CATONA (RC) – Domenica a Catonateatro lo spettacolo “Love and Peace”

Domenica 11 agosto, a Catona, alle 21.15, all’Arena Alberto Neri, lo spettacolo live Love and Peace con Maurizio VandelliShel Shapiro.

L’evento rientra nell’ambito della rassegna Catonateatro.

Sul palco con Shapiro e Vandelli una band di eccellenti musicisti: Alessio Saglia alle tastiere, David Casaril alla batteria, Gian Marco De Feo e Daniele Ivaldi alle chitarre acustiche ed elettriche, e Massimiliano Gentilini al basso.

Uno spettacolo di oltre due ore, capace di travolgere gli spettatori con un’inattesa energia, improntato sulla storia delle carriere dei due artisti, non solo Equipe 84 e The Rokes ma anche sui loro percorsi individuali che tanto hanno dato alla scena musicale italiana.

Una produzione di altissima qualità, suggestiva ed innovativa da un punto di vista tecnologico e scenograficamente ricca, con immagini e video fortemente simbolici e rappresentativi proiettati su un grande schermo, mentre la loro proverbiale rivalità viene affrontata con molta ironia, come esempio di due identità e personalità artistiche che della loro differenza hanno fatto un punto di forza, unendosi per un progetto comune.

«Quando saliamo su un palco – ha raccontato Saphiro – riusciamo ancora a sentire il brivido e l’energia di una volta. Insieme tireremo fuori una carica che per molti potrebbe essere inedita».

«All’epoca – ha aggiunto Valdelli – non avremmo mai pensato di essere ancora qui, cinquant’anni dopo. Il momento però è quello giusto».

«Abbiamo un compito e un dovere – hanno concluso i due artisti – anche alla nostra età, ed è quello di emozionare il prossimo».

La musica è naturalmente al centro dello spettacolo, per regalare al pubblico le emozioni evocate dal loro vasto e storico repertorio, parte integrante ormai dell’immaginario collettivo degli italiani.

I brani contenuti in “Love and Peace” hanno un ruolo centrale nella scaletta (Che colpa abbiamo noi; Tutta mia la città; Un angelo blu; Bang bang; È la pioggia che va; Io ho in mente te; Bisogna saper perdere; Io vivrò senza te; You raise me up, When you walk in the room; Piangi con me; Nel cuore e nell’anima; 29 settembre), insieme a tanti classici del repertorio dei due grandi artisti, e a cover di celebri hit italiane ed internazionali legate, naturalmente, alla loro storia. (rrc)

CATONA (RC) – “L’incanto di Venere”

In scena questa sera, a Catona, alle 21.15, all’Arena “Alberto Neri”, lo spettacolo L’incanto di Venere con Incanto QuartetVenere Ensemble.

Lo spettacolo rientra nell’ambito della stagione teatrale di Catonateatro, e nasce da una duratura e armoniosa collaborazione tra il quartetto di soprani Rossella Ruini, Laura Celletti, Francesca Romana Tiddi e Claudia Coticelli, e il quartetto strumentale composto da Claudia Agostini (pianoforte), Zita Mucsi (violino), Marta Cosaro (viola) e Rossella Zampiron (violoncello).

Il concerto, sviluppato sulla poliedricità delle otto musiciste sul palco, percorre un viaggio sentimentale, una narrazione del cuore, partendo da note pagine del repertorio classico, comuni alla provenienza di entrambi gli ensemble (ad esempio Carmen, Traviata, Les Contes d’Hoffman), per arrivare ai classici della canzone partenopea (come I’ te vurria vasà, Funiculì Funiculà, O sole mio), al repertorio italiano famoso nel mondo (Con te partirò, Nel blu dipinto di blu), passando attraverso celeberrimi temi di colonne sonore (Amarcord, Nuovo cinema paradiso tra gli altri) e rivisitazioni di successi internazionali (Careless Whisper, Woman in love…). (rrc)

REGGIO – A CatonaTeatro stasera la musica del cuore con “Incanto di Venere“

Lo spettacolo si chiama Incanto di Venere e gioca con i nomi delle due formazioni musicali Incanto Quartet (quattro superlativi soprani) e Venere Ensemble (musiciste di grande suggestione): è la proposta di stasera di CatonaTeatro. Uno spettacolo che nasce, appunto, da una collaudata e armoniosa collaborazione tra il quartetto di soprani Rossella Ruini, Laura Celletti, Francesca Romana Tiddi e Claudia Coticelli, e il quartetto strumentale composto da Claudia Agostini (pianoforte), Zita Mucsi (violino), Marta Cosaro (viola) e Rossella Zampiron (violoncello).

Il concerto, sviluppato sulla poliedricità delle otto musiciste sul palco, percorre un viaggio sentimentale, una narrazione del cuore, partendo da note pagine del repertorio classico, comuni alla provenienza di entrambi gli ensemble (ad esempio Carmen, Traviata, Les Contes d’Hoffman), per arrivare ai classici della canzone partenopea (come I’ te vurria vasà, Funiculì Funiculà, O sole mio), al repertorio italiano famoso nel mondo (Con te partirò, Nel blu dipinto di blu), passando attraverso celeberrimi temi di colonne sonore (Amarcord, Nuovo Cinema Paradiso tra gli altri) e rivisitazioni di successi internazionali (Careless Whisper, Woman in love…).

Musica del cuore resa in modo originale, a tratti morbido a tratti passionale, dall’intreccio vocale di quattro soprani eclettici e dal tessuto strumentale raffinato di archi e pianoforte. Una celebrazione dell’universalità della musica e dell’incanto della bellezza (e della bravura) femminile.

INCANTO QUARTET è un quartetto italiano formato da Rossella Ruini, Laura Celletti, Francesca Romana Tiddi e Claudia Coticelli, quattro soprani di formazione classica ed evoluzione pop-crossover innamorate della bella musica tout court. Nelle loro performances le più belle melodie di tutti i tempi, accuratamente selezionate e riarrangiate, si incontrano con suggestive sonorità pop, per essere presentate poi in un frame d’eccezione, costruito sull’eleganza dell’insieme e del dettaglio. Le quattro artiste hanno iniziato a cantare insieme alla fine del 2010, esibendosi da protagoniste o a fianco di altri grandi artisti (Michael Bolton, Seal, James Blunt, Mick Hucknall, Chic, M° Josè Carreras, M° Marcello Rota), ad Atene, Praga, Belgrado oltre che in molte città del Belgio, Olanda, Danimarca, Germania e Russia. Si sono esibite in supporto al M° Andrea Bocelli, dal 2010 al 2013, affiancandolo in una lunga tournée in Irlanda e nel Regno Unito, presso il Teatro del Silenzio a Lajatico, in Armenia, Bucharest, Dubai, Abu Dhabi, Cina e Malesia. Nel novembre 2016 hanno conquistato Teatri d’opera, Auditorium e palazzetti dello Sport della Bulgaria, durante una tournée di nove date in cui hanno presentato, in anteprima all’estero, l’album In Natura.

Oggi continuano a impegnarsi in un costante percorso di ricerca musicale (che comprende anche brani inediti), la costruzione della particolarissima piece teatrale INCANTO QUARTET, L’OPERA INCONTRA IL POP (con regia di Guido Tognetti) oltre alla prosecuzione della tournée estiva in Italia e all’estero.

VENERE ENSEMBLE è una formazione composta da violino (Zita Mucsi), viola (Marta Cosaro), violoncello (Rossella Zampiron) e pianoforte (Claudia Agostini) ha svolto un’intensa attività concertistica affermandosi per le sue capacità in Europa e in alcuni paesi extraeuropei ed esibendosi in prestigiosi teatri in Ungheria, Austria, Germania, Egitto, Marocco.

Le musiciste che formano l’ensemble, vincitrici di concorsi nazionali ed internazionali, hanno frequentato corsi di perfezionamento e seminari con celebri maestri, e sono apprezzate e conosciute come soliste ed in varie formazioni da camera.

Numerose le collaborazioni con artisti di fama internazionale quali Gazzelloni, Caballe, Pavarotti, Morricone, Cipriani, Bacalov, Piovani, nonche’ artisti del mondo della musica leggera tra cui Renato Zero, Massimo Ranieri, Adriano Celentano, Laura Pausini, Steve Norman (Spandau Ballet), Lionel Richie, Claudio Baglioni, Amii Stewart. (rs)

Applausi per Mariano Rigillo a CatonaTeatro, un Mercante di Venezia apprezzabilissimo

Cavallo di battaglia del grande Giorgio Albertazzi, il Mercante di Venezia visto ieri sera a CatonaTeatro nell’adattamento e la realizzazione di Giancarlo Marinelli, trova in Mariano Rigillo un validissimo erede. Testimone di un  grande mestiere sul palcoscenico e convincente capocomico di una non facile messa in scena. Nel teatro di Shakespeare il Mercante è un’opera che ha registrato tante rivisitazioni, anche cinematografiche: questa di Marinelli è “fresca”, snellita quanto basta (secondo anche le indicazioni di Albertazzi), spumeggiante a tratti, lavorando sulla giocosità dei personaggi, anche là dove esistono problematiche di non poco conto.

Shylock, l’usuraio ebreo (un magnifico Rigillo) potrebbe rischiare di accentuare la carica di antisemitismo che a Shakespeare era sfuggita di mano, invece è, tutto sommato, un commerciante avido di denaro, ma più assetato di orgoglio e di vendetta nei confronti del cristiano Antonio. La storia è nota: una libbra di carne è la penale a garanzia di un prestito non rimborsato a tempo dovuto. Shylok la pretende dal mercante Antonio, rinunciando (insolito atteggiamento per un usuraio) al doppio o al triplo, perché vuol far prevalere il suo essere ebreo rispetto agli odiati cristiani, ma in realtà è un povero “cristo” che perde tutto a fronte dell’avidità di potere. Perde il denaro, perde la figlia, perde la sua dignità, sbeffeggiato da un improbabile azzeccagarbugli (Porzia camuffata e travestita) che risulta persino più addottorato del doge.

La morale è semplice: il potere non è un esercizio gratuito e spesso presenta un conto che non si potrà saldare se non a costo della propria dignità. Tre amori a incastro, in un girotondo di allegria, anche se sovrasta il dramma della minaccia di una terribile mutilazione. Perciò questo Mercante diverte e rende persino simpatico Shylock, al pari del buffone Graziano o del servitore Lancillotto-Job. Brava e sicura nel ruolo di Porzia Romina Mondello e bravi – e applauditissimi – tutti i protagonisti: Ruben Rigillo (Antonio), Francesco Maccarinelli (Bassanio), Teresa Valtorta (Jessica), e i comprimari Antonio Rampino (il Doge e altri personaggi), Mauro Racanati (Lorenzo), Simone Ciampi (Graziano) Cristina Chinaglia (Job) e Giulia Pellicciari (Nerissa).

Il regista ha ricostruito l’atmosfera veneziana pensando a Morte a Venezia, ma in realtà si è poi ricredutio: il ponte che sovrasta la scena diventa la passerella di un’allegra chiamata in giudizio, sì da far dimenticare notti e nebbie veneziane, ma sospingere alla lievità di calli e campielli sullo sfondo di una storia di amori, amicizia, rancore e avidità di potere. Meritatissimi i lunghi applausi finali, ottima scelta di Lillò Chilà in un cartellone stagionale che sta dando risultati sperati. (mcg)

A CatonaTeatro torna “Il mercante di Venezia“ con Rigillo nel ruolo che fu di Albertazzi

Torna un classico a Catonateatro, Il Mercante di Venezia, di cui ancora si ricorda una grandiosa messa in scena con l’insuperabile Giorgio Albertazzi. Domani sera all’Arena Neri a vestire i panni del perfido marcente Shylock sarà Mariano Rigillo, un attore che non ha bisogno di presentazioni, con la regia di Giancarlo Marinelli.

Shakespeare nel Mercante ci ha messo i temi a lui più cari: il conflitto tra generazioni, la bellezza che muore e che si riscatta ad un tempo e la giovinezza che deve fare i conti con le trasformazioni del tempo e della società

Il regista Marinelli, sullo sfondo di una Venezia divisa tra Thomas Mann e Giorgio Baffo, ha scelto di mettere in evidenza «la crisi della potenza economica e culturale lagunare, assorbita da un gioco festoso, metafora di una persistente primavera della vita che è “perenne amare i sensi e non pentirsi”, come direbbe Sandro Penna. A perpetuare una strada già solcata con successo, il precedente “Mercante” da me diretto – dichiara il regista Marinelli – era interpretato dal grande Giorgio Albertazzi, si staglia l’eccellenza scenica di Mariano Rigillo nei panni di Shylock. Con lui, Romina Mondello nella principessa “terrestre” Porzia, e una nutrita schiera di giovani attori pieni di talento».

Il Mercante di Venezia

Si legge nelle note di regia: «È una Venezia cosmopolita ma già offuscata dalle sinistre ombre della discriminazione etnica e religiosa, che fa da sfondo a una storia incrinata dal male, dal disgusto, dalla percezione che i rapporti umani siano solo violenza e inganno. La tragedia, andata in scena per la prima volta nel 1596, ruota intorno a uno scellerato contratto e alla sua macabra penale: quello stipulato tra Antonio, mercante veneziano in cerca di denaro per aiutare l’amico Bassanio a corteggiare degnamente la ricca Porzia, e l’usuraio ebreo Shylock, che pretende come obbligazione, se la somma non verrà pagata, il diritto di prendere una libbra di carne dal corpo di Antonio. In questo mondo dominato dal potere del denaro, dove il corpo è merce non meno della vile moneta, troneggia l’ambigua figura di Shylock, possente rappresentazione di un uomo che è al tempo stesso tiranno e vittima, sacrificante e sacrificato, aberrante nella crudeltà e tenerissimo nel dolore di chi si vedrà infine costretto a rinunciare al proprio credo e alla propria cultura». (rs)

CatonaTeatro: L’azzardo (riuscito) della Cavalleria rusticana di Walter Manfrè

Era decisamente un azzardo la chiave drammaturgica che il regista e autore Walter Manfrè, a CatonaTeatro, ha proposto con la sua rilettura (ligia all’originale verghiano) della Cavalleria rusticana: la drammatizzazione, in chiave psicanalitica, di Santuzza a chiusura dell’arcinota “cronaca di una morte annunciata” risulta avvincente e straordinaria. Verga avrebbe sicuramente approvato, pur essendo ancora lontane le esperienze della psicanalisi e impensabili gli studi sugli effetti – incancellabili – di una tragedia che colpisce nel profondo della psiche una donna innamorata eppure consapevolmente colpevole della sua disgrazia.

Il pubblico è stato preavvisato dal regista stesso, prima dello spettacolo, di questo insert finale, in modo da poter capire meglio il senso di questa personalissima integrazione che, obiettivamente, ha dato un vigore essenziale e una carica rinnovata a una novella che Mascagni ha saputo trasformare in un’opera apprezzatissima, pur se di breve durata rispetto al melodramma tradizionale. E la rappresentazione a CatonaTeatro, se ha deluso chi si aspettava un’altra edizione del melodramma di Mascagni e ha trovato una versione teatrale, pur sottolineata da innesti musicali operistici a cura di Matteo Musumeci, ha invece fatto scoprire un pubblico assorto e sorpreso da un’emozione nuova. Un “modesto” fatto di cronaca (sottolineato a chiusura dalla trovata registica di un fuoriscena radiofonico) diventa pretesto per un racconto, nel rispetto totale della prosa verghiana, che attraversa diversi sentimenti: amore, gelosia, morte, coinvolgendo lo spettatore in un’originale messa in scena, che guarda caso, altro non è che quella originaria del grande scrittore siciliano.

Cavalleria rusticana nella messa in scena di Walter Manfrè

Loredana Cannata
Loredana Cannata, una sensualissima Lola

Amore, gelosia, morte, in una gerarchia che rispetta lo status dei suoi personaggi, inquadrati in una Vizzini, simbolo di una Sicilia antica, dove il delitto d’onore è il minimo richiesto per l’affrancamento dalla vergogna e dal disonore agli occhi dei conoscenti e dei vicini. Il dramma si consuma sulle scene, seguendo le pagine di Verga, poi, dopo la frase conclusiva “Hanno ammazzato cumpare Turiddu“, subentra l’analisi introspettiva della psiche dell’istigatrice della violenza, a sua volta vittima due volte della stessa violenza. La gelosia vince sull’amore, la vendetta rivince sull’amore, e il dolore vince su tutto. La protagonista rivive il prologo e l’epilogo da lei stessa provocati, da un letto di manicomio, e il suo inconscio ribalta sullo spettatore il senso di inutilità della violenza a giustificazione della presunta o reale perdita d’onore.
Bravo Walter Manfré, che ha coinvolto Lillo Chilà e la Polis cultura in una produzione con molte incognite e che, invece, ha rivelato non solo il talento suo e del cast artistico, ma ha saputo coinvolgere maestranze locali e soprattutto i giovani dell’Accademia di Belle Arti di Reggio coordinati dal prof. Perrella che hanno curato le decorazioni delle maestose scene di Antonio Cereto (realizzate da M.G. Company).

Brava Loredana Cannata, sensualissima e focosa Lola, bravi gli altri protagonisti Arianna Di Stefano (Santuzza), Barbara Gallo (la madre di Turiddu), Orazio Alba (Alfio) e Livio Remuzzi (Turiddu). Solo un’osservazione: siamo in un paesino siciliano tra campagnoli e bottegai: la parlata forbita, perfetta (che manco nelle commedie scespiriane) a nostro avviso stona nel contesto. Forse andrebbe appena accentuata la sicilianità dell’opera, ma potrebbe essere anche questa una scelta della regia (sempre dello stesso Manfrè). Un peccatuccio perdonabile, considerando il risultato nel suo complesso. Che, peraltro, ha dimostrato che si possono (si devono) realizzare produzioni locali, con risorse intellettuali, culturali e tecniche locali. È la grande magia che da 34 anni riesce a produrre Lillo Chilà, instacabile e indomito patron di CatonaTeatro, a cui la Calabria non finirà mai di continuare a dire grazie. (mcg)

La “Cavalleria rusticana” a CatonaTeatro con le scene dei giovani artisti di Reggio

Prestigioso appuntamento stasera per la XXXIV edizione di Catonateatro, che – grazie al finanziamento triennale della Regione Calabria attraverso i fondi delle risorse del Piano di Azione e Coesione – ritorna alla produzione e porta in scena la Cavalleria rusticana, in una splendida edizione firmata da Walter Manfré. Una coproduzione tra Catonateatro e International Theatre Center con la regia dello stesso Manfrè e la partecipazione di Loredana Cannata.

Loredana Cannata
Loredana Cannata

Di particolare significato il coinvolgimento di tanti giovani artisti reggini, nonché maestranze del territorio che, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, hanno realizzato il maestoso impianto scenico.

Si tratta, com’è noto, di una delle più famose opere della produzione letteraria europea del 1900, scritta da Giovanni Verga, poi musicata da Pietro Mascagni che l’ha trasformata in quella che è considerata una delle più straordinarie composizioni del melodramma italiano.

Come indica, nelle note di regia, Walter Manfré, «Il testo verghiano, archetipo nel panorama dei racconti che ci introducono nei meandri delle passioni umane, alla luce della musica di Mascagni, si eleva quasi miracolosamente  nell’empireo dell’Arte pura e lì sembra cristallizzarsi trovando la sua piena sintesi. I sentimenti di amore e di gelosia sono al centro della rappresentazione, che si conclude con il delitto d’onore, ritenuto necessario nella società arcaica per vendicare l’adulterio e ristabilire l’ordine familiare e sociale».

Spiega Manfré: «Come la tragedia greca si concludeva con la morte violenta del protagonista, necessaria per l’espiazione della sua trasgressione e per produrre nello spettatore la catarsi, ossia un senso di liberazione e di ritorno all’ordine turbato, così la morte di Turiddu rappresenta il momento di purificazione dalla colpa e il ritorno all’ordine familiare e sociale. Ma quando il percorso creativo sembra concluso, ecco che il capolavoro si anima ai nostri occhi ed improvvisamente la storia si fa strumento di indagine psicologica spingendoci nel vortice di una appassionata  analisi che, con la sua freddezza, ci riconduce al punto di partenza: la vicenda di Santuzza e Turiddu altro non è che un comunissimo e gelido fatto di cronaca».

Secondo il regista Manfré «La commistione dei vari elementi ai quali il racconto può essere letto ci sembra possa regalare, alla nostra operazione, anche la possibilità di creare un clima emozionale che dovrebbe conferire allo spettacolo un motivo di coinvolgimento totale del pubblico. Abituato molto di più alla fruizione dell’opera lirica, lo spettatore accetta quasi con stupore l’originale  versione in prosa  che nel nostro caso si sovrappone alla prima pur essendone la madre. Piano piano però i due terreni si sovrappongono fino alla soluzione finale molto realistica e sicuramente commovente. Ovviamente il testo, che non ha subito manipolazioni, viene restituito al pubblico nella splendida ed essenziale lingua italiana anziché nella versione in dialetto siciliano nella quale Verga, sembrerà strano, non lo ha mai ridotto. (rs)

Il cartellone: CatonaTeatro, 2 agosto, ore 21.15

CAVALLERIA RUSTICANA
di Giovanni Verga
uno spettacolo di Walter Manfrè
musiche Pietro Mascagni
interventi musicali  Matteo Musumeci
con Arianna Di Stefano, Barbara Gallo, Livio Remuzzi, Orazio Alba e con Loredana Cannata.

 

REGGIO: A CatonaTeatro Anfitrione con Gigio Alberti e la Bobulova

Nuovo appuntamento stasera, 26 luglio, con CatonaTeatro: all’arena Alberto Neri in scena una bella edizione di Anfitrione firmata da Sergio Pierattini con la regia di Filippo Dini. La popolare commedia di Plauto (206 a.C.) continua ad appassionare e a suggerire riscritture che incontrano, inevitabilmente, il consenso del pubblico. Facile intuirne il successo: è una commedia brillante di un tradimento involontario dove l’equivoco, il tema del doppio, lascia spazio a suggestioni intriganti.

Come scrive nelle note di regia Filippo Dini, si tratta di «una storia torbida, dove si consuma il più ambiguo e il più perfido dei tradimenti, quello inconsapevole di una moglie, che si concede tra le braccia di una divinità, quanto mai consapevole invece di goderne le grazie e i piaceri. Ci troviamo di fronte ad un paradosso ovviamente, un cortocircuito della mente. Come può il padre degli dei, che può tutto e che possiede tutto, bramare una donna umana? E per di più come può bramare un piacere umano?»

«E inoltre – afferma Dini – non poteva l’onnipotente incantare la mente della bella Alcmena e attrarla tra le sue braccia divine in altro modo? Perché risulta essere costretto a prendere le sembianze del marito? Egli, il grande Giove, desidera essere amato da questa donna meravigliosa, alla quale non può resistere, proprio come essa ama suo marito, vuole quel genere di amore, quello assoluto e incondizionato. Per questo Alcmena deve essere ignara di questa macchinazione, perché solo in quel caso potrà concedersi completamente, non in preda ad un desiderio temporaneo, frutto di una voglia passeggera, ma consapevolmente fedele al “patto” erotico e sentimentale sancito con suo marito».

Anfitrione

«Il paesaggio – si legge ancora nelle note di regia – nel quale inizia la commedia è quello di un esterno di notte, una notte che sembra non finire mai, una notte che è stata prolungata apposta da Giove, proprio per poter giacere con la sua amata mortale, più tempo possibile. Sembra evidente fin da subito la dimensione da incubo nel quale si intende immergere questa storia. Il tema che si sviluppa, il suo paradosso, la struttura stessa della commedia, la sua ambientazione tutta all’esterno, in un cortiletto davvero ambiguo, quasi anonimo, sembrano suggerirci una riflessione profonda, quasi archetipica del nostro essere mortali, del nostro rapporto con noi stessi, con le nostre paure, in definitiva con il nostro doppio. Il tema del doppio, meravigliosamente espresso sotto forma di commedia, quindi inserito all’interno di una situazione estremamente divertente, esplode in questa storia con grande modernità.

«Il dio, forse interpretabile come una parte profonda e remota di noi stessi, la parte migliore e più nascosta o la parte più oscura e demoniaca, si manifesta per prendersi il tesoro più prezioso che abbiamo, mentre il nostro “io” a noi più “noto” è impegnato a guerreggiare e a farsi bello delle sue vittorie. Nello stesso momento in cui Anfitrione sta rincasando dopo una grande vittoria sul campo di battaglia, Anfitrione si gode sua moglie in una delle notti più appassionate della sua vita. Cosa si cela dietro questa follia della mente, dietro questo ribaltamento del tempo e della vita, dietro questo sconvolgimento di passioni e di clessidre? Perché continua a farci divertire così tanto una storia tanto ambigua? E in che misura è ancora in grado di turbarci? Abbiamo anche noi, come dicevo all’inizio, sentito il desiderio di “riscrivere”, proprio perché abbiamo sentito la necessità di iscrivere questa storia nell’oggi, nel nostro quotidiano, con la speranza che pur mantenendo lo stesso divertimento, la stessa comicità, possa incidere ancora più prepotentemente nella nostra coscienza, nel nostro intimo, facendoci ritrovare forse, un dialogo con il nostro doppio, con quella zona remota e temibile del nostro essere, quel dio appunto, che tutto può, che tutto vede e domina, a nostra insaputa». (rs)

Anfitrione di Sergio Pierattini

con Gigio Alberti, Barbora Bobulova, Antonio Catania, Giovanni Esposito, Valerio Santoro
regia Filippo Dini

Al via CatonaTeatro: sono 34 edizioni con Lillo Chilà

E siamo arrivati all’edizione 34: CatonaTeatro, sempre sotto l’amorevole e appassionata guida di Lillo Chilà, riparte domani sabato 20 luglio con la tradizionale rassegna estiva che rappresenta uno degli appuntamenti più attesi della stagione.

CatonaTeatro è un’istituzione, è una fucina di cultura, dove teatro e musica riescono a costruire emozioni e passioni in un pubblico che non proviene più solo dalla vicina Reggio, ma dall’intera regione e dalla Sicilia. Per la capacità e l’intuito creativo del patron Chilà che, anno dopo anno, riesce a mettere insieme un cartellone di grande suggestione, da far invidia alle più blasonate platee estive. Merito anche dei suoi collaboratori, uno staff che segue il “vecchio” Lillo ormai da troppo tempo per non sapere come gestire al meglio eventi, personalità e flussi di pubblico nell’arena Neri senza mai un intoppo, raccogliendo non solo l’entusiasmo degli spettatori ma anche quello degli artisti che calcano il palcoscenico. È una grande famiglia, CatonaTeatro, che accoglie interpreti e protagonisti di grande richiamo.

Raoul Bova e Rocio Muñoz Morales
Raoul Bova e Rocio Muñoz Morales

Il cartellone si apre con Raoul Bova e la compagna Rocio Muñoz Morales con Love Letters, una tenera commedia di coppia, in prima nazionale, che conquisterà la platea. La regia è di Veruska Rossi. È poi la volta, venerdì 26 luglio sarà la volta di Anfitrione di Sergio Pierattini con Gigio Alberti, Barbora Bobulova, Antonio Catania, Giovanni Esposito con la regia Filippo Dini. Anfitrione è ovviamente la famosa commedia di Plauto che ha appassionato tutte le epoche già dal 206 a.C..

Non mancano, naturalmente, le produzioni di Polis Cultura, l’Associazione guidata da Lillo Chilà, responsabile di CatonaTeatro:  il 2 agosto all’Arena neri debutta una grande Cavalleria Rusticana, progetto inseguito per anni dal suo regista Walter Manfrè, che il pubblico reggino conosce bene. Il testo è di Giovanni Verga, adattato in prosa dallo stesso Manfrè con le musiche originarie di Pietro Mascagni e gli interventi di Matteo Musumeci. Nel cast oltre 30 tra attori e figuranti, tra i protagonisti Arianna Di Stefano, Barbara Gallo, Livio Remuzzi, Orazio Alba e la partecipazione di Loredana Cannata. La realizzazione della Polis Cultura ha avuto la collaborazione dell’International Teather Center di Comiso.

Il 5 agosto, dopo l’indimenticabile edizione del 2014 con Giorgio Albertazzi, torna Il Mercante di Venezia da William Shakespeare con Mariano Rigillo, Romina Mondello, Fabio Sartor, Francesco Maccarinelli con la regia di Giancarlo Marinelli. L’8 agosto una pregevole proposta musicale: L’Incanto di Venere con il quartetto lirico-pop tutto al femminile Incanto, già al seguito per anni di Andrea Bocelli nel suo tour mondiale. Il concerto percorre un viaggio sentimentale, una narrazione del cuore, partendo da note pagine del repertorio classico per arrivare ai classici della canzone partenopea, al repertorio italiano famoso nel mondo, passando attraverso celeberrimi temi di colonne sonore e rivisitazioni di successi internazionali eseguite dal vivo con la Venere Ensamble.

L'immagine può contenere: 2 persone, chitarra e testo

L’11 di agosto è tempo di musica con due grandi protagonisti degli anni 60, due cantanti che hanno fatto la storia della musica ribelle di quegli anni, Shel Shapiro (era con Rokes) e Maurizio Vandelli (ex Equipe 84) in concerto con il loro spettacolo musicale di grandi successi Love&Peace tour. Una produzione di altissima qualità, suggestiva ed innovativa da un punto di vista tecnologico e scenograficamente ricca, con immagini e video fortemente simbolici e rappresentativi proiettati su un grande schermo.

Il 13 agosto un grande cast per una commedia brillante, Se devi dire una bugia dilla grossa di Ray Cooney con Antonio Catania, Gianluca Ramazzotti, Paola Quattrini, Nini Salerno. La regia originale è del grande Pietro Garinei ripresa da Gianluca Guidi.

Uno dei protagonisti più amati di CatonaTeatro è senza dubbio Enrico Guarneri che torna sul palcoscenico il 16 agosto con  un progetto molto particolare, Io sono l’altro 2.0, dove ancora una volta sarà l’amico e complice Salvo La Rosa a trasportarci nelle tragicomiche avventure di Litterio. L’idea progettuale nata quest’inverno al Teatro Cilea, durante la rassegna Le Maschere e i Volti, è stata sviluppata, ampliata e realizzata con la fattiva collaborazione del regista Antonello Capodici.

CatonaTeatro 2019  chiude il 20 agosto con il concerto di Edoardo Bennato, un grande e apprezzatissimo protagonista della scena musicale. Bennato continua il suo viaggio, di città in città, parlando di un mondo fatto di buoni e cattivi, dove sbeffeggiare i potenti, inneggiando alla forza umana del popolo e passando per il più classico tra i sentimenti ispiratori dei poeti della canzone: l’amore.

Da non dimenticare l’attenzione che CatonaTeatro rivolge al cinema grazie all’instancabile opera di Nicola Petrolino che cura la rassegna Verso Sud, giunta alla decima edizione. Un bel cartellone di film iniziato martedì 16 luglio e che si concluderà il 28 agosto, offrendo il piacere del cinema all’aperto, in arena, opportunità che raccoglie sempre più appassionati. Lunedì 22 viene proposto Ricchi di fantasia, il bel film con Sergio Castellitto e Sabrina Ferilli con la regia di Francesco Micciché. (rs)

 

CATONATEATRO: SI RIDE CON ENRICO GUARNERI “U CONTRA”

13 agosto – Domani sera a CatonaTeatro (RC) ritorna la comicità con protagonista principale il mattatore Enrico Guarneri che completa con la messa in scena de “U’ contra” la sua personale esplorazione dell’universo martogliano.
Mancava al suo impareggiabile “bouquet”, la maschera di Don Procopio, il cialtrone di buoni sentimenti che il grande Nino lascia al teatro contemporaneo come la più originale delle sue eredità. Una maschera riassuntiva e sintetica degli umori più genuinamente popolari che abitano l’universo catanese fra i due secoli. E poi lo sfondo del quartiere della Civita: vero protagonista dell’opera tutta del genio belpassese.


U’ contra o Il contravveleno è una delle ultime opere di Martoglio. E forse quella che più lo rappresenta. Racconta la vita in uno dei quartieri più veraci della Catania degli anni ’20, la Civita, durante l’imperversare della piaga del colera. Così, le comari Sara la Petrajana, sua figlia Tina, Cicca Stonchiti e Cuncetta  Pecurajanca  trascorrono le loro giornate intente a stendere i panni al sole, a preparare il pasto frugale e battibeccare tra loro per un nonnulla, mentre  Don Cocimu Binante e Don Procopiu Ballaccheri  con aria smargiassa millantano le loro presunte conoscenze in ogni settore della scienza e cercano di spiegare pseudo-scientificamente la causa della pestilenza.
Nonostante il suo cognome, Don Procopiu, cerca di tenere fede ad una certa onestà arrabattandosi in piccoli lavori che gli consentano di vivere o sopravvivere di stenti. Lo stesso non si può dire di Don Cocimu che, venuto a conoscenza della mistura in suo possesso, non si lascerà scappare l’occasione di un guadagno facile, che si presenta  nel momento in cui la ricca za’ Petra  gravemente ammalata, reclamerà qualche goccia della preziosa pozione. La regia è di Antonello Capodici. (rrc)