“JONIA” UN AMBIZIOSO PROGETTO URBANO
CHE SPAZIA DA CROTONE FINO A GALLIPOLI

Un grande agglomerato urbano composto da Crotone, Corigliano-Rossano, Comuni metapontini, Taranto-Massafra-Grottaglie, Gallipoli e Centri contermini. È questo il fine di Jonia, l’ambizioso progetto del Comitato Magna Graecia, che lancia la sfida di realizzare un grande ambito metropolitano caratterizzato da aree ad interesse comune.

Un obiettivo, quello di Jonia, che è il cuore e la mission del Comitato Magna Graecia che, fin dalla sua fondazione, cerca di restituire centralità all’Arco Jonico che è continuamente messo da parte. Jonia, infatti, «punta a ridare centralità ad una porzione del territorio Meridionale per troppo tempo succube dei relativi centralismi storici che ne hanno decretato un sostanziale sfruttamento solo per meri fini elettoralistici».

Jonia, dunque, «non nasce contro qualcosa o qualcuno. Piuttosto affonda radici profonde nella necessità di riportare alla luce i processi di affinità territoriale tra ambiti condividenti le medesime economie e le inespresse potenzialità», viene spiegato dal Comitato Magna Graecia.

Anzi, si potrebbe dire che Jonia potrebbe rappresentare la rinascita di un territorio quasi dimenticato e lasciato a sè stesso, che prova ad assemblare in un unico contenitore provinciale, con due Capoluoghi, le aree del Crotonese e della Sibaritide.

Lo si potrebbe definire «un contenitore di nuove idee» che, partendo da una base consorziale dei Comuni in linea di costa, apre alle aree pedemontane afferenti i principali centri urbani. «Mira a far emergere – ha spiegato il Comitato – le potenzialità nel campo turistico-ricettivo, agricolo ed agroalimentare di qualità di un sistema economico-territoriale che avrebbe, se adeguatamente incanalato nei binari della coesione sociale, pochi eguali, se non nessuno, nel Paese».

«Ed ancora – spiega la nota – tre agglomerati industriali tra poli in attività, dismessi o parzialmente tali (Taranto/Crotone/Corigliano-Rossano) da rilanciare nell’ottica della transizione ecologica e spendibili come base propositiva di un sistema integrato Hub-Spoke per un innovativo Ecosistema della Innovazione».

«Viepiù la presenza di 24 porti mercantili, navali, crocieristici e da diporto che si affacciano sull’Arco Jonico aprendo al rilancio delle vie del mare – viene spiegato –. Con la consapevolezza che le su menzionate vie, proprio per le caratteristiche orografiche e di costa, nonché per la particolare conformazione ad arco del territorio, avrebbero la possibilità di collegare i diversi punti d’approdo dell’area dimezzando notevolmente i tempi di connessione via terra».

«Ed ancora, tale sistema, riconducendo le 3 portualità principali del contesto territoriale (Taranto, Corigliano-Rossano e Crotone) sotto l’egida naturale dell’Autorità di bacino di Taranto – sottolinea il Comitato – concorrebbe a migliorare i rapporti interregionali dell’area coerentemente ai dettami comunitari UE nell’ottica della coesione territoriale. Quindi la possibilità di aprire a compagnie di navigazione che, con un sistema di aliscafi, potrebbero mettere in collegamento i su menzionati punti di approdo in intervalli di tempo compresi tra i 45′ ed i 90’».

«Si avvierebbero, anche – vien spiegato ancora – sinergici rapporti tra i due principali scali aeroportuali dell’area (Grottaglie – Sant’Anna), strategicamente posti ai vertici del sistema integrato territoriale. Quanto descritto, giocoforza, cambierebbe il paradigma di un territorio. Si innalzerebbe l’offerta di lavoro favorendo l’intreccio con l’elevata e, ad oggi, non suffragata domanda».

Insomma, un rivoluzionario progetto che concorrebbe, cooperativamente, a migliorare i rispettivi sistemi regionali di Puglia, Lucania e Calabria e che merita l’attenzione di tutta la politica.

Ma non è solo su questo progetto, avanzato dal Comitato, su cui si dovrebbe prestare attenzione: Recentemente, sulla scia della imminente nascita del Consorzio Costa degli Dei, l’Associazione ha rilanciato la possibilità di realizzare un Consorzio Interregionale Magnograeco.

«Un grande contenitore di 52 Enti comunali – aveva spiegato il Comitato – allocato lungo la linea di costa del Crotonese, della Sibaritide, del Metapontino, del Tarantino e del Salento Jonico. Cinque Province e tre Regioni coinvolte. Tre Distretti Agroalimentari di qualità. Un numero indefinito di siti archeologici, senza considerare le aree dall’incommensurabile valore storico».

«Il tutto – si legge – costellato da 24 portualità tra navali, mercantili e nautica da diporto. Quattrocento km di costa con caratteristiche uniche al mondo. Non solo per la qualità e la bellezza delle stesse, ma per la particolare ed unica conformazione ad arco che, sostanzialmente, dimezza i tempi di percorrenza nautica tra un lembo e l’altro; colmando così il ritardo infrastrutturale terrestre che il territorio in questione vive. Il tutto inquadrato nel più ampio contesto del Mediterraneo dove l’area si configura come una piccola ed unica baia che assembla spiagge ampie e sabbiose a distese argillose, attrezzabili a riviera, con porzioni a falesia».

«Un unico grande contenitore turistico – viene sottolineato – capace di accrescere l’offerta di lavoro venendo incontro alla elevata domanda della stessa. Viepiù costituendo un reale deterrente alla piaga dello spopolamento che impatta, senza soluzione di continuità, tutti i territori compresi tra il Lacinio e Punta Leuca».

Ma non è solo in tema di turismo e valorizzazione del territorio che è intervenuto il Comitato: nel mese di maggio, Domenico MazzaGiovanni Lentini, hanno parlato dell’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili ed un sostanziale ritorno alla cura della terra per quanto concerne la coltura dei suoi prodotti.

Una questione che «riguarda, anche e soprattutto, noi che ci ritroviamo a vivere in uno spicchio di terra, fortunato per certi versi, desolato per altri, affacciato a raggiera sul Mediterraneo: la baia dell’Arco Jonico» hanno detto Mazza e Lentini, sottolineando che «i Presidenti delle regioni Calabria e Lucania dovrebbero redigere i rispettivi Pri (Piano regionale dell’idrogeno), aggiornando i Pear (Piano Energetivo Ambientale Regionale) delle due Regioni».

«E dovrebbero farlo – hanno detto – in stretto partenariato con la regione Puglia, mettendo sul piatto, intanto il territorio che, senza soluzione di continuità, unisce le tre Regioni, ed in più, sfruttando tutte le potenzialità della fascia jonica da Capo Rizzuto a Leuca. Territorio, questo, afferente tutto al contesto allargato del Golfo di Taranto».

«E sarebbe necessario – hanno evidenziato – partire con la proposta di un Hub produttivo delle Energie Rinnovabili e dell’Efficienza Energetica incentrato sull’idrogeno verde, utilizzando tutto ciò che è presente lungo la baia jonica per quanto attiene le energie rinnovabili. Dal riutilizzo delle aree industriali dismesse di Crotone, in cui insistevano gli impianti Montedison e Pertusola, e dell’area industriale dismessa di Corigliano-Rossano sulla quale ancora giace la ex centrale termoelettrica Enel. Oltre, come già puntualizzato, ad utilizzare il surplus di energia derivante da fonti rinnovabili di cui il lembo jonico di Calabria e Lucania è particolarmente ricco».

Mazza e Lentini, infatti, ritengono, «senza paura di smentita alcuna, che il territorio dell’Arco Jonico calabro-appulo-lucano abbia, già oggi, tutte le carte in regola per soddisfare i dettami europei in materia d’approvvigionamento energetico e filiera agroalimentare di qualità». (rkr)

Comitato Magna Graecia: Realizzare il Concorso Interregionale Magnogreco

Il Comitato Magna Graecia, sulla scia dell’istituzione del Consorzio Costa degli Dei, ha rilanciato l’idea di realizzare il Consorzio Interregionale Magnogreco, una idea progettuale finalizzata a consorziare tutti i Comuni in linea di costa che si affacciano sullo specchio d’acqua della baia jonica.

«La possibilità concreta – viene spiegata – di mettere allo stesso tavolo tre Regioni, per sfruttare le grandi (e per certi versi inespresse) potenzialità di tutta la fascia rivierasca che dal Crotonese raggiunge il Salento jonico.  Un grande contenitore di 52 Enti comunali allocato lungo la linea di costa del Crotonese, della Sibaritide, del Metapontino, del Tarantino e del Salento Jonico. Cinque Province e tre Regioni coinvolte. Tre Distretti Agroalimentari di qualità. Un numero indefinito di siti archeologici, senza considerare le aree dall’incommensurabile valore storico. Il tutto costellato da 24 portualità tra navali, mercantili e nautica da diporto. Quattrocento km di costa con caratteristiche uniche al mondo».

«Non solo per la qualità e la bellezza delle stesse –viene spiegato nella nota – ma per la particolare ed unica conformazione ad arco che, sostanzialmente, dimezza i tempi di percorrenza nautica tra un lembo e l’altro; colmando così il ritardo infrastrutturale terrestre che il territorio in questione vive. Il tutto inquadrato nel più ampio contesto del Mediterraneo dove l’area si configura come una piccola ed unica baia che assembla spiagge ampie e sabbiose a distese argillose, attrezzabili a riviera, con porzioni a falesia. Un unico grande contenitore turistico capace di accrescere l’offerta di lavoro venendo incontro alla elevata domanda della stessa. Viepiù costituendo un reale deterrente alla piaga dello spopolamento che impatta, senza soluzione di continuità, tutti i territori compresi tra il Lacinio e Punta Leuca».

Il Comitato, infatti, ha ricordato che il Consorzio Costa degli Dei è un «Ente che

avrà molteplici compiti e funzioni indirizzati allo sviluppo dei territori di competenza. Al neo Consorzio sarà demandato il compito di cogliere tutte le occasioni di rilancio che, a partire dal turismo, daranno nuova linfa vitale ai Comuni di quel lembo di Calabria. Un’idea nata dal bisogno di far interagire, con spirito di coesione, Istituzioni pubbliche e private allocate in realtà amministrative caratterizzate da interessi comuni.

Un Ente, riconosciuto da regolare statuto, che si occuperà di creare presupposti di crescita, tutti indirizzati all’evoluzione dei territori di competenza e all’implementazione delle loro potenzialità: dal turismo alle infrastrutture, dalla cultura agli insediamenti produttivi, dalla tutela dell’ambiente marino alle risorse idriche».

«Il Consorzio, infatti – viene spiegato ancora – in diritto, è un istituto giuridico che disciplina un’aggregazione volontaria legalmente riconosciuta che coordina e regola le iniziative comuni per lo svolgimento di determinate attività di impresa, sia da parte di Enti privati che da parte di Enti pubblici. Naturalmente esprimiamo felicità per le capacità messe in campo dagli Enti concorrenti. Questi hanno dimostrato di saper stare al passo con i tempi e di voler creare qualcosa che possa, realmente, riverberare benessere alle Comunità territoriali a cui rivolto».

Il Comitato, tornando alla sua proposta, ha riconosciuto che «operazioni di tale portata richiedono una diversa visione di territorio, coraggio politico e predisposizione alla lungimiranza. Non ha senso immaginare improbabili contenitori solo perché racchiusi nel semplicistico steccato provinciale o regionale. Soprattutto quando abbiamo la consapevolezza che un confine amministrativo non sempre corrisponde ad un limite da punto di vista degli interessi che potrebbero intrecciarsi nei territori dirimpettai. Possiamo pensare alle affinità tra la Costa dei Saraceni e quella degli Achei».

«Difficilmente, ed in maniera alquanto improbabile – continua la nota – si potrebbe immaginare la costruzione di percorsi comuni tra la Riviera dei Cedri e gli ambiti jonici. E questo non perché ci piaccia innalzare barriere, ma perché sono territori che vivono di economie diverse legate alle peculiarità dei rispettivi lembi di terra.  La Baia jonica è nei fatti un unico contenitore comune capace di inverare il tanto atteso progresso e l’emancipazione dell’area. Chi continua a perseguire distorte geometrie territoriali, o è in malafede o mente sapendo di mentire. O con molta più probabilità è talmente legato a dinamiche di natura centralista da confutare l’inconfutabile».

«Ed allora – conclude la nota – ripartiamo dalle nostre origini per costruire insieme il nostro futuro». (rkr)

Ospedale di Cosenza, Comitato Magna Graecia: Occasione per rilanciare la Città Unica

Il Comitato Magna Graecia ha dichiarato che «la vicenda relativa alla localizzazione territoriale del previsto nuovo ospedale di Cosenza è un’occasione, ci auspichiamo non definitivamente perduta, di rilanciare il tema della Città unica Cosenza-Rende-Castrolibero-Montalto».

«La Civica Assise bruzia – viene spiegato in una nota – ha stabilito di posizionare il nuovo nosocomio nell’area est della Città. Praticamente ai piedi della Sila». 

«Pur rispettando il volere del Consesso – spiega la nota – nutriamo seri dubbi sulla identificata allocazione. Trattandosi di una struttura complessa di tipo Hub, con caratteristiche di offerta sanitaria che si rivolgeranno a un territorio che surclasserà il semplice steccato cittadino, riteniamo che gli Amministratori locali dovrebbero assumere una visione di territorio più ampia, guardando ben oltre il disegno provinciale e finanche i confini regionali». 

«È in atto, infatti – viene spiegato – una guerra all’ultimo pennacchio tra il comune Capoluogo ed i Comuni contermini fra quella che sarebbe (o avrebbe dovuto essere) la migliore allocazione geografica della struttura».  

«Siamo convinti – continua la nota – che la ubicazione dell’ospedale nell’area di confine tra Rende e Montalto Uffugo, a margine della struttura universitaria sia non già la soluzione migliore, ma quella più auspicabile, più inclusiva e più rispettosa di tutto il territorio e non solo del perimetro della Città bruzia».  

«Nell’area rendese – viene spiegato – pensata allo scopo, è previsto uno svincolo sulla A2, una nuova stazione ad AV (alta velocità) e, soprattutto, l’area non si presenta satura di urbanizzazione. Contrariamente, l’area di Vagliolise, nella periferia est di Cosenza, è decentrata rispetto agli asset principali ed è già ampiamente antropizzata».  

«Un ospedale – prosegue il Comitato – non può rispondere a logiche di quartiere. Dovrebbe, altresì, rappresentare la sintesi alle esigenze intercomunali. Trattandosi, poi, di una struttura complessa e con caratteristiche di Policlinico, rivolta ad un bacino interprovinciale ed interregionale, determinate condizioni di collegamento intermodale verso la stessa dovrebbero essere tenute in dedita considerazione». 

«Se poi – continua la nota – nel passaggio dalla politica propagandistica a quella delle scelte il ragionamento scivola da visioni illuminate a dibattiti di natura localistica ci chiediamo quale sia il senso di certe esternazioni. Il riferimento è ai soliti mantra ripetuti all’ennesima potenza e cari alla politica cosentina: area urbana, area vasta, area metropolitana etc, etc, etc».  

«Non trova giustificazione alcuna, infatti – continua il Comitato – tale propaganda con la scelta di infarcire la già satura Cosenza di ulteriori strutture congestionanti. Viepiù, non è produttivo neppure per gli stessi abitanti del Capoluogo che avrebbero più difficoltà a raggiungere il presidio in un’area poco funzionale della stessa Città, piuttosto che in un’altra meglio collegata e baricentrica della Città confinante».  

«Le politiche centraliste – dice la nota – dovrebbero smetterla di giocare a capitalizzare ogni struttura nel risicato ed angusto perimetro del proprio campo da gioco. Anche e soprattutto quando ad essere sul piatto è il destino dei Cittadini».

«Senza considerare – si legge ancora – che una eventuale infelice allocazione della struttura, estranea all’area universitaria, mal si concilierebbe con la neonata facoltà di medicina istituita presso l’Unical. La scelta del sito rendese consentirebbe di unire la teoria alla pratica».

«I dottorandi – viene spiegato – passarebbero in un batter d’occhio dalle aule universitarie ai reparti, ed il tutto si verifichebbe in perfetta contiguità delle strutture. Contrariamente, l’area di Vagliolise comporterebbe una immane perdita di tempo negli spostamenti degli studenti. Costoro, infatti, sarebbero costretti ad attraversare tutta l’area urbana, per spostarsi dagli ambienti di studio a quelli del praticantato». 

«Viepiù – si legge – potrebbe rappresentare la pietra tombale sul processo di sintesi amministrativa della Città e dei Comuni dirimpettai. Non dimostrare, già oggi, una visione inclusiva e coerente del territorio, sarebbe un deterrente terribile verso ogni possibile ed auspicabile processo di amalgama». 

«Come Comitato – conclude la nota – invitiamo al buonsenso ed all’unione di intenti i Sindaci della città Capoluogo, di Rende e degli altri Comuni concorrenti a formare la cinta urbana cosentina. E, soprattutto, ad uscire da becere politiche localistiche aprendosi alla condivisione. Per il bene di Cosenza. Per il bene della Calabria. Per il bene del Mezzogiorno». (rkr)

Un unico, grande, ecosistema dell’innovazione interregionale per la baia jonica

di DOMENICO MAZZAALESSIO CRITELLIGIOVANNI LENTINI – Recentemente, ha iniziato a muovere i primi passi l’ecosistema dell’innovazione nato dalla sinergia tra le regioni Calabria e Basilicata. Tech4you il nome con cui questo è stato battezzato, grazie alla collaborazione dei due Atenei regionali.

L’ecosistema è stato finanziato con i fondi del Pnrr per un valore di 119 milioni sui 120 milioni di massima finanziabili per progetto. Già più volte avevamo riposto le nostre attenzioni verso tale bando, invitando Amministratori, Imprenditori e Centri di ricerca a cogliere le straordinarie opportunità fornite dal progetto e la concreta possibilità dei promettenti riverberi in campo occupazionale per i territori del Mezzogiorno.

Naturalmente siamo felici che le due Università, quella della Calabria e quella della Basilicata, siano riuscite a formulare un progetto che si è dimostrato meritevole agli occhi delle commissioni esaminatrici. Tuttavia, sentiamo la necessità di rilanciare la sfida agli Amministratori jonici di Calabria, Puglia e Basilicata.

E questo in funzione della recente chiusura dell’Accordo di Partenariato sui fondi 2021-27 che hanno destinato circa 42 miliardi di euro per il nostro Paese, di cui ben 32 al Mezzogiorno.

La parola d’ordine dovrà essere non farsi trovare impreparati ed iniziare a studiare per tempo percorsi comuni che possano condurre a soluzioni foriere di cambiamenti e innovazioni per i territori marginali e dimenticati. L’allusione è, ovviamente, alla baia magnograeca. Quella porzione di territorio italiano, a cavallo tra tre Regioni, che si affaccia sullo specchio d’acqua del mare Jonio. Nessun altro territorio in Italia dispone, in soli 400km di costa, di ben tre Distretti alimentari di qualità, due siti industriali dismessi ed uno da rilanciare in ottica di transizione ecologica. Si aggiunga un centro di ricerca quale Enea, la presenza di tre grandi gruppi industriali, A2A, Eni ed Enel ed il gioco è fatto.

Certo sarà necessario il supporto di un Ente universitario. Quindi bisognerà muoversi, sin da subito, alla ricerca di Atenei italiani che si mostreranno disponibili alle richieste di Amministratori, Soggetti pubblici e privati del territorio.

Si provi a pensare cosa potrebbe rappresentare in termini di ricerca e sviluppo lo studio di nuove tecniche in campo agricolo abbinate al ciclo combinato dell’idrogeno verde. Un ecosistema dell’innovazione che, in funzione delle sue peculiarità geografiche e delle infrastrutture insistenti sui territori interessati, si proporrebbe come centro di produzione dei sistemi elettrolitici.

Infatti, nel mese di maggio, la Commissione Europea e i produttori di celle elettrolitiche hanno condiviso nuovi target e strategie di incremento, con l’obiettivo di decuplicare l’attuale copertura e dare un impulso notevole alla produzione e approvvigionamento da idrogeno verde.

Un’operazione trasformativa e generativa capace di dare vita ad un grande ecosistema dell’innovazione interregionale della baia jonica. Questo potrebbe significare la genesi per tre distretti produttivi delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, incentrati sull’idrogeno verde. Uno a Taranto, in qualità di Hub, uno a Crotone, in qualità di Spoke, uno a Corigliano-Rossano, sempre in qualità di Spoke. E tre distretti produttivi: Sibaritide (Hub) e due Spoke nel Metapontino e nel Salento jonico.

Senza perdere tempo urge che i tre presidenti di Regione, Bardi, Emiliano ed Occhiuto, assieme alle Università calabresi, lucane e pugliesi, di concerto con gli Amministratori e gli Imprenditori dei territori direttamente interessati, inizino un processo e un percorso di discussione e di condivisione. Tale processo dovrebbe essere il più veloce possibile, per arrivare ad un idea progettuale da portare all’attenzione del Ministero per il Sud e dell’Agenzia nazionale per la Coesione Territoriale. Ed ancora ad Invitalia ed a Cassa Depositi e Prestiti, per valutarne punti di forza e punti di debolezza e per candidarla, all’interno della nuova programmazione comunitaria 2021/2027, o, ancor meglio, nel Fondo di Sviluppo e Coesione.

Ci piacerebbe che a fare da regista all’operazione fosse il presidente Roberto Occhiuto. A riguardo, in questi giorni, proporremo, attraverso canali istituzionali, questa iniziativa. Forti, noi come costui, come tutti i calabresi, della voglia di mostrare all’Italia intera una Calabria che nessuno s’aspetta. (dm, gl, ac)

Comitato Magna Graecia: Necessario l’invio dell’esercito lungo l’Arco Jonico per escalation criminale

Il Comitato Magna Graecia ha ribadito la necessità dell’invio dell’esercito nell’arco jonico, dove «l’escalation criminale, da circa tre anni, imperversa» e dove «ormai, quasi a cadenza giornaliera, leggiamo dalla rassegna stampa roghi d’automobili ed opifici devastati dalle fiamme. Tali deprecabili atti, non fanno altro che ingessare e paralizzare la già flebile economia dei luoghi».

«Quanto già, drammaticamente descritto – si legge in una nota – viene condito da omicidi e tentati omicidi che stanno facendo piombare le locali popolazioni nello sconforto. Un territorio, fra l’altro, già scippato 10 anni fa dell’unico presidio di giustizia presente tra Taranto e Crotone e, pertanto, lasciato alla mercé di bande criminali che flagellano il già provato tessuto sociale ed economico.  Ci chiediamo cos’altro attendere prima di chiedere l’invio dell’esercito per avviare, in questa fase storica, un processo di militarizzazione delle conurbazioni della Città. La cronaca del giorno dopo è la palese conferma che lo Stato, con le poche forze di polizia presenti sul territorio, non dispone di un numero di personale adeguato a fronteggiare la recrudescenza criminale in atto che, da questo punto di vista, non ha precedenti storici».

«Certamente – viene spiegato – un’operazione di questo tipo non sarebbe risolutiva, ma rilascerebbe un senso di ritrovata tranquillità nelle popolazioni. Paleserebbe un segno, tangibile e visibile, della presenza dello Stato ed infonderebbe un rinnovato quantum di sicurezza. Chiaramente, a fianco un’operazione del genere, diventa imperativo un massiccio e capillare rimpinguo degli uomini in divisa. Dalla Polizia, alla Benemerita, passando per i Baschi Verdi. È palese, anche ai meno avveduti, che la dotazione organica esigua e precaria, nonché il sottodimensionamento degli avamposti di sicurezza, rendano impossibile il capillare controllo del vasto territorio comunale e più in generale dell’ambito ad esso collegato. Ed anche qui traspare, ed è innegabile, come lo Stato non abbia ancora preso consapevolezza della nuova Città, né in termini di evoluzione demografica, né dal punto di vista del perimetro territoriale».

«Risulta inverosimile pensare – si legge – che la prima Città calabrese e ventinovesima in Italia, per superficie territoriale, sia dotata di un Commissariato di polizia con poco più di sessanta unità mentre, nella stessa Regione, territori infinitamente più piccoli abbiano un numero di forze pari al doppio. Il discorso vale per Lamezia Terme, Gioia Tauro e Locri. Senza considerare il numero di Commissariati di P. S. sparsi nel Reggino e collocati in realtà distanti una manciata di km l’una dall’altra. Quanto detto palesa, le sperequazioni e disuguaglianze, tra l’area dell’Arco Jonico ed il resto della Regione».

«Il discorso non cambia anche quando parliamo dell’Arma dei Carabinieri – si legge ancora –. Come Comitato ci siamo sgolati, in atto accorpamento delle due ex Compagnie della Benemerita, chiedendo un Gruppo e non già il solo Reparto Operativo. Il primo, infatti, che demoltiplica le competenze dei Comandi Provinciali in ambiti vasti e difficili, avrebbe portato in dote un cospicuo numero aggiuntivo di personale, mentre il secondo ha fornito la presenza di un alto graduato, ma non l’implementazione di uomini e mezzi. Non più tardi di alcune settimane fa, anche il Sindacato delle forze di polizia aveva perorato la causa della necessità di aumentare la dotazione organica nei presidi di sicurezza, facendo notare lo scriteriato rapporto sperequativo tra la Città sibarita ed il resto dei Comuni calabresi.  In verità, nessuno risponde a nessuno e la Città continua ad essere teatro di squallidi ricatti e vili comportamenti che incutono paura ai suoi abitanti.  Lo Stato, pur nella narrazione giornaliera dei fatti di cronaca, continua ad essere insensibile ed, eccessivamente, indifferente».

«Crediamo che, in una condizione del genere, i cittadini dell’Arco Jonico debbano indignarsi – viene evidenziato –. Non è più possibile assistere inermi alla devastazione di imprese private sol perché, magari, non si è acconsentito a richieste estorsive o quant’altro. Duole constatare come la classe politica, ad ogni livello di stratificazione, trovi il tempo per litigare su argomenti di bassa levatura, non prendendo posizioni nette e ferree su quanto sta connotando l’area jonica nella recrudescenza ed emergenza sociale che riguarda, per l’appunto, l’escalation criminale. La politica esca dalla passività. Si avvii una mediazione, anche per il tramite della regione Calabria, affinché Corigliano-Rossano, ma in generale tutto il territorio dell’Arco Jonico, possa essere militarizzato».

«La drammaticità del momento – conclude la nota – non lascia spazio ad altre iniziative se non quella di capillarizzare sul territorio uomini in tuta mimetica con l’obiettivo di infondere maggiore sicurezza negli abitanti. L’attuale immobilismo istituzionale rischia di trasformare l’area Jonica in teatro di guerra dal quale difficilmente si potrà uscire se non si correrà ai ripari». (rkr)

Comitato Magna Graecia: Inopportuna scelta di Trenitalia di istituire a Maratea fermata Frecciargento Sibari-Bolzano

Il Comitato Magna Graecia, insieme all’Unione delle Associazioni della Riviera dei Cedri e del Pollino ritengono inopportuna l’istituzione, da parte di Trenitalia, della fermata del Frecciargento Sibar-Bolzano a Maratea.

Per questo, è stata inviata una missiva alla Presidenza della Regione, ai vertici di Trenitalia, al Ministro dei trasporti, agli Assessori regionali al turismo ed all’agricoltura, alla Deputazione parlamentare dell’Arco Jonico ed al Sindaco di Scalea.

«L’oggetto del ragionamento – viene spiegato – è stato spinto non già da spiriti campanilistici, quanto da un’attenta analisi dei flussi veloci in transito sulla stazione di Maratea.  È bene chiarire che fra la Calabria ed il resto d’Italia (via tirrenica) vi sono, in totale, dodici treni AV (Freccia ed Italo). Di questi, undici fanno capolinea nella stazione di Reggio Calabria ed uno a Sibari. Delle dodici corse, tre già effettuano scalo nella stazione lucana. L’accordo-servizio sul Freccia Sibari-Bolzano costituirà la quarta fermata».

«Sgombriamo il campo da ogni, eventuale, fraintendimento – viene chiarito nella nota –. Che Maratea, essendo località turistica di pregio e fra le più gettonate del Tirreno, debba essere servita da quattro o più fermate di vettori veloci è legittimo ed insindacabile. Il paradosso, tuttavia, è che la quarta fermata venga assegnata compromettendo l’unico servizio veloce dallo Jonio verso la Capitale».

«A tal riguardo – prosegue la nota – giova ricordare che cinque dei su menzionati dodici Treni AV, non effettuano fermate tra Salerno e Paola mentre altri tre non effettuano scali tra Sapri e Paola.  Risulta oltremodo inspiegabile, oltreché macchiettistico, che venga assegnata la fermata ad un treno che già effettua sosta nella stazione di Scalea. Tra l’altro, posta a circa dieci minuti di distanza da Maratea ed a questa collegata da servizi regionali. Viepiù, scegliendo per la causa, l’unico e solo treno che già raccoglie tutta l’utenza della Sibaritide e del Crotonese (da quando è stato istituito un servizio di collegamento regionale in coincidenza tra Crotone e Sibari), piuttosto che uno o più degli otto rimanenti treni provenienti dallo Stretto».

«Lungi da noi fare il conto della serva – si legge ancora –. Ad ogni modo, si sarebbe potuta sfruttare una delle otto corse che non effettuano servizi di fermata tra Sapri e Paola, piuttosto che l’unico “treno sociale” (mutuando le parole della Senatrice Abate) che aveva dato un pizzico di sollievo all’atavico dramma della mobilità gravante su tutto l’Arco Jonico».

«Tale operazione – viene spiegato ancora – non solo rallenterà, ulteriormente, la corsa del treno, ma metterà a repentaglio la possibilità di usufrutto dello stesso da parte dei passeggeri provenienti e diretti verso la jonica. Gli stessi per cui la Regione Calabria corrisponde oneri di compensazione all’azienda, a garanzia di copertura della tratta tra Sibari e Paola.  Del resto, già lo scorso anno, quando il servizio fu istituito in occasione del cambio orario estivo, con un atto di Presidenza dell’ex Governatore f.f. della Regione, avevamo già scritto ai Vertici ministeriali e regionali per significare il nostro punto di vista. Ma, oggi come allora, si è deciso di confermare la fermata».

«Spiace accertare come l’unico vettore AV proveniente dallo Jonio si stia, lentamente, – prosegue la nota – trasformando in un convoglio intercity. Con l’aggravio di allungamento dei tempi di percorso, al costo di un servizio veloce. Andrebbe anche appurato l’arcano motivo celato dietro la scelta dell’unica corsa jonica per fornire la quarta fermata a Maratea, piuttosto che una delle otto corse provenienti da Reggio Calabria. Senza escludere il fatto che logiche dettate da scriteriati centralismi ridurranno i posti a disposizione per gli utenti jonici, con grave nocumento per la fascia Sibarita e Crotoniate che, ribadiamo, ha nel freccia Sibari-Bolzano l’unico servizio di collegamento su ferro verso la Capitale».

«Continua la politica dei due pesi e due misure – si legge – e crediamo che gli effetti degli iniqui dettami, applicati dai vari centralismi, siano, ormai, sotto gli occhi di tutti. Ci si preoccupa di assegnare una ulteriore fermata al Freccia Sibari-Bolzano, ma nulla si dice sul precario servizio di collegamento regionale, in coincidenza,  tra Crotone e Sibari.  Poche ore fa, infatti, la vetustà del percorso ferrato Jonico e la precarietà del convoglio regionale utilizzato per la corsa, hanno determinato l’ennesimo ritardo del treno posto in coincidenza con la partenza del Freccia. Ciò non ha consentito all’utenza del basso Jonio e del Crotonese di poter salire sul vettore veloce ed i passeggeri sono rimasti a Sibari in attesa di un treno di fortuna alla volta di Paola».

«Parimenti – conclude la nota – duole costatare il religioso silenzio da parte degli Amministratori jonici. Forse troppo presi da altro per realizzare l’ennesimo trattamento a pesci in faccia nei confronti di tutto il territorio dell’Arco Jonico». (rkr)

Comitato Magna Graecia: La Calabria ha bisogno di più ‘Aziende Zero’

«La Calabria ha bisogno di più Aziende Ospedaliere e, soprattutto che queste non restino allocate, esclusivamente, nei Capoluoghi storici». È quanto si legge in una nota del Comitato Magna Graecia, che ha commentato il processo di riforme messo in atto dalla Regione Calabria.

Per il Comitato, infatti, «è necessario intervenire – viene spiegato – su argomenti scottanti che, se sottovalutati, potrebbero generare una ulteriore involuzione dei già comatosi livelli sanitari in cui versa la Calabria, oltre alla delicata questione dei rifiuti e dell’approvvigionamento idrico. Partiamo dalla proposta licenziata a dicembre scorso in Consiglio regionale relativa alla istituzione di un’Azienda Zero che surclassi e coordini tutte le altre Aziende Sanitarie ed Ospedaliere della Regione. Tale organismo, potrebbe rivelarsi come l’ennesimo buco nell’acqua atto a creare nuovi poteri accentrati in una Regione che, del centralismo, almeno nelle realtà dei Capoluoghi storici, ha fatto la sua ragione di vita».

«Non viene specificata, infatti – viene spiegato ancora – una visione netta e chiara, differenziando l’ambito di riferimento delle competenze, ma commistionando medicina territoriale ed ospedaliera. Quindi non tenendo in conto le profonde differenze che intercorrono tra le due specialità. Tuttavia, il Commissario Occhiuto, nel dare vita alla sua creatura, si è guardato dal ricalcare il disegno con cui all’epoca il duo Loiero-Lo Moro decise, in una notte del 2007, con un colpo di spugna, di cancellare 11 Asl per dare vita a 5 Asp e 4 Aziende Ospedaliere».

«A tal proposito, l’articolo 1 della legge su Azienda zero – ha rilevato il Comitato – dispone che l’Ente entri in funzione solo nel momento in cui la Giunta regionale approverà una delibera che ne disciplini i tempi di attuazione. Dunque al momento esiste solo sulla carta. E resta da vedere se la creazione di questa Azienda possa davvero rivelarsi la cura giusta per le purulenti ferite della sanità calabrese. Le stesse che continuano a sanguinare debiti e disavanzo, assorbendo il 62% del bilancio regionale.  Alla base del problema resta il caso calabrese (unico in Italia) dove la sanità continua ad assemblare nello stesso alveo la medicina ospedaliera e quella del territorio, lasciando la specifica della peculiarità dei nosocomi alla sole Aziende che coordinano, esclusivamente, ospedali Hub. Così come stucchevole appare la motivazione di rigetto in seno alla Commissione sanità della proposta di voler reistituire le 11 ex Asl».

«Vero è che, tale disegno di legge – si legge nella nota – non contemplava le modifiche attuate in materia sanitaria dal 2007 ad oggi ponendosi, quindi, in una condizione non più rispondente ai dettami sanitari odierni che si basano sulla dinamica Hub-Spoke e non più sull’offerta ospedaliera di 15 anni fa. Tuttavia, licenziare il mancato accoglimento della proposta con la scusa che la situazione di commissariamento sanitario pone la Calabria nella posizione di non poter affrontare modifiche amministrative, mal si concilia con la approvazione da parte del Consiglio regionale di Azienda Zero. E questo palesa, ancora una volta, quanto si continui a ragionare con la solita metrica dei due pesi e due misure».

«Gli ospedali di Crotone e Corigliano-Rossano –  viene detto – devono avere il proprio Management dedicato. Non possono più dipendere dalle Asp che invece dovrebbero solo occuparsi della medicina del territorio. Ed ancora, le Aziende dovrebbero essere guidate da personale medico altamente specializzato. È tempo di smetterla con Direttori nominati dalla politica che il più delle volte si ritrovano ad agire in un campo che neppure conoscono lontanamente, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Non è più possibile tollerare l’utilizzo delle strutture sanitarie a meri scopi strumentali, finalizzati a lanciare fumo negli occhi, senza però avere poi un ritorno di offerta qualificata nei nosocomi».

«Viepiù, se proprio Azienda Zero dovrà essere  si sopprimano le Asp – continua la nota –. A riguardo, si valuti la riperimetrazione, fedele alle vocazioni territoriali, dei Distretti Sanitari. E si coordinino questi devolvendo competenze, ad oggi accentrate, verso le sedi periferiche.  Ed ancora, si faccia chiarezza su quello che dovrà restare di strutture e reparti utilizzati per la patologia Covid. Come Comitato, sin dal primo momento, ci siamo opposti alla creazione di reparti Covid nelle strutture Spoke, ossequiando la circolare ministeriale che imponeva il trattamento della patologia nelle sole strutture Hub. E la ratio era legata al fatto che dette strutture fossero le uniche a disporre di tutti i servizi legati all’emergenza-urgenza disponendo di un numero adeguato di postazioni in terapia intensiva e di reparti specializzati in pneumologia e malattie infettive».

«Si è preferito, invece – si legge – ovviare allestendo reparti improvvisati in ospedali che mai avevano trattato tali discipline mediche. Con tali dissennate operazioni, in ospedali non forniti di percorsi differenziati, si è perso il tracciamento dei contagi e la trasmissione della malattia, nei territori impattati, è andata fuori controllo. Quindi, chiusure generalizzate con il risultato di ingessare ambiti ed economie già provate dalle avverse politiche centraliste che negli ultimi decenni avevano già fatto man bassa di tutto. Salvo poi paventarsi la possibilità che nei prossimi Atti Aziendali tali reparti, con molta probabilità, saranno soppressi. Con il risultato, eventualmente, di aggiungere al danno anche la beffa».

«E parimenti – si legge – dicasi per l’istituzione della nuova Multiutily che si occuperà della gestione acque e dei rifiuti per l’intero territorio regionale.  Intanto, non sempre, l’accentramento, sic et simpliciter, ha sortito gli effetti di un risparmio di spesa con relativo efficientamento dei servizi (a riguardo si pensi alla sciagurata vicenda di accentramento delle ASL cui si faceva cenno sopra).  Viepiù non ci risulta sia stato valutata una rappresentanza territoriale che rivedesse le perimetrazioni degli ATO (Ambiti territoriali ottimali) in funzione delle prerogative e peculiarità dei territori. Se non la individuazione di CZT (Conferenze territoriali di zona) che operano su aree coincidenti con i territori delle quattro Province e della Città Metropolitana. Si ripropone, quindi, lo scriteriato disegno amministrativo che vede la Regione non adeguarsi alle dinamiche delle affinità territoriali, ma ripetere, pedissequamente, le suddivisioni amministrative provinciali».

«Che, giova ricordare – si legge – non soffrono tutti delle medesime patologie, né sono accomunabili per similitudine in ogni ambito territoriale che le compone.  Immaginare, pertanto, una suddivisione direttamente sottoposta all’egida della nuova Multiutily, degli ambiti e rispettive Rappresentanze in termini di Aree Vaste, sarebbe stato rispondente ad un coinvolgimento reale dei territori sotto forma di ambiti ottimali. Ed ancora, il vero vulnus, in particolare per quanto riguarda la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, è il non rispetto, come vogliono le direttive UE, dei principi di autosufficienza e di prossimità.  Invece, continuiamo ad assistere alla solita visione centralista degli apparati regionali che quando non accentrano competenze, al massimo, devolvono le stesse ai desiderata dei Capoluoghi storici. Il che rappresenta grave nocumento per l’area dell’Arco Jonico, quindi Sibaritide e Crotoniate, che continuano a rimanere divise nella pianificazione da, inspiegabili, steccati amministrativi».

«La politica, soprattutto quella periferica – conclude la nota – smetta l’insano andazzo di mendicare col cappello in mano, alla corte dei centralismo. Finiamola con le richieste dei medici a gettone, del posto letto raccattato da altre strutture, dell’oss con contratto a termine, del semplicistico concetto di reparto fine a se stesso, o con fiumi di note stampa ossequiose dei diktat imposti dai partiti di riferimento. Talvolta, neppure richiesti.  Piuttosto si lavori con competenza ed abnegazione e, principalmente, lungo l’Arco Jonico si riacquisisca il senso della dignità e del rispetto per il proprio territorio». (rkr)

 

Comitato Magna Graecia: Inviate a Trenitalia e Italo proposte per nuovi collegamenti veloci

Il Comitato Magna Graecia, Unione delle Associazioni della Riviera dei Cedri e del Pollino e Ferrovie in Calabria, hanno inviato una lettera al Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, ed al Direttore della Divisione Passeggeri Lunga Percorrenza e Alta Velocità di Trenitalia, Paolo Attanasio, una proposta di creare tre importanti collegamenti diretti.

Nella specifico a Trenitalia è stata chiesta:  l’istituzione di un treno Intercity fra Bari Centrale e Palermo via Sibari/Paola; l’istituzione per il periodo estivo, di un FrecciarossaTorino/Milano-Reggio Calabria via Adriatica/Sibari/Paola (in prolungamento di una corsa esistente ed  attualmente attestata nel Capoluogo pugliese); l’istituzione di un collegamento Frecciargento diretto fra Reggio Calabria e Genova (unificando delle corse già esistenti);

La particolarità delle prime due proposte ha riguardato la predisposizione di una fermata a Cosenza, ad oggi non servita da treni a lunga percorrenza. Inoltre, tramite servizi in coincidenza a Sibari, le connessioni con le città di Corigliano-Rossano e Crotone, ancora non servite da rete elettrificata. Infine, la predisposizione a Paola di coincidenza con i regionali dall’alto Tirreno ed a Rosarno con i bus dalla Locride. Basilicata, Calabria e Sicilia avrebbero così servizi diretti con importanti località del centro-nord come Parma, Modena, Rimini, Riccione, Pesaro, Ancona e Pescara.

Ma il vantaggio più innovativo sarebbe quello di collegare fra di loro grandi città del Sud quali Bari, Messina, Catania e Palermo, capillarizzando, con i servizi in coincidenza, l’Arco Jonico e la Riviera dei Cedri.

Contestualmente é stata inviata una missiva ad Italo-NTV per chiedere, sulla scia di quanto avvenuto con l’istituzione del Frecciargento Sibari-Bolzano, la creazione di un nuovo collegamento AV Sibari-Milano/Torino.

In questa caso, é stato suggerito di sacrificare la sosta a Napoli Centrale, già oppurtunamente servita, a favore di quelle di Cosenza e Battipaglia. Prevedendo, inoltre, un collegamento in coincidenza da e per Crotone, il proposto servizio potrebbe soddisfare le esigenze di mobilità dei tre grossi ambiti demografici dell’Arco Jonico, della Valle Crati e del Golfo di Policastro.

La speranza resta quella di vedere realizzate tali proposte nel più breve tempo possibile. In questo modo, quindi, non solo si favorirebbe la mobilità interregionale, ma ci sarebbero riverberi positivi anche per il comparto turistico. (rkr)

 

Comitato Magna Graecia: Comune di Crotone suffraga le tesi espresse nella lettera al presidente Mattarella

Si è svolto, nei giorni scorsi a Crotone, un incontro organizzato dalla II e III Commissione del Consiglio comunale, sulle tematiche proposte dal Comitato Magna Graecia in una lettera aperta al Presidente del Consiglio, Sergio Mattarella.

L’incontro, coordinato presso la sala della Civica Assise in Piazza della Resistenza dai Presidenti di Commissione, Passalaqua e Ceraudo, ha registrato la partecipazione di diversi Enti ed Associazioni del territorio oltre alle principali Sigle Sindacali. Presenti, ancora, il Primo Cittadino ed una serie di Consiglieri comunali pitagorici. Sono intervenuti, inoltre, come ospiti, gli attivisti Domenico Mazza, collegato da remoto, e Fabio Bruno Pisciuneri, in sede, nella qualità di Rappresentanti del Comitato Magna Graecia.

Dopo l’introduzione e la lettura della lettera aperta da parte dei Consiglieri organizzanti la manifestazione, c’è stato il saluto istituzionale del Sindaco. Questi ha manifestato particolare coinvolgimento all’idea di suffragare le tesi della missiva, rafforzandone le ragioni dal punto di vista istituzionale.

Di seguito poi gli altri interventi dai quali, senza soluzione di continuità, è emersa la necessità di aggregare più Enti ed Istituzioni possibili sparsi dal Lacinio ai confini della Lucania. Tutto ciò al fine di promuovere le ragioni della lettera chiedendo, quindi, al Capo dello Stato una visita istituzionale lungo l’area dell’Arco Jonico.

Diverse le tematiche trattate. Dal dramma della mobilità a quella dei trasporti, passando per le problematiche in campo sanitario a quelle sulla giustizia e sicurezza. Sono stati affrontati anche i temi delle diseguaglianze tra i due versanti della Regione, accentuati da processi centralisti che hanno provocato sperequazioni avverse allo Jonio da parte dei Capoluoghi storici. È stato constatato che la Regione Calabria si presenta con un embrione d’emancipazione nella sua area di ponente, mente a levante si disconosce finanche il significato del su citato termine. Senza dimenticare le precarie condizioni che caratterizzano il mondo del lavoro, vera piaga da decubito che attanaglia territori abbandonati a loro stessi come il Crotonese e la Sibaritide.

La manifestazione si è chiusa con l’impegno dell’Istituzione comunale e degli Enti partecipanti a proseguire sulla linea d’indirizzo di suffragare la richiesta di una visita da parte del Capo dello Stato. Con l’auspicio che, allargando il più possibile la platea degli Enti e delle Amministrazioni che intenderanno accodarsi, il Presidente voglia accogliere l’invito proposto dal Comitato Magna Graecia. (rkr)

TORNA IL SOGNO DELLA GRANDE COSENZA
MA LA FUSIONE CON RENDE È COMPLICATA

Il sogno della grande Cosenza, torna, scompare, ritorna a tempi alterni: è un progetto “antico” ma sempre di grande attualità, soprattutto alla luce e della rigenerazione urbana del capoluogo e le grandi possibilità di vitaliziare ulteriormente un centro che assorba periferie e comuni limitrofi, con l’obiettivo di  creare una città sempre più a misura d’uomo. Ma ci sono ostacoli, chi rema contro, chi timidamente è favorevole, chi si schiera con decisione. È giunto, allora, il tempo che si realizzi la grande area metropolitana che potrebbe nascere grazie alla fusione tra la città di Cosenza, Rende e una serie di comuni dell’area urbana?

Una ipotesi, quella della città unica, che è incominciata nel 2017 con la firma della delibera, da parte dell’allora sindaco Mario Occhiuto, e che ha l’obiettivo di realizzare una Città, demograficamente, importante e che acquisisca un ruolo ancor più centrale nei processi regionali ed in generale negli assetti del Mezzogiorno d’Italia.

Si tratta di un progetto ambizioso, che potrebbe rendere la Calabria una regione coerentemente europea, oltre che «volano di svolta se accompagnato da una nuova governance del territorio regionale. I processi di tale natura, infatti, possono concorrere a realizzare un nuovo modello di sviluppo sostenibile e compatibile con le uniche risorse certe della programmazione europea e di quella emergenziale del Recovery».

Un progetto che, come dichiarò il già sindaco Occhiuto, «che segnerà il futuro di questo territorio», e che ha portato la consigliera regionale della LegaSimona Loizzo, a suggerire – e a evidenziare – che i tempi sono maturi per «procedere con il referendum per creare la città unica Cosenza Rende e farne una grande area metropolitana» e che ha trovato consensi da parte della maggioranza del Comune di Cosenza, che ha assicurato che «la nuova Amministrazione comunale sta lavorando affinché dopo anni di discussione questo progetto diventi realtà».

La Loizzo, infatti, ha sottolineato come «realizzare una grande città metropolitana – ha spiegato Loizzo – è un’occasione da non perdere, considerando le possibilità di finanziamenti e di fondi disponibili su un territorio più grande. La città unica consentirebbe di programmare i grandi investimenti, come la costruzione del nuovo Ospedale, in un sistema integrato con l’università e darebbe lustro ai due comprensori».

Sulla questione è intervenuto anche il sindaco di Rende, Marcello Manna che, nel progetto della Città Unica, vede inclusa anche Castrolibero e magari altri comuni contigui. Il primo cittadino, infatti, ha incontrato la consigliera regionale Loizzo, dove si è discusso e si sono delineati gli scenari della conurbazione per arrivare alla legge regionale e al referendum consultivo.

Loizzo e Manna hanno sottolineato che «l’idea di città unica debba abbattere i campanilismi e accogliere le adesioni degli altri comuni contermini».

Anche il coordinatore provinciale di Cosenza di Noi con l’ItaliaFranco Pichierri, che ha espresso il suo apprezzamento per l’iniziativa politica e istituzionale di Loizzo che prevede un passaggio di incontri con i Sindaci delle città coinvolte».

Loizzo e Pichierri, infatti, «hanno convenuto sulla necessità di allargare il discorso con i rappresentanti di tutte le forze politiche per un dibattito che porti a una condivisione dell’iniziativa e a una formulazione nei tempi necessari delle iniziative istituzionali per giungere al referendum. Un’interlocuzione proficua e positiva, che parte dal dibattito nell’area di maggioranza regionale per coinvolgere quanti, da ogni posizione politica, intendono perseguire l’idea della città unica».

Poco contento della mancata considerazione di Castrolibero, invece, è il capogruppo di maggioranza del Comune di Castrolibero, Angelo Gangi, che ha ricordato come «Cosenza e Castrolibero, oltre ad essere legati da un unicum territoriale che, in più tratti rende impercettibili ai cittadini addirittura i confini, godono, fatto raro, del servizio trasporti pubblici su entrambi i territori, effettuato dalla Municipalizzata di Cosenza Amaco».

«Quindi – ha spiegato – è vero, le pre-condizioni per un concreto ragionamento sulla Città unica, chiamiamola così della “Grande Cosenza” o di quel che sarà, ci sono tutte. A maggior ragione, ed anche questo è vero, che in specie i nuovi strumenti di finanziamento degli Enti locali, quasi impongono gli aggregati in tutte le loro forme, privilegiando quelle strutturate e dunque il Comune Unico in primis, per quel che ci riguarda, in grado di esprimere ampi bacini di residenti-cittadiniutenti».

«Occorre a mio avviso – ha evidenziato – prioritariamente, una legge regionale chiara e calibrata che regolamenti per tutto il territorio regionale, nella sua specificità, appunto, quali i Comuni che lo compongono, piccoli, piccolissimi e medi per lo più, l’iter della fusione. In tal senso mi pare che durante la Presidenza Oliverio, a firma dei Consiglieri Sergi e Greco, era stata già discussa in Commissione Regionale una proposta dei legge, poi non approdata in Aula».

«Ecco, allora – ha proseguito – che da Castrolibero arriva la disponibilità a Cosenza e a Rende, ad affrontare, insieme, tutti i percorsi preliminari, necessari e fondamentali a portare in un domani quanto più possibile prossimo, alla fusione. Consapevoli, però, che gli stessi non saranno brevi, se un po’ di politica la si conosce, proponiamo un tavolo permanente, intanto, che guardi alla individuazione dei servizi di conurbazione ed alla loro gestione condivisa. Sanità, trasporti, cultura, viabilità, sicurezza, terzo settore, sport, per fare qualche esempio concreto. Tutto questo, in egual misura a Rende e a Cosenza».

«Questo percorso – ha concluso – che con le migliori intenzioni viene da Castrolibero proposto, nell’ispirazione, magari illusoria, che muove da un desiderio autentico di modernità ed al contempo di certezza che un destino comune riguarda le rispettive Comunità».

Un intento che trova favorevole il Comitato Magna Graecia, che ha ribadito come «Cosenza potrebbe finalmente aprirsi, almeno alle Comunità contermini, ad una visione inclusiva e non più schiacciata su se stessa dove la singola Città ha accentrato negli anni l’inverosimile rendendo sterili i territori dirimpettai e facendo terra bruciata degli ambiti lontani dal baricentro bruzio».

Il Comitato, infatti, plaude alla visione del sindaco, Franz Caruso, «di voler allargare il processo dalla media valle del Crati alla valle del Savuto, passando per le Serre ad ovest e la Presila ad est. Così come ci complimentiamo con la Consigliere regionale, Simona Loizzo, per aver chiaramente suffragato tale progetto anche se su posizioni diverse rispetto a quelle del sindaco».

«La rinnovata funzione della Città bruzia – ha spiegato il Comitato – modifichebbe la geografia dei luoghi. I vantaggi di tale operazione avrebbero ricadute positive non già per l’ambito strettamente cosentino, quanto per tutta l’area del Pollino-vallivo e della striscia alto-tirrenica che da Amantea lambisce la Lucania».

«Cambierebbero e si bilancerebbero – viene spiegato – i rapporti politici tra l’area valliva del Crati e dell’Istmo, nonché con l’ambito jonico. Si darebbe peso specifico e spessore al neonato collegio camerale che ha voluto l’area di Cosenza assemblata a quella dell’Appennino paolano. Si realizzerebbe, quindi, una situazione similare a quella avvenuta su Corigliano-Rossano che, a seguito del processo di fusione, ha posto il nuovo Comune in una posizione di sussidiaria interdipendenza con Crotone e punto di smistamento tra i flussi jonici, tirrenici ed adriatici».

«Del resto – viene evidenziato – circoscrivere, semplicemente, questo processo al succinto perimetro delle sole Cosenza e Rende, ovvero pensare ad una realtà urbana che uscirebbe consolidata demograficamente, senza ricollocarla nello scacchiere più ampio della interterritorialità, altro non rappresenterebbe se non un binario morto. L’idea progetto cosentina, parallelamente a proposte di unioni e fusioni tra Comuni contermini di aree omogenee, rivierasche ed interne, nel rispetto della legislazione vigente, dovrebbe portare a ridurre l’eccessiva frammentazione municipale della Regione».

«Tale rivisitazione – prosegue il Comitato – seguita da apposti provvedimenti legislativi regionali, avvierebbe una riforma territoriale finalizzata ad individuare in possibili quattro Ambiti (Magna Graecia, Bruzio-Pollino-Tirreno, Istmo-Serre e Stretto), la rivisitazione delle Aree Vaste e Metropolitane, caratterizzandole in agglomerati demografici compresi tra 350/450mila abitanti. Questi risulterebbero, per dimensione territoriale e popolazione, fedeli ai dettami prescritti dalla legge Del Rio. Viepiù, si preparerebbero i presupposti per il superamento dei limiti imposti da quest’ultima avviando una profonda riforma sistemica che  permetterebbe alla Regione di essere competitiva sul piano nazionale ed europeo svolgendo un suo ruolo nell’ambito della Macroregione Sud. La Calabria, quindi, si rilancerebbe quale naturale baricentro Mediterraneo tra l’area del Medio Oriente, i Paesi Africani e la via Atlantica».

«Tale riforma – viene evidenziato ancora – dovrebbe essere varata per mettere in condizione la Regione di marciare spedita sul binario del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza nonche’ dei Fondi comunitari della programmazione 2021-2027. Entrambi, infatti, risultano in sintonia con la principale politica di investimento dell’Europa: la coesione territoriale. La stessa che mette al centro il territorio sostenendone la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitivita’ delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente».

«I suoi vantaggi, dunque, sono direttamente proporzionali alle aggregazioni territoriali – è stato ribadito –. Il progetto della Nuova Cosenza (o come si deciderà di chiamarla) può essere compatibile alla strategia europea di coesione territoriale, ma, per risultare vincente, dovrà essere, giocoforza, accompagnato da una riforma sistemica del territorio regionale. A cominciare dalla razionalizzazione dei numero dei Comuni, secondo la legislazione vigente, alla rivisitazione degli Ambiti Territoriali Ottimali che costituiscono l’hub per la gestione dei servizi economici principali ai cittadini, ma anche centro di crescita, innovazione e sviluppo».

«In funzione di ciò – conclude il Comitato – riteniamo che, a partire dal nuovo Governo regionale, si debba favorire il processo di fusione cosentina che, oltre ad acquisire una popolazione che porrebbe la nuova Città sul podio della demografia regionale, la avvierebbe ad essere, in una prospettiva di rivisitazione degli Ambiti Territoriali Ottimali, un Centro Urbano di valenza europea».

Sulla Città Unica, poi, si espresse il già presidente della Regione, Mario Oliverio, che aveva auspicato «un “Patto di Cooperazione Istituzionale». In questo contesto, dove c’è grande consenso per dare una svolta al territorio e ai relativi Comuni, ci si chiede se il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, interverrà sul futuro della “sua” Cosenza, chiudendo il cerchio iniziato dal fratello, che ha dato il via a questo progetto rivoluzionario. (rcs)