Prestigioso incarico per Francesca Maria Morabito, che è stata eletta presidente dell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, la storica istituzione di alta formazione artistica, diretta da Maria Daniela Maisano.
Laureata in Pedagogia all’Università di Messina ed esperta di organizzazione didattica, Francesca Maria Morabito è dirigente scolastico del Liceo Statale “Giuseppe Rechichi” di Polistena. Ha insegnato presso la SSML di Reggio Calabria e collaborato con l’Università Telematica Giustino Fortunato, oltre ad aver ricoperto importanti incarichi in ambito scolastico e ministeriale.
«Nella qualità di Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria – ha sottolineato Maria Daniela Maisano – sento il dovere istituzionale e morale di esprimere il mio benvenuto alla dott.ssa Morabito per la sua nomina, da tanto invocata e sperata. Le capacità professionali e lo spessore umano della dott.ssa Francesca Maria Morabito sono indiscutibili, riscontrate nella perfetta intesa raggiunta nella prima fase di insediamento, segno di una grande sensibilità. E per questo mi sento di esclamare che sia stata la scelta migliore».
L’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria rappresenta un’eccellenza in continua crescita, si presenta con un’offerta formativa rinnovata ed in linea con le tendenze del mercato del lavoro. Offre una ricca possibilità di scelta tra i vari indirizzi dei Corsi ordinamentali di primo e secondo livello in Pittura, Scultura, Decorazione, Grafica, Scenografia, Fumetto ed illustrazione, Progettazione della moda e Comunicazione e didattica dell’arte. L’attività didattica e di studio si integra con l’attività pratica di laboratorio e di ricerca avanzata, nell’ottica digarantire importanti momenti di apprendimento, socializzazione e interazione tra le componenti della comunità accademica.
«L’incarico conferitomi – ha evidenziato Francesca Maria Morabito – rappresenta una sfida importante per il prestigio che l’Accademia di Belle Arti gode nel panorama culturale calabrese e italiano. Ringrazio il Direttore Maria Daniela Maisano, i docenti e lo staff amministrativo per l’accoglienza ricevuta. Sono certa che il percorso che intraprenderemo insieme ci condurrà a risultati brillanti ai fini della valorizzazione del patrimonio artistico e professionale dell’ente».
Un caloroso benvenuto, a nome di tutta la comunità reggina, è stato rivolto dal sindaco Giuseppe Falcomatà alla nuova Presidente dell’Accademia di Belle arti di Reggio Calabria. «Si tratta – ha detto il primo cittadino – di un nuovo e prestigioso traguardo che offre il segno concreto del brillante e qualificato percorso professionale che la professoressa Morabito ha compiuto in questi anni, in vari ambiti e contesti lavorativi, sempre al servizio della cultura, dell’istruzione e della formazione. Sono certo che il nuovo corso guidato dalla Presidente Morabito, saprà imprimere ulteriore slancio e rinnovata capacità progettuale ad una importantissima realtà formativa quale è la nostra Accademia di Belle Arti, la più antica in Calabria tra le istituzioni di settore. Un contesto che in oltre cinquant’anni di storia ha saputo sempre restituire grande lustro e onore alla nostra città e al territorio calabrese, quale fucina inesauribile di talento, creatività e passione verso l’arte.
«Alla prof.ssa Morabito – conclude il Sindaco Falcomatà – rinnovo pertanto il nostro benvenuto e un sincero augurio di buon lavoro, rilanciando nel contempo l’impegno di tutte le istituzioni cittadine a cooperare sempre in modo proficuo e con unità d’intenti, nella promozione della “cultura del bello” e di una sempre maggiore consapevolezza collettiva rispetto alla tutela e alla centralità del bene comune». (rrc)
Va a Reggio la rappresentanza regionale di Autonomie Locali Italiane (Ali), la più antica Associazione che riunisce Comuni, Province, Regioni d’Italia. Il sindaco della Città Metropolitana di Reggio, Giuseppe Falcomatà, è stato, infatti, eletto presidente regionale: su di lui è confluito il sostegno degli amministratori locali che hanno preso parte al primo Congresso costitutivo di Ali Calabria, celebrato in via telematica.
Un’assise congressuale aperta dal presidente nazionale Ali, il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, che ha formalmente presentato la candidatura di Falcomatà sostenendo «l’importanza di sinergia ed unità in una Calabria che, attualmente, si trova a dover fare i conti con numerosi problemi, ma anche e soprattutto con le opportunità legate al Recovery Plan».
Il sindaco Falcomatà, ringraziando il presidente Matteo Ricci e gli intervenuti al congresso, ha parlato di «momento molto importante per la nostra regione che vede, finalmente, la nascita dell’associazione fondata, tra gli altri, anche da Giacomo Matteotti».
Quale prima proposta, Giuseppe Falcomatà ha portato all’attenzione dei colleghi calabresi il primo importante appuntamento ormai alle porte: le elezioni regionali. «È utile – ha detto il neo presidente di Ali Calabria – realizzare una piattaforma programmatica, a partire dalle priorità individuate dai sindaci, da sottoporre a chi si candiderà a guidare la Regione. Dall’unione dei sindaci progressisti, infatti, potrà nascere un manifesto che riconsegni dignità e valore alle rivendicazioni di ogni singolo territorio».
Falcomatà ha, quindi, ribadito «il ruolo fondamentale che la Calabria dovrà giocare rispetto al dibattito di natura nazionale che può e deve vedere il Sud protagonista». «Il sindaco Matteo Ricci – ha aggiunto – ci ha messo cuore, testa, passione e competenza per riattivare Ali ed evitare che fosse un doppione di Anci. Con l’Associazione dei Comuni ci lega una seria e proficua sinergia, ma Ali può e deve portare avanti battaglie che Anci, proprio per il carattere istituzionale che ormai riveste, non può certo sostenere. Ed è chiaro che Ali servirà a supportare la madre di tutte le battaglie: il recupero della centralità del ruolo dei sindaci».
«Durante la crisi pandemica – ha aggiunto Giuseppe Falcomatà – abbiamo compreso quanto le comunità riconoscano nei primi Cittadini l’unico e il più immediato punto di riferimento per le proprie esigenze quotidiane. Per questo i sindaci non possono e non vogliono essere ricordati soltanto come quelli che “spendono bene i buoni spesa”. Piuttosto, è fondamentale veder riconosciuta la centralità che ci spetta per quel che riguarda le scelte future strategiche del Paese». Il sindaco di Reggio Calabria pensa, prima di tutto, al “Recovery fund” che «non può vederci spettatori passivi».
In chiave regionale, Giuseppe Falcomatà ha sostenuto come Ali «possa diventare collante fra gli oltre 400 sindaci calabresi, nel solco della bella manifestazione di novembre che ha visto superare barriere ideologiche e partitiche con i nostri amministratori riuniti, sotto Palazzo Chigi, per rivendicare il diritto alla salute dei cittadini calabresi».
«È questo lo spirito che bisogna recuperare ed incentivare», ha rimarcato il sindaco Falcomatà: «Ali può ridisegnare quel protagonismo spesso sbandierato, ma mai realmente realizzato». E dopo le condanne del sindaco di Torino, Chiara Appendino, e dell’ex sindaco di Genova, Marta Vincenzi, per fatti che indirettamente li hanno visti coinvolti, Falcomatà è tornato ad invocare «maggiore rispetto per la dignità dei primi cittadini che si trovano spesso catapultati in un ginepraio di norme dove si resta implicati senza saperne il motivo».
«Insomma – ha concluso Falcomatà – Ali Calabria è un contenitore da riempire di contenuti e soluzioni per problematiche che soltanto i sindaci conoscono e affrontano. Abbiamo il dovere di provarci; abbiamo il compito di radicarci sul territorio. Il congresso odierno è un primo, storico, passo che va in questa direzione». (rrc)
di SANTO STRATI – La grande mobilitazione che si sta registrando in Calabria contro la proroga del decreto Sanità e contro la nomina del supercommissario è un importante segnale che qualcosa sta veramente per cambiare. I calabresi si sono rotti le scatole dei giochi partitici che perpetuano l’idea di una sanità calabrese sottoposta al Governo e a interessi politici e non a rispondere agli interessi dei calabresi. La nomina del dott. Giuseppe Zuccatelli, attualmente commissario dei due ospedali catanzaresi, dopo la rovinosa e imbarazzante intervista dell’ex commissario generale Cotticelli, è venuta con una rapidità talmente sorprendente che ha lasciato interdetti molti calabresi. E meno male che proprio nel pomeriggio di sabato c’era stata la bella e civile manifestazione in piazza Italia a Reggio con tutti i 97 sindaci della Città metropolitana che intendevano farsi portavoce del disagio dei loro concittadini. Tra le poche cose, chiedevano una scelta condivisa, ma i giochi partitici hanno avuto, come al solito, il sopravvento. Non sappiamo quanto abbia giocato a favore del “compagno” Zuccatelli la vicinanza a Pier Luigi Bersani e a LiberieUguali (che è poi il partito del ministro della Salute Roberto Speranza), ma a pensar male – diceva Giulio Andreotti – si fa peccato però spesso ci s’azzecca. E il sospetto d’una scelta che risponde esclusivamente a interessi partitici (o politici, se volete) cresce di ora in ora e fa ribollire il sangue dei calabresi.
Dieci anni di commissariamento hanno provocato semplicemente voragini amministrative e lutti evitabili dovuti a reparti chiusi, mancanza di medici e personale specializzato, frutto di una schizofrenica corsa al risparmio sulla pelle dei calabresi. Costretti a recarsi fuori regione per curarsi (uno “scherzo” che costa ai calabresi quasi 300 milioni l’anno) o a rinunciare a cure essenziali. Queste sono responsabilità politiche da cui nessuno può pensare minimamente di allontanarsi. E prima o poi arriverà il momento dei conti con l’unica arma che possiede il citatdino, il voto.
Una cosa appare evidente: i calabresi sono stufi di essere commissariati e vogliono gestire da soli, in proprio, la sanità. Vogliono fare le scelte che riterranno adeguate per garantire il benessere e la salute dei propri figli, dei propri cari, di loro stessi. Dunque, occorre dire basta al commissariamento e dire un NO, grande quanto un palazzo, alla proroga dello scellerato decreto a firma pentastellata dello scorso anno. Un provvedimento di legge che ha portato ulteriori disastri, peggiorando i conti e dequalificando totalmente l’offerta dei servizi per la salute. La proroga del decreto, decisa, anche questa, con una rapidità insolita è la risposta sbagliata del Governo centrale alle istanze dei calabresi. Occorre opporsi, con tutti i mezzi legittimi, alla sua conversione in legge, tenendo a mente che, se il decreto non riesce a finire entro 60 giorni sulla Gazzetta Ufficiale, decade e con esso si ovviamente annulla la misura del commissariamento.
Il ministro Speranza, ci rendiamo conto, si è trovato già ai primi di marzo con una cosa inaspettata, una patata bollente che avrebbe messo in difficoltà scienziati e specialisti, figuriamoci per un laureato di tutto rispetto della Luiss (ma in Scienze Politiche) che di medicina immaginiamo sappia quanto un idraulico sulle valvole cardiache. Non sarebbe la prima volta di un “incompetente” (non è offensivo, ministro, sia ben chiaro) al ministero sbagliato: ci sono i consiglieri, i consulenti, i funzionari, i burocrati che fanno tutto, ma hanno pur sempre bisogno di una guida. E questa guida, ahimè, ha mostrato troppe incertezze nella prima fase della pandemia e sta rivelandosi ancora più debole in questo secondo girone dei supplizi dove emerge l’incapacità di chi sta al governo (non solo del ministro della Salute) di prendere provvedimenti e scelte che non siano dettate dall’improvvisazione o da mere finalità politiche.
Scegliere il nuovo commissario (al quale il decreto “prorogato” assegna poteri superiori persino a quelli del presidente della Regione) per sostituire il buon “vecchio” generale Cotticelli tradito dal suo candore e dalla spietatezza di chi gli stava accanto, meritava quanto meno una riflessione più appropriata. Ma nel coro di contrarietà da parte della destra (non aspettavano altro per fare propaganda elettorale) si sono levate voci perplesse anche dalla sua stessa parte politica, a partire da Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana che ha detto, con molta onestà «capisco l’urgenza, ma così non si può fare». E lo stesso sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà, eletto dal centrosinistra ed esponente dem, non ha esitato da prendere le distanze: «Pur non esprimendo giudizi sulla qualità della persona individuata – ha dichiarato–, non possiamo che constatare, con grande rammarico, che il metodo utilizzato sia esattamente lo stesso che come sindaci abbiamo contestato. Nonostante la richiesta di coinvolgimento avanzata da tutti i sindaci della Città Metropolitana, assistiamo all’ennesima nomina calata dall’alto, senza alcuna concertazione, senza alcuna condivisione, senza il coinvolgimento del territorio e di chi quotidianamente lo rappresenta».
Sono parole che pesano come macigni e indicano chiaramente che l’indignazione ha raggiunto livelli ormai non più controllabili. Tutti contro il decreto, contro il commissariamento e l’iniziativa dei sindaci calabresi con la campagna “La Calabria non ci sta” – siamo certi – porterà a una mobilitazione di massa di cui il Governo e il Parlamento dovranno tenere conto. Ma non basta dire no al dcreto, no al commissariamento, bisogna andare oltre e pretendere a titolo di risarcimento danni che venga cancellato il debito della sanità e si possa ripartire da zero. Con professionisti e manager locali, seri e preparati (e non ne mancano) con cui garantire non solo i Livelli essenziali di assistenza, ma le cure e l’attenzione che ogni calabrese ha diritto di ricevere.
Massimo Giletti, ieri sera, ha ospitato il generale Cotticelli perché spiegasse il senso dell’orribile figuraccia: la toppa, a volte, si sa, può essere però peggiore del buco. L’ex commissario ha mostrato tutta l’inadeguatezza con cui ha portato avanti l’incarico (assegnato – ricordiamolo – dallo stesso premier Giuseppe Conte che gliel’ha levato, con il plauso di Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio, che oggi lo contesta). Ma, dopo diciotto mesi di inazione, s’è dovuto attendere una trasmissione televisiva per capire a che punto fosse precipitata la situazione della sanità calabrese?
Bisogna dire grazie a Massimo Giletti che, con passione e convinzione, porta avanti battaglie a volte impossibili, ma svelare gli altarini o rivelare i retroscena non serve solo a far crescere la rabbia e l’indignazione (e Lino Polimeni di Calabria.Tv ospite della serata, non ha mancato di farlo notare, unitamente al sindacalista di Reggio Nuccio Azzarà). A volte lo svelamento di sotterfugi e brogli per via giornalistica vellica la sensibilità di qualche giudice che non ama apparire distratto e apre un fascicolo ove s’intravvedano ipotesi di reato. Ma non dobbiamo arrivare a pensare di risolvere con la magistratura (ben vengano comunque le inchieste e le giuste punizioni per ladroni e mascalzoni) i problemi del territorio. Occorre ricominciare e l’occasione – tremenda ma unica – del coronavirus ce ne offre l’opportunità. Ricominciare il processo di crescita sociale proprio dalla crisi covid. Pensando al futuro dei nostri figli, alle prospettive che non stiamo lasciando loro. In una terra difficile, maledetta, ma unica e di cui ogni calabrese è innamorato pazzo. E in amore, come in guerra, ogni arma è permessa per giungere al risultato. (s)
Oggi Consiglio comunale a Reggio. Il sindaco Giuseppe Falcomatà, intervistato da Luigi Palamara, conferma che non saranno spostate le elezioni previste per il 29 novembre per il rinnovo del Consiglio metropolitano.
«La manifestazione di protesta e di proposta di Reggio Calabria è stata densa di contenuti e una lezione di civiltà e democrazia». Queste le parole dello storico reggino prof. Pasquale Amato, che riassumono e danno una chiara lettura della mobilitazione di Confesercenti, Imprendi Sud, Apar, il Comitato spontaneo dello sport e di Assodanza Italia andata in scena a Piazza Duomo, a Reggio Calabria.
500 gli imprenditori che, con lo slogan Fermiamo il virus, non l’economia, hanno riempito in «in modo ordinato e civile Piazza Duomo, dando un esempio all’Italia intera di come si può protestare anche con veemenza ma sempre con la massima correttezza» ha scritto su Facebook Claudio Aloisio, presidente di Confesercenti Reggio Calabria, nel ringraziare gli imprenditori che hanno risposto all’appello.
Anche il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà, ha apprezzato con soddisfazione il modo in cui i reggini hanno manifestato: «stiamo dimostrando, ancora una volta – ha dichiarato il primo cittadino – di essere una comunità matura e responsabile».
«Non è banale dirlo – ha aggiunto – non era scontato che accadesse. Mentre, infatti, da tutta Italia ci giungono immagini di violenza e devastazione, Reggio e i suoi operatori economici hanno risposto con manifestazioni ordinate e pacifiche; nonostante la paura per il futuro, nonostante tutti i sacrifici per poterlo assicurare un futuro. Per questo dico grazie ai commercianti, agli artigiani, agli imprenditori e alle associazioni sportive che stasera sono scesi in piazza. Grazie anche per aver avuto rispetto per le donne e gli uomini delle Forze dell’ordine, che stasera, come sempre, erano lì a fare il loro lavoro. Lo stesso lavoro per cui state lottando voi, lo stesso lavoro che oggi vi viene tolto».
«È un momento complicato per tutti – ha proseguito Falcomatà – Non è facile neanche per noi sindaci che siamo chiamati a responsabilità enormi. Cercherò di prendermele, come sempre, facendo del mio meglio, per provare a non lasciare indietro nessuno. Combattiamo una battaglia comune e siamo dallo stesso lato della barricata, fino in fondo fino alla fine, nella speranza che questo nuovo incubo passi al più presto».
«Una piazza piena di cappelli bianchi, è un orgoglio per noi – ha dichiarato Angelo Musolino, presidente nazionale dei pasticceri italiani e a capo dell’Apar –. Conosco quasi tutti gli imprenditori presenti e ne ho conosciuti tanti anche oggi. Questo vuol dire stare dentro l’associazione per condividere una protesta pacifica. Vogliamo la solidarietà e la presenza delle istituzioni perché al primo lockdown siamo già stati primi a subire limitazioni e perdite. Tutti abbiamo messo in sicurezza le nostre attività, quindi non siamo noi gli untori di questa pandemia. I trasporti sono meno sicuri delle nostre aziende, ma lo Stato non ci permette di lavorare. I ristoratori sono al lastrico. Perché fare disparità tra categorie? Lottiamo per essere uniti e chiedere domani il tavolo tecnico dove ognuno può dire ciò che serve. Non siamo noi cittadini di Serie B».
A chiudere la manifestazione, il presidente di Confesercenti Aloisio, che ha annunciato di aver fatto al prefetto «la richiesta di accoglierci per un tavolo di crisi Covid, vogliamo far sentire la nostra voce, insieme al Sindaco che può battere i pugni sui tavoli nazionali. In prefettura andremo per dire cosa c’è di sbagliato. Non possiamo intervenire sulla pubblica piazza al momento, ma solo sui nostri locali. Noi abbiamo fatto sentire la nostra voce, in maniera civile e costruttiva. Capisco la rabbia, ma la priorità resta la salute».
Quella andata in scena a Reggio, dunque, è stata una vera e propria lezione di civiltà, in cui la solidarietà, l’aiuto reciproco e il confronto ne sono stati il cuore pulsante.
«Sarebbe un grave segnale se questa protesta civile e democratica fosse ignorata» ha commentato il prof. Amato, riflettendo che «sarebbe giusto che sia dato lo stesso risalto delle proteste sfociate in manifestazioni di violenza in altre città d’Italia». (rrc)
La sorpresa che il sindaco Giuseppe Falcomatà aveva annunciato per la sua Giunta non è la chiamata dell’ex alfaniana, ovvero l’azzurra Rosanna Scopelliti, figlia del magistrato ucciso dalla mafia a Piale 29 anni fa, bensì il capovolgimento della teoria gattopardesca secondo la quale bisogna cambiare tutto perché tutto rimanga come prima. Il buon Falcomatà non fa fatto tesoro del consiglio del principe di Salina nel bellissimo romanzo di Tomasi di Lampedusa, ma ha fatto esattamente il contrario: non cambiare niente, forse nella segreta speranza che cambi tutto.
La “nuova” (si fa per dire) Giunta sembra un dejà vu, stesse facce, con deleghe cambiate, ma, obiettivamente, questo grande rinnovamento annunciato in pompa magna non lo si vede proprio. I reggini, probabilmente, si aspettavano qualcosa di nuovo (Falcomatà ci sta tenendo con l’ansia per il misterioso vicesindaco che ancora non ha un volto) visto che l’esperienza della passata Amministrazione non è stata il massimo nel gradimento della città. Tant’è che al primo turno, alle elezioni, circa 25mila reggini hanno voltato le spalle al sindaco uscente rispetto alle trionfali elezioni del 2014, salvo poi a preferirlo al “papa straniero” Minicuci, “imposto” inopinatamente da Salvini col risultato di perdere a tavolino una partita che appariva già vinta.
La scelta di concedere un “secondo tempo” a Falcomatà è stata probabilmente intelligente, anche se dettata più da sentimenti antilega che da vero consenso, perché bisogna riconoscere che una legislatura non è certamente sufficiente per portare a termine un programma e progetti di ampio respiro, soprattutto se, come nel caso di Falcomatà, si eredita una città al collasso finanziario a un passo dalla dichiarazione di dissesto. Falcomatà ha convinto i reggini e ha fatto qualche promessa di rinnovamento: noi, pur sforzandoci, non lo vediamo proprio. Il sindaco riconfermato nell’incarico ha preferito continuare secondo la vecchia, logora, logica dei partiti, assegnando strategicamente deleghe per liberare posti in Consiglio comunali ai fedelissimi rimasti fuori. Così, i consiglieri Albanese, Brunetti, Delfino, Muraca e Calabrò nominati assessori si sono subito dimessi per far entrare in Consiglio Nancy Iachino, Giovanni Latella, Massimiliano Merenda, Nino Zimbalatti e Giuseppe Nocera. Un gioco che potrebbe costare caro in termini politici al Sindaco, che compromette il suo futuro politico: non potendosi candidare alla Regione per ovvie ragioni di opportunità (i reggini che lo hanno votato si sentirebbero traditi), dovrà tessere una fitta tela di relazioni nell’appoggio eventuale a Nicola Irto (candidato più che certo del centrosinistra per Germaneto), facendo digerire ai reggini il finto rinnovamento annunciato e non mantenuto.
Certo ci voleva un po’ di coraggio a prendere dalle liste di opposizione qualche prezioso elemento in grado di segnare un cambio di passo e una politica che superasse gli attuali schemi destra/sinistra per un governo di unità, vista soprattutto l’emergenza covid. La scelta di puntare solo ed esclusivamente sui fidati collaboratori è, naturalmente, legittima e nessuno la contesta, ma, tanto per fare qualche nome, un Eduardo Lamberti Castronuovo (non candidato, ma elemento di spicco della società civile) sarebbe stato un ottimo assessore alla Cultura. Ha dimostrato, da assessore provinciale a Cultura e Legalità di avere competenza, capacità e il giusto estro per dare smalto alle iniziative culturali della Città dello Stretto: si pensi al Palazzo della Cultura intestato a Pasquino Crupi – oggi quasi dimenticato e privato di ogni giusta valorizzazione –, alle iniziative con le orchestre giovanili e la venuta del Maestro Riccardo Muti e via discorrendo. E lo stesso discorso andrebbe fatto per Klaus Davi, che ha mostrato un reale attaccamento a una città che non è la sua, diremmo quasi un innamoramento ammirevole, che avrebbe ricoperto con grande onore e ottimi risultati la delega alla Reputazione (e Dio sa quanta ne serve da recuperare alla città) e al Turismo. Il risultato sarebbe stato avere gratis promozione a 360 gradi (il massmediologo è tutti i giorni in televisione a parlare di Reggio e della Calabria) ha ottimi rapporti con giornali e tv di tutto il mondo, conosce le tecniche del marketing strategico, ha mostrato di saper “vendere” mediaticamente qualsiasi cosa (anche se stesso, come s’è visto nel caso delle elezioni comunali).
Certo una scelta così azzardata, ma a tutto esclusivo vantaggio della Città, richiedeva una dose aggiuntiva di coraggio, quello che serve a puntare i piedi e rifiutare le classiche logiche del conto dei voti e dei desideri dei partiti. Falcomatà ha perso una grande occasione e, senza togliere nulla ai futuri meriti della Scopelliti (Cultura, Turismo, Legalità, Scuola e Università) e dell’avvocata Palmenta (Sport, Politiche di genere, Politiche giovanili), siamo convinti che ci sarà poco spazio al cosiddetto “nuovo passo”. Falcomatà avrebbe dovuto e potuto interrompere il giogo dei partiti, facendosi qualche nemico in casa, ma regalando un futuro migliore alla città. Ovviamente con beneficio d’inventario, da parte nostra, pronti a cospargerci il capo di cenere (ce ne sarà parecchia se non finiscono gli incendi della spazzatura) se, come ci auguriamo di cuore, avremo avuto torto. Lo scopriremo solo vivendo, cantava Battisti; speriamo solo che non sia una vita troppo amara, con l’incubo del covid. (s)
LA NUOVA GIUNTA FALCOMATÀ
Ecco la nuova Giunt aFalcomatà: riconfermati Irene Calabrò (Finanze, Tributi, Attività Produttive – nella passata consiliatura era al Patrimonio), Mariangela Cama (Pianificazione territoriale e urbana sostenibile e programmazione progetti strategici, Edilizia, Vigilanza e Demanio Marittimo, Mobilità e Trasporti, Società Partecipate – nella passata consiliatura era all’Urbanistica) e Giovanni Muraca (Lavori pubblici – Grandi opere – Risorse UE – nella passata consiliatura era assessore all’Ambiente. Gli altri assessori di nuova nomina sono: Rosanna Scopelliti (Cultura, Turismo, Legalità, Scuola e Università), Giuseppina Palmenta detta Giuggi (Sport – Politiche di genere – Politiche giovanili – Europe Direct), Rocco Albanese ( Manutenzioni (Edilizia scolastica, stradale, idrica, fognaria, illuminazione e cimiteri – Politiche abitative ed Edilizia residenziale pubblica – Dismissione e valorizzazione del Patrimonio – Protezione Civile) e Paolo Brunetti (Ambiente – Ciclo integrato dei rifiuti – Depurazione – Verde pubblico – dismissione amianto – Polizia Municipale), Demetrio Delfino, che era nella passata consiliatura Presidente del Consiglio comunale, (Welfare e alle Politiche della Famiglia). Resta libera la casella di vicesindaco. Il mister X sarà presentato domani, lunedì 26, al primo Consiglio comunale che ha all’ordine del giorno l’elezione del Presidente e delle altre figure del Consiglio.
Il sindaco Falcomatà ha presentato sul Lungomare intestato al padre Italo la sua squadra davanti alle colonne di filo metallico di Tresoldi: «La giunta entra nel pieno esercizio delle proprie funzioni – ha detto dopo aver illustrato le deleghe assegnate –. Manca ancora un elemento che, per motivi personali, non poteva essere con noi oggi. Sarà presentato nei prossimi giorni» Facomatà ha spiegato le ragioni delle sue scelte: «Ho cercato di interpretare quel sentimento di cambiamento che i cittadini ci hanno chiesto a gran voce. Sento il dovere di ringraziare gli assessori e i consiglieri della scorsa legislatura, molti di loro sono ancora noi, ognuno di loro insieme ai nuovi eletti, lavorerà e collaborerà per riscrivere la storia di Reggio. Gli obiettivi sono ambiziosi e la squadra che si è composta e le scelte che si faranno nei prossimi giorni, vogliono restituire a Reggio un ruolo da protagonista all’interno del panorama politico e amministrativo nazionale. Abbiamo bisogno di tutti. Bisogna sporcarsi le mani. Che senso ha avere le mani pulite se bisogna tenerle in tasca diceva qualcuno più saggio di me. Soltanto chi non vorrà giocare questa partita sarà seduto in panchina ed in tribuna. Se vogliamo fare la rivoluzione non possiamo pensare che si possa assistere dal divano di casa. Richiamo ad un senso di protagonismo e responsabilità. Da adesso la Giunta si mette all’opera». (rrc)
Gli industriali di Reggio Calabria hanno formulato gli auguri di buon lavoro al rieletto sindaco Falcomatà. Le congratulazione sono state espresso dal presidente di Confindustria Reggio Domenico Vecchio. Il presidente ha auspicato che «la continuità amministrativa possa consentire di raggiungere gli obiettivi finora non conseguiti sul versante della crescita economica, produttiva e turistica dell’intera Città metropolitana».
«Reggio – ha detto l’ing. Vecchio – dispone di un enorme potenziale ma, per numerose e anche ataviche ragioni, questo territorio paga ancora un ritardo di sviluppo che deve essere scontato nel più breve tempo possibile. Una delle maggiori aspettative per i prossimi anni – prosegue il presidente di Confindustria – riguarda il pieno coinvolgimento delle associazioni di categoria e delle parti sociali, ciascuno per i propri ambiti di competenza, nella programmazione delle azioni che dovranno aiutare Reggio a risollevarsi. Noi siamo disponibili e aperti al dialogo, nella consapevolezza che i prossimi mesi saranno determinanti per scrivere il futuro della città».
Tra le questioni «che stanno particolarmente a cuore al nostro mondo – ha detto ancora il presidente Vecchio – assurgono centralità quelle relative al porto di Gioia Tauro, all’aeroporto dello Stretto, alla riduzione della pressione tributaria resa possibile dai fondi del Decreto Agosto, e ancora il ripristino della regolarità nei servizi pubblici, a cominciare dall’efficientamento del ciclo dei rifiuti. Viviamo con sollievo la conclusione della campagna elettorale – conclude il presidente Vecchio – perché, per tutti, è arrivata l’ora di passare dalle parole ai fatti». (rrc)
Da Giuseppe Smorto, giornalista di Repubblica, reggino che vive a Roma da moltissimi anni, una sentita, condivisibile, opinione a Calabria.Live sul dopo elezioni.
Caro Direttore,
ma cosa è diventata la politica? Una volta era impegno, attenzione verso il Paese, verso la propria città. Era militanza, voglia di mettersi in gioco, era porta a porta con la minuscola, solidarietà. La cronaca del voto alle Comunali mi ha appassionato, come spesso succede ai reggini che vivono fuori. Ma ci sono stati alcuni comportamenti sconcertanti, che vorrei sottolineare.
Partiamo dal centrodestra, silente dopo le elezioni. Detto che a Reggio ha vinto il congiuntivo, ritengo scandaloso il modo in cui Minicuci è stato trattato un attimo dopo il risultato. È stato lasciato letteralmente solo, lo hanno perfino filmato sul Corso che parlava al telefono, nessuno insieme a lui. Credo che coerenza significhi anche vivere e ragionare insieme sulla sconfitta. In quanto a Minicuci, ho visto che si è poi materializzato sul palco di Taurianova insieme a Salvini. Ma io, con le mie orecchie, lo avevo sentito dire mercoledì scorso “Non sono leghista!”. Ma cos’è diventata la politica?
Veniamo ad Angela Marcianò, docente che ho sempre apprezzato da lontano. Credo sia la prima volta: un candidato sindaco manda in giro un tutorial per il voto disgiunto, e si arrabbia anche perché i siti non lo mandano online. Come hai giustamente sottolineato tu, i candidati della lista Marcianò non avranno apprezzato. Poi, subito prima e subito dopo il voto, presunti endorsement a Minicuci, mezze smentite, sfoghi via Facebook che hanno il sapore del dispetto, commenti censurati.
Io spero ora che Minicuci e Marcianò facciano il loro dovere dai banchi della opposizione. Ce n’è bisogno, chiedo troppo?
La terza annotazione, sempre a proposito della politica, per i candidati delle liste che hanno appoggiato il sindaco Giuseppe Falcomatà. Spero e voglio sperare che l’impegno e l’attenzione non si esaurisca con la campagna elettorale. In quelle liste c’erano tante donne e tanti giovani. Sono persone di cui la città ha bisogno. Dimostrino che la loro discesa in campo non è durata lo spazio di un primo turno.
Grazie, Giuseppe Smorto
[Nella foto di Luigi Palamara, l’abbraccio dello sfidante Minicuci all’appena proclamato sindaco Falcomatà a piazza San Giorgio, a Reggio]
di SANTO STRATI – «Avete voluto Falcomatà? Tenetevelo!»: l’infelice e greve battuta dello sconfitto Nino Minicuci al ballottaggio, consegnata ai giornalisti e alle tv a fine di una livorosa conferenza stampa, dà la misura della totale mancanza di stile del non-politico. I reggini non potranno far finta di non avere ascoltato con le proprie orecchie quest’insulsa conferma dell’astio che ha caratterizzato una bruttissima campagna elettorale, caratterizzato da un livore senza precedenti. Ma nonostante la dichiarazione d’intenti di Falcomatà sulla “cessazione delle ostilità”, visto che è finita la campagna elettorale, si deve registrare una caduta di stile anche del primo cittadino rieletto.
Falcomatà, il 22 settembre scorso, all’indomani del primo turno e a inizio del ballottaggio, a una domanda dei giornalisti sulla Marcianò per eventuali apporti di preferenze, aveva risposto accomodante: «Siamo aperti a tutti per affrontare il ballottaggio nell’interesse della città». Ieri, su ReggioTv, al primo incontro pubblico, via stampa, s’è invece fatto scappare che con la Marcianò non ci può essere alcuna collaborazione perché «non è una civica in quanto vicina all’estrema destra». Il riferimento alla lista Fiamma Tricolore che la Marcianò, inavvedutamente ha accolto nel suo gruppo però non c’era stato da parte di Falcomatà quando serviva l’apporto della sua ex assessore. La Marcianò gli ha replicato con un post al vetriolo dove lo accusa di «incoerenza, opportunismo, ipocrisia e arroganza». Ora è evidente che la rottura fra i due, dopo la “cacciata” dalla giunta della Marcianò da parte di Falcomatà, sia insanabile, ma alla provocazione di Eduardo Lamberti Castronuovo che lo invitava a richiamare in Giunta la professoressa di diritto, i reggini avrebbe gradito un maggior fair play. Identico a quello – elegantemente – mostrato durante queste due settimane di campagna per il ballottaggio.
Il punto è che la Città non si può più permettere di assistere a scontri e scambi di contumelie, a volte gratuite, spesso finalizzate solo a distrarre i cittadini dai problemi reali. Occorre un atto di coraggio e Falcomatà, nel suo discorso immediatamente post risultato, è stato puntuale, preciso e aperto a un comune obiettivo per il reale interesse della città. Noi che siamo inguaribili ottimisti crediamo che serva alla città un’intesa trasversale, con l’impegno di tutti, maggioranza e opposizione, per il bene di Reggio. Questo non significa, evidentemente, che Falcomatà debba chiamare in Giunta i suoi oppositori, ma indica la necessità di rompere quel clima di guerriglia politica permanente che ha caratterizzato la precedente Amministrazione comunale. Occorre uno sforzo non usuale e probabilmente fin troppo impegnativo, ma sarebbe la conferma della vittoria della città contro il ridicolo tentativo di “invasione” della Lega Nord. Uno spauracchio risibile, se vogliamo, visto il miserevole risultato delle urne del partito di Salvini (appena il 4% meno di Klaus Davi) ma ha funzionato. Questo leit-motiv di “non consegnare la città a Salvini”, per tramite dell’incauto Minicuci (ma ha obiettivamente valutato a cosa andava incontro con l’investitura di Salvini?), ha favorito una mobilitazione generale, di quelle che solo Reggio, quando serve, riesce ad attivare. Ma questa mobilitazione racchiude, in verità, un altro significato che il rieletto Sindaco non può ignorare: esprime una vigile partecipazione e il rifiuto di scelte politiche e personali che non hanno fatto brillare i sei anni di sindacatura Falcomatà. Ingessati da posizioni discutibili, da scelte non sempre condivisibili dai cittadini stessi, da una confusa gestione del “potere” amministrativo che non forniva risposte ai cittadini.
Questa mobilitazione a favore di Falcomatà richiede dunque un cambio di rotta, un’inversione di tendenza che si vedrà nell’immediato, con la scelta della Giunta. Falcomatà ha annunciato ai reggini di attendersi sorprese. Quali, lo scopriremo presto, ma già oggi che cominciano le frenetiche consultazioni dei partiti e dei movimenti che hanno sostenuto la coalizione il non-nuovo primo cittadino farebbe bene a guardarsi intorno e aprire alla società civile, alla minoranza, alle capacità e alle competenze, prim’ancora che al peso politico dei consiglieri eletti o alla particolare vicinanza personale.
La vera sfida per Falcomatà comincia oggi guardando alla trasversalità non come un’ambascia bensì come un’opportunità per guidare coralmente, e positivamente, una città che è molto difficile da governare. Quattro uomini e tre donne o. cinque uomini e quattro donne, per il rispetto della parità imposta dalla legge, ma non devono necessariamente essere tutti della sua parte politica. Circola il nome di Klaus Davi per un assessorato di grande rilievo per la città: Reputazione? Turismo? Comunicazione? E chi meglio del massmediologo italo-svizzero per far parlare di Reggio (e della Calabria) tutti i santi giorni sui media nazionali e internazionali? Ma Falcomatà riuscirà a dimenticare gli attacchi frontali alla sua amministrazione che sono arrivati proprio da Klaus Davi? Il quale, peraltro, con perfetto fair play politico ha fatto «i migliori auguri al al sindaco Falcomatà. Ha vinto nettamente e la sua campagna elettorale è stata svolta in modo egregio, va riconosciuto. Quindi complimenti e in bocca al lupo al sindaco scelto dai cittadini con una netta maggioranza». In altri termini, trasversalità significa aprire a persone e protagonisti della scena politica, economica, sociale, senza avere il timore di essere messi in ombra. Un altro nome circolava ieri sera: Tonino Perna, un apprezzato economista, firmatario, peraltro, del manifesto pro Falcomatà siglato da professionisti e docenti universitari che vivono lontano da Reggio. Due teste pensanti in grado di dare un serio contributo alla città e prestigio all’amministrazione. Ma Falcomatà avrà il coraggio di respingere le pretese dei “portatori di voti” che, giustamente a parer loro, esigono un posto in Giunta?. Sarebbe il segnale che davvero il giovanotto di sei anni fa è cresciuto anche politicamente e può degnamente aspirare a un grande avvenire nelle stanze del potere. Si tratta di fare scelte senza condizionamenti e i reggini che lo hanno riconfermato vogliono dargli credito. Non faccia l’errore di ripercorrere gli errori passati perché i reggini, sia quelli che l’anno votato sia quanti non gli hanno confermato la fiducia, stia certo, non glielo permetteranno. (s)
di SANTO STRATI – La Fata Morgana ha giocato un brutto scherzo a Salvini & Co. il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà ottiene dai reggini il “secondo tempo” richiesto e vince con circa 19 punti di distacco dallo sfidante Nino Minicuci (58,36% contro il 41,64%). L’esito di questa sfida appariva il giorno dopo il primo turno molto incerto e fino a ieri mattina nessuno voleva a tentare un pronostico, anche se l’orientamento in città verso l’«usato sicuro» di Falcomatà sembrava ormai determinato. Degli errori clamorosi compiuto dalla destra ci sarà materia per confronti e scontri che si prevedono molto accesi, a cominciare dall’infausta imposizione di Matteo Salvini ai reggini di un sicuramente ottimo burocrate ma pessimo politico. L’avv. Antonino Minicuci ha inanellato una serie clamorosa di errori che nemmeno il più sprovveduto candidato a elezioni potrebbe compiere tutte in una volta. Secondo Klaus Davi, – quasi consigliere Reggio, in attesa di conferma dalla commissione elettorale – che di comunicazione se ne intende, «Falcomatà ha fatto una campagna elettorale senza errori e Minicuci ha pagato le divisioni del centrodestra. Sicuramente – ha dichiarato a Calabria.Live – la guerra che gli ha fatto una componente del centrodestra per 15 lunghi giorni non ha aiutato. È prevalsa la narrazione del Pd: incredibilmente, in una situazione di svantaggio il centrosinistra e il Pd sono riusciti comunque a prevalere facendo passare il messaggio dell’avversario in negativo: sono riusciti a invertire il trend, nonostante la spazzatura sotto casa, la mancanza dell’acqua e via discorrendo. È senza dubbio un’operazione notevole del centrosinistra che fino a un mese e mezzo fa sarebbe stata davvero impensabile».
Ma non è di Minicuci e della Lega – che Reggio aveva già tenuto alla larga col miserevole 4% al primo turno – che si deve parlare oggi, ma del formidabile risultato che il “perdente sicuro” (come lo definivano gli avversari politici ancora qualche giorno fa) è riuscito a ottenere. La campagna impostata sul non consegnare Reggio alla Lega per chiudere ogni spazio a Minicuci è risultata azzeccata. Mentre il candidato di Salvini attaccava mostrando documenti, lettere, citando i numeri dei “disastri” dell’Amministrazione Falcomatà, finendo con irritare anche il più paziente degli ascoltatori, il sindaco uscente ha colpito il vero punto debole dell’avversario: l’ombra, pesante e inopportuna, di Salvini che aveva già data per conquistata questa sponda dello Stretto. Avevamo, in tempi non sospetti, avvisato delle mire salviniane sul Mezzogiorno, ultima chance per risalire una china ormai segnata, ma allo stesso tempo ci eravamo premurati di segnalare al leader leghista e alla sua pittoresca compagnia di ex-anti-meridionalisti fintamente pentiti che l’aria dello Stretto non faceva per loro. Non ci hanno ascoltato.
Come pure, in più occasioni, avevamo indicato le difficoltà crescenti per la coalizione di centrodestra di trovare un punto di coesione: vale per la destra, come per la sinistra e il livello di litigiosità è direttamente proporzionale all’assoluta garanzia di una sconfitta sicura. Basta guardare quanto è successo alla “Stalingrado del Sud”, la rossa Crotone, che dopo anni di predominio della sinistra si è ritrovata persino senza il simbolo del Partito Democratico nelle schede. Tutto per una stupida bega tra le anime divisive della sinistra calabrese che ha fatto avanzare il progetto di Carlo Tansi (già candidato governatore, nemmeno riuscito a entrare in Consiglio regionale a causa di una legge elettorale da riformare al più presto) e di un gruppo di liste civiche “indipendenti” che hanno portato al successo Vincenzo Voce, un ingegnere “estraneo” fino ad oggi alla politica. La sua vittoria è la sconfitta di un certo modo di intendere e pensare la politica come ormai non esiste più.
E la destra, sia a Crotone sia a Reggio, non è stata meno della sinistra: litigiosa, divisiva, priva di una strategia unitaria. Diciamo, la verità, Falcomatà ha vinto (meritatamente) contro un avversario che dal primo giorno che è arrivato a Reggio, annunciato da Salvini, viaggiava con la sconfitta in tasca. Vorremmo sbagliare, ma abbiamo la netta sensazione che avremo un altro copione alla Callipo: non riusciamo a vedere l’avv. Minicuci, con tutti gli incarichi che ha (qualificati e ben retribuiti) ricoverare a Reggio per fare il capo dell’opposizione. Si insedierà in Consiglio (come fece Pippo Callipo) e dopo qualche seduta di maniera saluterà presentando le dimissioni. Intendiamoci, Callipo ha mollato perché ha capito che il suo progetto politico non aveva funzionato (pur avendo portato in Consiglio apprezzabili e seri professionisti che si sono messi subito al servizio della Calabria, come Marcello Anastasi, per esempio), ma le motivazioni di Minicuci saranno meno nobili perché pesano molto la sconfitta e il “rifiuto” della città.
Falcomatà ha vinto il suo referendum, ma la sua seconda chance si presenta abbastanza in salita: i reggini chiedono adesso un cambio di rotta e l’Amministrazione bis non potrà ripetere gli errori del passato né mettere insieme una Giunta esclusivamente vincolata ai risultati elettorali dei singoli consiglieri. Servono competenze e professionalità, capacità e voglia di impegnarsi. Gli assessori non devono essere per forza trovati tra i consiglieri eletti dai reggini, ma andrebbero scelti preferibilmente tecnici con dichiarate e provate capacità e non necessariamente della stessa area politica. Sarebbe bello poter immaginare un impegno trasversale, con un intelligente apporto dell’opposizione, per un comune impegno a favore della Città. Un superamento degli schemi (grossa coalizione?) per un comune obiettivo, con una trasversalità che travalica il vecchio modo di fare politica ma pensa solamente agli interessi dei cittadini. È un sogno, ma non si può mai dire. Il “vecchio” sindaco “ragazzino” è cresciuto in tutti i sensi e mostra innato talento politico, potrebbe, a questo punto, costruirsi il suo futuro politico (Regione, Parlamento) mostrando negli anni che verranno la giusta determinazione e circondandosi di gente capace e competente, con la voglia di cambiare davvero volto a questa città.
È quello che, nel segreto dell’urna, molti cittadini tra ieri e oggi avranno pensato, nella candida convinzione che se c’è la volontà di cambiare le cose si fanno. Purché, lo ribadiamo a costo di apparire pessimisti, non si tenga a mente la classica soluzione politica suggerita dal Gattopardo di Tomasi di Lampedusa: cambiare tutto perché nulla cambi. Ovvero, come diceva testualmente il principe di Salina, «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Dio non voglia. E tanti auguri al sindaco Falcomatà. (s)
[La fotografia di copertina è di Attilio Morabito, courtesy Luigi Palamara]
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