di SANTO STRATI – È un segnale decisamente importante quello che viene dal Vinitaly appena conclusosi a Verona. Il segno di una forte maturità a proposito dell’identità regionale e del cambiamento di strategia nella narrazione di una terra fino a oggi troppo malraccontata.
Dall’esperienza dell’expo veronese, che ha finalmente registrato una partecipata unità di aziende di tutta la regione, emerge la volontà di cambiare registro nel processo di recupero reputazionale ormai non più rinviabile. La Calabria non è più solo oggetto di titoloni e servizi di media per delitti di mafia, per ‘ndrangheta e malaffare, ma comincia a essere protagonista di un inesauribile interesse sul suo patrimonio di eccellenze: nel capitale umano, in quello archeologico, paesaggistico, artistico e culturale, in quello ambientale.
Abbiamo sempre sostenuto su queste colonne la necessità di una narrazione diversa delle tante ricchezze inesplorate e mal utilizzate, indicando anche l’agro-alimentare come uno dei settori chiave per la crescita e lo sviluppo del territorio. L’eno-gastronomia, i prodotti tipici, il vino, l’olio, i prodotti biologici di una terra costantemente baciata dal sole, è l’elemento che può davvero fare la differenza.
Se si escludono le ferriere di Mongiana (ai tempi dei Borboni) e qualche timida iniziativa sul territorio mai decollata in termini di ricchezza, la Calabria non è una terra a vocazione industriale manufatturiera nel senso tradizionale del termine: è semmai una terra che deve coltivare e promuovere l’industria della cultura, del turismo e del cibo, quella che può (e deve) portare sviluppo e occupazione. Il cibo, il buon cibo – garantito dalla super qualità dei prodotti della nostra terra – è un attrattore turistico formidabile al pari delle bellezze naturalistiche e dei patrimoni della testimonianza magnogreca e delle varie dominazioni sparsi dovunque. Bisogna, perciò, investire sulla terra (la Calabria, peraltro, primeggia in Italia per l’agricoltura biologica) e utilizzare le risorse naturali del territorio trasformandole in “prodotto industriale”.
Ovvero, passando da una specie di artigianato bello ma modesto, a un ciclo “industriale” che valorizzi la produzione, la faccia conoscere, ne curi l’export fuori dai confini nazionali, senza trascurare gli interessi da coltivare all’interno del Paese. Troppe tipicità sono presenti nei supermercai del Nord soltanto per la lodevole intraprendenza dei singoli produttori, ma si vedono negata una adeguata accoglienza a livello nazionale dalla Grande distribuzione organizzata. E questo perché è mancata, fino a oggi, una seria pianificazione e programmazione di interventi di marteking territoriale che non può limitarsi alla straordinaria bellezza dei borghi, ma deve valorizzare il “prodotto Calabria”: vino, olio, frutta e – ancor più – il Bergamotto di Reggio Calabria che non è una tipicità bensì una unicità mondiale.
Queste premesse inducono all’ottimismo, dopo quel che si è visto e registrato a Verona al Vinitaly, dove un gigantesco padiglione di 1400 metri quadrati ha ospitato 83 aziende vinicole e 40 olearie. Il meglio della produzione regionale (ma ci sono ancora piccole aziende da far crescere e valorizzare) che ha offerto un’immagine non solo positiva della Calabria in termini di qualità della produzione del comparto agricolo e alimentare, ma anche della capacità di fare la tanto agognata rete in grado di modificare e compattare l’offerta.
La modernizzazione dei processi produttivi ha permesso, peraltro, in questi ultimi anni di affinare coltivazioni e portare a livelli di eccellenza la qualità: i vini calabresi hanno un mercato straordinario (oggi si producono 16 milioni di bottiglie l’anno) e raccolgono un consenso sempre più ampio. È il risultato di impegno, investimenti e forte determinazione dei produttori calabresi di vino e olio che guardano con giustificato ottimismo ai mercati ancora da scoprire (basti pensare ai modesti numeri di export verso i Paesi europei) e da sottrarre ai cugini d’oltralpe e agli avvantaggiatissimi siciliani e pugliesi che fanno numeri stellari nel comparto olio e vino.
La tendenza sempre più in crescita premia la qualità: è un obiettivo in gran parte raggiunto con soddisfacenti risultati e convinti apprezzamenti del mercato. Si tratta, dunque, di “industrializzare” il settore alla stregua di qualsiasi altro prodotto “di consumo”. Bene il marketing territoriale per far conoscere cibo e tipicità, ma servono allo stesso tempo interventi nel controllo di qualità, nella logistica, nella distribuzione e nella promozione dei prodotti che dev’essere coordinata e continua.
La filiera ortofrutticola è uno dei segmenti più interessanti della produzione agricola, anche in termini qualitativi, e deve puntare a una presenza diffusa su tutto il territorio nazionale e, possibilmente, anche all’export. Ma il comparto olio e vino è quello che più si associa allo sviluppo del territorio, anche in termini di attrazione turistica.
Solo per fare un esempio, in California Napa Valley, l’area ormai vocata a un’eccellente produzione vinicola, c’è un fortissimo turismo dedicato: cantine aperte a visitatori buongustai (e golosi) intenditori o desiderosi di farsi una “cultura del vino”. Un successo continuo. E dire che è un’area estremamente ristretta, a pochi km da San Francisco, oltre lo spettacolare ponte del Golden Gate.
Quante strade del vino si possono creare in Calabria? Tante. Già singoli produttori hanno avuto l’arguzia e l’intelligenza di affiancare alle cantine resort e aree attrezzate, ma è proprio in questo ambito che è necessario fare rete. Creare, ossia, un’offerta variegata e intrigante che faccia scoprire unitamente al buon calice (spesso eccellente, bisogna dirlo) le tipicità del territorio e la bellezza del paesaggio, la mitezza del clima, la straordinaria cordialità della gente del luogo che tratta il forestiero come un vecchio amico. Abbinare, cioè, vino e cucina in un’offerta globale di gusto, esperienziale, che non solo dia goduria e ristoro al palato, ma faccia scoprire un territorio di cui è difficile poi non innamorarsi.
Tutto ciò presuppone, dunque, una coordinata serie di iniziative che vanno dalla promozione alla valorizzazione, dall’aiuto agli agricoltori all’assistenza specialistica perché tradizione e innovazione possano andare a braccetto. Creando un’offerta turistica che si basi anche sulla ricchezza del territorio, non solo in chiave paesaggistica o di patrimonio culturale (che sono comunque due fattori determinanti per il successo dell’attrazione turistica) bensì sulla qualità dell’offerta eno-gastronomica.
La materia prima c’è (ottimi vini, superlativi olii extravergini d’oliva), le aziende pure, e l’accoglienza può partire producendo finalmente ricchezza per una terra meravigliosa, ma troppo spesso colpevolmente trascurata. Certo, bisogna far crescere in misura notevole la ricettività (sennò dove ospitiamo chi vuole scoprire la Calabria?) e combattere quei pochissimi “furbetti” che deludono il turista con servizi scarsi e inadeguati, ma, altresì, puntare sulla mobilità necessaria a offrire i transfer (possibilmente gratuiti) a chi sceglie la Calabria come meta turistica (e di scoperte culinarie).
È largamente soddisfatto il Presidente Occhiuto della partecipazione regionale al Vinitaly: «Un’operazione importante e intelligente – ha detto – che dimostra lo sforzo che stiamo compiendo per rendere visibile sia i grandi marchi sul panorama nazionale e internazionale che le piccole ma preziose cantine che producono in quantità più limitata prodotti di grande qualità. È stata una bella occasione per dimostrare al Paese quanta eccellenza ci sia in Calabria».
L’assessore regionale all’Agricoltura Gianluca Gallo non nasconde la soddisfazione per il successo della partecipazione calabrese.
«Il nostro stand – ha detto Gallo traendo un bilancio della manifestazione – è stato completamente rinnovato ed è piaciuto praticamente a tutti, è uno stand elegante che ha riscosso l’attenzione di tantissimi visitatori, che addirittura lo fotografavano. Questa presenza massiccia delle nostre aziende tutte in unico stand per la prima volta nella storia della viticultura calabrese, è un altro importante risultato che ha creato tanto entusiasmo. Mi sembra che i produttori di vino siano molto entusiasti di questo risultato e che addirittura stiano progettando altre importanti iniziative sul territorio o in giro per il Paese. C’è una maggiore riconoscibilità dei nostri vini. Ci sono stati tanti ospiti italiani e stranieri che sono venuti alla scoperta dei nostri vini: credo che la misura ce la possano dare i nostri amici produttori che vedo abbastanza sorridenti e molto soddisfatti. Un buon risultato per la Calabria, un investimento importante, un impegno importante voluto dal Presidente Occhiuto e da me come assessore regionale all’Agricoltura, ma credo ne sia valsa la pena. Credo che questa Calabria stia declinando in maniera diversa e si stia presentando al Paese con l’abito migliore avendo tanti prodotti di qualità che devono essere conosciuti».
Non è stato un festival delle buone intenzioni, semmai una conferma di un modo nuovo di agire e muoversi per dare smalto a una terra che ha solo bisogno di essere valorizzata in modo adeguato e ragionevolmente efficace.Servono risorse e, per fortuna, non mancano, ma bisogna saper spendere e investire per avere il giusto ritorno. Basta con “muccinate” varie o campagne promozionali di cui non rimane traccia o distribuzione di gadget alle fiere che non servono a nulla: Il contatto con il “forestiero” che dovrà diventare ospite della Calabria va fatto con adeguate strategie di comunicazione.
Il prossimo appuntamento (questa volta culturale in senso pieno) è al Salone del Libro di Torino: la Calabria deve dimostrare che esporta cultura e ne ha tantissima da offrire. La Regione di Roberto Occhiuto può e deve, dunque, partire dall’esperienza del Vinitaly 2024 (bello il claim “dove tutto è cominciato”) per costruire non soltanto un’immagine solida del “prodotto Calabria” (facendo appunto rete) ma anche per dare un forte input alla crescita di reputazione. Bisogna far scoprire e far conoscere la Calabria per farla apprezzare e si può partire anche da un buon calice di vino. (s)