di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Il nodo alla gola e le lacrime agli occhi. Una commozione che sbuca lo schermo e si sente sulla pelle. Funerali di Stato, funerali di tutti.
“Nessuno è sicuro da solo“. Così, oggi, senza alcun imbarazzo per le lacrime, attorno a David Sassoli, per il suo congedo terreno, davvero in tantissimi.
A salutare un vero amico, si è sempre in tanti. E David lo era. Anche per chi non era mai riuscito a stringergli la mano, ma attraverso uno schermo televisivo, aveva incontrato il suo sorriso.
David Sassoli lascia all’Italia e all”Europa qualcosa che resterà impresso per sempre negli occhi e nella mente della gente: il suo mite sorriso. Non è scontato saper sorridere a questo mondo, nè che gli altri colgano il sorriso che dai. David ci è riuscito. A sorridere e far vedere agli altri che lo stava facendo, È in quel sorriso, infatti, che ha dato il meglio di sè.
Sassoli è stato un uomo fatto di una pasta speciale. Quelli come lui andrebbero davvero custoditi nelle nicchie come i santi. Ma ci si accorge di questi esemplari, quando il tempo è ormai davvero finito.
È stato modello impeccabile di responsabilità e mitezza, David Sassoli. Costruttore di valori e ideali. Portatore di credo e uomo politico con un senso altissimo dell’onore.
Italiano ed europeista. Tempra, credo, autorevolezza umana e istituzionale. Onestà intellettuale ed equilibrio.
Il paese non perde semplicemente il Presidente del Parlamento Europeo, un militante di partito, un padre di famiglia, ma un grande italiano, garante della Repubblica e della sua Costituzione. Un cristiano e uno scout. E io che lo immaginavo, un buon Capo dello Stato, perdo un pezzo di sogno.
All’unanimità, in una Roma Caput mundi d’inverno, l’Italia e L’Europa si ritrovano raccolte, in un dolore attivo, a salutare, un uomo ancora capace di arrossire ai complimenti. “Il compagno di banco che tutti avrebbero voluto avere”.
Il feretro di Sassoli, con la bandiera europea posata sopra, accompagnato da sei carabinieri in alta uniforme, diventa simbolo inequivocabile di ripresa e resilienza, umana coscienza, per l’Italia e i paesi dell’Unione. L’Europa intera. Tutti i giovani che in questo grande continente si vanno formando e impegnando.
David Sassoli ha lasciato a questa Europa, dal volto comunitario, messaggi di vera umanità. Versioni di vita importanti sulle quali discutere il futuro unitario del paese. Appunti essenziali su cui continuare a lavorare. Con le parole del grande Baden Powell: “Prova a lasciare questo mondo un po’ meglio di come l’hai trovato e quando arriva il tuo momento per morire, tu puoi morire felice nel sentire che in ogni caso tu non hai perso il tuo tempo ma hai fatto del tuo meglio”.
La morte corporale non è certamente la morte dell’anima, né del pensiero di un uomo. Di Sassoli, sepolto il corpo, resterà tutto il resto. La dignità, la passione e l’amore. Le tre parole con cui i figli Giulio e Livia, oggi, lo hanno voluto ricordare.
“DIGNITÀ. Di chi non ha mai fatto pesare la malattia a nessuno, né ora né dieci anni fa. ‘Sì, ma io c’ho da fa’’, continuavi a ripetere a tutti in ospedale, dimostrandoci che, in un mondo di scuse e giustificazioni, l’unico modo che conoscevi per combattere fosse continuare a lavorare, a conoscere, ad alimentare le tue infinite passioni, sorridendo.
PASSIONE. Per il lavoro, per le tue sfide. Ma ci insegni che avere passione vuol dire anche coltivare la sensibilità e la cura per le piccole cose, per la storia delle persone, cosciente che da ognuna si possa imparare e che ognuna meriti di essere ascoltata. Un uomo ambizioso, ma che non ha mai ceduto ad egoismi e sotterfugi, un uomo disinvolto, dal sorriso guascone e gli occhi vispi ma che arrossiva ai complimenti. Che ci insegna che la popolarità ha senso solo se si riescono a fare cose utili.
AMORE. quella parola che nelle tue ultime ore hai ripetuto più spesso, con le tue ultime forze e i tuoi ultimi sospiri. La pronunciavi e la ripetevi, la ripetevi, la ripetevi da sola, come un grido, come un’esortazione. Mi ha colpito perché fino alla fine non sei stato in grado di cedere allo sconforto, e fino alla fine ci hai parlato di speranza. (gsc)