“Questioni sociali e Nuova Sinistra”: la presentazione mercoledì a Catanzaro

Mercoledì 22 marzo a Catanzaro, a Palazzo De Nobili, la presentazione del saggio di Massimo Tigani Sava e Filippo Veltri Questioni sociali e Nuova Sinistra, edito da Local, nella nuova collana diretta dallo stesso Veltri. Il libro affronta il tema con un taglio storico e identitatrio (Tigani Sava) e politologico (Veltri).

L’iniziativa è organizzata dal Comune di Catanzaro e dall’assessore alla Cultura Donatella Monteverdi che intereverrà, con il presidente del Consiglio comunale Gianmichele Bosco all’incontro. Con loro il presidente della commissione cultura di Palazzo De Nobili, Nunzio Belcaro. Modera il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria Giuseppe Soluri. Conclusioni di Angelo Sposato, segretario generale di Cgil Calabria. L’ingresso è libero, l’incontro avviene alla Sala Concerti alle ore 17. (rcz)

 

L’atomo inquieto, di Mimmo Gangemi

di FILIPPO VELTRI  – Mimmo Gangemi ci regala con ‘’L’atomo inquieto’’ (Solferino) uno straordinario romanzo che inquadra la vita, i tormenti e i percorsi inquieti di un personaggio di cui si parla da decenni. È il fisico Ettore Majorana, scomparso misteriosamente  e sulla cui sorte sono nate decine di leggende, vere o false che siano, che hanno alimentato tutto un filone anche letterario (pensiamo solo al romanzo di Leonardo Sciascia). Ma anche un filone di cronaca che e’ stato a lungo legato persino alla Calabria, con  la leggenda di una sua permanenza nella Certosa di Serra San Bruno.

Uno straccione misterioso che abita in una baracca. Un incidente. Una notte tra la vita e la morte in cui riemerge il mistero di un passato inimmaginabile. Perché quell’uomo si è trovato, per decenni, al centro della storia. È stato un professore di fisica noto e reputato a Roma, ma scomparso in un giorno di primavera del 1938, presunto suicida. È stato uno scienziato al servizio di Hitler, in corsa contro il tempo per costruire l’arma definitiva, la bomba capace di vincere la guerra.

È stato un paziente in un sanatorio altoatesino, precario rifugio per ex nazisti braccati. È stato un tecnico di laboratorio in Venezuela, dopo essere arrivato in Sud America in compagnia di Adolf Eichmann. E poi è tornato di nuovo in Italia, ha attraversato altri luoghi e altre identità, fino a non averne alcuna se non quella di un disperato che campa di poco e niente in terra ionica: come a voler espiare, facendosi fantasma in vita, i troppi errori di troppe reincarnazioni.

Questo è Ettore Majorana, perché di lui si tratta, e in quell’unica notte rende in prima persona la sua confessione: una vicenda di guerre e di intrighi, di amore e di pericolo, attraverso cui il filo rosso della scienza e del progresso corre tingendosi, a tratti, di sangue.

Mimmo Gangemi riporta in vita una delle figure più interessanti ed enigmatiche del Novecento distillando dagli scarsi indizi e dalle molte congetture sulla sua scomparsa con una sontuosa e avvincente narrazione, tipica del Gangemi che ci ha regalato ineguagliabili pagine di letteratura come la Signora di Ellis Island, L’acre odore di aglio, Il giudice meschino e Il popolo di mezzo.

Ancora una volta emerge nitida la sua capacità di descrizione dei luoghi, “quel mare con onde senza forza di assalire la riva’’ o  “quel fruscio che si avverte solo nelle pause dei rumori del mondo’’.

E ancora: un Gangemi che scava nelle fonti come un vero romanziere storico cui aggiunge, pero’, uno stacco di scrittura facile e coinvolgente.

Gangemi stavolta ci restituisce un Majorana insieme fedele alla realtà storica e pienamente contemporaneo, nella tensione estrema tra scienza e morale che percorre la sua vita e nel dilemma tra dovere e libertà che segna anche il nostro tempo.

MIMMO GANGEMI
L’ATOMO INQUIETO
Solferino, ISBN 9788828210818

L’OPINIONE / Filippo Veltri: Il valore dell’Unical e le polemiche da pollaio

di FILIPPO VELTRI – «L’Unical ha laureato più di 100mila giovani calabresi, realizzando così quello che era il sogno dei padri fondatori: diventare fucina della classe dirigente»: così ha detto ieri mattina nel corso della cerimonia per i 50 anni di istituzione dell’ Ateneo di Arcavata il suo attuale Rettore, Nicola Leone. Il quale ha subito aggiunto: «anche il presidente della Regione ed io stesso oggi rettore dell’Unical abbiamo conseguito qui la laurea».

Leone ovviamente per assoluta modestia non ha aggiunto che egli stesso è oggi uno scienziato di valore mondiale. Ma il punto di fondo non è questo e sta invece in quella cifra di 100 mila giovani calabresi laureati in quella struttura. Per gran parte di quei 100 mila non sarebbe stato infatti possibile arrivare alla laurea visto che fuori dalla nostra regione non erano in grado le loro famiglie di sostenere i costi di 5 e più anni di studi. Sono invece arrivati al traguardo finale ragazzi di famiglie poverissime dei paesi più sperduti e lontani di tutta (rpt tutta) la Calabria, che in questi 50 anni hanno avuto la possibilità di farlo e poi di diventare qualcuno, non solo di trovare un lavoro.

Io ne conosco decine e decine di ragazze e ragazzi di Locri, di Isca sullo Jonio, di Mormanno, di Limbadi, di Caraffa del Bianco, di Cotronei e via discorrendo che si sono laureati in Ingegneria, in matematica, in fisica, in chimica, in lettere, in storia e hanno cambiato le sorti loro e delle loro famiglie. Ne conosco decine che oggi lavorano in prestigiose aziende o istituti di ricerca delle principali città europee e che occupano anzi postazioni di prestigio in grandi multinazionali.

Ieri mattina il magnifico rettore ha tracciato un bilancio dei primi tre anni del suo mandato: «Nel solo 2022 l’Unical ha già vinto bandi per più di 100 milioni di risorse del Pnrr. Si tratta di una grande opportunità. Siamo pronti a mettere competenze, progettualità e saperi a disposizione delle altre istituzioni per realizzare progetti ancora più ambiziosi. Siamo un ateneo moderno e abbiamo, tra i nostri obiettivi strategici, anche quello di garantire la copertura del cento per cento delle borse di studio» ed ha pure annunciato l’attivazione di una call aperta a scienziati di tutto il mondo per verificare se ve ne siano alcuni disposti ad assumere incarichi nell’ateneo di Arcavacata. «Ci sono manifestazioni d’interesse – ha aggiunto – molto lusinghiere».

Ovviamente ci sono anche ombre e non solo luci in questi 50 anni di storia di Arcavacata, che il mai dimenticato Beniamino Andreatta volle in quel modo per sprovincializzare una società ferma e abulica come quella calabrese. Ma quello che più colpisce in queste ore è che la scommessa vinta dall’Unical si accoppi da un lato a polemiche incomprensibili sul suo specifico ruolo e dall’altro – cosa più grave – ad una polemica da pollaio che sta agitando parte del mondo politico sulle istituzioni o meno di nuove facoltà nelle tre università calabresi, con toni da guerra municipalistica che ricordano ben altri periodi bui della nostra recente storia e che sono privi di qualsiasi visione d’assieme su come – ad esempio – debba essere il sistema universitario regionale e a quali sfide debba rispondere. Ancora una volta prevale il pennacchio e il campanile, magari per strappare qualche votarello a 5 giorni dalle elezioni agitando il vessillo facile facile della difesa della città.

Ma questa non è classe dirigente, è una classe buona per addomesticare un momento, una rabbia, un desiderio di rivincita ma non per costruire il futuro. Forse tra quei 100 mila giovani calabresi laureatisi in questi 50 anni all’ Unical ci sarà anche qualcuno degli agitatori di oggi della guerra delle Università. Ma non hanno appreso costoro la lezione – caro rettore Leone – di quello che ha significato questo ateneo per la cosa più bella di tutte: tenere cioè assieme, fare crescere, studiare, dormire, mangiare sempre tutti assieme, e magari lavorare ragazze e ragazzi di Reggio e Vibo, di Catanzaro e Cosenza, di Crotone e Castrovillari. Senza pennacchi o campanili. (fv)

L’OPINIONE / FIlippo Veltri: la buona politica per il 2022

di FILIPPO VELTRI – «Il punto dirimente per noi è uno solo: in Calabria non possiamo più pensare la politica come mero “casting elettorale”, non possiamo mortificare la democrazia come purtroppo si è fatto in questi anni riducendola a questione di liste, candidati e candidature. Interroghiamoci oggi, non tra cinque anni o alla vigilia delle prossime scadenze elettorali, su quale progetto della Calabria vogliamo costruire nei prossimi anni.  Lo ripetiamo: no liste  e candidature, ma progettualità e visione, risposte a ciò di cui i nostri territori hanno bisogno in termini di servizi, infrastrutture non solo materiali ma sociali ed educative, innovazione e ricerca». Queste parole sono state scritte poco prima di morire, due mesi fa, da un politico calabrese di lunghissimo corso. Si chiamava Costantino Fittante (1933-2021) e proprio nei giorni scorsi se n’è ricordata la figura a Lamezia Teme, nella città dove aveva fatto il sindaco, prima di diventare consigliere regionale e poi parlamentare della Repubblica.

Non ci può essere migliore viatico per l’anno nuovo che questo invito ad una buona politica, che dietro deve trascinarsi una buona società e una buona cultura etc, in una terra come la Calabria che ha appena eletto un nuovo presidente di Regione.

Scriveva sempre Fittante, con una lucidità da fare rabbrividire se si pensa alle condizioni in cui questo lascito è stato pensato, scritto e trasmesso: «…lanciamo l’invito, partendo dai bisogni reali dei territori e interloquendo con quelle realtà associative e produttive che conoscono direttamente le diverse problematiche, a promuovere un calendario di iniziative tematiche nelle diverse realtà della nostra Regione. Formulando proposte concrete e sottoponendole alla nuova amministrazione e al nuovo Consiglio Regionale. Con l’unico intento di rivitalizzare la democrazia e la partecipazione in una Regione che oggi appare rassegnata, ripiegata su se stessa, impotente di fronte a uno spopolamento che diventa sempre più drammatico nei numeri e soprattutto sul piano sociale e culturale».

Giusto a titolo di esempio. Sono decenni che si parla della sanità calabrese solo ed esclusivamente nei termini dell’emergenza, degli scandali o della sterile discussione “commissariamento si-commissariamento no’’. Ora la partita è chiusa con Roberto Occhiuto presidente e commissario. Ma proviamo a metterci attorno a un tavolo per capire di cosa abbia davvero bisogno la sanità calabrese oggi, in un contesto radicalmente cambiato dalla pandemia, che ha messo al centro la sanità territoriale e la medicina sempre più vicina alle case delle persone, fino a parlare di telemedicina.

I fondi europei e del PNRR saranno utilizzati per le case della salute sul territorio. Ottimo. Ovviamente non può bastare per lo stato comatoso in cui sono stati lasciati gli ospedali. La buona politica qui come non mai deve lanciare segnali forti di rottura di un sistema che ha gestito appalti, concorsi, nomine, primariati etc.

E ancora, un altro esempio. Nel territorio di Lamezia Fittante ricordava l’esistenza della più grande area industriale del Mezzogiorno. Vogliamo costruire un progetto di sviluppo che guardi alle più alte innovazioni da avviare in quest’area, da quelle che riguardano il campo agricolo ed alimentare a quelle del settore tecnologico-informatico, o vogliamo ancora inseguire chimere e spot?  E ancora. Cosa vogliamo fare dell’aeroporto internazionale di Lamezia Terme, considerato di rilevanza strategica dal governo e uno dei maggiori aeroporti del Sud Italia, nell’ottica di collegamento con il resto del Paese, l’Europa e il Mediterraneo?

Avviare una discussione in Calabria, partendo da una spinta propositiva che rimetta al centro la buona politica, che è capacità di intercettare i bisogni reali delle comunità formulando idee e proposte per rispondere alle esigenze della collettività è dunque non solo necessario ma indispensabile. Se si riduce la politica a liste e candidati, i calabresi continueranno a tenersi lontane dalle urne e soprattutto crescerà la distanza già abissale tra i cittadini e le istituzioni. Le elezioni e le candidature sono certamente un processo necessario in una democrazia: ma devono essere frutto di percorsi politici, non di casting all’ultimo minuto.

Noi – concludeva il suo appello il politico che ci ha lasciato da poco – «ci rivolgiamo a quanti si riconoscono in questa visione della politica, invitandoli a contribuire a realizzare un programma di iniziative che dia una spinta innovativa alla politica calabrese, ripartendo dai temi e dai contenuti. Il nostro appello è aperto al contributo di tutti i cittadini calabresi liberi, senza seconde o terze ambizioni elettoralistiche, con il fine principale di ossigenare la democrazia in Calabria, suscitare una nuova consapevolezza dei diritti, stimolare l’impegno di tutti per rendere questa terra da “emergenza” a Regione normale».

Appunto: una regione normale per una Regione funzionante. Solo la buona politica può ridare ossigeno e vitalità alla nostra terra e alle due erre, sia quella con la minuscola che quella con la maiuscola. (fv)

Un Sud diverso e migliore di Nicola Irto

di FILIPPO VELTRI – Nicola Irto è un politico a tutto tondo. È del Pd, tradizione Margherita, cioè democristiana sostanzialmente. Ha fatto il consigliere regionale, poi il Presidente del Consiglio Regionale ed ora di nuovo in Consiglio da capogruppo del suo partito, che è rimasto sempre il PD.

Di lui si dice che potrebbe essere il nuovo segretario regionale del partito di Letta,  se e quando si farà il congresso regionale dopo anni e anni di commissariamento. 

In  soldoni è questa la bio di Irto, che ora ci consegna inaspettatamente un libro, un bel libro, che Rubbettino ha mandato in stampa e in distribuzione con un titolo evocative e positivo, che è già tutto un programma di questi tempi.

Cosa dice, dunque, Irto? Proviamo a riassumere le quasi 150 pagine del saggio di colui che alcuni mesi fa era stato proposto per fare il candidato presidente della Regione del centrosinistra, da opporre a Roberto Occhiuto, ma poi lui stesso ha preferito mollare la presa, viste le tante contorsioni e incertezze del suo stesso partito.  

«L’assistenzialismo – scrive il giovane politico – ha prodotto solo distorsioni. Lo hanno dimostrato le politiche degli anni ’70, quando si voleva importare il modello settentrionale al Sud senza tenere conto delle specificità del territorio: un fallimento e un notevole spreco di risorse pubbliche. In quella fase abbiamo perso un’importante occasione di sviluppo per il Mezzogiorno. L’Italia necessita di una visione strategica, non di molti progetti, ma di pochi e realizzabili in tempi “normali”».

Ad un certo punto Irto scrive così: «…Sono consapevole che il Sud o, meglio, i Sud abbiano delle potenzialità enormi. Lo si dice e ripete da decenni, lo so, ma è su questo che bisogna puntare, con idee concrete, che guardino alle specificità del territorio, ma anche al futuro e all’innovazione: beni culturali, risorse ambientali e paesaggistiche, Ict, infrastrutture da realizzare (aeroporti, porti, alta velocità, strade)».

Ma che cosa è il Sud di Irto? È un luogo, il Mezzogiorno, che racchiude in sé cultura, storia, ambiente, paesaggio, mare, montagna, prodotti enogastronomici di alta qualità: un patrimonio immenso nella sua unicità. Partire dai tanti giovani intraprendenti e onesti, che sono la stragrande maggioranza, ricordando a Roma e a Bruxelles che quella un tempo battezzata Questione meridionale è invece una Questione comunitaria.

«Insomma – aggiunge ancora Irto –voglio rileggere i fatti e la storia con l’obiettivo di superare la sfiducia, perseguendo la strada del possibile, del necessario, del concreto, guardando sì alle specificità, ma anche alle innovazioni, le quali potrebbero consentire di creare delle attività legate all’economia dei servizi, del benessere e della cultura. Bisogna guardare alle necessità vecchie e attuali con spirito innovativo e futuristico. Si è spesso caduti, così, nel “paradosso del lampione”, attraverso il quale lo psicologo Paul Watzlawick sottolinea il fatto che spesso si cerca di risolvere i problemi nel modo più facile».

La complessità del tema della condivisione è il baricentro della visione comunitaria, ma va ricordato che, in un’epoca di sovranismi, è difficile far accettare a tutti l’idea di uno sforzo di solidarietà comune. È evidente che stiamo attraversando una fase della storia complessa e difficile.La fase immediatamente successiva alla prima ondata di emergenza sanitaria ha innescato tutta una serie di problematiche concomitanti, latenti da tempo, che questa situazione ha fatto risaltare in tutta la loro evidenza.

In molti Paesi la gente scende in piazza per chiedere maggiori diritti e più libertà. Gli Stati Uniti d’America – cartina di tornasole dell’Occidente – ne sono l’esempio più eclatante. L’Europa, come sempre, pare trovarsi in una dimensione quasi sospesa, in attesa di decidere il proprio futuro. 

Sarebbe questo il momento di risposte nuove a problemi nuovi e vecchi.

La conclusione di Irto è per sua esplicita ammissione aperta. «Ritengo che sia un esercizio molto complesso – scrive – offrire delle conclusioni a un argomento come quello al centro di questa pubblicazione. Numerose sono state le tematiche affrontate ma altrettanto numerose sono le questioni che restano aperte. Una conclusione è ben lontana dall’essere intravista, poiché complessi sono i problemi e difficili le soluzioni. Lo sappiamo bene. Uno dei temi più importanti è senza dubbio quello del futuro dell’Unione europea. Unione che a tratti è sembrata arrancare di fronte alle necessità di trovare soluzioni concrete, e soprattutto immediate, ai tanti problemi che la attanagliano, soprattutto in questo particolare momento storico, aggravato dalla crisi scatenata dalla pandemia del Covid-19. Fondi strutturali, Next Generation Eu (Recovery Fund), Mes, sono strumenti che però necessitano di un accompagnamento politico forte e deciso. L’emergenza sanitaria con i conseguenti lockdown si è trasformata in emergenza economica, in particolare per i Paesi che hanno un debito pubblico elevato e quindi gli scostamenti di bilancio per far fronte agli aiuti per famiglie e imprese in difficoltà, faranno sentire i loro effetti soprattutto in tali realtà.Vi è la necessità di investimenti concreti e immediati. Dobbiamo rilanciare l’economia: Europea, Italiana e del Mezzogiorno.La storia del mondo sin da quando esiste l’umanità è caratterizzata da fatti ed eventi che ne determinano il percorso, lo condizionano, lo modificano, lo deviano. Nella mente di ognuno di noi ci sono date che per vissuto personale o perché studiate sui libri di scuola hanno scolpito degli eventi che rimarranno per sempre indelebili nei nostri ricordi, date che segnano la fine di una fase e l’inizio di un nuovo corso della storia del mondo, ma anche delle nostre vite. Ma non bastano le risorse economiche ed è questo il punto cruciale. Occorre un progetto di lungo periodo, che individui la vocazione del Mezzogiorno, anzi, dei Mezzogiorno d’Italia, e che porti all’utilizzo delle enormi risorse nazionali ed europee sulla base di un criterio chiaro. Bisogna investire sulle giovani generazioni e sulla loro istruzione, sulla ricerca scientifica e sulla cultura nel senso più ampio del termine: insomma bisogna investire nel capitale umano e sociale’’.

UN SUD DIVERSO E MIGLIORE
di Nicola Irto
Rubbettino Editore, ISBN 9788849867435

Riconoscimento dal Parco Sila al giornalista e scrittore Filippo Veltri

Imporante riconoscimento a Filippo Veltri, apprezzato collaboratore di Calabria.Live. Per il suo impegno, i suoi articoli, i suoi saggi sulla Sila e la montagna calabrese gli è stata infatti consegnata una significativa targa dal Parco della Sila.La targa gli è stata consegnata a Camigliatello Silano dal gen. Franco Curcio, presidente del parco al termine delle cinque giornate formative Autumn school organizzate dal parco stesso e che hanno visto la partecipazione di docenti universitari e giovani provenienti da tutta la Calabria. Nella targa si esprime apprezzamento e stima per il costante impegno di Veltri alla valorizzazione dell’Altopiano silano. (rcs)

L’OPINIONE / Filippo Veltri: Il segnale netto che viene da Cosenza

di FILIPPO VELTRI – Vittoria netta ed inequivocabile dunque quella di Franz Caruso al turno di ballottaggio per l’elezione del sindaco di Cosenza. Sconfitto Francesco Caruso con 5mila voti di scarto. 57,59% la percentuale di Franz Caruso mentre Francesco Caruso ha totalizzato il 42,41%. Vittoria quindi inequivocabile, appunto, quella di Franz Caruso che vince in tutti i quartieri della città. Per quanto riguarda l’affluenza alle urne il dato finale, a Cosenza, è del 44,71%, 20% in meno rispetto al primo turno.

Fin qui le cifre e i numeri che dicono già quasi tutto. Quasi, appunto perché il segnale di Cosenza va ben oltre il Crati e il Busento, dove peraltro è fortissimo. Nella città dove Mario Occhiuto ha governato per 10 anni di seguito, due settimane dopo l’elezione del fratello Roberto a Presidente della Regione il candidato scelto proprio da Occhiuto viene, infatti, così clamorosamente trombato. C’è materia di discussione per Occhiuto Mario ma anche per Occhiuto Roberto, alle prese con una distribuzione degli incarichi in Giunta e Consiglio tutt’altro che facile e che il voto di ieri renderà più complicato ancora. La stessa divisione nel campo di Occhiuto (Mario) con l’assessore della sua Giunta municipale De Dicco che non solo si presenta a Sindaco contro il Caruso designato da Occhiuto (sempre Mario) ma addirittura al ballottaggio sceglie Caruso (Franz) e contribuisce non poco alla sua clamorosa affermazione.

Secondo elemento è il profilo politico del nuovo sindaco della città dei Bruzi: socialista da sempre, nel solco di una tradizione che sembrava in declino nella città di Giacomo Mancini e che è invece sotto traccia, in un fiume carsico, è riemersa.

Ma il segnale più prepotente che il voto di Cosenza lancia è uno solo: il centrosinistra se è unito (e in verità manco a Cosenza lo era fino in fondo) compete e può vincere. Va bene che Cosenza ha una sua tradizione ma è pur vero che favorito dal sistema elettorale Franz Caruso al secondo turno li ha uniti tutti o quasi. Poteva succedere lo stesso alla Regione? Non crediamo perché la scelta della Bruni ha scavato un solco che era già tracciato con la decisione di De Magistris e troppo forti le divisioni. Ma un dato lo si può scrivere ora a bocce ferme: e se fosse rimasta in campo la candidatura di Nicola Irto? Davvero a quel punto non si poteva tentare un risultato diverso da quello, assai modesto, ottenuto dalla Bruni, peraltro ora già fuori dall’orbita dei democratici con la sua decisione di iscriversi al Gruppo Misto della Regione, con motivazioni francamente incomprensibili.

Infine il segnale di Cosenza parla a Catanzaro, dove si andrà prima o poi al rinnovo del Sindaco che è in  orbita assessorato regionale. Saprà nel capoluogo regionale il centrosinistra ripetere l’operazione di Cosenza di un fronte unito? E il centrodestra dopo Sergio Abramo su chi si ritroverà dopo il maremoto delle Regionali che hanno finito con il fare eleggere un solo consigliere della città (peraltro della Lega)? (fv)

L’OPINIONE / Filippo Veltri: l’autunno del nostro scontento

di FILIPPO VELTRI – Inizia una stagione difficile e complicata, dopo un’estate stravolgente per mille fatti, per tutti quanti. Alle porte ci sono elezioni amministrative importanti, scelte complicate, decisioni da prendere, con una pandemia che continua a mietere vittime e contagi, in Calabria più che altrove.

Alle spalle la solita estate di veleni e di polemiche, in tutti i campi, con un territorio devastato non solo dagli incendi ma dalla solita mano dell’uomo che ha preso quello che c’era da prendere ed ha lasciato macerie e cumuli di immondizia dappertutto. Solo per dirne una ma l’elenco sarebbe assai lungo.

C’è, ci sarebbe, la necessità di un impegno collettivo, mai come questa volta generoso e non solo declamativo o compassionevole o, peggio ancora, distruttivo nel contemplare e denunciare le tante, troppe cose che non vanno. Questo compito lo portiamo a termine ogni giorno, da anni, da decenni, sulle colonne di questo giornale, con puntigliosità e concretezza, ma è davvero arrivato il momento di lasciarsi alle spalle il male peggiore che vive la nostra terra e cioè la lamentazione senza costrutto, senza positività, senza futuro, senza un appiglio per il domani.

Non possiamo permetterci un altro, ennesimo, autunno/ inverno del nostro scontento, rigirati e piegati sulle nostre lamentazioni. Intendiamoci: ne abbiamo tutte le ragioni di questo mondo, ma non basta più questo piagnisteo, amplificato ora in maniera insopportabile dall’ordalia dei social.

In verità, questa lamentazione non è mai bastata. È servita solo ad alimentare una sorta di  autorazzismo che invece di aiutare alla soluzione di problemi vecchi e nuovi ha creato prima e premiato poi una casta di politici, intellettuali, presunti tali etc etc che su quella univoca narrazione ci hanno marciato e ci marciano in maniera disinvolta, creando così carriere fulminanti e mirabolanti sulle macerie che loro stessi hanno contribuito a fare nascere.

L’altro giorno uno dei più grandi scrittori italiani, Antonio Scurati (l’autore del best seller M, milioni di copie vendute e tradotto in tutto il mondo) ha invece trasmesso un messaggio che verrebbe la voglia di copiare su tutti i muri della Calabria e farne anzi un vero e proprio mantra per bambini, giovani e meno giovani. Parlava delle devastazioni sulla costiera amalfitana ma era solo un pretesto. Ha scritto Scurati: “…Voglio credere che oramai un concetto fondamentale sia chiaro: la tutela del paesaggio non è solo nell’interesse di pochi idealisti nostalgici ed estetizzanti ma nell’interesse vitale di tutti. (…) L’Italia tutta esiste solo nel tempo, nel divenire della storia. È nel divenire – diceva Eraclito – che le cose si riposano’’.

Quindi la chiusa che invita alla cittadinanza attiva, alla ‘’tensione, appassionata, militanza di tutti coloro i quali vogliono e possono contribuire al futuro virtuoso di questa nostra terra meravigliosa. Non ci lasciamo scoraggiare. Non ci lasciamo sopraffare’’.

Sarebbe questo il senso di un nuovo, rinnovato impegno civico anche in Calabria, che va al di la’ del voto e dell’espressione del voto del prossimo mese (che pure e’ assai importante): non lasciarsi scoraggiare e sopraffare, impegnarsi, spendersi. C’e’ bisogno di tutti. (fv)