PONTE, INCAUTO “SCIVOLONE“ DI BOCCIA:
MA È IL PD A DIRE CHE NON SI DEVE FARE?

di ROBERTO DI MARIA – Lasciano a dir poco perplessi la dichiarazioni di Francesco Boccia, (PD) rilasciate durante in una intervista a Radio Immagina, una webradio a diffusione nazionale: «Non venga in mente a nessuno di togliere le risorse da una finalità e spostarle su un’altra. Non si tolgono le risorse dalla transizione ecologica per metterla sul Ponte sullo Stretto, per dire una cosa nemmeno tanto a caso. Su questo niente scherzi, patti chiari e amicizia lunga». 

La prima considerazione, a caldo, è che questo Ponte sullo Stretto sia diventata veramente un’ossessione, per il partito di Boccia. 

Una sorta di mostro da tirar fuori all’occorrenza, per lisciare il pelo alla parte più estremista del proprio schieramento politico, contrario, da sempre, alle Grandi Opere, di cui il Ponte è l’emblema più significativo. Un simbolo da ostacolare in ogni modo, come ci hanno chiaramente dimostrato le iniziative dei Ministri delle Infrastrutture degli ultimi due governi, esponenti del Pd o ad esso riconducibili.

Ma quello che ci meraviglia di più è il tono dell’ultimatum, degno di miglior causa.

In particolare, ci risulta incomprensibile la conclusione ”patti chiari, amicizia lunga”. 

Qualcuno avverta Boccia, che il suo partito è all’opposizione, ovvero in una condizione in cui parlare di “amicizia” peraltro “lunga”, appare quanto meno fuori luogo. Ed è pertanto incomprensibile che venga messa in dubbio un’amicizia che non ha motivo di esistere, a meno di clamorosi accordi sotterranei, ignoti non solo a chi scrive, ma anche agli stessi iscritti del PD.

Nel merito, ovviamente non ci risulta nulla di vero in quello che vuol far credere l’esponente dem, ovvero che il governo mediti di finanziare il Ponte togliendo risorse alla transizione ecologica. 

Appare, casomai, come l’ennesimo tentativo di offuscare l’immagine dell’Opera, sulla quale è stato detto di tutto, soprattutto a sinistra. Concentrandosi sull’aspetto che può destare maggior sdegno: il danno ambientale.

Peccato che Boccia ed i suoi suoi colleghi di partito dimentichino che proprio sotto il profilo ambientale la realizzazione del Ponte porterebbe con sé indubbi vantaggi. Innanzitutto per la drastica riduzione del traffico navale tra una sponda e l’altra, con abbattimento di tutte le emissioni inquinanti: per la sola CO2 è stata stimata una riduzione di 140.000 tonnellate l’anno pari al 93% di quella attuale. Ma sarebbe soltanto l’effetto più immediato.

Come è noto, le merci dalla Sicilia al continente e viceversa viaggiano quasi esclusivamente su gomma. Infatti, la necessità di traghettare i treni pone praticamente fuori mercato il trasporto delle merci su ferro, a causa dell’incidenza sui costi delle operazioni di sbarco ed imbarco. Occorre, inoltre, fare i conti con il limitato numero di traghetti disponibili e di approdi sulle due sponde.

Non a caso, il trasporto merci su ferro è ormai pressoché scomparso dalla rete ferroviaria siciliana, essendo limitato alla tratta Messina-Bicocca che conta una o due coppie di treni al giorno. 

La presenza del Ponte e l’eliminazione della “rottura di carico” dello Stretto, comporterebbe il trasferimento su ferrovia di una quota significativa di merci, riattivandone il traffico nell’intera isola.

Il che non rappresenta un optional, ma un obiettivo di sostenibilità ambientale che la UE ha fissato da tempo, dandosi dei termini precisi: il 30% delle merci, su tutto il territorio europeo, deve viaggiare su ferrovia entro il 2030. Tale quota deve salire fino al 50% entro il 2050. Due obiettivi che, se non rispettati, non soltanto comporterebbero danni all’ambiente, ma anche pesanti sanzioni a carico del nostro Paese.

Quindi, almeno per i due effetti sopra rammentati, potremmo tranquillamente affermare che il Ponte sullo Stretto rappresenta un elemento fondamentale per la transizione ecologica. E, qualora fosse vero quanto paventato da Boccia, non ci sarebbe alcuna riduzione delle somme ad essa destinate.

Si rilassi, quindi, l’ex ministro per gli affari regionali e le autonomie, e pensi piuttosto a far recuperare credibilità al suo partito. Quella dell’opposizione alle grandi opere, soprattutto al Sud, non ci sembra una strada che abbia fruttato grandi consensi. Da uomo del Sud, dovrebbe comprenderlo molto bene. (rdm)

Francesco Boccia ha incontrato i lavoratori, curandi e imprenditori delle Terme Luigiane

di FRANCO BARTUCCI – Le Terme Luigiane sono chiuse e sono state oggetto in questo  anno  di accanite discussioni, manifestazioni di protesta e denunce da parte dei lavoratori nei confronti dei due Comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese, titolari della concessione, e della Regione Calabria, proprietaria delle sorgenti, tre calde e una fredda, dalle quali fuoriescono 40 litri di acqua sulfurea calda a secondo e 60 litri a secondo di acqua fredda.

Un patrimonio gestito dalla Sateca, quale sub concessionaria, negli ultimi 84 anni con grande successo nel senso che in otto mesi di servizio nell’arco di un anno, da maggio a dicembre, utilizzando tutta l’acqua disponibile sono riusciti ad accogliere dalle 22/25 mila curanti erogando circa 500 mila prestazioni curative.

L’idea di porre fine al monopolio di gestione dei servizi termali ad opera della Sateca ha portato i due sindaci ad adottare un regolamento di distribuzione delle acque termali secondo il principio della concorrenza tra più soggetti, utilizzando come punto di sostegno il vecchio stabilimento comunale San Francesco, se non addirittura il rilascio di sub concessione anche ai titolari degli alberghi interessati ed operativi nell’area.

Un disegno che ha portato a ricusare un accordo precedentemente assunto dalle parti l’8 febbraio del 2019 che prevedeva un trapasso dolce di passaggio tra la vecchia gestione Sateca e il nuovo sub concessionario che i due comuni avrebbero dovuto individuare con l’indizione di una gara pubblica europea. Tutto questo non è accaduto e le Terme Luigiane per la stagione 2021 sono rimaste chiuse,  impedendo ai curanti di usufruire delle loro cure, con danni economici e finanziari gravi, sia per i lavoratori che per l’indotto del territorio.

Oggi, questi luoghi sono stati visitati dall’on. Francesco Boccia, già Ministro agli affari regionali e le autonomie nel secondo governo Conte, responsabile enti locali e Commissario PD della Federazione di Cosenza, accompagnato da Maria Locanto, vice commissario e candidata al Consiglio regionale.

È stata una visita importante ed un incontro in cui sono maturati impegni strategici e nuovi mirati a salvare le Terme Luigiane, ridando la dignità di lavoro alle persone che vi prestavano servizio, come il diritto alle cure per tutti i curanti, ma soprattutto ridare forza e valore allo sviluppo dell’area e del territorio  gravitante attorno alla cittadella termale.

«Non si possono chiudere le Terme Luigiane, prima ancora di avere individuato un nuovo sub concessionario, così come prevedeva l’accordo sottoscritto dalle parti presso la Prefettura di Cosenza l’8 febbraio 2019, ma soprattutto dal buon senso delle persone rispettose delle regole della buona amministrazione in qualsiasi ente comunale», è stata la prima dichiarazione fatta dall’on.Boccia, ad apertura dell’incontro con i lavoratori delle Terme Luigiane.

Tutta la solidarietà e vicinanza è stata manifestata dal commissario provinciale del PD cosentino ai lavoratori, invitandoli ad essere uniti nella lotta finalizzata alla riapertura delle Terme Luigiane, che possono avere un futuro grazie ai finanziamenti previsti dal Pnrr per il Sud, in cui sono destinati consistenti fondi per il recupero e la valorizzazione degli antichi borghi e territori interni.

«Noi saremo molto vigili – ha proseguito – sia in caso di elezione di Amalia Bruni alla presidenza della Regione, come nel caso in cui dal voto saremo costretti a svolgere un ruolo di opposizione avendo fiducia che invece saremo premiati dall’elettorato calabrese, a cominciare dai cittadini del comprensorio territoriale termale. Noi saremo qui con dei gazebo per stimolare e sensibilizzare l’opinione pubblica e la società in genere ad occuparsi ed essere vicino alle politiche di sviluppo del territorio ed alla rinascita del complesso termale».

«È preoccupante quanto accaduto – ha concluso – che ha creato le condizioni di chiusura di questo importate complesso termale, mentre sappiamo bene quello che succede quando le crisi portano alla chiusura di un’azienda  e riportarla in vita costituisce sempre un grosso rischio ed una fatica enorme, che si supera stando uniti nelle azioni di rivendicazione e di studio delle forme del suo rilancio». (fb)

Regionali: Boccia chiama Oliverio che conferma di presentare sue liste

di SANTO STRATI – Chi si fosse illuso che la scesa in campo dell’apprezzata ricercatrice scientifica Amalia Bruni avrebbe risolto tutti i problemi del centrosinistra per le prossime elezioni regionali mostra di conoscere poco i dem calabresi e per gran parte di loro l’evidente impossibilità di essere “normali”. Ovvero di pretendere dalla dirigenza romana il dovuto rispetto della base e del territorio e non accettare supinamente ogni nuova “trovata” (pur se rispettabilissima) del nome da spendere per fare scena. Là dove non c’è nemmeno il palcoscenico e gli attori sono ancora in cerca di scrittura. Siamo, ormai, alla farsa e se ci mettiamo un bel coro potremmo persino suggerire il modello di tragedia greca che era una caratteristica dei nostri territorio svariati secoli prima di Cristo. Il passo è breve e, così continuando, non è improbabile qualche ulteriore colpo di scena a sinistra (a destra si stanno a attrezzando a devastare un disegno pressoché vittorioso), tanto che c’è solo da attendersi di tutto e di più. Gli uscenti vogliono essere riconfermati, quelli che non sono entrati lo scorso gennaio reclamano uno strapuntino e i nuovi aspiranti pretendono spazio e riconoscimenti: vale per la sinistra, ma il quadro si attaglia perfettamente al centro-destra, dove s’intuiscono future liti furibonde.

Così, Mario Oliverio, contattato da Francesco Boccia, artefice con il sodale commissario regionale Stefano Graziano delle scelte calabresi sulla testa dei calabresi, ha affidato a Facebook le sue considerazioni sulla telefonata ricevuta. «Dopo esser stato immotivatamente e reiteratamente escluso dalla discussione interna – scrive l’ex presidente della Regione –, nei giorni scorsi ho ricevuto una telefonata di Francesco Boccia, responsabile nazionale degli enti locali del Pd.

«Primo contatto con un dirigente nazionale, da oltre un anno e mezzo, dopo le ben note vicende che mi hanno riguardato. Lo ringrazio pur se è chiaro si tratta di un approccio tardivo, visto il quadro che si è già determinato. È evidente, come ho già avuto modo di dire a Boccia, la totale assenza di un progetto partecipato, inclusivo e condiviso e la mancanza di un impianto di fondo anche attorno a quest’ultima candidatura della neurologa Bruni.
Il tentativo di rastrellare adesioni a cose già fatte del tipo “prendere o lasciare” non è la risposta adeguata alla necessaria partecipazione ed al clima positivo che sarebbe necessario.
Resta ancora da verificare quale sia il pensiero del segretario nazionale Enrico Letta su un’azione confusa e improvvisata che ha caratterizzato questi lunghi mesi.
A lui ho rivolto una lettera e ripetuti appelli e ho chiesto di relazionarmi in merito ad una situazione che vede la mia terra ed il Pd in una profonda crisi d’identità che purtroppo non potrà non avere nuovi effetti negativi sul piano elettorale.
«Registro – ha scritto Oliverio – il risultato della conferenza stampa tenutasi ieri tra la candidata Bruni ed il promotore di “Tesoro Calabria” Tansi il quale continua con feroci accuse nei confronti di tutta la classe dirigente del PD e finanche ieri ha messo in scena i suoi soliti slogan contro quello che definisce il “Put” (partito unico della torta).
Come si possa farneticare di coalizione larga ed alleanze in queste condizioni, sfugge all’umana comprensione ed anche su questo sarebbe interessante sentire il parere del segretario.
Solo una drammatica perdita di contatto con i territori e distacco dalla realtà impedisce di cogliere il malessere diffuso che si è determinato nel popolo del centrosinistra e delle forze democratiche. Ciò malgrado si continua imperterriti in una gestione commissariale del PD burocratica, con la sospensione della vita democratica e la negazione di ogni forma di
partecipazione. La mia decisione di stare in campo per la prossima competizione elettorale risponde alla necessità di contrastare la deriva negativa a cui stiamo assistendo. Il nostro obiettivo è quello di competere per sconfiggere la destra che tanti guasti sta consumando sulla pelle dei calabresi. Ciò dovrebbe essere il vero interesse di tutto l’arco delle forze democratiche, progressiste, di sinistra.
«Rimango convinto che la soluzione praticabile, entro tempi stretti, per una reale ricomposizione ed unità del campo del centrosinistra, resti quella di indire democratiche primarie aprendo un confronto vero su idee, programmi e persone così come è stato fatto a Roma, Bologna e Torino. Cos’ha la Calabria di diverso da queste realtà? Anche la Calabria è parte dell’Italia ed in questa regione non si capisce perché viene impedito quello che giustamente è consentito altrove. Resto disponibile ad un sereno, costruttivo confronto con il segretario nazionale del partito perché sono convinto che debba vincere la politica e non la sua attuale negativa rappresentazione».
Fin qui Oliverio, ma le acque si stanno intorbidendo in maniera irreversibile su tutti i fronti. L’abbraccio di Tansi alla Bruni potrebbe trasformarsi nel “bacio della pantera” e regalare a De Magistris consensi; le chiassate dei Fratelli di Giorgia che ritornano a parlare di Wanda Ferro sono benzina buttata sul fuoco su una coalizione che faceva della sua unità il vero punto di forza. I cosiddetti civici, peraltro, sembrano impegnati con il sindaco di Napoli a fare una sorta di tarantella un po’ avanti e un po’ indietro, a seconda delle giornate, senza veri significativi progressi. In questo contesto va registrato il ritiro della candidatura di Ernesto Magorno (della serie, una provocazione e niente più la sua scesa in campo), mentre sul Movimento Cinque Stelle sta calando la desolazione più acuta. E nonostante questo, i pentastellati riescono ancora a convincere (?) di contare qualcosa, anche se sul territorio a malapena rappresentano risibili gruppi degli ultimi idealisti filogrillini o filocontiani che in Calabria nessuno si fila più.
Eppure, a Roma il Pd (grazie al segretario Letta) continua a stare col cappello in mano davanti alle abili mosse dell’ex premier Conte che, volere o volare, ha messo in piedi non un Movimento rinnovato, ma il cosiddetto PdC (Partito di Conte), con buona pace dell’ex (?) comico (che non riesce più nemmeno a prendersi sul serio da solo) e dei suoi ultimi seguaci. In conclusione, si preparano fuochi d’artificio, ma non c’è nulla da festeggiare se non la sconfitta della politica e, soprattutto, la conferma che la Calabria non conta nulla e a nessuno interessa più di tanto della Calabria. (s)

Euforia (ma anche perplessità) alla prima uscita della candidata Amalia Bruni

di SANTO STRATI – Accolta con entusiasmo e quasi euforia la prima uscita pubblica da candidata della scienziata Amalia Bruni, designata a correre da Presidente alla prossime regionali: all’incontro di ieri pomeriggio a Gizzeria Lido ci sono state solo dichiarazioni di affetto e vicinanza, quasi una “liberazione” dall’incubo Crotone (alle ultime amministrative il PD non presentò nemmeno la lista) e l’impagabile desiderio di vedere terminare la lotteria dei nomi di queste ultime settimane.

La scienziata gode di ottima fama in Calabria, è una storia di eccellenza senza dubbio, ma sconta una sorta di “impreparazione” politica che rischia di esplodere a fronte delle “abitudini” politiche della sinistra, divisiva e rancorosa più che mai in questa tornata elettorale. Di sicuro qualche preoccupazione a Luigi De Magistris l’annuncio della sua candidatura l’ha data, visto che il sindaco di Napoli, in corsa con una sua lista civica alla Presidenza della Regione, ha fatto lanciare un singolare appello alla Bruni dalla coalizione che lo sostiene:  «di non candidarsi a presidente e sostenere invece la nostra coalizione civica e popolare che da mesi è impegnata per costruire un’alternativa politica che metta insieme rottura del sistema e capacità di governo. Proprio per la stima professionale che riponiamo nella dr.ssa Bruni, per la sua attività di ricerca scientifica, riteniamo che lei non possa prestarsi ad un’operazione di maquillage politico ad opera di partiti che sia a livello nazionale e soprattutto per il PD a livello regionale hanno contribuito allo smantellamento della sanità pubblica. La nostra è l’unica coalizione in grado di garantire diritti e servizi, al posto di privilegi e concessioni, perché composta da persone oneste, libere, autonome, competenti e coraggiose. Se il nostro appello dovesse cadere nel vuoto vuol dire che prevarranno i burattinai di questa operazione che hanno l’intento politicamente maldestro di contribuire a rafforzare la candidatura del candidato di centro destra Roberto Occhiuto. Il sistema che si unisce contro de Magistris. La nostra chiarezza e forza è quella di rivolgerci al popolo calabrese che saprà distinguere, come in un referendum, il voto al sistema di potere trasversale e clientelare, che blocca la Calabria e mira a perpetuarsi, anche con l’inganno di facce presentabili, e il voto per la liberazione della Calabria».

Come considerare queste dichiarazioni? Sono il segnale della consapevolezza che separati non si va da nessuna parte o è una sorta di apertura nei confronti della sinistra che ha deciso comunque di non votare in alcun modo l’ex magistrato e attuale primo cittadino di Napoli? Perché, sia chiaro, l’opzione di un ritiro di De Magistris – qualora vi siano le condizioni – rimane sempre in piedi, anche se il diretto interessato tira dritto e smentisce qualsiasi ipotesi di cedimento. Ma se si arrivasse a un compromesso, quale potrebbe essere lo scenario che andrebbe a delinearsi? Sicuramente ci dovrebbe essere una rinuncia della Bruni e servirebbe un terzo soggetto che riuscisse a mettere insieme i vari umori della sinistra calabrese e che fosse espressione del territorio, frutto di un confronto con la base, di un dibattito “tra compagni” (come si usava una volta) e non, come nel caso della scienziata di Girifalco, di una “scelta” calata dall’alto.

Difatti, si continua a insistere nell’errore, immaginando che un nome di grande suggestione e di grande richiamo possa – improvvisamente – appianare dissapori e maldipancia. Gli umori captati da Calabria.Live ancora ieri sul territorio non sono dei migliori, pur con tutto il rispetto e l’ammirazione per il ruolo di scienziata, «simbolo di coraggio e speranza» (parole di Boccia) «che ora deve diventare patrimonio collettivo».

La prof.ssa Amalia Bruni riesce a raccogliere consensi quando parla, il suo sorriso mostra sicurezza e nasconde bene una grinta che non le manca, ma in politica non sono sufficienti queste qualità. Bisogna ricordarsi le famose parole del vecchio socialista Rino Formica che definiva la politica «sangue e merda»: mai come in questo caso appaiono profeticamente inquietanti, soprattutto per la seconda parte, visto che il patatrac dem è sotto gli occhi di tutti ed è maldigerito da storici simpatizzanti e iscritti, che non riescono a nascondere delusione e soprattutto amarezza. Né le competenze in materia sanitaria della Bruni fanno sperare in un serio capovolgimento della situazione calabrese: il commissariamento pesa e continua a far danni e questo, indipendentemente da chi andrà a Germaneto, è un dato di fatto su cui bisogna studiare interventi drastici e definitivi. Che da Roma continuano a negare, considerando la Calabria un fastidioso contrattempo alla politica nazionale…

La candidata Amalia – ha detto ancora Francesco Boccia – «è la guida di questo processo politico» che farà «chiedere alle tante associazioni e ai tanti movimenti civici di essere intorno a noi. Noi vogliamo parlare solo di contenuti, di sanità che deve cambiare sotto la guida della Bruni, di scuola che dev’essere a tempo pieno e per tutti, di asili nido, transizione ecologica e digitale, di una Calabria moderna, di infrastrutture. E siamo qui perché la campagna elettorale vogliamo vincerla, e perché tutto questo dev’essere patrimonio collettivo e non può essere certo spartito dalla destra che i calabresi conoscono». E la candidata Amalia ha annuito, ma dovrà fare attenzione ai volponi della politica che faranno di tutto per “guidarla” e ispirarla”: operazione, per la verità estremamente difficile se non impossibile, conoscendo il carattere della scienziata. Ma sia lecita qualche perplessità sulle garanzie di autonomia e indipendenza promesse per far accettare la candidatura.

Il commissario regionale dem Stefano Graziano ha detto che «Amalia Bruni è la migliore opportunità che la Calabria potesse darsi, ora sta a noi definire insieme a lei un progetto politico che si ponga come obiettivo il futuro dei calabresi, fuori da ogni retorica» Secondo Graziano, «La capacità di pensiero prospettico di Bruni e la sua profonda conoscenza delle questioni sociali, politiche e culturali della Calabria sono la vera ed unica novità di questa campagna elettorale, tutto il resto è un marchiano tentativo di scippare i calabresi delle loro speranze, ad uso e consumo di obiettivi del tutto personalistici. Il Partito Democratico calabrese metterà a disposizione della candidatura di Bruni le sue migliori risorse ed energie, in linea con i criteri del nostro codice etico e con le esigenze di ascolto poste dai territori. Gli anni a venire saranno uno spartiacque storico per il riequilibrio sociale ed economico dell’Italia e del Meridione, abbiamo la responsabilità di garantire ai calabresi il diritto di poter scegliere adeguate competenze politiche e tecniche nella gestione della cosa pubblica».

Ecco, le competenze politiche: mortificate da tre anni di assurdo commissariamento del partito democratico in Calabria, avvilite dalla mancanza di dialogo e confronto. Oliverio ha pronte già un paio di liste, con l’obiettivo di ottenere due-tre consiglieri regionali in suo nome: la sfida a sinistra consiste proprio nell’incapacità di cercare (e tentare) una coesione impossibile, se non cambiano le teste e non si sostituiscono gli artefici del fallimento politico fin qui raccolto. Perseverare è diabolico, lo sanno tutti, tranne che al Nazareno. (s)

Regionali / Il Pd cerca di ricomporre la frattura: Torna a casa, Irto!

Se non si conoscessero gli arcani misteri che pilotano, sempre più spesso, scelte politiche che si possono definire suicide, si potrebbe dire che a proposito della candidatura di Irto il Pd candidamente afferma “abbiamo scherzato”. È un appello (una supplica?) quello che a Irto rivolge il responsabile degli Enti Locali, ex ministro Francesco Boccia, da Gizzeria, in compagnia del commissario regionale Stefano Graziano ed altri maggiorenti del partito.

«Torna a casa, Irto»: volendo cazzeggiare, è questo il senso delle dichiarazioni austere che sono partite dal tavolo calabrese. «Il Pd – ha detto Boccia – unitariamente e la coalizione di centrosinistra unita ad esclusione di art. 1 si rivede in Nicola Irto guida politica di questo processo che è un processo che noi vogliamo completare vincendo le elezioni in Calabria. Non vogliamo che la Calabria possa essere governata da questa destra che non sceglierà qui il candidato. Lo sceglieranno come candidato di risulta, purtroppo, lo dico per la Calabria, a Roma, dopo avere definito la spartizione delle candidature decise in un palazzo i leader del centrodestra. Noi non siamo la destra, la destra dei fili spinati antieuropea, sovranista. Noi la combattiamo, siamo la sinistra, il centrosinistra, progressisti e riformisti insieme. Un anno e mezzo fa Callipo ha dato un contributo importante al centrosinistra, unì alcune forze politiche ed il Pd ottenne un ottimo risultato ma non fu sufficiente perché tutte le forze politiche non si unirono. Ecco perché facciamo un appello a tutti, con l’io non si va da nessuna parte, con l’io, io, io che è quella che sta caratterizzando ancora in questi giorni le scelte di de Magistris, si fanno solo danni e lo dimostra l’ennesima lite con Tansi».

Nicola Irto – puntualizza Boccia – «unisce i riformisti e i progressisti e sarà il nostro leader calabrese che siederà col segretario Letta al tavolo chiesto dal Giuseppe Conte. Il tavolo del presidente Conte è una buona notizia per unire riformisti e progressisti e penso sarà importante per Irto non solo esserci ma sapere di esserci rappresentando il 100% del Pd calabrese e tutto il centrosinistra che oggi è rappresentato in Consiglio regionale e che con oltre 250 mila calabresi ottenne il consenso che poi ha consentito a Callipo di rappresentare l’opposizione in consiglio». La scelta di citare Callipo non è, obiettivamente, delle più felici, visto poi la ritirata poco onorevole del re del tonno dal Consiglio regionale e la conferma che le scelte “romane” quando non tengono conto del territorio rischiano di fare danni.

Irto ha fatto bene a mettere i puntini sulle i, parlando di feudi e intenti divisivi e, con molta buona probabilità, tornerà sui suoi passi, soprattutto dopo la mano tesa da parte dell’ex premier Conte che, a nome del nuovo Movimento 5 Stelle che ancora stenta a far partire, ha mostrato un apprezzato interesse per le cose calabresi. L’invito di Giuseppe Conte («l’appuntamento elettorale di ottobre merita il massimo impegno da parte di tutte le forze politiche realmente interessate ad assicurare un futuro di riscatto sociale, culturale e di rilancio economico a tutta la comunità calabrese e, in particolare, alle nuove generazioni») per un tavolo di confronto tra tutte le forze progressiste si scontra con la crescente litigiosità dei cinquestelle calabresi che insistono sulle necessità di “rinnovamento”. Irto, se non gli faranno altri sgambetti, è l’unica soluzione possibile (in assenza di leader, calabresi e di sinistra) e ha sicuramente molte più chances dello storico Enzo Ciconte che, dando la propria disponibilità, ha escluso di voler accettare eventuali primarie. Questa parola fa storcere il muso a troppi: le snobbano perché le temono? La risposta è fin troppo evidente. (s)