L’OPINIONE / Bruno Tucci: La gente che va a votare in percentuali irrisorie

di BRUNO TUCCI – Ormai è una prassi consolidata in tutto il Paese, purtroppo. La gente che va a votare ha percentuali irrisorie. Così accade da tempo in Italia, così è accaduto di recente in Calabria quando la gente ha dovuto esprimersi su “La città unica” che riguardava Cosenza e il suo hinterland.

Ci sono i soliti sapientoni che hanno letto i risultati e si sono espressi contro coloro che non si recano alle urne. Sono ritornelli riti e ritriti a cui noi calabresi abbiamo fatto il callo. Stavolta i pessimisti, non hanno potuto criticare a lungo, perchè il fenomeno interessa ogni angolo del nostro Paese, da Nord a Sud. Ragione per cui il borbottio ha avuto la durata di qualche ora, poi è finito nel nulla..

Comunque, la statistica di quest’ultimo voto è  a dir poco sconvolgente: ha votato poco più del 25 per cento della popolazione con il primato di Cosenza che non è andata al di là di un venti per cento. Se l’Italia non vota noi non dobbiamo essere contenti di un risultato così povero.
D’accordo, abbiamo violato un principio sacrosanto della nostra Costituzione. Però, qualche giustificazione è doverosa. Il progetto presentato agli elettori non aveva i crismi della originalità. Anzi, percorreva strade ormai note che non  ingannano più la gente. Chi deve esprimersi non si fa più prendere per i fondelli: legge e ragiona. Per cui molti si sono convinti che quanto proposto dalla regione era insufficiente anche se dagli organi responsabili si diceva un gran bene della “città unica”.
Adesso che è stato risposto con un chiarissimo no, quegli stessi studiosi ed esperti dovranno correre ai ripari perché “il progetto era privo di una qualsiasi visione del futuro”: In parole semplici, non c’era nulla di nuovo e lo studio non risolveva i problemi di oggi.
Allora, da ora in poi, sarà bene prima di indire un referendum che inviti la gente a rimanersene a casa, di avere una cura più attenta del piano o del programma che dir si voglia di modo che chi dovrà esprimersi con un voto lo farà volentieri senza rispondere con un no secco. (bt)

L’OPINIONE / Franco Bartucci: Occhiuto è lo sconfitto di questo referendum

di FRANCO BARTUCCI – «Roberto Occhiuto, presidente della Giunta Regionale della Calabria è lo sconfitto di questo referendum. A dirlo è stato Mimmo Bevacqua, capogruppo PD in Consiglio regionale. Concordo perfettamente con questa dichiarazione e aggiungo altri nomi, Simona Loizzo, con la quale per prima mi sono confrontato nel 2019 nello scongiurare di mandare avanti la proposta di fusione dei tre comuni e di guardare invece all’idea progettuale della “Grande Cosenza”, elaborata nel 1971 dai padri fondatori dell’Università della Calabria ed in particolare del Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta.

Una “Grande Cosenza” che includeva il Comune di Montalto Uffugo per effetto che il progetto dell’Università della Calabria si estendeva da Rende (Statale 107) a Montalto Uffugo (incrocio ferroviario di Settimo) e che il disegno regionale della fusione lo escludeva.

Tra gli sconfitti inserisco anche sindacalisti e figure politiche, compreso gli amici del Partito Democratico, ai quali ho esteso lo stesso invito nell’arco degli ultimi tre anni da a quando questa questione è venuta a galla ricevendo come risposta: «A Montalto ci penseremo dopo».

Chissà quando e come! Sappiamo per esperienza come le vie della politica sono complicate e lunghe.

Sull’idea della “Grande Cosenza” e dell’insediamento come dello sviluppo dell’Università in un’area urbana unica e vasta, il Rettore Beniamino Andreatta amava a quel tempo del suo mandato confrontarsi con la classe politica, sindacale ed istituzionale del posto come della regione a cominciare dal presidente Antonio Guarasci. Amava confrontarsi in incontri pubblici che avvenivano nell’aula circolare dell’edificio polifunzionale, come nel salone di rappresentanza del Comune di Cosenza ed anche nella sala del Consiglio provinciale di Cosenza.

Ad organizzare tali incontri fummo chiamati: il dott. Antonio Onofrio, io e Aldo Orrico, con la raccomandazione di chiamare a raccolta per quanto riguarda il settore politico solo i rappresentanti di quei partiti appartenenti all’area costituzionale. Ciò significava l’esclusione dei sostenitori ed appartenenti al Movimento Sociale Italiano. Da Democristiano e cattolico non aveva fiducia e stima di quel partito.

Passano gli anni, oltre cinquant’anni, e i discendenti di quel soggetto politico arrivano a governare la Regione Calabria, cosicché non so come tirano fuori un progetto e un disegno di legge che cozza e mira a bloccare l’idea progettuale della “Grande Cosenza” con al centro l’Università della Calabria scaturita dall’intelligenza e dalla passione politica di un uomo venuto in Calabria dal Nord Italia, con amore e rispetto nei confronti degli uomini e donne del nostro territorio, per insegnarci a vivere e credere nelle nostre possibilità di creare sviluppo e crescita economica, sociale e culturale, valorizzando e credendo soprattutto nei giovani, speranza del futuro.

Uno di quei giovani laureatosi all’Università della Calabria e divenuto Presidente della Giunta Regionale non ha dato ascolto alla lettera aperta pubblica apparsa su questo giornale in data 7 agosto 2024, con la quale rivolgevamo una preghiera, per salvaguardare l’ integrità territoriale destinata all’UniCal e al pensiero di Andreatta, di rinviare quel disegno di legge al consiglio regionale per la scrittura di un nuovo testo di legge, impostato in concordia con le parti e con il coordinamento degli esperti dell’UniCal, in modo da evitare danni consistenti a livello di immagine, per come è avvento con il referendum che in molti ritengono illegittimo, che ha dato l’esito che tutti sappiamo. Con questo mio contributo do un consiglio chiaro di impegno e lavoro agli amici del PD di riprendere nel cassetto il progetto della “Grande Cosenza” che ci ha lasciato in eredità Beniamino Andreatta, primo Rettore dell’UniCal e tra l’altro padre fondatore del Partito Democratico.

Non abbiamo bisogno di nulla se non metterci al lavoro da subito e concretizzare al più presto la ripresa dei lavori. Sulla Collina di Contrada Vermicelli ci sono da diciassette anni immobili due cubi che attendono di scendere a valle per raggiungere i binari ferroviari di Settimo e collegarsi con l’alta velocità che da Sibari vola verso Bolzano. (fb)

L’OPINIONE / Domenico Mazza: Vince l’astensione mentre dilaga l’apatia politica

di DOMENICO MAZZA – In ambito pubblico, l’apatia politica è una mancanza di interesse verso la πόλις (Città). Ciò detto, include: il disinteresse degli elettori e dei mezzi d’informazione negli eventi politici, le difficoltà di comunicazione delle proposte da parte dei partiti e dei gruppi di pressione, la disaffezione alla partecipazione democratica e ai sistemi di voto.

Non trovo altre parole che possano descrivere il disastroso metodo con cui la politica bruzia ha condotto la campagna referendaria sulla sintesi dei Comuni e l’altrettanta sciagurata risposta che è fuoriuscita dalle urne. Si badi bene, l’accezione “sciagurata” non è da riferire all’esito del referendum. Piuttosto, alla più completa apatia con cui gli aventi diritto al voto hanno licenziato l’argomento della fusione amministrativa. Personalmente, se l’esito positivo o negativo del referendum avesse visto la partecipazione di una distinta percentuale delle Popolazioni, avrei avuto ben poco da eccepire. Tuttavia, quando l’astensionismo da una condizione di deroga diventa norma, si conferma la presenza di malesseri profondi e conclamati: indifferenza, rassegnazione e scelta di non scegliere.

Affluenza alle urne: un quadro desolante che pesa sulla politica  

Poco meno di 95mila aventi diritto e a votare si sono recati in appena 25mila. Nonostante la percentuale di affluenza abbia fatto registrare picchi più significativi a Castrolibero e Rende, il dato complessivo dei votanti resta comunque distante dal rendere significativa la competizione. Ad intestarsi la vittoria di un anonimo referendum, quindi, restano i sostenitori del “No” che incassano il dato della dilagante astensione come fosse un plebiscito a loro favore.

Una lettura controversa quanto inesatta, figlia di un’interpretazione che distorce il concetto più nobile della democrazia partecipativa. Nonostante settimane di dibattiti e iniziative, invero, né le forze di maggioranza del centrodestra regionale, né una parte della sinistra sono riuscite a spingere le popolazioni a recarsi ai seggi. Un fallimento collettivo che evidenzia il distacco crescente tra politica e cittadini. Vieppiù, che conclama l’incapacità delle Classi Dirigenti a trasmettere un messaggio di crescita e sviluppo insito al progetto stesso di fusione amministrativa. Inoltre, il disinteresse mostrato dalla collettività verso il processo di sintesi indica come il concept progettuale necessiti di una revisione profonda; non solo nelle sue motivazioni, ma, soprattutto, nel modo in cui viene comunicato e percepito dai Cittadini.

Nessun vincitore, solo uno sconfitto: il popolo dell’area urbana

Probabilmente nella scelta di non scegliere il popolo cosentino ha voluto bocciare un Establishment che non ha saputo declinare le potenzialità racchiuse nel progetto di fusione. La Grande Cosenza, d’altronde, non poteva essere liquidata con l’effimero tentativo di costruire una semplicistica sommatoria demografica. Le titubanze della Politica che non ha saputo descrivere i vantaggi della nuova conformazione amministrativa, si sono tradotte in paura, immobilismo e apatia nelle Popolazioni.

Tuttavia, va considerato un altro fattore: se la partecipazione democratica si verifica a mo’ di random nelle varie tornate amministrative e langue nelle espressioni referendarie, evidentemente, una visione inquinata dei sistemi di consultazione elettorale esiste ed è concreta. Durante le campagne elettorali di indicazione locale apparati, correnti e interessi la fanno da padrone.

I quesiti referendari, al contrario, vengono avvertiti come distanti dalle esigenze particolari e dai personalismi e, pertanto, ritenuti poco interessanti e per nulla motivanti. La descritta percezione, purtroppo, è frutto di una visione miope e malata del corpo elettorale. Esternare il proprio parere su un’idea è, con ogni probabilità, ben più importante di quanto non sia esprimere la propria preferenza a un Amministratore. Il Cittadino che rinuncia al suo diritto-dovere di partecipazione elettorale non può considerarsi parte di una Comunità. Piuttosto, è un individuo che tenta di solcare i mari a bordo di una nave, ma senza l’ausilio di un timone.

E adesso? 

Considerare tramontata l’idea di una fusione dei Comuni vallivi contermini a Cosenza sarebbe un grave errore. Probabilmente, il progetto va ripensato, arricchito e esportato oltre i confini dei tre Comuni chiamati alle urne domenica scorsa. Bisognerà partire dalle scuole e dalle piazze. Sarà necessario trasmettere alle Popolazioni, senza titubanze, che Il progetto di fusione a Cosenza — in funzione di una razionalizzazione del numero dei Comuni e nell’ambito di una prospettiva di riassetto amministrativo della Calabria — può diventare volano di svolta, ma solo se accompagnato da una nuova governance del territorio regionale. L’azione descritta, infatti, risulterebbe in perfetta sintonia con la principale politica di investimento dell’Europa: la coesione territoriale.

La stessa che mette al centro il territorio sostenendone la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente. I suoi vantaggi, dunque, sarebbero direttamente proporzionali all’autorevolezza politica inverata dalle aggregazioni territoriali.

Soprattutto, però, sarà necessario che le espressioni politiche del centralismo cosentino imparino a declinare un nuovo paradigma per l’agognata sintesi della Città unica: rinnovate narrazioni che abbandonino scampoli di pennacchi motivati da inutili dualismi con l’Arco Jonico.

Serviranno, invero, nuove relazioni programmatiche e non astruse teorie volte a infondere paure su improbabili traslazioni geografiche del Capoluogo e amenità simili. Così come, sulle sponde joniche, sarà necessario evitare squallide e disdicevoli politiche di salamelecchi, prostrate agli ordini di una casta cosenzacentrica che non affascina più neppure gli abitanti della val di Crati. (dm)

[Domenico Mazza è del Comitato Magna Graecia]

Orrico (M5S): Da referendum è venuta fuori una comunità divisa

«I (pochi) cittadini dell’area urbana che sono andati a votare al referendum per la città unica Cosenza-Rende-Castrolibero si sono espressi per il no», ha commentato la deputata del M5S, Anna Laura Orrico, a seguito dell’esito del referendum per la Città Unica, a cui i cittadini hanno detto «no ad un progetto imposto dall’alto, privo di ogni ascolto delle tre comunità e delle rispettive assise cittadine: figurarsi che a Rende c’è ancora il commissariamento».

«Un progetto di città unica che –  ha proseguito Orrico – come avevo più volte denunciato, è sempre stato carente di visione politica su cosa e come sarebbe dovuta essere la città unica. Frettoloso, dal sapore elettorale, costruito male. Vince l’astensionismo, tre su quattro hanno disertato le urne, che restituisce l’incapacità dei promotori di stimolare la partecipazione dei cittadini i quali, dal canto loro, hanno percepito il percorso come un dialogo fra gruppi di interesse, poco interessati però agli affanni quotidiani delle famiglie dell’area urbana a meno che non siano famiglie politiche. Ecco a voi la città divisa».

«Siamo curiosi di capire se – ha concluso l’esponente pentastellata –  almeno questa volta verrà rispettata la decisione emersa (sappiamo bene che qualcuno del centrodestra è abituato a sovvertire gli esiti elettorali, vedi le ultime politiche) oppure se i padroni del vapore, di tutti i colori politici, capiranno come processi del genere richiedono ascolto e rispetto, a partire dal basso. Sappiano, in caso contrario, che dall’altra parte, insieme alle persone comuni, ci saremo anche noi. Ci siamo abituati». (rp)

 

REFERENDUM, È FLOP DI PARTECIPAZIONE
VINCE IL NO, PERÒ IL PROGETTO RIMANE

di MASSIMO CLAUSI – Il dato del referendum sulla fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero alla fine è stato clamoroso. 10652 votanti a Rende, 10655 votanti a Cosenza e 3657 votanti a Castrolibero hanno detto ampiamente no al progetto incardinato dal centrodestra regionale. I numeri finali dicono che a Cosenza e si sono stati il ​​69,48% e no il 29,45. A Rende i “si” il 18,12% e i no l’81,43; a Castrolibero i “si” il 25,57 ei no il 73,81% In totale, quindi, il no ha vinto con il 56,81 (13166 voti) contro il 42,45 (9838 voti).

E davvero in pochi alla vigilia erano disposti a scommettere su un’affermazione così netta del no, anche perché il percorso verso la fusione dei tre comuni è davvero ineludibile. Quello che non ha convinto è stato evidentemente il progetto, ammesso ce ne fosse uno.

Un brutto colpo per l’attuale amministrazione regionale che si è fatta promotrice della proposta, nonostante il presidente della giunta, Roberto Occhiuto, abbia preferito rimanere sott’acqua. Non così il fratello, il senatore Mario, che ha cavalcato moltissimo le ragioni del sì con post e dichiarazioni quasi quotidiane.

A salvare il centrodestra regionale dalla clamorosa sconfitta è stato l’atteggiamento dell’opposizione che ha votato in linea con la maggioranza sulla proposta di legge di fusione con l’eccezione di Laghi e Tavernise che si sono astenuti e il no del consigliere del Misto, Antonio Lo Schiavo, in splendida solitudine. Quanto basta per far dire a Sandro Principe di essere dispiaciuto per l’atteggiamento del centrosinistra che avrebbe potuto fare una battaglia caratterizzante contro la destra sul punto.

Il problema di fondo è stata la partecipazione, fiacca anzi fiacchissima che non si può spiegare solo con il progressivo astensionismo che attanaglia la politica. Se questa, infatti, è dato dalla scarsa capacità dei partiti di interpretare le istanze della gente, in un meccanismo di partecipazione diretta come il referendum l’assioma non può reggere.

L’OPINIONE / Sergio Dragone: La vittoria del no alla Città Unica pone due enormi problemi politici

di SERGIO DRAGONE – La schiacciante vittoria del no al referendum sulla Città Unica pone due enormi problemi politici, uno al centrodestra e uno al centrosinistra.

Il centrodestra vede bocciato un progetto istituzionale che ha, come maggioranza, incardinato con una proposta di legge in Consiglio Regionale. La sonora bocciatura non risiede solo nel risultato finale, quanto piuttosto nel clamoroso astensionismo nella città capoluogo.

La lettura è fin troppo semplice: se il progetto non è condiviso, se non funziona, se è percepito come una forzatura arrogante, la gente non ha alcun interesse a partecipare ed esprime con l’astensione il suo dissenso. E, quindi, la sconfessione della proposta di legge di iniziativa della leghista Simona Loizzo e sostenuto con forza da tutto il centrodestra assume proporzioni epocali, anche perché investe direttamente il bacino elettorale del Governatore Occhiuto.

Non meno grave è il problema politico per il centrosinistra e in particolare per il PD che si è accodato all’iniziativa legislativa del centrodestra per paura di essere sepolto dai SI e invece è stato sepolto dai No. Questa posizione subalterna e timida è stata giustamente sottolineata dal grande vincitore di questa battaglia referendaria, Sandro Principe, indomito socialista e artefice, al pari del grande padre Cecchino, della crescita della moderna Rende.
A dire il vero l’unico nel PD a crederci sinceramente e convintamente è stato un altro socialista, Giacomo Mancini, chiamato tardivamente a coordinare una campagna del SI già abbondantemente compromessa, mettendoci la faccia, cosa che non hanno fatto gli altri big democratici.
Cosa succederà ora? Ritengo che politicamente (e anche giuridicamente) la proposta di legge Loizzo targata Lega -Forza Italia – Fratelli d’Italia – PD  sia da ritenere superato. Nessuno avrà l’ardire di disattendere l’esito referendario.
Si riparta dall’Unione dei Comuni e dai servizi integrati, da una programmazione urbanistica comune coinvolgendo le istituzioni locali, senza forzature e storpiature. Chi ha perso si lecchi le ferite e rifletta. (sd)

La vittoria del no al referendum per la Grande Cosenza

di FRANCO BARTUCCIUn referendum consultivo per la città unica tra Rende Cosenza e Castrolibero inutile quanto dannoso per gli effetti di grande conflitto politico creatosi nell’area dei tre territori comunali che ha portato ad un forte astensionismo, ma soprattutto alla vittoria del “No”  rispetto al “Si” con una ripartizione del 60% a favore dei primi e del 40% per i secondi.

L’affluenza alle urne è stata pari al 26,1%, così ripartita per Comune: Cosenza 19,12%, Rende 33,2%, Castrolibero 44,78%. I votanti sono stati 24.964 su 93.646, con questa ripartizione: a Rende 10.652, a Cosenza 10.655, a Castrolibero 3.657.

 Circa la ripartizione dei voti a Rende e Castrolibero ha vinto il “No”; mentre a Cosenza il “Si” è prevalso sul “No” con la percentuale più bassa dei votanti rispetto agli altri due centri urbani.

I commenti a caldo sono stati vari sia per l’aspetto dell’alta astensione: un progetto scritto male e presentato peggio ed imposto dall’alto anche se sostenuto dai vari partiti politici di maggioranza e minoranza, dai sindacati ed Associazioni varie di categoria a sostegno del “Si”, come da parte delle testate giornalistiche locali testardamente inchiodati a favore della creazione della città unica.

Poi ci sono stati i commenti del perché della vittoria del “No” soprattutto a Rende e Castrolibero; mentre su Cosenza è prevalsa nelle analisi la soddisfazione di coloro che attraverso movimenti liberi si erano schierati per il “No” invocando la creazione di una Cosenza policentrica. In sostanza diciamo che a vincere sono stati i liberi comitati costituitisi per il “No” sia su Rende che su Cosenza; mentre su Castrolibero è stata la vittoria del sindaco Orlandino Greco nettamente contro la “città unica”; mentre Franz Caruso che si era schierato per il “Si”, pur vincendo a Cosenza si è trovato isolato.

La verità è che l’unico soggetto e strumento di comunicazione entrato in campo nel parlare del disegno di legge regionale della città unica con la fusione dei tre comuni, chiedendone al Presidente Occhiuto il rinvio al Consiglio regionale per riscriverne uno nuovo in concordia tra le parti e con il coinvolgimento dell’UniCal è stato proprio Calabria live con la lettera aperta indirizzata al presidente della Giunta regionale pubblicata il 7 agosto 2024. 

Nei commenti a caldo fatti ieri sera qualcuno ha parlato della mancanza di un progetto serio al quale gli elettori potevano appellarsi e trovare le giuste motivazioni per recarsi alle urne. Per dire la verità Calabria live il progetto serio lo ha presentato ed illustrato da tre anni: “La grande Cosenza” auspicata dal Rettore Andreatta a seguito della scelta fatta di collocare l’Università della Calabria a Nord di Cosenza sui territori di Rende e Montalto Uffugo.  

Spiace che nessuno ha voluto prendere in considerazione questa idea progettuale della “Grande Cosenza”. Finanche nei commenti di ieri sera. L’Unical da questa campagna ne esce sconfitta in quanto non considerata e calcolata. Eppure basta andarci per capire che il tesoro, il segreto, il sogno della “Grande Cosenza” si trova lì su quell’asse non portato a compimento e collocato sui territori di Montalto e Rende tra una superstrada (SS107) e due tracciati ferroviari visibili in località Settimo (Cosenza/Paola e Sibari/Paola) con addosso l’autostrada Salerno/Reggio Calabria.

Abbiamo chiesto che il disegno di legge venisse bocciato con il “No” per salvare l’integrità territoriale dell’UniCal ed avere una opportunità di ripartire per realizzare il Sogno del Rettore Andreatta della “Grande Cosenza” ed p per questo che riporto la delibera discussa ed approvata dal Comitato Tecnico Amministrativo  dell’UniCal il 23 giugno 1971 nel momento in cui decise l’insediamento dell’Università con la raccomandazione di creare una metropolitana di collegamento con la città ed il territorio: «La localizzazione non può essere vista come fatto di pura “addizione” urbana, come un nuovo quartiere, ma deve essere vista come oculata strutturazione di una nuova città (la grande Cosenza) organizzata sulle relazioni e sul sistema dei trasporti che meglio ne favorisce l’efficienza del livello metropolitano. La nuova Università deve, anche con la localizzazione, mirare ad obiettivi di massima utilità e incidenza sociale favorendo la diretta accessibilità del maggior numero possibile di utenti. Per assolvere tutti i compiti che avrà nel futuro, Cosenza deve sfruttare al massimo la sua posizione baricentrica nel Mezzogiorno, ottenendo, dal sistema dei trasporti, le relazioni efficaci che deve avere, a partire dai collegamenti ferroviari. I punti nodali-strutturali della “Grande Cosenza” sono alla confluenza della valle del Settimo (sbocco della galleria ferroviaria Paola Cosenza nella Valle del Crati e lungo la valle dell’Esaro, da Belvedere a Sibari».

Completiamo il disegno dell’UniCal che significa nuovi posti di lavoro per chi la costruisce e ancora di più, in forma permanente, per chi vi troverà posti occupazionali di lavoro nelle strutture che mancano: Parco Tecnologico, strutture fieristiche per la ricerca, Scuole di specializzazioni, Biblioteca per il territorio, il villaggio dello sport. A chiusura un breve pensiero di Andreatta rilasciato alla Gazzetta del Sud nel mese di maggio 1972 ci dovrebbe far riflettere tutti e rimettersi al lavoro per dare a noi tutti la vera identità nel costruire la “Grande Cosenza”: «La Calabria diventerà un punto di riferimento per altre regioni italiane e anche per studenti provenienti da altre nazioni, si pensi ad esempio alla vicina Africa, che hanno bisogno di manager, dirigenti, imprenditori forgiati da una scuola moderna e più vicina». (fb)

L’OPINIONE / Orlandino Greco: Castrolibero non si è piegata alle imposizioni

di ORLANDINO GRECO – In questa campagna referendaria, ci sono stati momenti in cui mi sono sentito come Don Chisciotte, impegnato a combattere contro i mulini a vento. Ho dovuto affrontare poteri così forti da far apparire una palese mancanza di democrazia come un diritto costituzionale e legittimo. Eppure, ho sempre percepito qualcosa di più grande, una forza capace di superare persino le imposizioni di alcuni consiglieri regionali: la volontà popolare.

La sensazione netta che i cittadini fossero dalla parte giusta, quella della democrazia e della libertà, mi ha accompagnato in ogni istante. Castrolibero ha risposto. Ha risposto contro chi voleva annetterla senza rispettare la sua volontà, contro chi, prima di questo scellerato progetto, non sapeva neanche dove fosse Castrolibero.
Questa comunità non si è piegata ai poteri forti e non ha assistito in silenzio mentre altri facevano i propri interessi a discapito dei cittadini. Non solo abbiamo detto No, ma Castrolibero è stato il Comune con la maggiore affluenza al voto.
Questo dato, chiaro e trasparente, ha un valore politico enorme. È la dimostrazione che la nostra comunità è viva, consapevole e unita. Abbiamo affrontato questa sfida con coerenza e determinazione, rimanendo sempre aperti al dialogo, ma solo a un dialogo costruttivo, che nasca dal basso e tenga conto delle reali esigenze dei cittadini.
 Non abbiamo affrettato i passi per favorire tornaconti personali.  Castrolibero è, e sarà, sempre, una comunità libera, sorretta dalla volontà insindacabile dei suoi cittadini. Questo messaggio è arrivato forte e chiaro anche in Regione, ai consiglieri regionali e a tutta la politica cosentina.
Ora, anche chi diceva di agire per il bene di Castrolibero, proponendo però un progetto calato dall’alto, dovrà ricredersi. Castrolibero non si estingue. Castrolibero è, e resterà, un Comune libero, autonomo e orgoglioso della sua identità. La nostra storia, il nostro territorio e la nostra comunità continueranno a essere protagonisti, con una voce che non si piegherà mai alle imposizioni. (og)
[Orlandino Greco è sindaco di Castrolibero]

L’OPINIONE / Paolo Palma: Il mio “no” alla Città Unica

di PAOLO PALMAPrepotenza e ignoranza. Sono queste le parole che mi vengono in mente quando penso alla proposta di legge di fusione dei Comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero.

La prepotenza riguarda il metodo autoritario adottato dalla maggioranza di centro-destra alla Regione Calabria, per cui in Italia si avrebbe il primo caso di una fusione di Comuni decisa dall’alto, senza il coinvolgimento dei Sindaci e dei Consigli comunali di due delle tre città interessate (Cosenza e Castrolibero) e in assenza degli organismi democratici elettivi a Rende. Ai sindaci Franz Caruso e Orlandino Greco, e ai tanti rendesi impegnati con serietà e onestà nelle istituzioni, va perciò la nostra solidarietà per lo sfregio istituzionale subìto.

Chi si professa democratico dovrebbe scandalizzarsi per questa procedura antidemocratica, e dire “no” a prescindere dai contenuti. E invece stiamo assistendo alla genuflessione dei partiti sedicenti di sinistra o di centrosinistra, Pd in testa, al presidente Roberto Occhiuto, regista occulto delliniziativa, e al suo capofila, il sen. Mario Occhiuto. Prove tecniche di partito unico del potere? Cementificazioni in vista?

L’ignoranza riguarda il contenuto della proposta di fusione, fondata su uno studio di fattibilità tardivo e raffazzonato. Dalla parte del “no” c’è invece il monito della Corte dei Conti e di economisti seri circa gli effetti negativi, per le tasche dei cittadini, delle fusioni riguardanti la fascia di 100/120mila abitanti, quella di Cosenza-Rende-Castrolibero.

L’ignoranza riguarda inoltre, e soprattutto, lo stravolgimento a nord dell’area urbana che è storicamente circolare e policentrica, fondata su trenta Comuni che fanno corona al capoluogo. Quelli a sud, est e ovest verrebbero emarginatidalla fusione a tre; nascerebbe un’orribile città-spaghetto; Cosenza sarebbe destinata a diventare una periferia/dormitorio; le attività produttive si concentrerebbero sempre più a nord; Cosenza Vecchia riceverebbe la mazzata finale, al pari di Donnici, Borgo Partenope e S. Ippolito.

L’area industriale di Piano Lago sarebbe anch’essa condannata. Per non parlare dello scippo a Cosenza dell’ospedale previsto a Vaglio Lise, la porta dell’area urbana, con la debole motivazione che la facoltà di Medicina ha bisogno di un policlinicouniversitario. Ma è l’Università che devessere al servizio del territorio, non il contrario!

Ecco le principali motivazioni del “no”. Ma il nostro è un “no” costruttivo, un no “per”: per una Grande Cosenza fondata sull’armonia tra tutti i Comuni dell’area urbana, compresi Rende e Castrolibero, senza però dimenticare Mendicino, Carolei, Zumpano e altri delle Serre, dei Casali e del Savuto. Anch’essi sono Cosenza. (pp)

[Paolo Palma è del Comitato Cosenza No alla Fusione – Per una Città Policentrica]

SE CI SARÀ UNA GRANDE COSENZA, SERVIRÀ
ANCHE UNA PROVINCIA DELL’ARCO JONICO

Il dibattito sulla sintesi amministrativa e il prossimo referendum consultivo tra Cosenza, Rende e Castrolibero stanno catalizzando i pareri di Comitati spontanei ed esponenti delle Istituzioni sul tema. Tra favorevoli e contrari, la volontà di creare una Città demograficamente importante, che acquisisca un ruolo ancor più centrale nei processi regionali ed in generale negli assetti del Mezzogiorno d’Italia, è risultato palese sin da quando gli interessi del Consiglio regionale si sono concentrati sulla tematica.

Come Comitato, non abbiamo mai nascosto le nostre simpatie verso il progetto in questione e verso tutti quei processi volti alla necessità di avviare riforme sistemiche degli attuali assetti amministrativi regionali.

Tuttavia, dopo aver letto alcune sortite apparse sui social e poi corroborate da Rappresentanti delle Istituzioni, spiace prendere atto di alcune posizioni che esplicano uno scollamento dalla realtà in tema di nuove simbiosi amministrative.

Negli ultimi giorni è circolata in rete una locandina pubblicitaria a suffragio delle posizioni favorevoli al prossimo processo di fusione in val di Crati. Nelle tesi addotte, l’invito a votare “Si” al referendum poiché, in caso di vittoria del “No”, lo status di Capoluogo di Provincia potrebbe migrare dall’area valliva della Calabria verso lo Jonio. Alla base di tale bizzarra teoria, la maggiore dimensione demografica e territoriale di Corigliano-Rossano rispetto a Cosenza. Affermazioni singolari, infondate e del tutto fuori luogo e che, probabilmente, sarebbero anche passate inosservate se non fosse per il fatto che a rilanciarle sia stato il Senatore Occhiuto. Ma ancor più inspiegabili appaiono le dichiarazioni comunicate in un dispaccio dal Senatore Antoniozzi. Costui, infatti, si fa promotore dello stravagante concetto secondo cui il tentativo jonico di cercare una nuova dimensione territoriale rappresenti un’alzata di scudi campanilistici verso Cosenza.

Prescindendo dal fatto che i processi di natura amministrativa non andrebbero trattati come fossero pinzillacchere, riteniamo che agli uomini di Stato dovrebbe appartenere un certo aplomb istituzionale. Aizzare i cittadini bruzi allo spauracchio — su una fusione che oltretutto è già scritta — non dimostra particolare acume. Vieppiù, instilla nella mente degli indecisi una propensione al “No” data la carenza di argomentazioni coerenti — che pur non mancherebbero — a suffragio del “Si”.

Ciò che però meraviglia, ma che al contempo comprova quanto sosteniamo da anni, non sono le discutibili tesi dell’Establishment bruzio che proiettano Cosenza verso la Grande Cosenza, additando allo Jonio sentimenti separatisti. Piuttosto, l’immobilismo istituzionale della Politica jonica. Incapace, quest’ultima, di aprire una seria discussione finalizzata a costruire nuovi perimetri amministrativi, ottimali e omogenei, fatto salvo impantanarsi su sterili idee di piccolo cabotaggio e provincette dalla risibile dimensione demografica.

D’altro canto, sarebbe fuori discussione immaginare che il passaggio del Capoluogo da una Città a un’altra possa essere liquidato sulla base di mere questioni demografiche. Se così fosse, Busto Arsizio, Gela, Marsala, Sanremo, San Benedetto del Tronto, Civitanova Marche sarebbero già Capoluogo da un pezzo. Le richiamate Città, infatti, al pari di Corigliano-Rossano rispetto a Cosenza, risultano demograficamente più rappresentative dei rispettivi Capoluogo.

Parimenti, i tentativi di costruzione di una nuova dignità territoriale in riva allo Jonio, non possono essere marchiati di atteggiamenti separatisti verso Cosenza.

L’area jonica e quella valliva rappresentano contesti geografici distinti e distanti; territori che vivono di diversi tipi di economie e mai amalgamati per interessi comuni. Parlare di competizione, quindi, fra contesti diversi risulta assolutamente anacronistico e non aiuta la Calabria a crescere per diventare una Regione coerentemente europea. Alimenta, al contrario, stucchevoli dualismi finalizzati a non modificare il alcun modo lo stagnante status quo.

La Grande Cosenza come preambolo a una nuova riforma sistemica degli ambiti regionali 

La Città di Cosenza, caratterizzata da fenomeni politici che affondano radici nei principi cardine del centralismo storico, potrebbe finalmente aprirsi, almeno alle comunità contermini, a una visione inclusiva e non più schiacciata su se stessa. La Città, infatti, ha accentrato negli anni l’inverosimile, rendendo sterili i territori dirimpettai e facendo terra bruciata degli ambiti lontani dal baricentro bruzio.

Il progetto di fusione amministrativa a Cosenza, in funzione di una razionalizzazione del numero dei Comuni e nell’ambito di una prospettiva di riassetto della Calabria, può diventare volano di svolta, ma solo se accompagnata da una nuova governance del territorio regionale. I processi di tale natura, infatti, possono concorrere a realizzare un nuovo modello di sviluppo sostenibile e compatibile con le uniche risorse certe della programmazione europea e di quella emergenziale del Recovery.

La rinnovata funzione della Città bruzia modificherebbe la geografia dei luoghi. I vantaggi di tale operazione avrebbero ricadute positive non già per l’ambito strettamente cosentino, quanto per tutta l’area del Pollino-vallivo e della striscia alto-tirrenica che da Amantea lambisce la Lucania. Cambierebbero e si bilancerebbero i rapporti politici tra l’area valliva del Crati e dell’Istmo, nonché con l’ambito jonico. Si darebbe peso specifico e spessore al neonato collegio camerale che ha voluto l’area di Cosenza assemblata a quella dell’Appennino paolano. Si realizzerebbe, quindi, una situazione similare a quella avvenuta su Corigliano-Rossano che, conseguentemente il processo di fusione, ha posto il nuovo Comune in una posizione di sussidiaria interdipendenza con Crotone e punto di smistamento tra i flussi jonici, tirrenici ed adriatici.

L’idea progetto cosentina, parallelamente a proposte di unioni e fusioni tra Comuni contermini e rimodulazione dei contesti provinciali calabresi, dovrebbe favorire una riforma territoriale finalizzata a riscrivere la storia degli ambiti vasti della Calabria. Individuare contesti territoriali e demografici omogenei, inquadrati nella forbice demografica compresa tra 350/450mila ab., consentirebbe di rispettare le prescrizioni raccomandate del DL 56/14 (Delrio). Vieppiù, si preparerebbero i presupposti per il superamento dei limiti imposti da quest’ultima legge, avviando una profonda riforma sistemica che permetterebbe alla Regione di essere competitiva sul piano nazionale ed europeo svolgendo un suo ruolo nell’ambito della Macroregione mediterranea. La Calabria, quindi, si rilancerebbe quale naturale baricentro mediterraneo tra l’area del Medio Oriente, i Paesi Africani e la via Atlantica. L’auspicata riforma dovrebbe essere varata per mettere in condizione la Regione di marciare spedita sul binario del Pnrr, nonché dei Fondi comunitari della programmazione 2021-2027.

Entrambi, infatti, risultano in sintonia con la principale politica di investimento dell’Europa: la coesione territoriale. La stessa che mette al centro il territorio sostenendone la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente. I suoi vantaggi, dunque, sono direttamente proporzionali alle aggregazioni territoriali.

Abbandonare i sentimenti campanilistici per aprirsi alla visione e alla prospettiva

È giunto il tempo di abbattere gli steccati e liberarsi dalle polemiche che non portano a nulla, ma che alimentano solo divisioni. Se davvero vogliamo il bene della nostra terra, dobbiamo pensare a un progetto che metta insieme tutte le forze, che superi scomposizioni e costruisca ambiti forti, capaci di rispondere alle esigenze di chi vive sia nelle valli che sulle coste.

I Senatori Occhiuto e Antoniozzi, con le loro dichiarazioni, ci pongono di fronte a una realtà che non possiamo più ignorare: i territori hanno bisogno di grandi visioni che vadano oltre le sterili polemiche. Si realizzi, pertanto, la Grande Cosenza, ma si dia vita anche a una grande Provincia dell’Arco Jonico che veda protagoniste Corigliano-Rossano e Crotone, per disegnare una Regione che guardi al futuro con orgoglio e forza. (Comitato Magna Graecia)