L’eurodeputato Nesci (Fdi): 120 mln alla Calabria per incrementare i collegamenti aerei

La Commissione Europea ha approvato il piano di aiuti italiano per 120 milioni alla Calabria per migliorare e qualificare la mobilità dei cittadini calabresi attraverso l’implementazione di collegamenti aerei da e per l’Europa. Lo ha reso noto l’eurodeputato Denis Nesci, spiegando come le risorse rientrano nell’ambito della disciplina degli aiuti dello Stato.

«Un intervento della durata di quasi tre anni che intercetta tutto il nostro apprezzamento, perché, era l’auspicio che già pubblicamente il partito ECR aveva evidenziato nella convention di settembre a Scilla. In quell’occasione – ha spiegato Nesci – emerse l’esigenza di favorire iniziative per rendere la Calabria più connessa cosicché potesse divenire più attrattiva e più competitiva rispetto alle altre regioni d’Europa. E questa scelta della Commissione di autorizzare un piano italiano per la mobilità aerea dei calabresi, e non solo, va in quella direzione». (rrm)

Ada Calabria ospita 12 autorità di Audit di tutta Italia

La Calabria è la prima regione in Italia a sperimentare la metodologia di lavoro volua dalla Commissione Europea in materia dei sistemi di controllo nazionali di II livello.

È avvenuto in Cittadella regionale, alla presenza di 12 Regioni per un totale di 31 responsabili delle Autorità di Audit. Il direttore generale di Ada Calabria, Fortunato Varone, ed i funzionari dell’autorità hanno incontrato gli omologhi d delle province autonome di Bolzano e Trento, e delle regioni Sardegna, Liguria, Piemonte, Veneto, Umbria, Emilia Romagna, Marche, Lombardia, Abbruzzo e Puglia, con i quali durante i due giorni di intensa attività, in gruppi, hanno esaminato un campione di progetti conducendo il controllo come in una vera e propria missione di Audit.

«Soddisfatti per essere stati i primi a credere nella scommessa della condivisione – ha detto Fortunato Varone – il percorso dei controlli di secondo livello in Calabria è tracciato nel solco della funzionalità e dell’utilità tanto per i beneficiari quanto per l’amministrazione e per la stessa Commissione Europea».

«La Calabria ha attivato un sistema di monitoraggio dei finanziamenti – ha spiegato – che permette di intercettare eventuali irregolarità non solo a scopo sanzionatorio, laddove ce ne sia bisogno, ma correttivo in un’ottica prospettica. Oggi è stato trattato solo un aspetto dei controlli, quello dei conflitti di interesse, ma l’esperienza che in questi giorni la Calabria ha condiviso con il resto d’Italia non solo è mutuabile ma è soprattutto un’apripista a quella collaborazione indispensabile tra realtà diverse che devono mettere a fattor comune il corretto utilizzo delle risorse destinate ai territori».

Giuliana Cristoforetti, dirigente Ada Provincia di Trento ha affermato che «ciò che ci ha maggiormente colpito è la sistematizzazione del lavoro. Creiamo che la Calabria abbia il miglior sistema informativo per ciò che riguarda i controlli di II livello, poiché il processo, dall’inizio, e quindi a partire dal primo livello è costantemente alimentato e monitorato. Diamo atto al direttore Varone di aver fortemente voluto questo incontro operativo che va ben oltre i confronti che si possono avere durante le plenarie perché consente di mettere a sistema esperienze pratiche».

«Apprezziamo – ha concluso – che una PA abbia anche accettato di essere trasparente al massimo condividendo, con altre PA non solo la metodologia ma anche contenuti».

Barbara Mascioletti, dirigente Audit della regione Abbruzzo ha colto nell’iniziativa «un’opportunità di crescita collettiva, condivisa e condivisibile. Un bagaglio di esperienza pratica ma anche immateriale replicabile come buona prassi a livello nazionale ed utile soprattutto a correggere il tiro su eventuali altre criticità che le Regioni dovessero incontrare».

Maurizio Florian, dirigente regione Veneto è rimasto positivamente colpito dalla possibilità di superare una barriera che sembrava invalicabile quello dello storico riserbo che le amministrazioni hanno rispetto a quelle che sono le pratiche messe in atto nello svolgimento pratico delle attività.

«Tre giornate di collaborazione, condivisione di competenze e impegno. Un obiettivo ambizioso quello di migliorare la qualità dei risultati, di fondere le idee e trasformarle in soluzioni innovative – hanno dichiarato Sonia Cardona e Teresa Campana dell’Ada Puglia – ma che ha consentito di creare un senso di coesione su un tema molto dibattuto quale quello del conflitto di interesse. L’iniziativa è stata lodevole tanto nell’organizzazione dei lavori quanto nella calorosa accoglienza. Ringraziamo tutti i colleghi presenti ed in particolare gli organizzatori per la piacevole esperienza». (rcz)

L’EUROPA INSISTE: SI DEVE FARE IL PONTE
GLI SCIENZIATI: NON SI È SPRECATO NULLA

di PIETRO MASSIMO BUSETTA«É necessario dialogare con l’Europa ed è necessaria una comprensione da parte dell’Unione Europea, che deve mettersi in discussione: tempistiche così stringenti non permettono di mettere a terra opere che sono strategiche perché entro il 2026 è impossibile. Forse è meglio guadagnare qualche anno rispetto al 2026 e mettere a terra, almeno per i grandi progetti, qualcosa che serva davvero allo sviluppo del Paese».  

Cosi il Presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, Governatore della Regione Friuli Venezia Giulia, ma anche un esponente di rilievo della Lega.  

Non so fino a che punto è possibile che la Commissione Europea possa prendere in considerazione richieste di allungamento dei tempi, considerato che,  per l’Italia, l’elemento temporale oltre che quello territoriale è fondamentale rispetto agli obiettivi che la stessa Unione si è posta.  

E che in ogni caso l’allungamento potrebbe mettere in discussione tutto la costruzione dei piani nazionali, perché é facile che le richieste dell’Italia possano essere reitirate da altri Paesi, che hanno problemi analoghi. 

Ma vi è un progetto indiscutibilmente eccezionale per la sua importanza per tutta  l’Europa, per la sua caratteristica di opera assolutamente di eccellenza che porta avanti la ricerca scientifica in un campo importantissimo per l’universo, paragonabile alle imprese di conquista dello spazio.

Ma l’opera rischia di essere accantonata per la solita mancanza di risorse che caratterizza il nostro come tanti altri Paesi. Parlo del Ponte sullo stretto di Messina. 

Trentanove alti accademici , ingegneri, architetti e dirigenti di varie società della comunità scientifica internazionale hanno firmato un documento che afferma: «Noi che parliamo una sola lingua, quella della scienza e dell’ingegneria, affermiamo che il ponte sullo stretto non è una storia di sprechi, ma al contrario è un’impresa che ha portato all’Italia e alla comunità scientifica internazionale uno straordinario bagaglio di specifiche conoscenze multidisciplinari che sono state riconosciute ed oggi ricercate in tutto il mondo». 

Contrariamente alla vulgata nazionale che ne fa un progetto di sprechi e di ruberie.             

 Anche il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, che dell’impresa della costruzione del Ponte sullo Stretto ha fatto un obiettivo del suo ministero, mettendoci la faccia, su una impresa che é facile contestare e che dà materiale infinito a tutti i comici italiani ma anche a molti pseudo ricercatori che sul no al ponte hanno costruito la loro carriera, torna a parlare del Ponte sullo Stretto di Messina: «Lo Stato italiano sta investendo 11 miliardi di euro sulle ferrovie siciliane per modernizzarle e velocizzarle e altri 11 miliardi per modernizzare le ferrovie tra Salerno e Reggio Calabria. Basta un bimbo di quinta elementare per capire che è necessario un ponte che colleghi altrettanto velocemente la Sicilia all’Italia e all’Europa. Investire quei soldi senza il ponte sarebbe economicamente e culturalmente una sciocchezza». 

Ma di là della logica stringente che porta verso la realizzazione, in tempi relativamente brevi, del collegamento stabile non si può non fare a meno di notare come l’evoluzione del patto di stabilità, le esigenze sempre più pressanti in presenza di una inflazione che stenta ad essere bloccata e quindi a trovare risorse importanti per sostenere, anche con la diminuzione del cuneo fiscale a favore dei lavoratori salari e stipendi che sono sempre più contenuti ed inadeguati rispetto al costo  della vita,  portano naturalmente ad evitare stanziamenti importanti, che dovrebbero avere una dimensione di perlomeno 2 miliardi l’anno per i prossimi sei anni, per un’opera che molti potrebbero sostenere, appoggiati dalla grancassa della Stampa, di Repubblica, del Fatto Quotidiano, del Domani e di molte emittenti televisive, non è il momento per essere realizzata.   

Cioè é facile che si ripeta la sceneggiata di Monti, che con un colpo di gomma fece saltare un investimento che era già nella sua fase attuativa, con un bando regolarmente vinto e affidato e con il rischio che comportava in termini di credibilità internazionale oltreché di possibili vertenze giudiziarie. Adesso la cosa più facile è che si dica che non è questo il momento adatto.

E allora che il ministro Raffaele Fitto, meglio ancora la stessa presidente Giorgia Meloni,  possa chiedere alla Commissione che per un’opera così eccezionale, in un momento in cui l’Italia rischia di perdere risorse già assegnate ed in ogni caso che la destinazione voluta  verso il Mezzogiorno possa essere dirottata altrove, si possa portare la scadenza del Pnrr per la sua  realizzazione al 2030, prorogando di quattro anni la scadenza del 2026,  in modo da poterlo finanziare integralmente, non è un fatto non sostenibile.

D’altra parte le affermazioni del direttore di  Webuild, Michele Longo, nel corso di una audizione parlamentare in merito alla realizzazione del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria sono incoraggianti. “Il Ponte sullo Stretto di Messina è un’opera immediatamente cantierabile. Appena sottoscritto l’atto aggiuntivo per il ripristino del contratto, il progetto può partire. La durata della progettazione esecutiva è prevista in 8 mesi, mentre il tempo necessario per la costruzione del ponte sarà di poco più di 6 anni.

L’importo relativo alla costruzione del ponte, come sola opera di attraversamento, è di circa € 4,5 miliardi, corrispondente a circa il 40% del valore totale del sistema infrastrutturale che include il ponte e tutte le opere accessorie. Il restante 60% è infatti relativo a un complesso di opere di collegamento e potenziamento della rete stradale e ferroviaria sui versanti Sicilia e Calabria, e a un numero considerevole di interventi di riqualifica del territorio e di mitigazione del rischio idrogeologico. 

Il progetto avrebbe un forte impatto economico e occupazionale sul territorio, con un incremento atteso sul Pil nazionale pari a €2,9 miliardi l’anno, pari allo 0,17% , e con il coinvolgimento di circa 300 fornitori, soprattutto piccole e medie imprese del territorio. Si prevedono inoltre oltre 100.000 persone potenzialmente impiegabili nel corso della vita del progetto, incluso l’indotto generato, con personale prevalentemente assunto in regioni come Sicilia e Calabria, con alto tasso di disoccupazione”. 

Se a queste evidenze si aggiunge anche il costo dell’insularità della Sicilia, calcolato da Prometeia in 6,5 miliardi l’anno, non si riesce più a capire quali possono essere i motivi per non andare avanti velocemente nella realizzazione dell’opera se non quelli di lobbies interessate a proteggere i loro investimenti sul porto di Rotterdam o su quelli di Genova e Trieste o ancora interessi più localistici  riguardanti l’area dello stretto, che con l’attraversamento dei traghetti dà lavoro e utili ad alcune società che lì operano. Ma superare tali ostacoli é compito di un Paese serio. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud L’Altravoce dell’Italia]

CALABRIA, SONO A RISCHIO I FONDI UE
IMPEDIRE DI FARLI TORNARE A BRUXELLES

di FRANCESCO CANGEMI – Quando si tratta di fondi europei la nostra regione rischia sempre di far tornare indietro ciò che arriva da Bruxelles. La Calabria, infatti, è agli ultimi posti nella classifica regionale italiana per la spesa dei fondi strutturali della politica di coesione dell’Ue. È quanto emerge da un’analisi dei dati pubblicati sul portale Cohesion data della Commissione europea e che coprono l’andamento delle allocazioni fino al 31 dicembre 2022. Alla fine dell’anno scorso la spesa certificata della Regione e rimborsata da Bruxelles era pari a circa 1,3 miliardi di euro su 2,2 miliardi, cioè il 58% del fondo che unisce, nel caso della Calabria, sia quello per lo sviluppo regionale (Fesr) sia quello sociale (Fse) nel periodo di programmazione 2014-2020.

Restano quindi da spendere e rendicontare entro la fine dell’anno circa 940 milioni di euro per non rischiare di perdere le risorse. È da notare che le risorse assegnate alla Calabria sono tra le più consistenti tra le regioni italiane. Dai dati esaminati emerge inoltre che le regioni hanno speso in media il 75% (circa 25 miliardi di euro) delle risorse Ue, mentre i programmi nazionali si sono fermati al 43% (circa 13 miliardi). Restano quindi ancora quote importanti da spendere entro la fine dell’anno, termine ultimo per non perdere risorse sempre più preziose alla luce delle ristrettezze che si stanno profilando per il bilancio nazionale anche nella prospettiva del ripristino delle regole Ue sui conti pubblici.

«La Regione più povera d’Italia che non riesce a programmare e a spendere le ingenti risorse messe in campo dall’Unione europea. I dati pubblicati sul portale Cohesion data della Commissione europea parlano chiaro: la spesa certificata da Bruxelles è pari al 58%, tra fondi Fers e Use, ossia 1,3 miliardi sui 2,20 miliardi che dovevamo spendere nel periodo 2014-2020. Un totale di 940 milioni di euro che rimanderemo al mittente se non saremo in grado di spenderli entro il 31 dicembre 2023». A dirlo è il consigliere regionale e capogruppo del Movimento 5 stelle in consiglio regionale, Davide Tavernise.

«Alla luce di tutto ciò appare sempre più incomprensibile il comportamento della maggioranza Occhiuto che si è permessa il lusso di bocciare la commissione speciale da me promossa in consiglio regionale per monitorare i Fondi europei e quelli specifici del Pnrr. E appare ancora più grave questa scelta, alla luce delle ristrettezze economiche che promette l’ultimo documento finanziario presentato dal Governo, che proprio oggi pomeriggio in maniera maldestra e scoordinata è stato bocciato per mancanza di numeri della maggioranza, e del ripristino delle regole Ue sui conti pubblici».

«Ci troviamo di fronte – ha detto ancora Tavernise – ad una classe dirigente regionale e nazionale che ogni giorno contraddice se stessa e mette seriamente in pericolo l’economia del nostro Paese, in un periodo in cui si profila all’orizzonte una nuova e più stringente austerity. Ancora una volta porgiamo una mano per il bene della nostra regione a questa maggioranza rilanciando la necessità di costituire nel più breve tempo possibile una commissione di controllo sulla spesa dei fondi europei e del Pnrr».

«Il risultato che emerge da un’analisi dei dati pubblicati sul portale Cohesion data della Commissione europea e che coprono l’andamento delle allocazioni fino al 31 dicembre 2022 fa emergere una situazione drammatica se si considera che la regione Calabria è agli ultimi posti in Italia per la spesa dei fondi strutturali della politica di coesione della Ue». Queste le dichiarazioni del consigliere regionale Antonio Billari, a commento del report della Commissione Europea sull’utilizzo dei fondi dedicati alla Regione Calabria.

«Se alla fine dell’anno scorso la spesa certificata della Regione e rimborsata da Bruxelles era pari a circa 1,3 miliardi di euro su 2,2 miliardi, cioè il 58% del fondo che unisce, nel caso della Calabria, sia quello per lo sviluppo regionale (Fesr) sia quello sociale (Fse) nel periodo di programmazione 2014-2020 il dato che abbiamo il dovere di analizzare – afferma Billari – è il fatto che resterebbero da spendere e rendicontare entro la fine dell’anno circa 940 milioni di euro per non rischiare di perdere le risorse destinate al nostro territorio».

Secondo il consigliere regionale «la sfida che la Regione Calabria ha dinnanzi è molto complessa e ci deve fare riflettere come fino ad oggi al netto delle chiacchiere e degli annunci “i fatti stanno a zero”», dichiara Antonio Billari che afferma: «Non credo sia utile valorizzare il fatto che le altre regioni hanno speso in media il 75% (circa 25 miliardi di euro) delle risorse Ue, mentre i programmi nazionali si sono fermati al 43% (circa 13 miliardi) ma è certa la necessità che gli uffici preposti a seguire questo iter cruciale per la nostra regione meritano di avere personale in numero sufficiente e con competenze specifiche per non bucare la sfida con l’Europa rispetto alla valorizzazione del nostro territorio».

«Chiederò al presidente della Regione – conclude il consigliere regionale – di istituire una task force con le migliori energie della nostra regione e che coinvolga anche le eccellenze universitarie perché la sfida che abbiamo difronte riguarda la possibilità di immettere nel tessuto sociale ed economico della nostra regione risorse certe e spendibili».

«Mi farò carico anche coinvolgendo l’intero consiglio regionale della Calabria che questo complesso iter burocratico e progettuale venga seguito con massima attenzione e priorità – dice – consapevole che l’Europa è vicina se però le opportunità che da essa ne derivano vengano colte e non disperse».

Sulla questione interviene anche il Pd Calabria con una nota. «Desta profonda preoccupazione il ritardo con il quale la Regione sta procedendo alla spesa delle risorse messe a disposizione dalla  programmazione europea 2014-2020 riferita ai fondi Fesr e Fse – scrive in una nota il Partito democratico calabrese –. Secondo i dati pubblicati, già da qualche tempo, sul portale Cohesion data della Commissione europea tracciano un quadro davvero allarmante. Al 31 dicembre 2022 la spesa certificata della Regione e rimborsata da Bruxelles era pari a circa a 1,3 miliardi di euro su 2,2. La Regione ha dunque utilizzato soltanto il 60% delle risorse».

«Il rischio concreto, dunque, – continua la nota dei dem – è quello di vedere evaporare qualcosa come 900 milioni di euro se tali risorse non saranno messe a terra entro il prossimo 31 dicembre. È evidente che esistono problemi strutturali all’interno della macchina amministrativa e burocratica regionale che, da sempre, non agevolano una snella e efficace programmazione della spesa. Non è possibile, però, che non si provi ad effettuare alcun cambiamento per tentare di invertire la rotta. Il centrodestra è ormai al governo da alcuni anni e non può non assumersi la propria parte di responsabilità. Fuori da ogni strumentalizzazione chiediamo al presidente Occhiuto di avviare immediatamente un tavolo di confronto permanente con il Consiglio regionale, i sindacati, le associazioni di categoria, i sindaci, le Università e tutti i soggetti in grado di fornire il proprio contributo per fare in modo di intervenire prontamente per mettere in salvo la maggior parte delle risorse possibili. La Calabria non può permettersi di perdere ulteriori occasioni, specialmente in questo periodo in cui la crisi economica e l’aumento dei costi di energia e materie prime stanno mettendo a dura prova il suo già fragile sistema socio-economico».

In più i consiglieri regionali di opposizione, rappresentati dal Pd, dai Cinquestelle e dal Gruppo misto, hanno chiesto la convocazione di un Consiglio ad hoc sul tema.

A rispondere sulla questione ci pensa, con una nota, Marcello Minenna, assessore all’Ambiente, alle partecipate, alla programmazione unitaria e ai progetti strategici della Regione Calabria.

«I bandi relativi ai Programmi operativi regionali sono in stand by non solo in Calabria, ma in tutte le Regioni del Paese – dice l’assessore regionale – Questo perché il governo nazionale ha deciso di procedere ad una accurata ricognizione di tutte le risorse comunitarie non spese, prima di rendere disponibili ai territori i nuovi fondi. Come noto il Por viene utilizzato essendo in parte cofinanziato dalla Regione, attraverso il Fondo di sviluppo e coesione».

«Non avendo ancora le risorse dell’Fsc la diretta conseguenza è avere dei ritardi nei bandi per il Por – ha spiegato ancora –. Il ministro Raffaele Fitto sta facendo un lavoro encomiabile e preciso per evitare gli errori degli scorsi decenni, ed è quasi inevitabile che in questi primi mesi questo approfondimento abbia dei contraccolpi temporali in merito al timing con il quale utilizzare le risorse Por. Il governo ci ha comunque rassicurato, e ha dato la sua disponibilità a predisporre nelle prossime settimane le delibere Cipess attraverso le quali i fondi Fsc verranno distribuiti alle Regioni, per poter così procedere al corretto utilizzo del Programma operativo regionale».

«Avremo qualche piccolo ritardo, ma – questa l’intenzione dell’esecutivo nazionale – con i conseguenti contratti che verranno siglati con le singole Regioni il nostro Paese – ha concluso – dovrebbe essere messo nelle condizioni di spendere meglio e bene le risorse Ue, e di controllare, territorio per territorio, il corretto cronoprogramma dell’utilizzo di questi fondi». (fc)

LA PERDITA DEL CAPITALE UMANO IL VERO
OSTACOLO ALLO SVILUPPO CALABRESE

di DAMIANO BRUNO SILIPO – A dicembre 2022, la Commissione Europea ha approvato il Por Calabria 2021-2027, con una dotazione finanziaria di oltre 3,17 miliardi di euro, di cui 700 milioni sul Fse. È dunque opportuno discutere sull’efficacia di questo programma e dei possibili effetti sull’economia regionale. Ci sono almeno tre condizioni perché un programma possa essere considerato efficace ex-ante: 1) che abbia obiettivi di sviluppo chiari e realistici; 2) che individui gli attori e i territori più capaci di creare sviluppo; 2) che gli strumenti individuati siano coerenti con gli obiettivi.

Qualunque obiettivo di sviluppo della regione non può ritenersi credibile se non tiene conto delle caratteristiche e delle dinamiche in atto in Calabria, che condizioneranno lo sviluppo futuro della regione. Le più rilevanti sembrano essere: a) l’evoluzione demografica e i processi migratori in atto nelle regione; b) la natura delle imprese e i vincoli del sistema imprenditoriale calabrese, anche in relazione alle catene globali del valore; c) il ruolo del settore pubblico e della burocrazia regionale; d) il peso e il condizionamento dell’economia criminale rispetto alle scelte del settore pubblico e delle imprese; e) il ruolo delle banche nell’allocazione del risparmio e nel sostegno alla crescita delle imprese calabresi.
Quali sono gli obiettivi di sviluppo prioritari perseguiti dal Por Calabria 2021-2027 e in quale misura questo programma tiene conto delle dinamiche in atto nell’economia calabrese?  Gli strumenti individuati nel Por sono efficaci e realistici per perseguire questi obiettivi?
Le dinamiche in atto nell’economia calabrese

A settembre 2022 la popolazione complessiva in Calabria era pari a 1.844.708, rispetto a più dei due milioni del 2011. Un trend decrescente che dura da più di un decennio, risultato della combinazione di un saldo naturale e saldo migratorio decrescenti.  Nel solo 2021 il numero di abitanti è diminuito rispetto all’anno precedente di 16.015 unità (9.939 per saldo naturale e ulteriori 6.076 per saldo migratorio). A questo si aggiunge una crescita dell’invecchiamento della popolazione calabrese. Gli over 65 anni in Calabria sono passati dal 17,1% del 2001 al 22,9% del 2021.

L’indice strutturale di dipendenza demografica, dato dal rapporto tra il complesso della popolazione non attiva (< 15 e > 64 anni) e la popolazione compresa tra i 15 e i 64 anni, in Calabria nel 2022 era pari al 57%. Questo indice, però, non consente di avere una realistica misura della effettiva sostenibilità dinamica del sistema. Più significativo è l’indice strutturale di dipendenza economica che si ottiene sostituendo il denominatore dell’indice di dipendenza demografica con la forza lavoro occupata tra i 15 e i 64 anni. Questa sostituzione è motivata dal fatto che solo la forza lavoro può effettivamente contribuire a sostenere il peso della non-forza lavoro: la Calabria ha un indice di dipendenza economica del 135%. Inoltre, elaborazioni Svimez su dati Istat, prevedono che, nel 2040 la Calabria si avvia verso valori dell’81% del primo indice e del 192% del secondo (Svimez, 2022).

Nei 326 comuni calabresi ubicati a più di 20 minuti di percorrenza dai comuni Polo (per questa classificazione, si veda, Dps, 2018), risiedono più della metà degli abitanti. I comuni delle Aree interne presentano livelli di invecchiamento superiori rispetto a quelli dei Centri: l’età media è 45,2 anni contro 44,2 anni (46,0 in quelli Periferici); l’indice di vecchiaia è pari a 184,1 contro 161,9; ii) nei Centri la percentuale di residenti di 9 anni e più, che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di II grado, è pari al 36,5% ed è superiore alla percentuale delle Aree interne (33,3%) e della media regionale (34,9%). Anche la quota di residenti in possesso di un titolo di studio terziario è inferiore alla media regionale nelle Aree interne (11,8% contro 14,3%) (Istat, 2022).

Quindi, un ostacolo rilevante allo sviluppo della Calabria è la perdita di capitale umano, che si è accentuata nell’ultimo decennio. Arrestare l’esodo dei giovani diventa, quindi, una priorità per lo sviluppo, soprattutto per le aree interne della regione. Anche perché all’emigrazione dei giovani è legata anche l’emigrazione del risparmio calabrese. Ciò può avvenire se si incide sul sistema produttivo calabrese. La caratteristica di quest’ultimo è una base produttiva ristretta e inadeguata a dare lavoro, soprattutto qualificato, ai suoi abitanti. L’industria calabrese appare sbilanciata verso imprese scarsamente innovative, con una bassa vocazione internazionale. Inoltre, le imprese calabresi hanno dimensioni e vincoli insufficienti a sostenere aumenti di prodotto e di produttività necessari per sostenere qualunque processo di sviluppo. Pertanto, il mercato del lavoro in Calabria sembra dominato da professionalità meno qualificate, che occupano, posizioni lavorative nei settori a più basso valore aggiunto: industria “tradizionale”, costruzioni, servizi a basso contenuto di conoscenza (ristorazione, commercio, attività turistiche). Il solo tipo di lavoro che sembra abbondantemente disponibile in Calabria è quello povero, caratterizzato da bassi salari, ridotti tempi di lavoro e precarietà occupazionale.

Infine, alcune indagini sul campo sulla percezione soggettiva degli imprenditori calabresi sugli ostacoli alla crescita dell’impresa collocano al primo posto i vincoli finanziari e l’accesso al credito, seguito dalla qualità delle risorse umane. Minore rilievo viene attribuito ai limiti connessi alla funzione imprenditoriale (dalla conoscenza dei mercati alle informazioni sulle tecnologie) (De Paola, 1999). Inoltre, molta importanza viene attribuita dagli imprenditori calabresi agli ostacoli burocratici, ma non ai condizionamenti della criminalità organizzata.  La burocrazia sembra condizionare non solo la nascita di nuove imprese, ma anche lo stesso accesso ai fondi pubblici disponibili, soprattutto per le piccole imprese, che spesso rinunciano anche a fare domanda per accedere alle agevolazioni pubbliche.

D’altra parte, il fatto che le imprese e l’opinione pubblica calabresi abbiano metabolizzato la presenza dell’economia criminale non significa che essa non costituisca un formidabile ostacolo allo sviluppo della regione, distorcendo profondamente le regole della democrazia economica e politica.
Gli andamenti e le caratteristiche dell’economia calabrese appena delineati suggerirebbero, quindi, la definizione di una strategia unitaria di sviluppo, con l’individuazione di obiettivi e aree tecnologiche e produttive prioritarie, su cui indirizzare ingenti investimenti diretti non solo alle imprese, ma anche a rimuovere gli ostacoli ambientali che impediscono la loro crescita e agglomerazione.
Obiettivi e strumenti del Por Calabria 2021-2027

La logica che presiede il POR 2021-27 è la seguente. Si coniugano a livello regionale i 5 obiettivi prioritari stabiliti dall’UE a “maglie larghe”, senza individuare priorità di sviluppo ed obiettivi specifici settoriali e territoriali, con la conseguente dotazione finanziaria. Si procederà poi, nel corso della realizzazione del programma a stabilire obiettivi specifici ed azioni da intraprendere, e la loro dotazione finanziaria. In altri termini, nel POR si definiscono obiettivi generali, che, quindi, possono valere per la Calabria come per qualsiasi altra regione, lasciando poi all’azione dei singoli assessori l’individuazione degli obiettivi specifici e delle azioni da realizzare.

Una logica opposta a qualsiasi principio di programmazione, comunque, incapace di rimuovere qualunque ostacolo allo sviluppo regionale. Infatti, come in passato, in assenza di scelte prioritarie e vincolanti, è ragionevole pensare che l’allocazione della spesa prevista dal Por in Calabria sarà determinata dagli interessi precostituiti delle forze più influenti presenti in regione e dalla mediazione politica. Invece, quello che sarebbe necessario avere in Calabria è proprio un programma quanto più dettagliato negli obiettivi e negli strumenti, che condizioni l’azione degli stakeholders regionali, piuttosto che il viceversa.

Analogamente a quanto stabilito dall’Unione Europea, i 5 obiettivi di policy del Por Calabria 2021-27 sono:
1 Una Calabria più intelligente-Competitività e Innovazione;
2 Una Calabria più verde- Clima ed Energia, Risorse naturali ed Economia circolare;
3 Una Calabria più connessa – Reti, Trasporti e Logistica;
4 Una Calabria più sociale – Occupazione, Competenze ed Inclusione sociale;
5 Una Calabria più vicina ai cittadini – Sviluppo dei territori e Capacità’ amministrativa.
Per perseguire questi obiettivi, vengono individuate traiettorie di sviluppo, prive però di contenuto su come, dove e con chi realizzarle. Inoltre, non vi è alcuna analisi delle condizioni di sviluppo esistenti in Calabria e degli ostacoli da rimuovere per realizzare queste traiettorie di sviluppo.

Sul piano territoriale, il Por 2021-27 si propone di individuare la propria idea di sviluppo dei territori attorno ad un attrattore, che diventa, quindi, il fulcro per strategie integrate. Si individuano due tipologie territoriali: l’Area Metropolitana di Reggio Calabria e le Aree Urbane Medie. Tuttavia, per ciascuna di queste aree non viene individuato alcun attrattore, né risorse finanziarie da destinare.
Pertanto, anche nel nuovo Por Calabria 2021-27 non è possibile identificare: 1) chi sono gli attori dello sviluppo: quali settori e tipologie di imprese e lavoratori sono più suscettibili di creare sviluppo in Calabria (grandi imprese esterne o piccole imprese artigiane locali? giovani laureati o imprenditori già operanti nel settore?); 2) quale aree della Calabria sono più suscettibili di creare sviluppo e in quali settori; 3) come si allocano le risorse finanziarie del Por per gli obiettivi settoriali e territoriali.

D’altra parte, costruire un progetto territoriale integrato comporta l’individuazione per ciascun territorio di una vocazione, di programmi e progetti che possono far affermare queste capacità latenti esistenti sul territorio. Ciò è particolarmente urgente per le zone interne della regione.

La mancata individuazione di un’idea di sviluppo della regione comporta l’assenza anche di una seria analisi degli strumenti da attivare con il Por 2021-27. Addirittura si confonde tra strumenti ed obiettivi. Infatti, si annoverano tra questi ultimi: smart manufacturing (senza mai indicare in quali branche di attività); preservare l’ambiente; sviluppare l’ITC, la logistica e le tecnologie digitali o le energie rinnovabili; avere servizi sanitari efficienti, che hanno più a che fare con gli strumenti da attivare per creare sviluppo.
Inoltre, nel Por 2021-27 non si affronta mai il ruolo del capitale umano per lo sviluppo sostenibile della regione, tanto meno si disegnano incentivi per arrestare l’emigrazione intellettuale e non. Infine, nel Por 2021-27 non si menziona nemmeno la parola criminalità organizzata, come se fosse un problema irrilevante ed estraneo allo sviluppo. Basterebbe solo citare come i fondi del POR potrebbero essere utilizzati per immettere nell’economia legale almeno una parte delle imprese sequestrate alla criminalità organizzata, oggi destinate quasi tutte al fallimento.

Per una valutazione del possibile impatto del Por Calabria 2021-2027 è sufficiente citare il dato seguente. Se  a giugno del 2022 sul Por 2014-2020, a fronte di una dotazione finanziaria di 2,26 miliardi di euro, la Calabria aveva speso poco più del 50% dei fondi disponibili, con le carenze più gravi proprio nei settori su cui è più concentrata la spesa del Por 2021-2027 (ricerca e innovazione, efficienza energetica e mobilità sostenibile, tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale), come si può pensare di spendere di più e meglio i 3,17 miliardi di euro di cui è dotato il nuovo Por, a cui si aggiunge il peso burocratico-amministrativo della simultanea realizzazione del Pnrr?

In assenza di una seria analisi di quali siano i fattori che non consentono di raggiungere i target di spesa, spesso coperta con i “progetti sponda”, e di quali strategie adottare per rimuovere questi ostacoli, è impensabile prevedere risultati migliori nell’attuazione e nell’impatto economico.

Se si vuole dare più credibilità al Pop Calabria 2021-27, è necessario partire dai dati su input e output dei Por passati, per effettuare simulazioni che consentano di stabilire quante e quali risorse umane attivare, quali strumenti e in quali settori, quali modelli organizzativi e gestionali sono più adeguati per la sua realizzazione.

Conclusioni

L’approvazione del Por Calabria 2021-2027 avviene in un contesto regionale caratterizzato da intensi processi migratori, soprattutto di giovani diplomati e laureati, da imprese fragili, rivolte al mercato locale ed incapaci di crescere, prevalentemente per vincoli finanziari, ostacoli politico-burocratici e condizionamenti mafiosi. Il Por Calabria, rispetto a questi problemi e alla necessità di disegnare in modo chiaro e credibile un futuro di sviluppo per questa regione, si configura come un documento di facciata, lasciando alla mediazione politica e al peso dei gruppi di pressione o delle emergenze di turno la successiva definizione di dove, per chi e per che cosa verranno dirette le ingenti risorse finanziarie previste dal Por 2021-27.

Quanto emerge dal Por 2021-27 e dai precedenti Por, mette anche in discussione i criteri adottati dall’Unione Europea per l’approvazione di piani di sviluppo regionale che siano realmente efficaci nella promozione della crescita economica dei territori che ne beneficano. (dbs)

[Courtesy Regional Economy, testata di Open Calabria]Commissione

Il presidente Occhiuto: La Commissione Europea ha sbloccato 69 mln per la Calabria

È una bella notizia per la nostra regione: La Direzione generale Occupazione, affari sociali e inclusione della Commissione europea ci ha comunicato lo sblocco dei 69 milioni di euro del Fondo sociale europeo per la Calabria. È quanto ha reso noto il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, che l’ha definito «un risultato estremamente significativo».

I pagamenti del Fondo, infatti, erano stati congelati in seguito ad alcune incongruenze emerse dopo normali controlli di routine – lo scorso 31 agosto, e che ha portato il Governatore nel mese di novembre ad andare personalmente a Bruxelles per incontrare vertici e capi unità dell’Ue.

«Una missione, quella in Europa – ha spiegato Occhiuto – che ha consegnato alla Commissione l’immagine di una Regione credibile, di un’amministrazione reattiva, di un presidente pronto ad intervenire tempestivamente per risolvere le criticità. Tutti aspetti determinanti. Ringrazio il direttore generale del Dipartimento Programmazione Unitaria della Cittadella, Maurizio Nicolai, per il prezioso contributo datomi in queste settimane, e gli uffici di Germaneto che hanno seguito questo delicato dossier: abbiamo fatto un grande lavoro di squadra».

«Anche attraverso una vicenda di questo tipo – risolta in modo positivo – possiamo costruire la nuova reputazione della nostra Regione e raccontare all’Italia, e in questo caso anche all’Europa, una Calabria che il Paese non si aspetta.
Avanti così» ha concluso. (rcz)

 

LA 106 JONICA NON SARÀ NELLA RETE TEN-T
È L’ENNESIMA SCONFITTA PER LA CALABRIA

La fascia Jonica e la Statale 106 “hanno perso” la partita per essere inserita nella Rete Ten-T Core. È il triste epilogo di una lunghissima e dura battaglia che ha visto in prima linea l’Odv Basta Vittime sulla Strada Statale 106 che ha chiesto, più volte, l’inserimento della Statale 106 Jonica nella Rete Ten-T e l’intervento del Governo che, purtroppo, non è arrivato.

Una battaglia, che non è stata solo dell’Odv: sulla vicenda, era intervenuto anche l’eurodeputato di Fratelli d’ItaliaVincenzo Sofo che aveva chiesto l’inserimento integrale della SS 106 tramite un’interrogazione e a cui il commissario europeo ai Trasporti, Adina Valean, aveva confermato la disponibilità a valutare la proposta, qualora il Governo italiano l’avesse sottoposta entro i termini utili. Proposta che non è mai arrivata e, intanto, la Commissione Europea ha chiuso il processo della revisione, che ha visto inseriti, invece, il Porto di Civitavecchia e la dorsale Adriatica tra Ancona e Foggia, sia stradale che ferroviaria, nella Rete Ten-T Core e Extended Core.

Una vera e propria «colossale sconfitta» ha scritto Basta Vittime «per merito di un Governo che non è stato praticamente mai incalzato dai parlamentari ed europarlamentari calabresi. La Statale 106 resterà, ancora per anni, fino alla prossima revisione della Rete TEN-T, inclusa nella rete Comprehensive (secondaria), tra Taranto e Catanzaro Lido. Resterà praticamente esclusa da Catanzaro Lido fino a Reggio Calabria. Inoltre, anche la parte inclusa nella rete Comprehensive potrà ottenere finanziamenti marginali per la realizzazione di interventi di manutenzione mentre sarà impossibile ottenere risorse per la realizzazione di nuove tratte ammodernate».

«Così – si legge in una nota – mentre la Regione Abruzzo oggi esulta e parla di risultato storico, guardando peraltro con ottimismo al futuro grazie anche ai «5 miliardi di euro per trasformare davvero la linea ferroviaria adriatica» che il Governo ha messo nella manovra di bilancio attraverso i fondi del Recovery Fund la Calabria jonica resta sempre più indietro rispetto all’Italia in termini di collegamenti infrastrutturali strategici per la sicurezza e lo sviluppo economico».

«Il Direttivo dell’Organizzazione di Volontariato “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” – prosegue la nota – evidenzia l’ennesima occasione persa per la Statale 106 in Calabria e sottolinea le responsabilità politiche dei parlamentari calabresi a Roma e di quelli presenti a Bruxelles. Noi non rinunceremo ad informare i cittadini calabresi al fine di diffondere la verità e di far nascere una nuova consapevolezza: ogni intervento per la Statale 106 è possibile a patto che la classe dirigente politica calabrese al Governo inizi a fare il proprio lavoro con impegno invece di fare tutt’altro…».

Sulla questione è intervenuto l’europarlamentare Sofo, secondo cui «il Governo ha lasciato scadere i termini per la presentazione della proposta o che questa non sia stata presentata in modo adeguato e dunque sia stata rigettata».

«Una responsabilità – ha scritto Sofo – che ci chiarirà presto il commissario Valean al quale ho subito presentato un’ulteriore interrogazione per avere le motivazioni ufficiali di questa esclusione».

«D’altronde – ha proseguito – i ministri Enrico Giovannini e Mara Carfagna non hanno ancora dato risposta al sollecito fatto dal deputato Wanda Ferro all’indomani della risposta della Commissione europea, affinché Roma intervenisse tempestivamente presentando la richiesta di inclusione della SS106».

«Si tratta di un pesante schiaffo alla Calabria da parte del Governo – ha evidenziato – che lascia questa importante arteria stradale monca, privandola di un’importantissima opportunità, anche economica, per la messa in sicurezza e il potenziamento finalizzato a farne infrastruttura di connessione tra la dorsale ionica calabrese e il resto dItalia e d’Europa».
«Ancora una volta – ha concluso – si decide di condannare questo territorio, facendogli perdere sempre più terreno rispetto al resto della Nazione, come dimostra il fatto che altre aree d’Italia siano state invece inserite nella revisione del Ten-T. Peccato che senza uno sviluppo armonico, coordinato e integrale di tutti i territori meridionali non ci sarà mai uno sviluppo del Sud. E senza di esso, non ci sarà mai un ruolo da protagonista per l’Italia nel Mondo». (rrm)

PRESERVARE LA PESCA NEL MEDITERRANEO
LE ORGANIZZAZIONI CONTRO DECISIONI UE

Bisogna salvare la pesca nel Mediterraneo. È l’appello lanciato dalla Organizzazioni Imprenditoriali e delle Organizzazioni dei Lavoratori dei settori – composto per l’Italia da Agci Agrital, Federcoopesca, Legacoop Agroalimentare, Federpesca, Coldiretti Impresa Pesca, Unci Agroalimentare, Ue.Coop, Unicoop – ai ministri della Pesca di Francia, Italia e Spagna, chiedendo di non sostenere la proposta della Commissione Europea per le possibilità della pesca per il 2022.

Quello che chiedono le Organizzazioni, infatti, è che i rispettivi Governi concedano più tempo alla pesca nel Mediterraneo, valutando gli impatti delle misure già attuate sulle risorse, «sopratutto sul settore, sostenendolo attraverso misure di accompagnamento».

Per il presidente di Unci Agroalimentare, Gennaro Scornamiglio, che ha ribadito di aver sempre sostenuto le ragioni dei nostri pescatori «il regolamento west med si sta rilevando nella sua spettacolare forma anti socioeconomica e nella non sostenibilità sociale».

«Il fattore pesca – ha evidenziato – non è l’unico elemento concorrente alla ripresa ecologica del mare anzi, i nostri pescatori che stanno ripulendo il mare dai rifiuti antropologici sono i primi a volere il loro luogo di lavoro salubre e riproduttivo, al fine di un rilancio serio del settore e contro le lobby dei venditori di pescato esteri, e sostenere il vero pescato fresco di filiera Italia».

La Ue, infatti, ha adottato la proposta che «promuove la gestione sostenibile degli stock ittici nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero, rispetta gli impegni politici assunti nelle dichiarazioni MedFish4Ever e di Sofia e tiene fede all’obiettivo ambizioso della Commissione di conseguire una pesca sostenibile in questi due bacini marittimi, in linea con la strategia della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM) per il 2030 adottata di recente».

Come dichiarato dal Commissario Ue per l’Ambiente,  gli oceani e la pesca, Virginijus Sinkevičius, «Nonostante i miglioramenti registrati negli ultimi anni nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero – riporta il sito Greenreport.it – siamo ancora lontani dal raggiungere livelli di sostenibilità e sono necessari ulteriori sforzi per raggiungere questo obiettivo. La proposta che presentiamo oggi sulla pesca in questi due bacini marittimi si basa, quindi, integralmente sui pareri scientifici».

Come riportato da Greenreport.it, «per il Mare Adriatico la proposta della Commissione attua il piano di gestione pluriennale della CGPM per gli stock demersali nel Mediterraneo con l’obiettivo di conseguire la sostenibilità di tali stock entro il 2026 attraverso una riduzione dello sforzo di pesca. La proposta odierna comprende anche svariate misure di gestione per gli stock di anguilla, corallo rosso, lampuga, occhialone e gambero rosa mediterraneo nel Mar Ionio, nel Mar di Levante e nel Canale di Sicilia, in linea con le decisioni della CGPM».

«La proposta di oggi – si legge – attua, inoltre, il piano di gestione pluriennale per gli stock demersali nel Mediterraneo occidentale nell’intento di ridurre ulteriormente la pesca, sulla base dei pareri scientifici. La Commissione Ue ha detto che “Questa parte della proposta sarà completata non appena, quest’anno, saranno disponibili i pareri scientifici pertinenti. L’obiettivo finale è raggiungere, entro il 1o gennaio 2025, il rendimento massimo sostenibile (MSY), vale a dire la quantità massima di pesce che i pescatori possono prelevare dal mare senza compromettere la rigenerazione e la produttività futura dello stock”».

Per le organizzazioni, tuttavia, «l’ostinata applicazione del piano di gestione pluriennale nel Mediterraneo occidentale, che ha già ridotto l’attività di pesca con reti a strascico del 17,5% negli ultimi due anni (superando in realtà il 20%) accompagnata da nuove misure tecniche, porta la maggior parte delle imprese al di sotto del punto di pareggio. A fronte di ulteriori riduzioni, potranno solo fermare e sbarcare gli equipaggi, con gravi conseguenze su tutta la filiera e sulla filiera».

L’Organizzazione, infatti, ha ricordato come «il settore Pesca del Mediterraneo applica, di propria iniziativa e da anni, misure di sostenibilità, ricercando sempre la collaborazione e il sostegno delle Amministrazioni responsabili e degli scienziati, ed esprime la volontà di continuare a collaborare in una gestione che permetta di garantire la sostenibilità del risorsa e, anche, della pesca professionale e di tutte le attività connesse che da essa dipendono».

«Le sottoscritte Organizzazioni – si legge in una nota – ricordano inoltre i notevoli sforzi compiuti per applicare le misure del piano di gestione (riduzione dello sforzo di pesca dei pescherecci da traino, chiusure spazio-temporali). Ci sono anche incoraggianti primi segnali di ripresa degli stock ittici. Ad esempio, le chiusure spazio-temporali attuate nel Golfo del Leone, abbinate ad un’iniziale riduzione dello sforzo di pesca dei pescherecci da traino del 10%, hanno dimostrato la loro efficacia con una diminuzione delle catture di novellame fino di nasello al 55% realizzata nel 2020 rispetto alla media del periodo 2015-2017, per un obiettivo iniziale del 20%. Risultati positivi si osservano anche per le chiusure spazio-temporali intorno alle coste italiane». (rrm)

 

L’eurodeputata Ferrara (M5S) su inclusione Statale 106 nella Rete Ten-T Core

L’eurodeputata del Movimento 5 Stelle, Laura Ferrara, ha risposto alla lettera inviatale da Fabio Pugliese, in merito alla richiesta di includere la Statale 106 nella rete Ten-T Core, spiegando che, dopo le numerose sollecitazioni, «ora è responsabilità della stessa Commissione, la modifica o meno dei parametri sulle cui basi vengono costruite le Reti Ten».

«Come certamente saprà – si legge – oltre un anno fa, quindi a dicembre 2020, tramite interrogazione scritta chiedevo alla Commissione europea l’inclusione dell’INTERA area ionica calabrese nella revisione della rete Centrale Ten-T, nonché nei negoziati interistituzionali sull’MCE (Programma europeo finalizzato ad accelerare gli investimenti nel settore delle reti transeuropee per il periodo 2021-2027)».

«Successivamente, lo scorso 29 settembre – ha aggiunto – reiteravo le suddette istanze in una nuova interrogazione per la quale sono ancora in attesa di risposta da parte della Commissione europea. Atteso che la rete Ten-T dovrebbe garantire la coesione economica, sociale e territoriale e l’accessibilità a tutte le aree dell’Ue, comprese quelle più remote, stimolando in tal modo la crescita economica e la riduzione delle disuguaglianze, nella mia ultima interpellanza segnalavo alla Ceche non è più differibile la revisione almeno (e sottolineo almeno) della tratta ionica Taranto-Crotone da Rete Comprehensive a Core considerati i termini più ravvicinati di realizzazione previsti per la suddetta Rete (cioè il 2030 rispetto al 2050 previsto dalla Rete Comprehnsive)».

«Formalmente – ha proseguito – concludevo quindi la mia istanza ponendo alla CE i seguenti quesiti formali: “..come intende aggiornare la metodologia usata per conseguire gli obiettivi della politica Ten-T per garantire l’accessibilità e la connettività di tutte le aree europee e dell’area jonica calabrese?”- e ancora: “Intende rivedere i requisiti identificativi dei nodi principali della rete centrale per passeggeri e traffico merci, considerato che l’area in oggetto è logisticamente ottimale per i commerci e i flussi provenienti da Oriente e diretti verso l’Europa continentale?”».

«È facile e chiaro, dunque – ha proseguito – comprendere come la mia sia una posizione di tutela del diritto alla mobilità di tutta l’area ionica calabrese. La Commissione Europea è stata abbondantemente edotta e sollecitata su questo specifico tema attraverso tutti gli strumenti istituzionali a mia disposizione. Ora è responsabilità della stessa Commissione, anche a seguito delle diverse sollecitazioni giunte da parte mia, la modifica o meno dei parametri sulle cui basi vengono costruite le Reti Ten».

«Infatti – ha concluso – è proprio questo il principale ostacolo all’inserimento di nuove tratte, soprattutto per quanto concerne la Rete Core. Credo sia chiaro, alla luce delle risposte sul tema fornitemi dalla Commissione, che la stessa potrebbe valutare positivamente la proposta di inserimento della fascia ionica nella Rete Core essenzialmente sulla base dei criteri oggettivi stabiliti nella metodologia Ten-T. Ed è proprio sulla modifica di questa metodologia che personalmente sto sollecitando a più  riprese la Commissione europea e senza la quale qualsiasi richiesta potrebbe non essere accolta». (rrm)

Occhiuto a Bruxelles: Non voglio che la Calabria perda i fondi europei

«Non voglio che la Calabria perda i fondi europei». È quanto ha dichiarato il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto che, in questi giorni, si trova a Bruxelles per parlare con la Commissione Europea e anche «per dire a chi decide in Europa, che oggi la Calabria ha un presidente che vuole occuparsi personalmente di queste questioni».

Il Governatore, infatti, ha già incontrato insieme al direttore generale del Dipartimento Programmazione Unitaria della Regione Calabria, Maurizio Nicolai, il capo Unità della Direzione generale della Politica regionale e urbana, Willebrord Sluijters, con cui si è analizzato «l’andamento della programmazione 2014-2020, e per confrontarsi sui nuovi modelli per lo sviluppo delle aree interne e delle agende urbane della Regione».

«Abbiamo gettato le basi – ha spiegato – per avviare un percorso comune in vista della programmazione 2021-2027, uno strumento indispensabile per disegnare la Calabria dei prossimi anni: una Regione sempre più inclusiva, resiliente, con servizi adeguati, in grado di attrarre investimenti e di fornire opportunità».

«Per parte nostra – ha proseguito il presidente – ci impegneremo in merito ad alcune criticità che vogliamo definitivamente archiviare, come ad esempio il superamento delle procedure di infrazione per la depurazione. Far crescere la Calabria, migliorarla, poterla raccontare all’Italia e all’Europa, è una sfida che abbiamo accettato e che vogliamo vincere. Il riscatto del nostro territorio passa anche attraverso una nuova reputazione, che costruiremo giorno dopo giorno, con le buone pratiche e valorizzando i risultati positivi che saremo in grado di raggiungere». (rrm)