Lo stop della Corte dei Conti alla realizzazione del Ponte
Ma il progetto non si fermerà

di b SANTO STRATI La Corte dei Conti non dà il visto di legittimità al progetto del Ponte sullo Stretto di Messina e formalmente blocca l’opera di cui si attendeva la pubblicazione del relativo decreto del Cipess sulla Gazzetta Ufficiale. È un provvedimento che susciterà polemiche a non finire: da un lato già ieri sera i no-ponte esultavano di gioia, mentre chi crede ed è convinto delle grandi opportunità di sviluppo del territorio che l’Opera porterà ci è rimasto male. Delusi e confusi calabresi e siciliani per questa nuova “perdita di tempo” che farà slittare qualsiasi programma operativo. La Corte dei Conti, al termine di una lunga Camera di Consiglio ha bocciato la registrazione della Delibera del Cipess dello scorso agosto, negando il visto di legittimità necessario per sbloccare in via definitiva l’iter realizzativo. La Corte dei conti aveva chiesto al governo di spiegare in modo più approfondito la compatibilità del progetto con il parere negativo della commissione di Valutazione d’Incidenza Ambientale (VIncA), motivato con 62 prescrizioni. Per aggirare quel parere negativo, il 9 aprile il Consiglio dei ministri aveva approvato la cosiddetta relazione IROPI (Imperative Reasons of Overriding Public Interest, “motivazioni imperative di rilevante interesse pubblico”) dichiarando il ponte un’infrastruttura di interesse militare. La procedura seguita dal governo era stata contestata da associazioni ambientaliste e comitati, che avevano presentato ricorsi all’Unione Europea.

Tra le altre cose, i magistrati contabili avevano segnalato al governo aumenti delle spese non motivati, come quelli relativi ai costi per la sicurezza, passati da 97 a 206 milioni, e quelli per le opere compensative. Un altro rilievo riguardava l’esclusione dalla procedura dell’Autorità di regolazione dei trasporti, che interviene su concessioni, accesso alle infrastrutture e tariffe. Bisognerà attendere le motivazioni per capire su quali punti l’organo contabile dello Stato si è irrigidito, bloccando di fatto l’avvio dei lavori.

È un film già visto, purtroppo: se non ci fosse stata l’”insano” stop di Mario Monti e del suo governo nel 2011, oggi probabilmente calabresi e siciliani utilizzero tranquillamente il Ponte e tutta l’area dello Stretto avrebbe subito una sraordinaria trasformazione in termini di benessere, mobilità e sviluppo. Ancora una volta, forse pretestuosamente (a pensar male si fa peccato, diceva Andreotti, ma spesso ci si azzecca), c’è chi rema contro lo sviluppo del Mezzogiorno e dice sempre NO (M5S, tanto per fare qualche nome, assieme ai Verdi di Bonelli e Fratoianni) a qualunque idea di progresso e crescita del Paese, ma nel caso specifico del territorio delle regioni più derelitte d’Italia.

Per Calabria e Sicilia il Ponte significa un volano di sviluppo eccezionale: basti pensare che alla prima richiesta di presnetare candidature per manovalanza, hanno risposto il primo giorno in oltre 4.000. Questo conferma che il Sud ha fame di lavoro e non vuole più chiacchiere e “nientismi” inutili e dannosi. Il Ponte significa anche tantisismi posti di lavoro e un indotto formidabile per i territori: chi verrà a lavorare per il Ponte (occorre essere ottimisti, questo blocco è solo temporaneo) dovrà trovare un alloggio, mangiare, acquistare vestiti per sé, giocattoli per i bambini, un profumo per la moglie (o il marito), consumerà caffè e acqua al bar, solo per fare un modesto esempio di quanta ricchezza si vuole negare al territorio.

Il blocco – dev’essere chiaro – è temporaneo: bisognerà aspettare entro il 30 novembre le motivazioni per presentare, a chi compete, i necessari ricorsi. Non si ferma il progetto, ma si impone un ritardo illogico e ingiusto. Il Governo dovrà fare la sua parte e riproporre, motivando le ragioni di necessità e urgenza, una nuova delibera che ha il poter di travalicare la delibera odierna della magistratura contabile. Che dovrebbe badare alla correttezza dei conti e non entrare in valutazioni che, a naso, sembrano esulare dalle sue competenze.

Il Governo è, comunque, furioso: la premier Giorgia Meloni parla di “un ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento. I ministri interessati e la Presidenza del Consiglio hanno fornito puntuale risposta a tutti i quesiti formulati». La premier ha anche aggiunto che «per avere un’idea della capziosità, una delle censure ha riguardato l’avvenuta trasmissione di atti voluminosi con link, come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer. La riforma costituzionale della giustizia e la riforma della Corte dei Conti, entrambe in discussione al Senato, prossime all’approvazione, rappresentano la risposta più adeguata a una intollerabile invadenza, che non fermerà l’azione di Governo, sostenuta dal Parlamento»

Molto irritato il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini che parla di «scelta politica e un grave danno per il Paese», sottolineando che il progetto non si ferma: «Andremo avanti». Salvini ha poi stigmatizzato la sua posizione: «In attesa delle motivazioni, chiarisco subito che non mi sono fermato quando dovevo difendere i confini e non mi fermerò ora, visto che parliamo di un progetto auspicato perfino dall’Europa che regalerà sviluppo e migliaia di posti di lavoro da sud a nord. Siamo determinati a percorrere tutte le strade possibili per far partire i lavori».

Cosa succederà adesso? Di sicuro un ulteriore slittamento dell’inizio dei lavori di cui non viene cancellata l’esecuzione: è un ritardo che peserà sulle spalle dei calabresi e dei siciliani, soprattutto per quanto riguarda la creazione di migliaia di posti di lavoro, di cui il Sud ha estremo bisogno.

C’è da osservare che, da un punto di vista strettamente tecnico, anche in presenza del parere negativo della Corte dei Conti il Governo può ugualmente decidere di andare avanti con il progetto.

È stato, infatti, spiegato che nel caso in cui il controllo riguardi un atto governativo, secondo la legge, l’amministrazione interessata, in caso di rifiuto di registrazione da parte della Corte dei Conti, può chiedere un’apposita deliberazione da parte del Consiglio dei ministri. Quest’ultimo può ritenere, a sua volta, che l’atto risponda ad interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso.

Tra i diversi punti sotto la lente dei magistrati le coperture economiche, l’affidabilità delle stime di traffico, la conformità del progetto definitivo alle normative ambientali, antisismiche e alle regole europee sul superamento del 50% del costo iniziale. Le eccezioni sollevate durante l’adunanza della Sezione centrale della Corte, dal consigliere, Carmela Mirabella – secondo quanto riferisce l’Ansa – sarebbero state diverse: tra queste anche quella sulla competenza del Cipess, considerato organo “politico”.

Il ministro Salvini in un question time molto acceso alla Camera ha spiegato che «la Corte dei Conti ha deciso di sottoporre la valutazione alla sezione centrale di controllo», ma «si tratta di una scelta che non modifica il termine previsto per la determinazione sulla registrazione fissato per il 7 novembre». Salvini ha voluto sottolineare che il lavoro svolto sul progetto «è stato serio, articolato e trasparente nel rispetto delle norme italiane ed europee, è stata rispettata la normativa ambientale».  E ha ribadito che  «il ponte farà risparmiare tempo, denaro e salute».

Per cui, secondo il ministro non c’è  «nessuna violazione, nessun ritiro della delibera Cipess. Il mio impegno è fare questo ponte e farlo bene».

Salvini si è poi scontrato nuovamente con il deputato di Avs, Angelo Bonelli, che aveva posto l’interrogazione sull’opera da 13,5 miliardi e bollato come «vecchio di 26 anni» il progetto.

Secondo Bonelli, «Nella delibera Cipess ci sono gravi profili d’illegittimità che sono stati evidenziati dalla Corte dei Conti e in un paese normale un governo che rispetta la legge e le istituzioni avrebbe ritirato il progetto sul Ponte che sottrae 15 miliardi di euro ai cittadini dopo aver tagliato fondi al trasporto pubblico».

L’irritazione di Salvini si è stemperata con una battuta: «Se avessimo adottato le sue politiche del no, non avremmo l’autostrada del Sole e l’Av ma andremmo a cavallo nel nostro Paese». Poi, più serio, Salvini ha affermato che «Nessuna opera sarà definanziata per pagare il Ponte da Bolzano a Palermo. Ognuno la pensa come vuole, noi intendiamo andare avanti con il Ponte. Che un ponte non abbia interesse pubblico lo scopro oggi, un’opera pubblica che coinvolgerà 120 mila posti di lavoro e quindi dire di no a questi posti di lavoro mi sembra curioso da parte di alcune forze politiche o sindacali di sinistra».

Numerose le reazioni da parte delle forze politiche che sostengono la fattibilità dell’Opera.

Il Presidente della Regiona Calabria Roberto Occhiuto ha dato ragione al vicepremier Salvini: «La decisione della Corte dei Conti è un grave danno per il Paese. Il Ponte sullo Stretto non rappresenta solo una grande infrastruttura che il Mezzogiorno attende da decenni, ma anche un’immensa occasione per la Calabria e per la Sicilia: la concreta possibilità che queste Regioni hanno di dimostrare al mondo intero che sono capaci di condurre a termine opere straordinarie.

Il Sud vuole opportunità, vuole misurarsi con sfide entusiasmanti, vuole concorrere per creare sviluppo e per competere con il resto del Paese.

«Trovo assurda la presa di posizione della Corte dei Conti, ma sono certo che il governo andrà avanti in un processo ormai non più reversibile».

Analoga la posizione del sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Matilde Siracurano (compagna del Presidnete Occhiuto e deputata di Forza Italia): «Il governo ha creduto sin dall’inizio nella realizzazione del Ponte, un’infrastruttura non più rinviabile, indispensabile per lo sviluppo e la modernizzazione dell’intero Mezzogiorno. Attendiamo di leggere le motivazioni, ma è difficile comprendere la logica di una decisione che appare più politica che tecnica».

Secondo la deputata leghista Simona Loizzo, «Il Ponte sullo Stretto è un’opera strategica, inserita nel corridoio Ten-T, capace di creare sviluppo, essere motore per la crescita di Calabria e Sicilia e di tutto il Mezzogiorno. Eppure, la Corte dei Conti sceglie di bloccare tutto. Una scelta illogica, che non fa il bene del Paese, una ingerenza contro un Governo che vuole costruire».

Ovviamente, l’opposizione gongola per il temporaneo blocco dell’Opera. Il segretario regionale calabrese del PD, Nicola Irto, senatore e capogruppo in Commisisone Ambiente ha affermato che «La mancata approvazione della delibera CIPESS non è un cavillo tecnico, ma proprio la prova che il progetto bandiera della destra è stato costruito in fretta, senza basi giuridiche solide e con una gestione delle risorse a dir poco opaca. Una illusione, come abbiamo più volte detto. Meloni e Salvini hanno venduto agli italiani un’illusione, mentre gli organi di controllo dello Stato certificano che non tutto quello che si annuncia nei talk show può diventare realtà per decreto. È un fallimento politico e istituzionale: mesi di conferenze stampa, slogan e passerelle e alla fine l’illusione si ferma davanti alla prima verifica di legalità. Invece di cercare capri espiatori, il Governo dovrebbe fare autocritica e smettere la propaganda elettorale. L’Italia ha bisogno di serietà, non di cantieri fantasma».
Come si ricorderà, il Cipess (Comitato Interminisateriale per la Programmazione economica e lo Sviluppo Sostenibile) aveva varato la delibera sul Ponte lo scorso 6 agosto. A settembre la Corte dei conti, cui toccava verificare il rispetto da parte della delibera del Cipess di leggi e norme, aveva chiesto una serie di chiarimenti al governo sul progetto definitivo del ponte. Nelle sei pagine di osservazioni inviate alla presidenza del Consiglio, i magistrati contabili avevano espresso dubbi sulle procedure seguite dal governo, in particolare sulle deroghe ai vincoli di protezione ambientale e sull’aumento delle spese per la costruzione del ponte e delle opere collegate, come strade e ferrovie. Nelle scorse settimane erano stati gli ulteriori approfondimenti richiesti e la documentazione necessaria a sostegno della validità del progetto. ieri, inattesoa la bocciatura e il mancato visto che avrebbe autorizzato la pubblicazione della delibera Cipess sulla Gazzetta Ufficiale con il consgeuente avvio dei lavori preliminari già programmati.

L’amministratore delegato della Stretto di Messina Pietro Ciucci ha detto di aver accolto «con grande sorpresa l’esito del controllo di legittimità operato dalla Corte dei Conti che non ha ammesso al visto e alla conseguente registrazione la delibera Cipess n. 41/2025 del Ponte sullo Stretto. Tutto l’iter seguito è stato sempre svolto nel pieno rispetto delle norme generali e speciali italiane ed europee relative alla realizzazione del ponte. Restiamo in attesa delle motivazioni mantenendo l’impegno di portare avanti l’opera, missione che ci è stata affidata da tutto il governo e dal ministero delle Infrastrutture in attuazione delle leggi approvate dal Parlamento italiano».

Caustico il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha così commentato su Twitter (X) la decisione della Corte dei Conti: «Non è ammissibile che in un Paese democratico la magistratura contabile decida quali siano le opere strategiche da realizzare. Quella sul Ponte dello Stretto da parte della Corte dei Conti è una decisione che mi lascia esterrefatto e che arriva alla vigilia dell’ultimo voto in Parlamento per realizzare la riforma della giustizia. Il Governo andrà avanti».

Anche da parte siciliana c’è molta amarezza. Secondo il Presidnete della Regione Siciliana Renato Schifani si tratta di «una decisione che sa molto di ingerenza e che rischia di paralizzare l’azione di governo, ostacolando un’opera strategica per lo sviluppo dell’Italia e per il futuro della Sicilia.  Un conflitto apparente tra poteri che abbiamo già vissuto e segnalato anche in Sicilia. Il Ponte sullo Stretto  è un’infrastruttura attesa da decenni dai nostri cittadini e dal nostro sistema produttivo. Ribadisco la mia piena sintonia con il governo nazionale e con il ministro Salvini, che ringrazio per la determinazione dimostrata in questi anni. Continueremo a difendere con forza il diritto della Sicilia a colmare un divario infrastrutturale che dura da troppo tempo».

PD Calabria: Da relazione Corte dei Conti problemi e criticità su cui serve una risposta

Il PD Calabria ha denunciato come dalla relazione della Corte dei Conti sulle leggi regionali approvate durante il 2023, sono state rilevate un’infinità «di problemi e criticità sulle quali gli uffici regionali dovranno adesso rispondere».

«Tra le criticità segnalate dalla Corte – prosegue la nota dei dem – colpisce quella relativa alla legge con la quale si è dato sostegno al sistema aeroportuale calabrese, con uno stanziamento da 1,5 milioni di euro a titolo di rimborso delle spese sostenute da Sacal per il consolidamento delle rotte aeree degli aeroporti calabresi. La Corte chiede delucidazioni sia sui criteri di quantificazione della spesa che in ordine alla sua stessa copertura».

«Anche in questo caso – hanno detto i dem – avevamo invitato alla prudenza il governo regionale, ricordando che Sacal non può utilizzare come un bancomat la Regione, a prescindere dagli obiettivi che si vogliono perseguire. La Corte ha poi puntato l’indice anche sulla deroga al tetto per le assunzioni in sanità e sulla copertura finanziaria relativa alla riforma dei Consorzi di bonifica».

«Naturalmente – conclude la nota del gruppo del Pd – aspettiamo i chiarimenti da parte degli uffici regionali, ma non possiamo non rilevare, ancora una volta, la superficialità e la spregiudicatezza con le quali il centrodestra sta governando la Regione rischiando di provocare danni che potrebbero ripercuotersi in maniera significativa nell’immediato futuro». (rcz)

Bruni (PD): Discutere in sede istituzionale su criticità rilevate da Corte dei Conti su sanità e Pnrr

La consigliera regionale del Pd, Amalia Bruni, ha ribadito di discutere, in sede istituzionale, delle criticità rilevate dalla Corte dei Conti sulle «ben note criticità che interessano la nostra Regione soprattutto in materia di sanità, di lavori pubblici, e di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza».

«Nella relazione illustrata venerdì 23 febbraio – ha spiegato – il procuratore generale della Corte dei Conti, Ermenegildo Palma, richiamata l’attenzione sul fatto che impiegare in modo consapevole le ingenti disponibilità finanziarie di cui è destinatario il territorio regionale presuppone sia una visione lungimirante e realista nel programmare, sia la disponibilità di competenze tecniche nella realizzazione».

«Cose in cui l’Amministrazione regionale non brilla – ha aggiunto – tanto che, spiega il procuratore, le citazioni rispetto all’anno scorso sono rimaste invariate. Da professionista del settore, mi viene immediato mettere in luce le problematiche nella gestione sanitaria, evidenziando la presenza di una costante precarietà e di una confusione generata prima di tutto dalla presenza di numerosi commissari all’interno delle aziende sanitarie regionali. Oltre che dalla mancanza di controllo e di direttive chiare, che hanno generato un caos tra Dipartimento e Azienda Zero. Nonostante siano trascorsi tre anni, la situazione non è stata risolta».

«E dopo tanta enfasi, i bilanci consuntivi 2022 adottati a giugno 2023 a tutt’oggi – ha ricordato – non sono stati approvati. Doppi pagamenti, mancate opposizioni a decreti ingiuntivi per liquidazioni già effettuate, cattiva gestione della farmacia, impianti solari e termici che non funzionano nonostante i milioni buttati, mancato rispetto delle politiche di risparmio su fitti e gestioni immobiliari, proroghe continue dei servizi essenziali. Del resto proprio nella relazione si parla di diffusa omissione da parte della dirigenza responsabile del funzionamento delle strutture aziendali di iniziative invece obbligatorie».

«Il quadro delle criticità si completa con il ritardo nell’approvazione dei bilanci e nella progettazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), con particolare attenzione all’asse 6 relativo proprio alla sanità», ha affermato ancora Bruni richiamando anche «le responsabilità del governo per la confusione tra le responsabilità nazionali e regionali riguardo al Pnrr».

«C’è l’urgenza di completare la progettazione e rendicontare le opere entro giugno 2026. E visti i gravi ritardi nell’attuazione dei progetti e le innumerevoli criticità – ha concluso la consigliera Bruni – sarebbe il caso di spostare il confronto nelle sedi istituzionali, a partire da un confronto in Consiglio regionale per richiamare la Giunta e il presidente Occhiuto alle proprie responsabilità». (rcz)

I consiglieri Bevacqua, Tavernise e Lo Schiavo: Preoccupano dati su Pnrr della Corte dei Conti

I consiglieri regionali Mimmo Bevacqua (PD), Davide Tavernise (M5S) e Antonio Lo Schiavo (Misto) hanno espresso preoccupazione per i dati resi noti dalla Corte dei Conti calabrese in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, alla presenza del presidente nazionale Guido Carlino.

Dai dati dei magistrati è emerso come «sui cinque miliardi di investimenti del Pnrr per i trasporti, la Calabria non ha speso nemmeno un euro’», hanno riferito i consiglieri d’opposizione, «mettendo il dito all’interno di una piaga che, da molti mesi, segnaliamo invano al governo regionale».

«La relazione della Corte dei Conti si è concentrata anche sul nodo sanità dove viene evidenziato ‘un caos amministrativo’ che diventa totale nelle Asp – hanno proseguito i tre consiglieri di opposizione – come abbiamo comunicato più volte all’Ufficio del commissario che continua a fare orecchie da mercante e a trincerarsi dietro la sua narrazione social di una Calabria che funziona e che, purtroppo, si scontra con una realtà diametralmente opposta».

«Invitiamo, pertanto – hanno proseguito – il governo regionale a prendere atto dello stato dei fatti e ai rilievi della Corte dei Conti e venire a confrontarsi, finalmente, in maniera chiara e trasparente in Consiglio regionale sullo stato di avanzamento degli investimenti del Pnrr. Così come va fatta chiarezza sulle interlocuzioni in atto con il governo nazionale del quale la Calabria non può continuare a fare lo zerbino».

«Dopo i tagli ai fondi operati in maniera scriteriata e le somme stornate per finanziare il Ponte sullo Stretto e pagare cambiali elettorali a Salvini – hanno concluso – adesso è il momento di dire basta e fare partire un’operazione verità. Ancora più indispensabile alla vigilia dell’approvazione dell’autonomia differenziata che colpirà il Sud e la Calabria come una mannaia azionata dal governo più antimeridionalista della storia italiana». (rrc)

 

La Corte dei Conti approva piano di riequilibrio del Come di Bova Marina

La Corte dei Conti approvato il piano di riequilibrio proposto dal Comune di Bova Marina e, in corso di attuazione, «smentendo chi scommetteva sulla bocciatura e sulla dichiarazione di dissesto». Lo ha reso noto il sindaco, Saverio Zavettieri, sottolineando come «tale pronunciamento dimostra la solidità delle risorse, delle finanze comunali, la piena solvibilità dell’Ente nonostante l’ingente mole di debiti ereditati».

«La Corte dei Conti attesta l’inesistenza di un deficit strutturale pur in presenza di una scarsa capacità di riscossione a fronte di una notevole evasione che lascia ben sperare per il futuro – ha continuato il sindaco –. Questa buona notizia che arriva dalla Corte dei Conti ci consentirà di vivere più serenamente le festività natalizie godendo dei vari eventi programmati».
Procede in modo più che soddisfacente grazie al supporto dell’assessore comunale Francesco Plutino, la realizzazione del progetto “Natale Insieme 2023” che si articola in alcuni eventi di grande richiamo identitario e culturale quali il concerto di Cosimo Papandrea la sera del 23 dicembre in Piazza Stazione all’interno del progetto “Alica Festival” finanziato dalla Regione, in collaborazione col Comitato giovanile, che ripropone contenuti e percorsi storico- culturali comuni all’area grecanica al fine di renderla più unita e coesa.
E ancora, il Presepe Vivente organizzato per il pomeriggio del 27 prossimo nella Zona del Borgo, il rione più antico e originario della comunità di Bova Marina accompagnato dalle Note di Natale del Maestro Aldo Iacopino a cura dell’Associazione culturale “Il Castello” su incarico della Città Metropolitana; la notte del Bergamotto a cura della Pro-loco di Bova Marina nella serata del 30 dicembre con la presenza di numerosi stand di artigiani tipici della zona, l’esposizione e la degustazione di prodotti locali, l’esibizione di artisti da strada e l’apertura straordinaria di locali e pubblici esercizi della comunità bovese.
Per la Santa festa di Natale sarà allestita una illuminazione artistica di notevole impatto resa possibile dal patrocinio e da un contributo adeguato del Consiglio regionale al cui Presidente va il ringraziamento della Comunità bovese. (rrc)

Il Pd Calabria: La Corte dei Conti conferma le criticità che avevamo rilevato

Il Pd Calabria ha evidenziato come «eravamo stati facili profeti a rilevare le criticità delle operazioni portate avanti dalla giunta regionale. Adesso l’operato della Regione, in entrambi i casi fortemente anomalo, è stato certificato anche dalla Procura della Corte dei Conti».

Il gruppo del Pd in Consiglio regionale ha invitato a stemperare i toni trionfalistici del centrodestra, che continua a non vedere i gravi problemi che affliggono la Calabria.

«Per quanto riguarda Sorical – proseguono i consiglieri dem – è evidente che non tornano svariate decine di milioni di euro. Per l’esattezza, come sostiene la Corte dei Conti, sussiste un disallineamento contabile di più di 45 milioni relativamente ai crediti della Regione nei confronti di questa società, poi scomparsa di scena come per magia. Che ne è di questi debiti quindi anche in considerazione delle esposizioni che Sorical aveva anche nei confronti di Istituti di credito? Come verranno pagati?». 

«Ancora più complesso poi il quadro che emerge dalla relazione della Corte dei Conti per quanto riguarda il Consorzio unico di bonifica – sostengono i dem –. I magistrati contabili rilevano come assolutamente discutibile e non privo di rischi l’azzardo con cui ha proceduto la Regione. Come si può non considerare ad esempio che i Consorzi di bonifica sono soggetti delegati per legge al funzionamento di servizi strategici per l’economia regionale? Secondo la Regione i debiti accumulati fin qui, circa 40 milioni, dovrebbero onorarli i vecchi e ormai dissolti Consorzi di bonifica».

«Solo così, nell’intento della riforma della Cittadella, può nascere ed è nato il Consorzio unico di bonifica – continuano –. Al “fuoco” i vecchi debiti e si riparte con una unica e nuova società. Ma sarà mai possibile portare avanti una siffatta e spregiudicata operazione? Chi pagherà mai i 40 milioni di debiti dei vecchi Consorzi? Certamente prima o poi, di diritto o di rovescio finiranno sul conto della Regione. Così come i debiti Sorical. Riformare il sistema è sempre un bene per i calabresi. Onorare i debiti lo sarebbe ancora di più».

«Se a questo quadro – conclude il gruppo del Pd – si aggiungono i rilievi della Corte dei Conti in materia di sanità e i rischi evidenziati se si dovesse davvero attuare la proposta di autonomia differenziata voluta dal governo nazionale, c’è poco da stare allegri. E la maggioranza di centrodestra farebbe meglio a mettersi al lavoro per superare le criticità piuttosto che festeggiare sulla stampa». (rcz)

Corte dei Conti sulla Città Unica, le motivazioni che hanno portato alla nascita dell’idea

di FRANCO BARTUCCILa nascita dell’UniCal non ha portato ad una reale sinergia di collaborazione tra le istituzioni comunali e la stessa. In questi cinquantadue anni le Amministrazioni comunali interessate come la stessa Università, salvo il periodo iniziale del primo ventennio in cui esisteva un insistente continuo scambio di vedute e riunioni in ambito comunale, come pure da parte dell’Amministrazione Provinciale, non hanno dialogato e costruito quanto la legge istitutiva dell’Università ed il suo primo Statuto prevedevano in materia di rapporti collaborativi per lo sviluppo dell’Università e per la creazione della nuova grande e unica città.

Basta ricordare la Commissione di collegamento con gli Enti esterni prevista dallo Statuto, istituita nel 1987 dal Rettore prof. Rosario Aiello, ma mai entrata in funzione.

Eppure chiare erano le idee e i programmi che avevano i padri fondatori nell’impostare il tipo d’insediamento strutturale del Campus universitario nell’area a Nord di Cosenza ed in particolare tra contrada Arcavacata (Rende) e Settimo di Montalto Uffugo, scaturito da un concorso internazionale, con commissione di valutazione internazionale, indetto nel 1973 ch’ebbe il placet risolutivo, dopo un periodo di ricorsi giudiziari presso il Tar Calabria ad opera di studi tecnici esclusi dal gruppo dei vincitori, nel mese di luglio del 1974.

Le raccomandazioni della commissione giudicatrice internazionale per lo sviluppo dell’UniCal 

La commissione internazionale dopo aver fatto un attento esame sugli elaborati dei 67 progetti presentati nel mese di dicembre 1973 ne individuava cinque degni di una ulteriore valutazione  tramite una nuova fase concorsuale per la scelta definitiva, suscitando non poche polemiche e ricorsi giudiziari per come sopra specificato.

Nel prendere questa decisione la Commissione giudicatrice del concorso, nel proprio verbale, approvato dal Consiglio di amministrazione nella seduta del 17 gennaio 1974, presieduto dal Rettore, prof. Beniamino Andreatta, focalizzava delle raccomandazioni  per l’insediamento urbanistico dell’Università nel contesto di un territorio già urbanizzato ed in una fase di ulteriore sviluppo.

Se ne riportano a seguire le più importanti: 1) In considerazione del fatto che l’Università attirerà nella zona una numerosa popolazione di studenti, docenti, ricercatori, personale tecnico e amministrativo e relative famiglie, e che questi a loro volta attireranno un ulteriore numero di addetti ai servizi, per cui l’Università potrà diventare uno dei principali datori di lavoro della zona, le attuali proposte di piano regolatore di Cosenza, Rende e della Regione vengano modificate in modo da tener presente tali fatti e che tali piani regolatori vengano concordati con l’Università; 2) che si elaborino piani particolareggiati dei trasporti in vista del numero di persone interessate e i mezzi di trasporto di cui potrà disporre e che tali piani siano concordati fra le varie collettività e l’Università; 3) che in considerazione delle necessità di alloggio dei vari membri dell’Università e delle generali necessità dell’Università di spazi di vario tipo, si esamini la possibilità di utilizzare a tal fine edifici esistenti, soprattutto a Cosenza e che questa venga considerata un’occasione per ridar vita ad alcune zone della città e di restaurare alcuni dei suoi vecchi edifici.

L’UniCal e il Centro Storico di Cosenza

Il Consiglio di amministrazione nella seduta del 9 febbraio 1974 nomina una commissione di studio per l’insediamento di residenze nel centro storico di Cosenza; lo stesso Consiglio nella seduta del 5 giugno 1974 approva il verdetto della commissione giudicatrice del concorso internazionale che premia il progetto Gregotti per la parte delle strutture didattiche-scientifiche ed il progetto Martensson per quanto riguarda il complesso residenziale.

Ma il giorno che segna la svolta per dare inizio ai lavori di realizzazione del progetto strutturale dell’UniCal, dopo la bufera dei ricorsi giudiziari presso il Tar Calabria, è il 16 luglio 1974 quando il Rettore Beniamino Andreatta comunica al Consiglio di amministrazione che il Tar ha rigettato i ricorsi invalidanti e le istanze di sospensione del Concorso internazionale presentati da vari soggetti concorrenti e interessati al programma. La definizione delle controversie in maniera favorevole all’Università permette l’avvio della stesura della convenzione con il gruppo Gregotti e con il gruppo Martensson. 

La rivista La Nuova Città nel numero del mese di luglio 1974 pubblica un articolo con il titolo È piaciuto ad Andreatta il ponte sulle colline, nel quale lo stesso Rettore dice: «La futura Università della Calabria avrà la forma di un lungo ponte sospeso sulle colline di Arcavacata, da Nord verso la città. La grande Università è sul punto di partire. Messi da parte i dissensi, che sono stati spesso abbastanza aspri, il disegno di questo centro culturale legato al processo di sviluppo della Calabria e del Mezzogiorno deve essere ora coerentemente e fermamente realizzato».

«L’Università della Calabria è chiamata a dare prova della sua presenza dinamica, per poter superare le insidie che sono già dietro la sua porta. L’asse di Vittorio Gregotti sembra scongiurare il pericolo dell’isola culturale. Se esso parte verso la città, da Cosenza e da Rende parte un grande asse attrezzato che sembra proteso ad un incontro costruttivo con l’Università. Ancora meglio ora si delinea il disegno della nuova città, per la quale continuiamo a batterci carichi di fiducia. Il ponte del progetto vincente ci consente, pur avendone ancora una conoscenza piuttosto approssimativa, di guardare, anche in questa direzione, abbastanza lontano». (fb)

La Corte dei Conti della Calabria contraria alla fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero?

di FRANCO BARTUCCILa Corte dei Conti calabrese ha mostrato scetticismo sulla proposta di legge regionale della fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero in “città unica” e nell’urbe bruzia i politici contrari come quelli favorevoli si scatenano nell’esprimere giudizi di apprezzamento quanto di prudenza su quanto i giudici contabili hanno espresso nella loro relazione. Un atto che non appare vincolante per le amministrazioni comunali nell’accettare o meno la valutazione della Corte dei Conti.

Resta comunque il fatto che i giudici nella loro relazione scrivono quanto segue: “Tuttavia, è da considerare  al riguardo che oltre una certa soglia dimensionale la complessità dei processi può rendere meno agevole la gestione, soprattutto se la dimensione non corrisponde a un processo identitario consolidato, ma è dettata da logiche contingenti”.

Qui casca l’asino in quanto i giudici contabili dimostrano di non avere contezza e conoscenza (lo stesso vale per molti amministratori e politici locali) del come è nata la necessità di costituire tra i tre Comuni con l’aggiunta di Montalto Uffugo un’unica area urbana, o meglio la grande e unica nuova città della media valle del Crati. Probabilmente per mancate giuste e motivate informazioni che vale sia per i primi che per i secondi.

Si potrebbe definire un intervento astruso e fuori dal tempo dal momento che sono finora 52 anni, con l’istituzione dell’Università della Calabria, da quando tale materia è venuta alla luce, in considerazione del fatto che il Comitato Tecnico Amministrativo dell’Ateneo, presieduto dal Rettore, prof. Beniamino Andreatta, per dare seguito ad una legge dello Stato (12 marzo 1968, n. 442) deliberò di insediare la prima Università statale calabrese sui territori dei Comuni di Rende e Montalto Uffugo.

A proposito della legge istitutiva appare a questo punto importante fare un inciso sui “diritti negati” alle componenti docenti e non docenti per quanto riguarda il diritto alla residenzialità e che avrebbe consentito, se rispettata, di avere oggi un grande e non parziale campus universitario. Il riferimento è ai vari ricorsi che diversi dipendenti dell’Università hanno presentato nei primi anni agli organi giudiziari della città e della regione per avere il riconoscimento di tale diritto e che al contrario ci sono state delle sentenze definite da alcuni alla “Ponzio Pilato”, nel senso che anziché guardare al valore della “Giustizia” ci si è espressi in modo accomodante trovando soluzioni piuttosto “burocratici”,  non consentendo al personale di poter godere del diritto alla residenzialità come la legge stabiliva, creando così un danno enorme alla stessa università che ad oggi vediamo non completata nelle sue strutture.

Per ritornare alla questione della città unica è il caso di sottolineare che la decisione presa dal Comitato Tecnico Amministrativo dell’UniCal imponeva, quindi, la creazione di un’unica area urbana tra i due Comuni di Rende e Montalto Uffugo  per favorire, una volta realizzate le strutture, i vari servizi logistici e gestionali. Questo comportava, comunque, un collegamento e legame con la città capoluogo per varie ragioni storiche quanto amministrative e di supporto iniziale.

Sono esattamente 52 anni che mediaticamente e politicamente con cadenza periodica questo progetto, nei rispettivi territori e relativa società, è frutto di discussioni portandolo quindi ad essere considerato come un “processo identitario consolidato” in corso, che aspetta finalmente di trovare lo sbocco giusto con la immediata realizzazione.

Peraltro bene ha scritto e detto il prof. Walter Greco, docente di sociologia politica all’UniCal nel suo intervento pubblicato dal Quotidiano di Calabria mercoledì 9 agosto, affermando che i movimenti della popolazione hanno da tempo dato vita negli anni a un hinterland omogeneo, precisando che la città unica esiste ormai nei fatti a seguito di uno sviluppo edilizio esteso sui territori di Rende, Castrolibero, Settimo di Montalto Uffugo, creatosi in virtù proprio dell’insediamento universitario che ad oggi ha una popolazione di circa 25.000 studenti e oltre 1.600 tra docenti e non docenti tecnici-amministrativi con rispettive famiglie. È l’Università, quindi, che costituisce l’asse portante nella nascita della nuova città e nell’identificazione di un’area urbana più ampia adeguata ai suoi bisogni. (fb)

La sindaca di Vibo Limardo illustra gli esiti della sentenza della Corte dei Conti: Comune non va in dissesto

«Siamo davanti ad una situazione inedita a livello nazionale, certificata dalla stessa Corte nel passaggio finale in cui rimarca proprio l’aspetto di novità. Innanzitutto è bene ribadire come venga sancito un dato imprescindibile: l’ente non va in dissesto, e per la prima volta succede che la non omologazione di un Piano di riequilibrio non comporta automaticamente un dissesto». È quanto ha detto la sindaca di Vibo Valentia, Maria Limardo, in conferenza stampa per illustrare gli esiti della sentenza della Corte dei Conti – Sezioni riunite.

Alla conferenza hanno preso parte, oltre ai giornalisti, anche i cittadini, invitati proprio dal sindaco per diventare parte attiva di quello che vuole essere un processo di coinvolgimento totale della cittadinanza alla vita attiva dell’amministrazione comunale.

«Questo ci fa comprendere quanto delicata sia la materia e quanto invece, in questi giorni – ha detto – molti si siano lanciati in interpretazioni varie e stravaganti al solo fine di strumentalizzare un qualcosa che evidentemente non hanno letto e disconoscono. A conferma di ciò, posso anticipare che giorno 1 giugno siamo stati convocati al ministero dell’Interno, al tavolo che si occuperà appunto del caso Vibo. Un tavolo al quale noi andremo preparati, con le idee chiare ed una nostra proposta ben precisa. Successivamente intendo riconvocare la stampa ed i cittadini per informare tutti puntualmente sull’esito dell’incontro. Ritengo inoltre doveroso sottolineare, per rispondere ad attacchi strumentali, che il Comune non ha addossato ad altri colpe o responsabilità, ma ci siamo limitati, e qui lo ribadisco, ad evidenziare dati di fatto, che nella sentenza vengono messi nero su bianco».

«Eccoli: ha sbagliato il commissario che c’era prima di noi – ha evidenziato – ad avviare la procedura di riequilibrio oggi dichiarata inammissibile; ha sbagliato il Comune nel proseguire (anche se non poteva fare diversamente, pena un nuovo automatico dissesto), ha sbagliato il ministero nell’invitare il Comune a proseguire col Piano, ha sbagliato addirittura la sezione regionale della Corte dei conti nel non ravvisare l’inesistenza dei presupposti per l’avvio della procedura di riequilibrio».

«È questa la situazione con cui dobbiamo fare i conti. Fino all’incontro di Roma, però – ha continuato – è bene chiarire alcuni punti fondamentali: In questi anni il Comune ha avuto una parte attiva nelle materie del risanamento finanziario dell’ente (abbiamo sollecitato provvedimenti legislativi; attivato confronti con ministero dell’Interno e Mef; interloquito con Anci e Ifel; ottenuto contributi straordinari per quasi 16 milioni di euro; siglato il Patto per la Città con la presidenza del Consiglio), non siamo stati semplici spettatori».

«Sempre in questi anni – ha aggiunto il primo cittadino – sono stati conseguiti i seguenti risultati: da una massa passiva che la Corte dei conti ci quantificava in 65 milioni ci ritroviamo oggi con un disavanzo di 31 milioni; ricostituite totalmente le somme vincolate; abbattuti i tempi medi di pagamento dei debiti commerciali; realizzato una giacenza di cassa positiva, basti ricordare che nel 2013, anno del dissesto, avevamo in cassa 700mila euro ed oggi sono 40 milioni; finanziati gli espropri financo degli anni ’80; corretto gli errori gius-contabili precedenti al 2018 (contabilizzazione anticipazione di liquidità, riaccertamento straordinario dei residui, calcolo fondo crediti dubbia esigibilità, fondo contenzioso e passività potenziali)».

«Nel corso della procedura – ha detto ancora – abbiamo segnalato alla finanza locale che probabilmente il Piano di riequilibrio non era la soluzione giusta ai nostri problemi finanziari, chiedendo un intervento straordinario. Lo stesso ministero, invece, ci ha invitato a proseguire sulla strada del Piano, che oggi le Sezioni riunite hanno dichiarato essere sbagliata. Al suo insediamento nel giugno 2019, l’amministrazione non ha avuto i 90 giorni per approfondire la problematica. È salita su un treno già in corsa. Anche in questo caso era stata avanzata richiesta al ministero per avere i 90 giorni minimi, che ci è stata negata. A distanza di qualche mese la Corte costituzionale ha statuito l’illegittimità della norma del Tuel che non riconosce alle neo amministrazioni insediatesi dopo un avvio della procedura di riequilibrio i 90 giorni minimi per elaborare un Piano».

«La sentenza è innovativa – ha specificato – come dice lo stesso dispositivo, allorquando compensa le spese. Quindi ci troviamo di fronte ad un cambio di rotta giurisprudenziale, tant’è vero che per la prima volta la non omologazione del piano non comporta ipso iure una dichiarazione di dissesto. Il Mef ha certificato che gli indicatori socio-economici della nostra città sono tali da non garantire i Lep, cioè i Livelli essenziali di prestazione dei servizi pubblici che un ente locale deve erogare. È anche per questo che noi chiediamo lo stesso trattamento riconosciuto a città in difficoltà finanziaria come Roma, Napoli, Torino, Reggio Calabria, Palermo, Catania e Potenza».

«Per queste e per mille altre ragioni noi siamo assolutamente orgogliosi del percorso fatto fin qui e del contenuto di questa pronuncia – ha concluso – anche perché andremo a Roma con questa sentenza in mano, che ci dice che in queste condizioni non siamo in grado di garantire i Lep, ed un capoluogo di provincia non si può abbandonare a se stesso dopo un lavoro immane che è stato compiuto e dopo gli enormi sacrifici fatti dai cittadini. Andremo a rivendicare quanto di buono fatto e ad invocare a gran voce pari dignità per Vibo Valentia». (rvv)

VIBO – Il Comune: Scongiurata l’ipotesi di dissesto finanziario

È stata scongiurata l’ipotesi di dissesto finanziario per il Comune di Vibo Valentia. È quanto ha stabilito la Corte dei Conti – Sezioni Riunite, nel corso dell’udienza, ritenendo non valutabile il Piano di riequilibrio in quanto non vi erano i presupposti per ricorrere alla procedura avviata dall’allora Commissario Straordinario alla guida di Palazzo Luigi Razza.

Un caso unico nel suo genere, in quanto ha ribaltato le decisioni fino ad oggi assunte dalla magistratura contabile della regionale e dal ministero dell’Interno sul caso di Vibo.

Secondo la magistratura contabile non si poteva ricorrere alla procedura di riequilibrio e dunque il Piano non poteva essere adottato e quindi valutato, così come non potevano essere adottate le istruttorie successive del Ministero dell’Interno e della sezione regionale Calabria della Corte dei Conti. La decisione delle sezioni Riunite è dunque indipendente dal termine del 31 dicembre 2022 considerato nell’udienza del 18 gennaio 2023 perentorio per la rimodulazione e comunque con il Milleproroghe posticipato al 31 marzo 2023.

Non più una questione di termini ma la decisione è altra. Il Comune di Vibo Valentia non può andare in dissesto non perché sia stato bocciato il Piano, ma perché  il piano non poteva e non può essere valutato. La procedura di riequilibrio, come richiamato nella delibera n. 24 del 28 dicembre 2022 della Corte dei conti sezioni Riunite, è stata avviata prima dell’insediamento dell’amministrazione Limardo, per l’esattezza con delibera numero 18 del Commissario Straordinario adottata un mese prima delle elezioni.

Il Piano non si valuta e non si riformula e pertanto non ci sono i presupposti per dichiararlo bocciato e avviare il dissesto. Si dovrà ora lavorare per inquadrare insieme al Governo e al Ministero dell’Interno il nuovo scenario. 

Si porta a conoscenza di tutta la collettività del dispositivo letto al termine dell’udienza odierna con il quale il Collegio ha accertato la mancata produzione degli effetti di cui all’art. 243-quater comma 7 TUEL (dichiarazione del dissesto). Dispositivo in cui trovano invece applicazione gli art. 268 e 268 bis che rimandano, per l’adozione delle misure necessarie per il risanamento, all’intesa tra il Ministero dell’Interno e il sindaco. 

«Prendiamo atto – ha dichiarato il sindaco Maria Limardo, presente all’udienza – di una situazione nuova ed oggettivamente inaspettata, come delineata dalle sezioni unite, che se da un lato scongiura il possibile dissesto dell’Ente, dall’altro prospetta l’attuazione di nuovi strumenti che comunque non inficiano i risultati contabili, di alleggerimento del deficit strutturale, fin qui perseguiti anche per effetto di entrate derivate dall’attività intrapresa negli anni da questa amministrazione».

«Siamo altresì consapevoli – ha continuato – della complessità di una situazione che stiamo affrontando con tutti gli strumenti a nostra disposizione, con l’obiettivo che mai verrà meno che è quello di perseguire un’azione di risanamento che possa portare il nostro Comune nelle condizioni che merita». (rvv)