di ROBERTO DI MARIA – Lasciano a dir poco perplessi la dichiarazioni di Francesco Boccia, (PD) rilasciate durante in una intervista a Radio Immagina, una webradio a diffusione nazionale: «Non venga in mente a nessuno di togliere le risorse da una finalità e spostarle su un’altra. Non si tolgono le risorse dalla transizione ecologica per metterla sul Ponte sullo Stretto, per dire una cosa nemmeno tanto a caso. Su questo niente scherzi, patti chiari e amicizia lunga».
La prima considerazione, a caldo, è che questo Ponte sullo Stretto sia diventata veramente un’ossessione, per il partito di Boccia.
Una sorta di mostro da tirar fuori all’occorrenza, per lisciare il pelo alla parte più estremista del proprio schieramento politico, contrario, da sempre, alle Grandi Opere, di cui il Ponte è l’emblema più significativo. Un simbolo da ostacolare in ogni modo, come ci hanno chiaramente dimostrato le iniziative dei Ministri delle Infrastrutture degli ultimi due governi, esponenti del Pd o ad esso riconducibili.
Ma quello che ci meraviglia di più è il tono dell’ultimatum, degno di miglior causa.
In particolare, ci risulta incomprensibile la conclusione ”patti chiari, amicizia lunga”.
Qualcuno avverta Boccia, che il suo partito è all’opposizione, ovvero in una condizione in cui parlare di “amicizia” peraltro “lunga”, appare quanto meno fuori luogo. Ed è pertanto incomprensibile che venga messa in dubbio un’amicizia che non ha motivo di esistere, a meno di clamorosi accordi sotterranei, ignoti non solo a chi scrive, ma anche agli stessi iscritti del PD.
Nel merito, ovviamente non ci risulta nulla di vero in quello che vuol far credere l’esponente dem, ovvero che il governo mediti di finanziare il Ponte togliendo risorse alla transizione ecologica.
Appare, casomai, come l’ennesimo tentativo di offuscare l’immagine dell’Opera, sulla quale è stato detto di tutto, soprattutto a sinistra. Concentrandosi sull’aspetto che può destare maggior sdegno: il danno ambientale.
Peccato che Boccia ed i suoi suoi colleghi di partito dimentichino che proprio sotto il profilo ambientale la realizzazione del Ponte porterebbe con sé indubbi vantaggi. Innanzitutto per la drastica riduzione del traffico navale tra una sponda e l’altra, con abbattimento di tutte le emissioni inquinanti: per la sola CO2 è stata stimata una riduzione di 140.000 tonnellate l’anno pari al 93% di quella attuale. Ma sarebbe soltanto l’effetto più immediato.
Come è noto, le merci dalla Sicilia al continente e viceversa viaggiano quasi esclusivamente su gomma. Infatti, la necessità di traghettare i treni pone praticamente fuori mercato il trasporto delle merci su ferro, a causa dell’incidenza sui costi delle operazioni di sbarco ed imbarco. Occorre, inoltre, fare i conti con il limitato numero di traghetti disponibili e di approdi sulle due sponde.
Non a caso, il trasporto merci su ferro è ormai pressoché scomparso dalla rete ferroviaria siciliana, essendo limitato alla tratta Messina-Bicocca che conta una o due coppie di treni al giorno.
La presenza del Ponte e l’eliminazione della “rottura di carico” dello Stretto, comporterebbe il trasferimento su ferrovia di una quota significativa di merci, riattivandone il traffico nell’intera isola.
Il che non rappresenta un optional, ma un obiettivo di sostenibilità ambientale che la UE ha fissato da tempo, dandosi dei termini precisi: il 30% delle merci, su tutto il territorio europeo, deve viaggiare su ferrovia entro il 2030. Tale quota deve salire fino al 50% entro il 2050. Due obiettivi che, se non rispettati, non soltanto comporterebbero danni all’ambiente, ma anche pesanti sanzioni a carico del nostro Paese.
Quindi, almeno per i due effetti sopra rammentati, potremmo tranquillamente affermare che il Ponte sullo Stretto rappresenta un elemento fondamentale per la transizione ecologica. E, qualora fosse vero quanto paventato da Boccia, non ci sarebbe alcuna riduzione delle somme ad essa destinate.
Si rilassi, quindi, l’ex ministro per gli affari regionali e le autonomie, e pensi piuttosto a far recuperare credibilità al suo partito. Quella dell’opposizione alle grandi opere, soprattutto al Sud, non ci sembra una strada che abbia fruttato grandi consensi. Da uomo del Sud, dovrebbe comprenderlo molto bene. (rdm)