo così avuto l’opportunità di spiegarla meglio nelle Regioni meridionali.

Comprendo le ragioni dei deputati calabresi di Forza Italia – Francesco Cannizzaro, Giuseppe Mangialavori e Giovanni Arruzzolo – che hanno deciso di non votare questa legge. È stata una loro scelta, che ho condiviso. Temo che il centrodestra nazionale abbia commesso un errore, del quale presto se ne renderà conto. (ro)

[Roberto Occhiuto è presidente della Regione]

L’Autonomia è legge: Il via libera della Camera con 172 voti

L’Autonomia differenziata è legge. Alla Camera dei Deputati il ddl Calderoli è stato approvato con 172 sì, 99 voti contrari e un astenuto.

La legge, strutturata su 11 articoli, punta ad attuare la riforma del 2001 del Titolo V della Carta. Serve a definire le modalità e i contenuti delle intese che possono intercorrere tra lo Stato e le Regioni che chiedono l’attribuzione di maggiori forme di autonomia nelle 23 materie espressamente previste.

Per 14 materie è prevista la necessità della previa determinazione dei Livelli Essenziali di Prestazione, che stabiliscono i criteri con cui si determina il livello di servizio minimo da garantire in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, attraverso la definizione dei costi e dei fabbisogni standard.

Sarà il Governo, entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge, a dover varare i necessari decreti legislativi per la determinazione dei livelli e dei relativi importi.

«Più autonomia, più coesione, più sussidiarietà. Ecco i tre cardini del disegno di legge sull’autonomia differenziata approvato alla Camera. Un passo avanti per costruire un’Italia più forte e più giusta, superare le differenze che esistono oggi tra i diversi territori della nazione e garantire gli stessi livelli qualitativi e quantitativi delle prestazioni sull’intero territorio. Avanti così, nel rispetto degli impegni presi con i cittadini», ha scritto la presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni.

«A dirlo mi tremano le gambe per l’emozione… c’è il via libero definitivo della Camera all’Autonomia differenziata!», ha scritto su Facebook il ministro Roberto Calderoli.

«L’approvazione di oggi è il coronamento di anni e anni di battaglie politiche della Lega – ha detto –, all’interno delle istituzioni e nelle piazze insieme ai militanti, con un voto che scrive una pagina di storia per tutto il Paese. Un percorso che mi rende particolarmente orgoglioso, quando penso al mio caro nonno Guido e al suo progetto del Movimento Autonomista Bergamasco. Nel mio cuore scorre un sangue autonomista fin da prima che io nascessi, è bello pensare di aver coronato anche il suo sogno».

«Da questo momento in avanti – ha proseguito – c’è un iter tracciato e ben definito, che permetterà alle Regioni di valorizzare le proprie eccellenze e garantire servizi sempre migliori ai cittadini, nel segno della responsabilità e della trasparenza. Sbaglia chi dice che questo provvedimento spaccherà l’Italia, perché farà l’esatto contrario. L’obiettivo è permettere a tutte le Regioni di correre sempre più veloce, riducendo i divari territoriali e realizzando quell’unità che c’è solo sulla carta».
«L’orizzonte è davanti a noi e la via da intraprendere è definita – ha concluso – ora non resta che avere il coraggio di percorrerla. Si apre una fase nuova, il Governo sarà al fianco di chi vorrà cogliere questa storica sfida».
«Per un’Italia più efficiente e più moderna, con meno sprechi e più servizi a tutti i cittadini, da Nord a Sud: dopo tanti anni di battaglie e di impegno, nonostante le bugie e gli attacchi della sinistra, grazie alla Lega ed al governo l’Autonomia richiesta da milioni di Italiani è stata approvata questa mattina anche alla Camera ed è finalmente legge. Una vittoria di tutti gli italiani: grazie a tutti!», ha scritto il ministro Matteo Salvini, definendola «una giornata storica».
«Sono le 7.39: da ieri – ha scritto su Facebook Giuseppe Conte, leader del M5S – e per tutta questa notte stiamo contrastando la maggioranza decisa ad approvare, in questa seduta fiume alla Camera, il disegno di legge Spacca-Italia, che condanna il Sud e le aree più in difficoltà del Paese al peggioramento delle proprie condizioni riguardanti la sanità, l’istruzione, i trasporti. Continueremo a contrastarli in tutti i modi: in Parlamento e nelle piazze».
«Abbiamo appena finito una lunga nottata in Parlamento – ha scritto Maria Elena Boschi, deputata di Italia Viva – per approvare l’autonomia differenziata. Noi ovviamente ci siamo opposti in tutti i modi: un’autonomia differenziata che divide il Paese. Ci saranno più burocrazia e più diseguaglianze”, scrive a sua volta in un post su Facebook e aggiunge: “La maggioranza ha approvato questo testo di notte con un atteggiamento da caterpillar: più dimostravamo che le cose non avevano senso, più andavano avanti. Peccato, un’occasione persa. Buongiorno a tutti voi. Buona notte alle istituzioni».
«La destra alle 7.45 del mattino festeggia per aver approvato lo spacca Italia e la Lega espone le bandiere dell’indipendentismo del Nord ! Lo fanno di notte, all’alba perché si vergognano.. Meloni ha venduto il Sud alla Lega di Salvini: non sono patrioti ma disertori dell’unità d’Italia. Un oltraggio alla Costituzione», ha scritto su Facebook Angelo Bonelli, deputato di Verdi e Sinistra.
«Ci hanno tenuto tutta la notte in Parlamento pur di approvare l’Autonomia Differenziata e brandire lo scalpo del Sud prima dei ballottaggi. E così Fratelli d’Italia si piega all’antico sogno secessionista della Lega», ha scritto la segretaria del PD, Elly Schlein.
«Suggerirei che a questo punto – ha concluso – cambiassero il nome in Brandelli d’Italia. O Fratelli di mezza Italia, visto che la stanno spaccando in due. Continueremo a batterci contro l’autonomia differenziata e il premierato insieme alle altre opposizioni, come abbiamo fatto ieri sera in una piazza unitaria e pienissima». (rrm)

Pd Calabria: Il Governo Meloni sta facendo sulla pelle del Sud

I consiglieri regionali del Pd Calabria hanno evidenziato come «altro che “no money no party”. La festa sulle spalle delle Regioni del Sud il governo nazionale l’ha fatta iniziare, con tanto di rissa, indifferente anche alle proteste di Forza Italia e del governatore Occhiuto che solo adesso si rende conto che l’autonomia differenziata genera disparità inaccettabili tra le Regioni italiane».

«Da due anni sosteniamo – hanno detto i dem – sia nelle sedi istituzionali che sui territori, la necessità che la Calabria attraverso il suo presidente Occhiuto esprima una posizione chiara e netta su questo tema, preoccupati fin dall’inizio per la posizione assunta da Occhiuto in sede di Conferenza Stato-Regioni dove ha dato il suo assenso alla riforma, mentre altri presidenti del Sud si erano opposti».

«Nonostante questi appelli – hanno proseguito – il presidente Occhiuto, convinto di avere il dono dell’ubiquità, ha cercato di giocare su più tavoli, arrivando soltanto oggi alla conclusione che questa riforma affossa definitivamente il Sud. Le sue dichiarazioni sulla stampa nazionale di questi ultimi giorni sono la testimonianza più eclatante di questo suo atteggiamento»

«Perché il centrodestra – hanno continuato i consiglieri dem – ha rifiutato di aderire alla mozione che, come opposizione, avevamo presentato in Consiglio per impegnare il governo regionale a bloccare la riforma, preferendo l’approvazione di una mozione edulcorata che serviva in quelle ore al presidente della giunta come slogan elettorale da esibire in Basilicata?».

«Evidentemente Occhiuto era convinto – hanno detto ancora – che il governo nazionale non arrivasse all’approvazione del testo di legge, salvo adesso essere costretto a svegliarsi e rendersi conto che la Lega faceva sul serio. Nel commentare quanto avvenuto Occhiuto si è poi soffermato sul dato raccolto dal Pd alle europee, dichiarando che lo stesso sarebbe il frutto dell’opposizione alla riforma targata Calderoli e dimostrando, anche in questo caso, un’enorme superficialità. Il contrasto all’autonomia differenziata e l’impegno a difesa dell’unità del Paese non sono temi da campagna elettorale. Si tratta, invece, di battaglie doverose, come evidenziato anche dal documento dei Vescovi calabresi, a tutela dei diritti dei calabresi che ci hanno eletto».

«Non si perda dunque altro tempo a fare melina e ad arrampicarsi sugli specchi, magari per tutelare equilibri interni a Forza Italia – hanno concluso i dem –. Occhiuto agisca in maniera coerente con quello che pensa. Se è contrario all’autonomia differenziata compia i passi che deve e faccia quello che gli chiedono i calabresi che hanno sonoramente bocciato la Lega alle urne, dimostrando chiaramente quale sia la loro opinione sulla cosiddetta secessione dei ricchi». (rrc) 

Il presidente Occhiuto: Non c’è serenità necessaria per discutere dell’autonomia

«In questo momento non c’è la serenità necessaria per discutere questa riforma». È quanto ha dichiarato il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, in una intervista al Corriere della Sera, sottolineando come «hanno dato una brusca accelerazione alla legge. Così gli italiani la vivono come fortemente divisiva».

«Se generasse questa disparità non sarebbe una buona legge. Il testo licenziato dal Senato è un buon testo, ma deve essere migliorato», ha detto Occhiuto e, per quanto riguarda la questione dei Lep, che il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, ha definito fondamentale, il Governatore ha detto di pensarla come lui.

«Secondo Tajani è fondamentale anche che la legge sostenga le regioni del Sud», ha confermato, ribadendo la necessità di « rivedere la questione che riguarda proprio le materie dove non sono previsti i Lep. È un aspetto che in Calabria in Consiglio regionale è stato sollevato da tutti, anche dalla Lega. Il testo dice che per le materie dove sono previsti i Lep, prima di fare un’intesa, è necessario definirli e finanziarli, ma i soldi ancora non ci sono».

E questo non vale per le materie dove i Lep non ci sono, che per Occhiuto «è questo il problema. Perché un istante dopo l’intesa, alcune regioni potrebbero chiedere di stipulare intese per essere autonome su alcune materie. Il commercio estero, ad esempio. Cosa succederebbe per gli agricoltori di Campania e Calabria che esportano le loro merci? All’estero potrebbero scoprire che il Paese è diviso a metà».

«Propedeutica all’intesa – ha aggiunto – ci deve essere una valutazione sull’impatto dell’intesa stessa. Penso che sia necessario.
L’Autonomia a cui penso io è una legge che dà la possibilità alle regioni di fare di più senza che questo leda i diritti dei cittadini di altre regioni».

Spazio, poi, alle elezioni: «In Calabria abbiamo avuto il 18% e siamo stati il secondo partito a due punti di distacco da Fratelli d’Italia.
Nel resto del Sud non è andata così bene. Colpa dell’Autonomia differenziata», ha detto Occhiuto e, se la riforma dell’autonomia non è ancora legge, «la colpa è nostra. Abbiamo lasciato al Pd questo tema. Al Sud è stato il loro unico argomento di contestazione».

Occhiuto, tuttavia, non contesta la legge di Calderoli, ma «deve essere discussa. Non voglio mettere in dubbio gli impegni presi con il governo sulle tre riforme. Ma non devono essere bandierine delle singole forze politiche. Sulla riforma della Giustizia, che è quella a cui Forza Italia tiene di più, non abbiamo posto nessun ultimatum. Sarebbe opportuno che questo succedesse anche per altre riforme». (rrm)

L’OPINIONE / Michele Conia: Perché il SSN rischia il collasso se l’autonomia fosse approvata

di MICHELE CONIA – Nella mia audizione del 14 marzo scorso in Commissione Affari costituzionali della Camera, nell’ambito dell’esame del Ddl Calderoli, ho ribadito con coerenza e profonda convinzione le motivazioni per cui vada portata avanti la lotta iniziata nel 2018, rimarcando con fermezza la contrarietà al disegno di legge sull’Autonomia differenziata. Inoltre ho illustrato in che modo questo progetto possa approfondire il solco delle diseguaglianze territoriali già esistenti, prendendo in esame l’aumento della mobilità sanitaria, le liste di attesa sempre più lunghe, la carenza di personale medico e paramedico che, in quest’ultimi anni, è andato in pensione.

Incrociando i dati della Fondazione Gimbe e del rapporto Svimez – Save the children si evince che è la Calabria ad avere il triste primato della migrazione sanitaria con una mobilità oncologica che raggiunge il 43%. Considerando il fenomeno dei cosiddetti “viaggi della speranza”, ovvero dei flussi di pazienti che si spostano fuori regione per curarsi, si scopre che nei primi quattro posti per saldo positivo si trovano le 3 Regioni che hanno richiesto le maggiori autonomie Emila Romagna, Lombardia, Veneto (+ 10,7 miliardi) mentre 13 Regioni, quasi tutte del Centro-Sud, hanno accumulato un saldo negativo pari a 14 miliardi di euro.

La Calabria è anche maglia nera per le cure palliative e risulta sotto la media per l’assistenza degli anziani nelle rsa. È inaccettabile, che nel 2022, il 7,2% dei calabresi abbia rinunciato a curarsi dichiarando di non disporre di soldi per far fronte alle spese mediche presso le strutture private per ridurre i tempi di attesa, con una diminuzione della spesa annuale delle famiglie calabresi calata del 15% in un anno. Critico anche l’aumento della migrazione sanitaria dei pazienti in età pediatrica con punte del 23,6% in Calabria che è ultima anche per le prevenzione oncologica dove solamente il 42,5% delle donne tra i 50 e i 69 anni si è sottoposta ai controlli.

Tra un bambino nato nel 2021 in provincia di Bolzano, che ha un’aspettativa di vita in buona salute di 67,2 anni, e uno nato in Calabria, con un’aspettativa di vita di 54,2 anni, esiste un gap di ben 12 anni che si approfondisce a 15 se ci si riferisce alle bambine, stando alle rilevazioni della XIII edizione dell’Atlante dell’Infanzia (a rischio) 2022, dal titolo Come stai? di Save the Children.

Insostenibile, protesta il sindaco, la situazione dei piccoli pazienti per i quali i posti letto di terapia intensiva pediatrica sono pochi e mal distribuiti: si oscilla dai 6 posti in Calabria ai 46 della Lombardia e un bambino su 4 è ricoverato in reparti per adulti. Da recentissimi dati si apprende che in Calabria nel 2026 ci saranno 135 medici di medicina generale in meno e da gennaio 2023 mancano 24 pediatri di libera scelta.

È appena il caso di ricordare che, avendo intuito i gravi rischi per la democrazia e la vita economica e sociale del Paese, Cinquefrondi è stato il primo comune in Italia che, nel dicembre 2018, ha adottato una delibera contro l’attuazione del federalismo fiscale e nell’aprile successivo ha avviato il ricorso contro il sistema di perequazione del Fondo di solidarietà comunale, invitando gli altri comuni a fare altrettanto e raccogliendo 600 adesioni.

A pagarne le conseguenze non solo chi non vedrà rispettato il proprio diritto alla salute costituzionalmente garantito, ma anche medici e personale che rischiano di veder indeboliti i propri diritti di lavoratori e lavoratrici.

L’idea di autonomia regionale differenziata rischia di compromettere in modo irreparabile il principio di universalità dei diritti soprattutto in ambiti particolarmente delicati quale quello sanitario e non tiene conto delle enormi differenze oggi esistenti nelle diverse aree del Paese e soprattutto del divario in termini di ricchezza, infrastrutture e servizi. L’impegno dei sindaci, conclude Conìa, su questa partita è essenziale: non bisogna dimenticare che, una volta ratificate dal Parlamento, le intese governo-regione avranno durata decennale e non sono reversibili, se non per un recesso da parte delle regioni stesse. (mc)

[Michele Conia è sindaco di Cinquefrondi]

IL SUD TRADITO DAI SUOI PARLAMENTARI
PER L’AUTONOMIA LA LOTTA SARÀ LUNGA

di PINO APRILE – La trappola in cui il Paese si è messo da solo, il progetto scellerato dell’Autonomia differenziata, è approdato alla Camera dei deputati, dopo aver incassato l’approvazione del Senato, grazie alla quinta colonna terrona nella maggioranza di governo, che ha votato contro il Sud. Non uno di loro ha avuto un residuo conato di dignità che gli permettesse di ricordare in nome e per conto di chi siede su quei banchi (e se poi il partito lo punisce non ricandidandolo, chi glieli ridà ventimila euro al mese?). Se dei parlamentari del Sud dovessero sostenere (ce ne sono) di aver votato contro la loro gente “secondo coscienza”, stessero attenti, che se uno speleologo riuscisse a rintracciarla, la coscienza, potrebbe denunciarli per diffamazione.

E non c’è da aspettarsi sorprese positive dai deputati meridionali di maggioranza. Né avveniva qualcosa di diverso, quando la maggioranza era un’altra: il più acceso pro Autonomia differenziata era il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini e, nel suo Pd, chi azzardava distinguo, era di fatto messo a tacere; l’allora segretario nazionale Letta prometteva ai veneti più Autonomia differenziata della Lega.

Cchiù pila (‘a pila, in Calabria, sono i soldi) p’ tutti! E poi Fassino, e tanti altri. In tutti i partiti (pure qualcuno nella Lega) c’è la consapevolezza che l’Autonomia differenziata sfascerà definitivamente il Paese, creerà tali e tanti scontri, che sarà impossibile continuare a tenerlo unito, sia pur così fintamente e malamente come è stato finora. Il folle disegno di legge di Calderoli (noto produttore di porcate, come lui stesso ammise, per la riforma elettorale; esternatore di bordate razziste contro i meridionali; autore di gesti clowneschi, come il falò delle leggi inutili a cui furono costretti, perché lui ministro, incolpevoli vigili del fuoco), quel folle disegno, dicevo, porterà alle stelle, nel nostro Paese, le disuguaglianze. Gli studiosi di questa branca dell’economia mostrano che, non importa con quali regimi, quando il livello delle disuguaglianze supera quota 40 nella scala del coefficiente di Gini (che le misura), è la violenza a ridurle: terrorismo, sommosse, colpi di stato, rivolte, guerre civili, rivoluzioni. Esagero? Il terrorismo lo abbiamo già avuto e stagioni di grandi disordini (vedi la lunga battaglia per le terre usurpate) pure.

E l’Italia è già il Paese, con Stati Uniti, Gran Bretagna, in cima alla classifica per disuguaglianze (ci ho scritto un libro su: Tu non sai quanto è ingiusto questo Paese). L’Autonomia differenziata porterà le disuguaglianze fuori controllo. E cosa avverrà dopo è immaginabile. Chiudere gli occhi, liquidare il rischio con un giudizio di timori eccessivi sventolati da chi non vuole la delittuosa riforma (perché clamorosamente incostituzionale), è gettarsi la questione alle spalle, per non affrontarla. Ma pur di imbarcare i voti tossici della Lega (dai cinquestelle a Draghi, con dentro pure il Pd, e ora Meloni), le si è consentito di portare avanti questo scempio, con il retropensiero di farlo arenare prima o poi (lo stesso Salvini sospettato di questo, nel partito) e adesso ci si rende conto che si è superato il punto di non ritorno e ci si trova con una bomba con la miccia accesa fra gambe. Persino molti dei peggiori sostenitori di questa porcheria sanno che sarà un disastro o, nella migliore delle ipotesi, un salto nel buio. Ma hanno promesso troppo, per troppo tempo, e non possono tornare indietro, devono tenere il piede sull’acceleratore, pur sapendo che si va contro un muro.

L’Autonomia differenziata è una mossa disperata del Nord: si sono venduti tutto, pure le squadre di calcio e reggono il livello di vita saccheggiando le casse statali con ogni scusa, Expo, Olimpiadi invernali, autostrade inutili o dannose (dalla Brebemi alle Pedemontane lombarda e veneta) e opere pubbliche che hanno il solo compito di continuare a succhiare soldi (vedi il Mose), pure le avversità atmosferiche, dalla siccità, se non piove per tre giorni, all’alluvione, se piove per tre giorni. Ora fanno pure pagare il biglietto per entrare a Venezia, dove l’acqua alta porta indennizzi milionari (le inondazioni a Sud, solo danni). Il gioco di far rimbalzare a Nord i soldi nazionali ed europei destinati al Mezzogiorno, non regge più, perché è stato così esasperato, che i terroni hanno mangiato la foglia della “spesa storica” e ora si vuol rendere il furto “costituzionale”. Come legalizzare le rapine, se i rapinatori sono scoperti. La fregatura è incartata bene con la parola “Autonomia”, tanto da far dimenticare quella che segue: “differenziata”. Che tradotto è: ognuno fa i cavoli suoi, ma non alla pari, a me sempre più, quasi tutto, e a te sempre meno, quasi niente.

I colonizzati mentali del Sud, persino qualcuno in buona fede (il che spiace), dicono che il Sud, con l’Autonomia, potrà giocare la sua partita. Ma “differenziata”, vuol dire che le Regioni più ricche (con i soldi di tutti) scendono in campo in 33 contro 11 (forse), l’arbitro e i segnalinee comprati, e poi “Vinca il migliore”. La posta in gioco però resta quella: la cassa comune. Le Regioni più ricche vi infileranno le mani prima, con l’Autonomia differenziata, e porteranno via gran parte del malloppo “legalmente” (oggi, per fotterne meno, devono ricorrere a trucchi vari). E non lasceranno manco gli occhi per piangere. I complici meridionali in Parlamento (fatti salvi pochi in buona fede, ma la fede par di capire sia l’unica cosa buona, se ci credono) ripetono a pappagallo le puttanate che la Lega spaccia da decenni: “Così anche il Sud dovrà darsi una classe dirigente più responsabile”.

Sì, e sarà tre volte Natale. Da dove spunterebbero ‘sti dirigenti miracolosamente pronti grazie a un ulteriore furto di risorse meridionali? E come sarebbero: come Roberto Formigoni o Giancarlo Galan e quindi vedremo pure loro in galera? O come i dirigenti leghisti che mirano al Guiness dei primati di condannati e inquisiti e hanno fatto sparire 49 milioni persino dalla cassa del partito? O come il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, e il suo ex assessore alla Sanità che hanno gestito così bene la pandemia, da fare della loro regione la peggiore al mondo, nella circostanza? Ma di che parlano? “Gestiremo le nostre risorse”, si illudono.

Già, perché fanno tutto ‘sto casino per rubartele e poi te le lasciano? Succederà come già avviene per l’energia, il petrolio: quello che è del Sud diventerà “nazionale” (magari pure le spiagge, i beni archeologici, la mozzarella di bufala se la sono quasi presa e così via sino alle orecchiette e cime di rapa) e quello che è del Nord, è del Nord. Contrattare con questi razzisti e loro complici, per poi vantarci di aver ottenuto che la catena che ci mettono al collo è più lunga e quindi siamo più liberi? E farci dire, quando la bestialità di un apartheid all’italiana mostrerà i suoi effetti: “Ma c’eravate anche voi, lo abbiamo deciso insieme!”.

Sullo scempio di questa legge hanno lanciato i loro allarmi l’Unione europea, la Corte dei Conti, i maggiori costituzionalisti, la Banca d’Italia, l’Ufficio parlamentare del Bilancio, Confindustria, Ordini professionali come quello dei medici, sindacati e dirigenti della scuola, l’Associazione dei sindaci del Sud, la Svimez, le maggiori università, la Conferenza episcopale… Eh, ma Calderoli dice… Ah, be’, allora, se l’ha detto lui, sotto processo per razzismo, esponente del partito che ha il segretario nazionale condannato per razzismo contro i napoletani, che invia “governatori” leghisti a tenere per le redini i pur proni dirigenti terroni e quando dei giovani leghisti lucani (Padre perdona loro. O falli neri, ch’è meglio) osarono obiettare qualcosa, il gauleiter padano in terra infidelorum minacciò: «Vi piscio in faccia». Contenti loro: “la pioggia dorata”.

Ricordate il detto: “E gli alberi votarono per l’ascia, perché aveva il manico di legno”? Da lunedì 29, alla Camera, è cominciata la discussione sull’Autonomia differenziata. Ci si aspetta che l’opposizione si opponga. Sotto osservazione, quindi, ci saranno i parlamentari meridionali della maggioranza. Racconteremo ai loro elettori cosa faranno (hanno già votato un ordine del giorno per far pagare meno gli insegnanti al Sud). Se volete fare le porcherie, metteteci la faccia. E se non lo fate voi, lo faremo noi del Movimento Equità Territoriale (Met), perché chi vi ha eletto, sappia. Dovreste esser contenti che si sappia, se convinti di aver fatto bene. In caso contrario, perché non vorreste: ve ne vergognate? Magari!, sarebbe un bel segno. Pur se molti di voi sembrano aver perso, da mo’!, la capacità di farlo. (pa)