L’OPINIONE / Giuseppe Falcomatà: «Bellissima esperienza, per noi è comunque una vittoria»

di GIUSEPPE FALCOMATÀ – Complimenti a Pordenone e a tutte le altre città finaliste. È stata un’emozione grande, una bellissima esperienza. Per noi è comunque una vittoria, a prescindere dall’esito finale.

La nostra candidatura ha risvegliato un forte spirito identitario insieme ad un orgoglio, ad un sentimento di appartenenza e ad una capacità di elaborazione collettiva e di programmazione, che ha coinvolto l’intera comunità cittadina, con associazioni, istituzioni, anche semplici cittadini innamorati della nostra terra, che per lunghi mesi hanno lavorato fianco a fianco, realizzando il bellissimo progetto Cuore del Mediterraneo che va avanti e deve continuare più forte che mai.

Uno spirito ed un coinvolgimento generalizzato, che ha anche travalicato anche i confini geografici della nostra città, ottenendo il sostegno di tantissimi comuni dell’area metropolitana e di tutte le altre città capoluogo della Calabria, giungendo anche al di là dello Stretto con l’adesione della Città di Messina.

È stata per noi una bellissima vetrina, un’esperienza della quale siamo tutti orgogliosi. Tutta l’Italia ha avuto modo di vedere e di toccare con mano le nostre tante bellezze, le eccellenze del nostro territorio, le sue innumerevoli ricchezze culturali ed i tanti progetti realizzati o già in cantiere, ascoltando le testimonianze di autorevoli sostenitori reggini e non, che ringrazio uno per uno, e scoprendo una realtà territoriale in forte crescita che ha voglia di affermare in Italia e nel mondo, come abbiamo detto anche durante l’audizione, la sua rivoluzione gentile.

Il nostro progetto naturalmente continua, un programma di investimenti, di attività, di iniziative di carattere culturale, che coinvolgono l’intero territorio e che porteremo avanti insieme ai tanti che hanno contribuito a sostenere questo progetto, a cominciare da tutte le altre istituzioni territoriali con le quali abbiamo lavorato fianco a fianco. Come già avevamo avuto modo di affermare, a prescindere dal risultato finale, abbiamo comunque intenzione di realizzare i contenuti del dossier che ci ha portato ad un passo dalla vittoria finale.

È significativo che il Ministero abbia deciso ed affermato che sosterrà comunque, anche finanziariamente, le attività previste dal dossier. Ma per ciò che ci riguarda, la sostenibilità ma soprattutto la qualità dei progetti presentati, riuniti dal dossier Cuore del Mediterraneo, saranno comunque realizzati.

Da oggi parte un programma in crescendo che ci porterà al 2027, con un percorso a tappe che, ogni anno, proporrà una mole di iniziative culturali che faranno comunque della nostra città, una Capitale della Cultura. (gf)

[Giuseppe Falcomatà è sindaco di Reggio]

CAPITALE DELLA CULTURA 2027: REGGIO
SOGNA UN TITOLO DA “BELLA E GENTILE”

di SANTO STRATI – La candidatura di Reggio a Capitale italiana della Cultura 2027, al di là dell’aggiudicazione o meno del titolo, una vittoria l’ha già portata a casa. Ed è una vittoria importante che potrebbe dare il via a un vero senso comune di appartenenza di tutti i calabresi: davanti alla commissione che valuterà le dieci città finaliste, mercoledì prossimo 26 febbraio, non ci sarà il Comune di Reggio o la Città Metropolitana, bensì l’intera Calabria.

La candidatura è riuscita, infatti, a coinvolgere in maniera sorprendentemente univoca l’intera regione: per una volta (e speriamo sia solo l’inizio) sono stati accantonati campanilismi e manie di localismo che hanno caratterizzato da sempre la nostra terra.

Non a caso di parlava di Calabrie e, fino all’andata in finale di questo suggestivo quanto futile concorso, non passava giorno che il localismo prevalesse, tra dispetti, invidie e gelosie: proprio quello che ha, da sempre, costituito il vero freno dello sviluppo e della crescita del territorio. Sappiamo bene il precedente del Capoluogo conteso e i risentimenti per le “spoliazioni” a sfavore quasi sempre di Reggio, la più grande ma perennemente ultima  città calabrese, per avvantaggiare cosentini e catanzaresi. In una stupida guerra tra fratelli che apparivano inevitabilmente figli di padri diversi. La madre, una, la Calabria, ma i figli destinati al ruolo di fratellastri litigiosi e senza avvenire. Inguaribilmente attivi a lasciarsi andare a gelosie e invidie prive di fondamento, disperdendo un’eredità morale frutto di secoli di civiltà mediterranea di quella parte del Paese che avrebbe poi dato il nome all’Italia.

L’adesione corale e il sostegno unitario di tutta la Regione, senza alcuna riserva, è la grande vittoria di questa, se vogliamo, nobile candidatura che proietta tutta la Calabria in un agone di cultura dove, per tutta la regione, sarebbe facilissimo primeggiare.

Quando a Roma si pascolavano le pecore, nella Magna Grecia, a Reggio e in tutto il territorio, si faceva il teatro e il popolo si nutriva di pane e cultura, nel segno della democrazia e della fratellanza.

Adesso c’è l’occasione per rimuovere intollerabili conflittualità tra città e paesi, tra Nord e sud (della Calabria) e ragionare in termini di “nazione”, permetteteci il termine, in grado di mostrare quanto conta la calabresità dei suoi abitanti, protagonisti, troppo spesso involontari, di una diaspora che non è mai finita.

Un tempo partivano le braccia, là dove si cercavano manovali e operai, oggi lasciano questa terra giovani brillanti laureati e ricercatori che non trovano nessun segnale di un futuro possibile. E non è un fenomeno che riguarda Vibo, Reggio o Catanzaro, bensì tutta la regione: c’è uno spopolamento costante e spaventosamente inarrestabile costituito in gran parte di giovani in cerca di futuro (quello che abbiamo rubato loro) seguiti da una moltitudine di genitori, nonni parenti. Questi ultimi chiudono le case e raggiungono figli e nipoti cui offrire l’assistenza necessaria per far crescere i bambini, per contribuire, anche finanziariamente, alla vita quotidiana, in metropoli o città dove vivere diventa un lusso. Epperò, in cambio del disagio, c’è il lavoro, la certezza di un’occupazione, quasi sempre rispettosa delle competenze acquisite, la sicurezza della crescita professionale e formativa. Cosa ci fa un laureato in materie non tecniche in Calabria? Se gli va bene trova posto in un precarissimo call center  o dietro il bancone di un supermercato a scaricare pacchi in magazzino o a gestire una cassa. E non è detto che un informatico o un ingegnere o un medico trovi l’occupazione adeguata (anche in termini economici) nella sua terra. Manca la cultura d’impresa e manca soprattutto ai nostri governanti la visione di futuro. Uno sguardo non fuggente a cosa succederà domani e cosa potrebbe dare il suo capitale umano alla Calabria se solo venisse utilizzato nella maniera giusta.

E qui torniamo al discorso della Cultura, quella con l’iniziale maiuscola: c’è – grazie al cielo – una nuova sensibilità del territorio nei confronti dei beni culturali e delle risorse umane ad essi collegati: ci sarebbero – ci sono – grandissime opportunità per valorizzare il capitale umano e offrire occasioni di crescita, anche formativa, facendo restando nel luogo che li ha visti nascere e crescere migliaia di giovani.

Dev’essere questo l’obiettivo – unitario – a una sola voce della Calabria e il titolo di Capitale della Cultura 2027, su cui ci asteniamo da qualsiasi pronostico, sarebbe in realtà lo stimolo aggiuntivo per mettere insieme cervelli e teste pensanti per il conseguimento del bene comune.

Le rivalità interregionali si sono magicamente dissolte in occasione di questa candidatura che poteva sembrare un capriccio di Falcomatà, il canto del cigno dell’amministratore che tra un anno dovrà lasciare, e invece si è rivelata il coagulante di un ritrovato impegno comune, finalizzato a dare sostanza a un patrimonio inestimabile e, ahimè, tristemente sottovalutato.

Si tratta – e sappiamo che non è opera semplice – di ragionare in termini identitari comuni e condivisi, per offrire un segnale evidente di coesione territoriale i cui vantaggi sono oltremodo evidenti. La ricchezza della Calabria  non sono solo i Bronzi, i musei, il Codex, i Parchi naturali, i tanti siti archeologici preistorici, bensì sono i suoi abitanti, ciascuno con il suo ruolo che va valutato per meriti e capacità, non per clientela e amichettismi di vomitevoli effetti in termini di risultato.

La traccia che lascia la candidatura di Reggio è profonda e indica un percorso che va ben oltre i confini della Metrocity e coinvolge tutto il territorio regionale. Uniti si vince: non è un motto da propaganda elettorale, bensì un imperativo categorico che deve costituire l’obiettivo principe della nuova Calabria. Quella che farà tornare i suoi figli lontani, che non farà più partire i cervelli, che offrirà un modello di welfare e benessere che non sono irraggiungibili. L’aria pulita, il clima, il naturale e straordinario senso di accoglienza di chi ci vive sono un richiamo irresistibile per chiunque.

Auguri a Reggio, ma auguri a tutta la Calabria: quella che il 26 tiferà perché la Cultura incoroni la Città dello Stretto e allo stesso tempo l’intera regione.