LA CALABRIA L’ETERNA COMMISSARIATA
TRA I LEA INSUFFICIENTI E MENO DIRITTI

di GIACINTO NANCIIl Governo ha reso noti nei giorni scorsi i dati del monitoraggio dei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza). I Lea sono calcolati con degli indicatori di qualità dell’assistenza sanitaria nelle varie regioni e si quantificano con un punteggio. Ebbene la Calabria è la sola regione (insieme alla Valle D’Aosta che però lo è per la prima volta) che continua ad essere insufficiente in tutte e tre le macroaree Lea (Distrettuale, Prevenzione e Ospedaliera) con un punteggio inferiore a 60, quello della sufficienza.

Ebbene come è possibile non chiedersi, da parte dei politici, degli amministratori, dei sindacati medici, del ministro della salute, come mai, dopo 14 anni di commissariamento e di piano di rientro sanitario cui è sottoposta la Calabria, la condizione della sanità calabrese è ancora così disastrosa?

Tra l’altro la Calabria ha com Dmissariate da ormai 4 anni tutte e 5 le sue Aziende Sanitarie e i tre maggiori ospedali regionali. Il commissariamento per definizione è un intervento EI LIV efficienza e di breve durata per cui o gli innumerevoli commissari mandati in Calabria sono stati tutti degli incompetenti (e non ci pare il caso) oppure c’è qualche altro motivo per il quale dopo 14 anni di pluricommissariamento siamo ancora con tutti i Lea sempre insufficienti che tradotto in soldoni vuol dire che in Calabria l’aspettativa di vita in questi ultimi anni, per la prima volta nella sua storia, invece di aumentare e diminuita e un bambino che nasce oggi in Calabria vivrà sicuramente meno dei suoi genitori.

È questa è una cosa molto grave che dovrebbe indurre tutti i citati interlocutori a farsi la giusta domanda. La cosa ancora più grave è che tutti gli interlocutori sopra citati conoscono il motivo per cui i Lea sono e saranno insufficienti. Il motivo è che la Calabria è la regione che ha il suo sistema sanitario gravemente sotto finanziato fin dal 1996 anno di introduzione del nuovo sistema di riparto dei fondi sanitari alle regioni. Anzi è stato proprio l’effetto di questo sotto finanziamento che ha messo in ginocchio la sanità calabrese tanto che nel dicembre 2009 a causa di un suo presunto deficit sanitario (leggi conseguenza del grave sottofinanziamento) alla Calabria è stato imposto il piano di rientro sanitario e il commissariamento, che invece di risolvere il problema, stante il perdurare del sottofinanziamento, lo ha aggravato per come possiamo constatare in questi giorni.

Tutti gli interlocutori lo sanno perché la Conferenza Stato-Regioni già nel 2017 ha parzialissimamente (per come dichiarato dall’allora suo presidente Bonaccini) modificato il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni introducendo il concetto della “deprivazione”. Ebbene a causa di questa parzialissima modifica alla Calabria sono arrivati nel 2017 ben 29 milioni in più rispetto al 2016 e a tutto il Sud (le cui regioni sono, anche se molto di meno, nelle stesse condizioni della Calabria) ben 408 milioni in più. Per capire di quali cifre si tratta bisognerebbe moltiplicare per 4 le quelle appena citate e dal 1996 ad oggi.

Ma a rendere ancora più grave la situazione della sanità calabrese è il fatto che la Calabria è la regione che riceve meno fondi pro capite per la sua sanità pur essendo quella con il più alto numero di malati cronici, e quindi di fondi ne dovrebbe ricevere di più delle altre regioni e non di meno. E anche di questo tutti sono a conoscenza perché il tutto è certificato dal Dca N. 103 del lontano 30/09/2015 in cui l’allora commissario Scura nell’allegato n. 1 alla pagina 33 scriveva che in Calabria ci sono almeno il 10% di malati cronici più che non nel resto d’Italia.

Il decreto per come prevede il piano di rientro prima di essere pubblicato è stato vidimato prima dal Ministero dell’Economia e poi da quello della Salute, ecco perché tutti sanno che la Calabria è la regione che riceve meno fondi pur avendo molti più malati cronici. La modifica fatta ai criteri di riparto dei fondi fatta nel 2017 non è stata ne ripetuta ne ampliata, ma oggi c’è una nuova opportunità perché il governatore della Campania, che ha la situazione sanitaria più simile a quella della Calabria, nell’estate del 2022 ha fatto ricorso al Tar proprio per impugnare il criteri di riparto dei fondi sanitari alle regioni fatte dalla Conferenza Stato-Regioni.

La novità è che il governo e la Conferenza Stato-Regioni hanno concordato di modificare per il 2023 i criteri del riparto dei fondi sanitari alle regioni, e lo hanno fatto ancor prima della sentenza del Tar sapendo che il ricorso è giusto e verrà accettato. Il nuovo accordo di modifica del riparto dei fondi sanitari è simile a quello fatto nel 2017, quello della deprivazione, che ricordiamo è stato “parzialissimo” con pochi benefici economici per la Calabria e il Sud.

Per cui questa è l’occasione di superare anche questo accordo e di battersi, specialmente da parte dell’attuale commissario alla sanità regionale nonché governatore della Calabria Occhiuto, perché finalmente ci sia un riparto basato sui veri bisogni delle popolazioni nelle varie regioni. Per fare questo è indispensabile chiedere che la Conferenza Stato-Regioni finanzi le sanità regionali in base alla numerosità delle malattie croniche presenti nella varie regioni. Oggi sappiamo quanti malati cronici ci sono nelle varie regioni, sappiamo quanto costa curare ogni anno le singole malattie croniche e quindi è possibile e necessario dare i fondi alle regioni in base alla presenza delle varie malattie.

Altrimenti i Lea in Calabria la sufficienza non la raggiungeranno mai e cosa ancora più grave i calabresi continueranno a morire prima, a parità di malattia specialmente tumorale, che non nel resto d’Italia e aumenterà ancora la spesa dei calabresi per le cure fuori regione, nei centri di eccellenza del Nord, che è arrivata alla iperbolica cifra di 300 milioni annui senza contare il disagio di chi deve emigrare per curarsi fuori regione. Il governatore Occhiuto dovrebbe dimettersi da commissario chiedere la chiusura del piano di rientro e che la sanità calabrese venga finanziata in base alla numerosità dei malati cronici presenti in Calabria. (gn)

[Giacinto Nanci è medico dell’Associazione Medici di Famiglia a Catanzaro]

Chi è Giuseppe Profiti il supermanager della sanità che torna nella sua Calabria

di GIUSEPPE NISTICÒ – Non avevo alcun dubbio che il Presidente Roberto Occhiuto avesse le idee chiare e seguisse criteri di meritocrazia nella scelta del Commissario straordinario dell’Azienda Zero, centro nevralgico delle politiche di intervento nella sanità calabrese. A mio avviso, il prof. Giuseppe Profiti è il vero “Maradona” della Sanità nel nostro Paese.

Innanzitutto mi complimento con il presidente Occhiuto, perché, come promesso, fin dal suo insediamento sta realizzando step by step  il suo piano per rivoluzionare la sanità nella nostra regione. Da mesi, infatti, sta lavorando per convincere Profiti a venire in Calabria, cioè un calabrese doc che da anni fa onore alla Calabria in tutta Italia, documentando così che con le nostre risorse intellettive di calabresi (professori, universitari, medici, ricercatori, economisti) nel campo della sanità siamo in grado da soli di creare il “nucleo duro”della rete evitando di dipendere da professionisti, che vengono da altre regioni.

La Calabria se sa valorizzare le enormi energie di cui dispone può esprimere una sanità di alto profilo. E questo lo posso asserire con piena convinzione dopo 20 anni di vita politica e dopo oltre 40 anni di insegnamento in varie università (Napoli, Londra, Messina, Catanzaro, Roma). Profiti, secondo me, con la sua scelta di rientrare in Calabria ha voluto quasi farsi perdonare per la lunga assenza che è stato costretto a fare vivendo fuori e lontano dalla sua Calabria. 

Conosco il prof. Profiti già dagli anni Novanta, quando ero sottosegretario alla Sanità nel I Governo Berlusconi. In quel periodo egli era già considerato uno dei migliori manager nazionali nel campo della sanità nel nostro Paese. Per questo è stato nominato direttore amministrativo del prestigioso Istituto pediatrico Gaslini di Genova (1998), dopo aver ricoperto, in rappresentanza dell’Università di Genova, il ruolo di segretario generale del Centro di Biotecnologie Avanzate. Ricordo che il mio amico prof. Leonardo Santi, direttore dell’Istituto Tumori di Genova prima e successivamente presidente del Comitato di Biosicurezza e Biotecnologie della Presidenza del Consiglio, ma anche altri colleghi dell’Università di Genova, mi parlavano di lui come di un calabrese “eccellente” di cui erano fieri. Inoltre, nel 1993 era stato nominato dal ministro della Sanità commissario straordinario dell’Istituto dei Tumori di Genova che era un IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico).

Grande, inoltre, la sua esperienza a livello regionale, avendo egli ricoperto il ruolo di direttore generale (programmazione, risorse umane, finanziarie, strumentali e patrimonio) della Sanità in Liguria. I risultati conseguiti sotto la sua guida sia in Liguria sia a Roma, dove è stato presidente dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, sono stati di valenza internazionale in quanto nell’anno 2013 ha superato gli standard del Boston Children Hospital. E del Great Ormond Street Hospital di Londra. Per tali brillanti traguardi, il prof. Profiti è stato insignito dal ministro della Sanità della medaglia d’oro al valore della Sanità pubblica della Repubblica italiana. Profiti ha inoltre svolto il ruolo di direttore responsabile dell’operazione di salvataggio del San Raffaele di Milano (2011-2012) e successivamente (2013-2016) dell’Istituto Dermatopatico dell’Immacolata (IDI) a Roma. Pertanto, chi può essere un manager migliore di lui nel progetto di salvataggio della sanità in Calabria, dopo dodici anni di gestione disastrosa da parte di commissari straordinari incompetenti nominati dal ministro?

Il prof. Profiti ha ricoperto per tre mandati fino al 2015 il ruolo di direttore generale e di presidente dell’IRCCS Bambino Gesù di Roma, dimostrando straordinarie capacità manageriali e scientifiche.

Nel 2021 accetta di tornare in Liguria, terra cui è molto legato per l’educazione che gli ha dato, come coordinatore del settore sanitario, socio-sanitario e del bilancio dell’Azienda ligure della Sanità.

Sono sicuro, come mi ha anche confermato il presidente Occhiuto che il prof. Profiti si saprà circondare di una task force di professori universitari calabresi che vivono in Calabria o fuori regione, i quali per l’amore che li lega alla loro terra, hanno offerto di dare il loro contributo per rilanciare la qualità della sanità in Calabria, rendendola competitiva a livello nazionale, una Sanità che finalmente potrà rispondere alle emergenze del territorio nonché far fronte con competenza nella nostra regione ai bisogni della gente, arrestando l’esodo dei pazienti e dei loro parenti verso le regioni del Centro e del Nord e la conseguente emorragia di risorse finanziare di oltre 400 milioni di euro all’anno.

D’altro canto, non è difficile immaginare che con la specifica esperienza del prof. Profiti, la Calabria saprà anche dotarsi di alcuni IRCCS che di sicuro innalzeranno lo standard delle prestazioni assistenziali e contribuiranno alla formazione dei nostri giovani laureati nelle tecnologie più avanzate. (gn)

[Il prof. Giuseppe Nisticò, già Presidente della Regione Calabria, è un farmacologo di fama internazionale. È Direttore generale e coordinatore della Fondazione Renato Dulbecco che sta realizzando l’omonimo centro di Biotecnologie a Lamezia Terme]

LA BELLA ECCEZIONE DEL GOM DI REGGIO
IN MEZZO AI TANTI GUASTI DELLA SANITÀ

di LORENZO FASCÌ – Siamo abituati ad una rappresentazione della Sanità della Provincia di Reggio Calabria molto negativa. Quasi tutte le reti televisive nazionali non perdono occasione di descrivere le negatività del nostro sistema sanitario. Tuttavia, non è vero in assoluto. Ovviamente, parliamo di sanità pubblica in quanto riteniamo che la sanità debba essere pubblica e quella privata solo sussidiaria al sistema pubblico.

In questo nostro viaggio proviamo a partire dal Gom – l’ospedale Hub della Provincia di Reggio Calabria. Il nostro Ospedale presenta punti di eccellenza molto importanti. Il Gom di Reggio Calabria può vantare un Centro di Cardiochirurgia tale da garantire una offerta sanitaria importante e di livello, ed anche in questo caso tale di consentire la migrazione sanitaria verso la nostra città interrompendo la emigrazione di concittadini verso altri ospedali del Nord ed a frenare la emorragia di risorse che solitamente vengono versati ai più famosi ospedali del Nord Italia.

Identica importanza riveste la Divisione Ematologica di Reggio Calabria (divisione comprendente il Ctmo e la Banca del Cordone) altro centro di eccellenza tale da arginare la migrazione sanitaria: il Ctmo è uno dei 5 centri ematologici nazionali che ha in atto la sperimentazione delle Car-T (procedura avanzata nella cura delle leucemie) raggiungendo, peraltro, i risultati più qualificati; al recente congresso Gtmo è emerso che il Ctmo – Laboratorio “Banca del Cordone” del Gom di Reggio Calabria ha eseguito più di 100 trapianti nel 2020 a fronte di traguardi medi di una decina di trapianti annui negli altri Ctmo italiani; e soprattutto la Divisione Ematologica (nelle sue articolazioni sopra ricordate), a dispetto di altri ragguardevoli Centri Ematologici, costituisce il fulcro di un nuovo orizzonte: l’Irccs (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico).

Un percorso iniziato tempo fa con la richiesta di accreditamento rivolta all’inizio alla struttura del Commissario alla sanità calabrese; il Commissario dell’epoca (Cotticelli) ha creduto nella proposta ed ha inviato il progetto al Ministero della Salute. Ebbene di recente, il Ministero della Salute (di concerto con il Mef) ha espresso parere favorevole chiedendo alla struttura Commissariale se la proposta è coerente con il Piano Regionale e Provinciale Sanitario. Da poco si avuto anche questo ulteriore parere di coerenza per cui lo sviluppo della Divisione in Ircss è oggi in fase avanzatissima.

L’avvio dell’Istituto in capo al Creo (Centro Regionale Emato-Oncologico) farà sì che Reggio diventerà un attrattore di esperienze sanitarie importanti e lancerà il nome della Città a livelli nazionali – finalmente – per qualità sanitaria portando il nostro Gom a competere con le migliori esperienze Nazionali ed Europee.

Tra l’altro, l’attuazione del progetto coinvolgerà altre Istituzioni tutte qualificate: il Cnr – epidemiologico reggino, l’Università Mediterranea. Insomma, si tratta di un percorso virtuoso che non avrà effetti positivi solo all’interno del Gom ma si riverbererà positivamente anche sull’intera comunità reggina ed addirittura potrà costituire il punto più alto per consentire alla sanità calabrese di superare il Commissariamento.

Non è un caso che vari Ministeri (Salute, Economia e Finanze; questi sì che meritano il plauso) hanno ritenuto di attribuire tale riconoscimento alla Divisione Ematologica di Reggio Calabria (divisione appunto comprendente il Ctmo e la Banca del Cordone): è merito di anni di alta qualificazione nelle malattie ematologiche che ha preso avvio tanti anni orsono con il compianto prof. Alberto Neri e poi proseguito nel tempo con la stessa serietà professionale fino ad oggi.

Va tutto bene, quindi? Tutt’altro. Una goccia non fa il mare diceva un vecchio detto popolare; ed è così. Le poche eccellenze ora descritte da sole rischiano di scomparire se il resto dell’organizzazione ospedaliera non funziona. E allora, occorre ripensare l’atto aziendale in modo da rendere più organica con la nuova realtà l’attività di altri reparti che svolgono funzioni oggettivamente interconnesse in modo da implementare ed arricchire reciprocamente le esperienze in campo e le altre che si avvieranno.

A fronte di queste eccellenze, abbiamo organici insufficienti. Vanno completate le procedure per le stabilizzazioni (a partire dai tanti infermieri, professionali e non) e garantire il turnover. Il covid-19 ha fatto emergere in tutta la sua evidenza la carenza dell’organico. Occorre ottimizzare un sistema sanitario che in molti casi non funziona. Più volte in passato è stato con forza posto l’accento sulla esigenza di aumentare il personale.

Manca personale infermieristico, personale tecnico, mancano biologi, chimici, e personale medico. A fronte di una simile carenza, purtroppo, la struttura Commissariale, lo scorso anno (Dca del 24.03.2020) ha previsto un incremento di organico pari a 0! Eppure, eravamo in piena pandemia e vi era la possibilità di implementare il personale con procedure straordinarie andando oltre le procedure ed i vincoli di stabilità. Nulla è successo anche dopo, per cui ad oggi non vi è la possibilità di aumentare gli organici. Chi vi deve provvedere?

Anche provvedendo a destinare risorse adeguate per rinnovare le tecnologie esistenti. Il tutto dentro una struttura ospedaliera non più adeguata ai bisogni della cittadinanza. Da tempo si sta attuando un piano di trasferimento dalla vecchia struttura ospedaliera al Morelli. In parte sono stati trasferiti dei Reparti ma ancora mancano interi padiglioni e non si prevede la conclusione della nuova struttura prima di un quinquennio.

Peraltro, il riposizionamento del polo sanitario sconta un ritardo gravissimo: l’Amministrazione comunale non ha ancora ridefinito un riassetto urbanistico che rimoduli la zona sud della città per adeguare trasporti, logistica, collegamenti ma anche infrastrutture di servizio a corredo e supporto del nuovo Polo sanitario, con il rischio che azioni di speculazione fondiaria ed edilizia deturpino ulteriormente la zona in mancanza di un criterio regolatore dal punto di vista urbanistico-ambientale che manca a tutt’oggi.

Peraltro, nella zona che coinvolge i quartieri popolari di Sbarre e Modena – una volta portato a regime il trasferimento – si determinerà una presenza molto rilevante di persone (personale, parenti degli ammalati) e nuove attività connesse che comporterà un ripensamento di tutto l’assetto urbano della zona. Quindi, occorre con urgenza che l’Amministrazione Comunale ripensi l’assetto della zona sud attuando politiche infrastrutturali mirate.

Ed arriviamo al tema più scottante: i Commissariamenti. La sanità Calabrese è commissariata da oltre 10 anni. Ed il commissariamento non ha prodotto una migliore qualità sanitaria; tutt’altro; ha rappresentato un tappo ad una migliore risposta sanitaria.

Oggi – anzi ormai da oltre un decennio – a gestire la sanità calabrese abbiamo: la struttura del Commissario di concerto con il Dipartimento della Salute della Regione Calabria. Nella sostanza, tale gestione duale ha provocato solo confusione e ritardi nelle decisioni.

La gestione bifasica non ha migliorato la sanità. Spesso determina maggiore lentezza nelle scelte. I  commissariamenti conducono geneticamente solo – o quanto meno in via principale – una attenzione alla spesa pubblica. Per anni abbiamo dovuto osservare l’attuazione del meccanismo squilibrato tra uscita ed entrata: ad ogni tre dipendenti posti in quiescenza, se ne poteva assumere uno; poi il gap si è ridotto: ogni due uscite, una assunzione. E così, via via nel corso del decennio passato si sono svuotati i reparti; tutti gravemente penalizzati vista la cronica assenza di personale.

Quindi, diciamo basta con i commissariamenti: diamo avvio ad un grande piano assunzionale; proviamo a riportare nella nostra regione – ed ancor meglio nella Provincia di Reggio Calabria – i tanti medici\biologi\chimici che sono stati costretti a trasferirsi al Nord o addirittura in altri Stati Europei. Traguardo oggi ancor più praticabile, visto che il cammino dell’Ircss appena avviato consentirà di arricchire il nostro Gom di esperienze internazionali; di portare nuova tecniche chirurgiche e terapeutiche e, soprattutto di frenare la migrazione dei cervelli.

Ecco, quindi, il commissario alla Sanità Regionale deve, da subito, rimodulare lo strumento di programmazione Sanitaria Regionale sapendo che l’Ircss a Reggio Calabria obbliga a ragionare sapendo che qui sta nascendo un Polo utile ad innescare un meccanismo di valorizzazione di tutta la sanità Calabrese. Per questo l’azione del Commissario deve supportare, seguire, dare impulso, coadiuvare la novità sanitaria in cammino.

Università e Cnr: non siamo ancora alla conclusione del percorso; semmai il viaggio che ha avviato l’autorizzazione all’Irccs è appena iniziato. Occorre, ora, costruire e costruire insieme; il che significa che, oggi, più che mai diventano importanti i centri di eccellenza scientifica: appunto l’Università Mediterranea ed il Cnr, mettendo a disposizione la capacità di ricerca scientifica insita nelle 2 istituzioni – che sappiamo essere di grande rilievo – a servizio dell’Istituto di Ricerca; sia nella prima fase di strutturazione concreta, sia nel prosieguo.

Diciamo al sig. Rettore (ma anche al Responsabile del Cnr) – non è più tempo di dedicarsi solo alla didattica ma bisogna porsi in una posizione di interconnessione, dove ognuno dà la propria esperienza a servizio del nuovo corso pronto a riceverne gli effetti positivi che, sicuramente, camminando insieme, verranno a beneficio di tutti ma soprattutto ed in primo luogo avranno una ricaduta sull’intera comunità reggina e calabrese.

Basti pensare che – forse – è (o meglio sarà) l’unico Istituto di Ricerca nel Centro Sud. (lf)

[Lorenzo Fascì fa parte della Segreteria regionale del Movimento per la Rinascita del P.C.I. e l’Unità dei Comunisti]

 

Lorenzo Fascì

Spirlì scrive a Draghi in attesa di un incontro: occorre azzerare il debito sanitario

Azzerare il debito della Sanità calabrese: è questa l’unica strada percorribile per dare una svolta al sistema sanitario calabrese che non trova vie d’uscite. La stretta dell’arretrato debitorio impedisce nuovi investimenti, congela risorse, blocca assunzioni: il presidente ff Nino Spirlì aveva già lanciato questa proposta la scorsa settimana, parlandone a diversi ministri e politici nazionali, durante il suo soggiorno romano. Adesso, Spirlì ha deciso di scrivere direttamente un appello al presidente del Consiglio Mario Draghi perché voglia occuparsi in prima persona della drammatica situazione della sanità calabrese.

«Troppe le criticità e le inadeguatezze e soprattutto il mancato adempimento previsto dallo stesso Piano. I dati che emergono in tutta la loro gravità ci dicono che in questi anni di commissariamento il deficit accumulato dal servizio sanitario regionale non è diminuito. Ho avuto modo di condividere le sue parole quando ha affermato che: “nei momenti più difficili della nostra storia, l’espressione più alta e nobile della politica si è tradotta in scelte coraggiose, in visioni che fino a un attimo prima sembravano impossibili”. In un tempo in cui per salvare il nostro paese da una pesante crisi, sono stati messi da parte i più estremi egoismi identitari non può esservi occasione migliore per porre rimedio alle ingiustizie e ridare la dignità che meritano i cittadini calabresi».

Obiettivo del presidente Spirlì è ottenere un incontro a Palazzo Chigi per esporre personalmente le tante criticità del sistema sanitario calabrese accentuate dalla pandemia. (rrm)