“DEMOLITION-PEOPLE“ CONTRO LA CITTÀ
REGGIO SUBIRÀ UN CRIMINE URBANISTICO

di SANTO STRATI – A ragione, moltissimi reggini sono convinti che il progetto di demolizione di Piazza De Nava, “salotto” della città, dirimpettaia al Museo dei Bronzi, sia un vero “crimine. urbanistico”. A nulla valgono le prese di posizione di intellettuali, professionisti, imprenditori, semplici cittadini che temono il “vandalismo autorizzato” che qualcuno vuol mascherare come “restauro”, ma in realtà, secondo il progetto, una vera e propria “devastazione” della piazza. Senza alcun vantaggio per i cittadini, in spregio a qualunque buonsenso che, quantomeno, inviterebbe a un confronto schietto e senza  prevaricazioni. Il problema è che per fare un confronto occorrerebbe che ci fosse qualcun0 con cui dialogare: purtroppo non si vede nessuno. Tutti sordi e muti, tanto che la domanda che nasce spontanea è: ma dove vivono gli amministratori di Reggio? Si guardano mai in giro a vedere lo stato di abbandono in cui è ridotta quella che un tempo era Reggio “bella e gentile”? Basterebbe fare una passeggiata sul Corso, o in via Marina (senza bisogno di vedere il disastro delle periferie completamente dimenticate) per avvertire un fortissimo senso di vergogna per l’incapacità di agire. E poi qualcuno si chiede perché la gente non va a votare.

Questa brutta storia di piazza De Nava è semplicemente l’esempio tangibile dell’inefficienza, dell’indifferenza e dell’insensibilità che viene dimostrata verso cittadini, tartassati – per fare un esmepio –  da un servizio rifiuti che, pur richiedendo altissimi oneri, funziona malissimo. E non è solo un problema di pulizia e decoro: è tutta la città che si sente dimenticata, non-governata (attenzione non malgovernata) da amministratori comunali e metropolitani che si entusiasmano per qualsiasi iniziativa pseudoculturale (ma ce ne sono state e ce ne sono di ottime da far invidia alle capitali della cultura, con associazioni che fanno tantissimo ricevendo in cambio il nulla totale) e dimenticano di guardare ai problemi di ogni giorno. Eppure, crediamo, non servirebbe molto per trasformare il cosiddetto fancazzismo di tanti in una inedita e inedita operatività. L’efficienza si attiva pensando al bene della città, ma servono modelli (che non ci sono), servono riconoscimenti (solo di merito, non finanziari) a chi si adopera per tenere pulito il pezzo di strada prospiciente il proprio portone o pulire le scalinate storiche di via Giudecca (grazia Angelina De Salvo e tutti gli altri “angeli” della città che continuano imperterriti a mostrare quanto la città è nei loro cuori). Ma sono episodici gesti di civismo e buona volontà, frutto di spontaneismo che deriva dall’amore per la città, e finisce tutto lì. E pensare che ai tempi di Italo Falcomatà, il sindaco della primavera reggina, passavano le autobotti con acqua profumata di bergamotto  (dopo la regolare raccolta della spazzatura) per rendere ancora più pulita e vivibile la città. E il buon Falcomatà (padre) subiva con molta felicità il rito mattutino del caffè con gli spazzini (si chiamavano così perché spazzavano per davvero) felici di avere reso la città più bella e persino profumata. Un altro mondo, difficile da replicare soprattutto perché manca una classe politica e dirigente degna di tale appellattivo.

Piazza De Nava, dicevamo, è l’esempio più orrido di come non si amministra una città, ignorando le elementari basi del buonsenso e del bene comune. Se c’è questa rivolta “popolare” che cresce di giorno in giorno non ci vuole la zingara per capire che il malcontento qualche base la deve pur avere. Ma qualcuno ha pensato  che la “creazione di uno spazio ampio in cui tenere mostre ed eventi folcloristici (inclusi pipi e patate e il panino cu satizzu?) forse non è proprio quello che avevano in mente i progettisti della piazza originaria? Per questo vi invitiamo a leggere quanto scrivono Vincenzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea e il prof. Pasquale Amato, apprezzato docente e storico reggino, strenui difensori della piazza, contro l’imbarbarimento del potere (ma quale?) che vuole invece distruggerla.

Ma non è solo piazza De Nava: il Lido (per il quale si aspetterà, naturalmente, il prossimo mese di luglio per decidere gli interventi da fare), l’aeroporto su cui sono destinati 60 milioni del Contratto interistituzionale di Sviluppo (che ci auguriamo non saranno utilizzati per chiudere con la rete “il gallinaio” aeroportuale), i rifiuti che appestano l’aria e rendono invibile qualunque angolo della cità,, un Piano Turismo inesistente e tantissimo altro ancora.

Reggio non si merita tutto questo né tantomeno può continuare ad essere una città dei facenti funzione: se è rimasto un briciolo di dignità tutto il consiglio metropolitano e comunale dovrebbe andarsene a casa e riconsegnare la città al popolo. Ma così vincerà la destra! griderà subito qualcuno, per legittimare un’improvvida occupazione del potere. Sceglierà il popolo reggino da chi farsi amministrare, scegliendo – speriamo – chi saprà portare argomenti e ragioni serie per una vera rinascita della città. Augurando ogni bene al giovane Falcomatà, con l’auspicio per lui e per la città che possa uscire indenne dalla brutta storia del Miramare e riprendere il suo posto alla guida della città, non possiamo fare a meno di far notare che, in caso di una nuova sospensione in base alla legge Severino, sarebbe gradito un atto di rispetto nei confronti dei reggini che l’hanno votato (soprattutto per fermare il forestiero leghista). (s)

Reggio: lo sfogo dell’ex vicesindaco Tonino Perna che stamattina firma le dimissioni

Dopo l’annuncio di sabato sera, ieri mattina allo Spazio Open di Reggio, l’ex vicesindaco Tonino Perna, introdotto dal giornalista Franco Arcidiaco, ha sfogato tutta la sua rabbia per il metodo con cui il sindaco “sospeso” Falcomatà si è “liberato” di lui. Neanche una telefonata di cortesia, Perna ha appreso da un comunicato stampa che era stata revocata la sua nomina, con il mantenimento, però, delle deleghe da assessore. Ovviamente il prof. Perna, con la sua storia non poteva certamente rimanere in una Giunta che mostra già affanno prim’ancora di cominciare a lavorare.

«Non so nemmeno io – ha detto il prof. Perna, economista molto apprezzato non solo a Reggio ma a livello nazionale – come ha fatto a convincermi all’epoca ad accettare il ruolo di vice sindaco. Giuseppe Falcomatà è una figura umanamente complessa che meriterebbe uno studio approfondito e particolare. Ho creduto nella ‘svolta’. I primi tempi c’era un’interlocuzione su tutto ma poi ho constatato che non c’è alcuna programmazione a Palazzo San Giorgio, per nessun tema».

A proposito della nomina revocata, Perna è tagliente: ««Il problema non è il modo, ma più semplicemente politico. Se Brunetti ha fatto meglio di me, comprendo benissimo la sua decisione, ma non credo che sia stato questo il motivo. Non è normale un avvicendamento un’ora prima che fosse pronunciata la sentenza. Non è una questione personale, ripeto mi dispiace per la città, perché nel momento in cui arrivano le risorse del PNRR, nel momento in cui bisognerebbe riorganizzare tutto, dare la spinta, metterci tutta l’anima, per farla risorgere come merita, si rimette tutto in discussione».

Decisamente, il problema è politico, se si sono già registrati diversi mal di pancia in seno al Partito democratico i cui vertici non sono stati minimamente né consultati né preavvisati. Una gestione “personalistica” che apre una voragine tra i rapporti in seno al partito che stava preparandosi per tornare al congresso, dopo tre anni di commissariamento.

Intanto, l’unica cosa certa sono le dimissioni dell’ex vicesindaco demansionato a semplice assessore: stamattina il prof. Perna rassegnerà le proprie dimissioni, firmando l’atto di rinuncia davanti al segretario generale del Comune. Domani, forse, è un altro giorno… (rp)

L’OPINIONE / Nino Mallamaci: servire Reggio, non servirsene

di NINO MALLAMACI – “L’Amministrazione andrà comunque avanti”. In questa frase c’è molto della vicenda politica e amministrativa di Giuseppe Falcomatà, ma anche di quella della città di Reggio e, allargando il discorso, della Calabria. Questa terra viene usata dai suoi cittadini, dai politici nostrani e importati, dai catapultati o paracadutati in delicati ruoli amministrativi e gestionali. Raramente si affaccia sul palcoscenico qualcuno che si impegni nella cosa pubblica per la propria gratificazione personale, la qual cosa non mi scandalizzerebbe affatto, ma anche per tentare di fare qualcosa per il popolo.
La condanna di Falcomatà non è per nulla un fulmine a ciel sereno. Era impressa nei fatti, che hanno avuto una linearità e una logica semplicissime: tu dai a me, io do a te, e per fare ciò apparecchiamo quello che serve. Ci sarebbe stato da stupirsi se le cose fossero finite in maniera diversa. E Falcomatà, come nulla fosse, continua a maneggiare Reggio come fosse cosa sua, un affare della sua famiglia e dei suoi amici. Tutte le sue scelte, dai risultati peraltro disastrosi, sono improntate a tale impostazione. D’altra parte, ciò è in estrema coerenza con la scaturigine della sua sfolgorante carriera, di matrice ereditaria.

Ma cosa dire degli altri, dei suoi supposti avversari? Tutti abbiamo bene in mente il percorso che ha portato la destra a una candidatura perdente in partenza. Da quella parte, tra i maggiorenti con diritto di parola, solo il deputato Cannizzaro si è battuto fino alla fine per contrastare il diktat di Salvini, anche lui calato a Reggio per piegarla ai suoi scopi. Come Davi, in cerca di visibilità, o De Magistris, disposto a tutto pur di conquistare una nuova tribuna dopo gli anni napoletani. Io non so cosa sarebbe successo se il PD non avesse chiuso all’ipotesi di primarie blindando la candidatura di un primo cittadino fallimentare da ogni punto di vista. Forse oggi non ci troveremmo con una città decapitata in un momento così delicato, quando ingenti risorse sono a disposizione e potrebbero essere usate per dare una parvenza di normalità a un territorio letteralmente distrutto, bombardato da una pessima amministrazione.

Allo stesso modo, non so cosa sarebbe successo se la destra avesse avuto il coraggio di dire no a Salvini e alle sue pretese. Certamente, i reggini non si sarebbero trovati davanti a una scelta obbligata dalla pochezza, dalla estraneità, dalla sciatteria, dalla inadeguatezza, di quel candidato. E anche se c’è chi, come me, mai e poi mai avrebbe dato il proprio consenso, forse ci saremmo risparmiati il “secondo tempo” (a proposito, è mai iniziato?) della già allora probabilissima anatra zoppa, per di più incapace anche con entrambi gli arti funzionanti.

L’aspetto grave e preoccupante, adesso, non è quello che è successo, che è esattamente quello che doveva succedere. Anche se Castorina gongola, e l’associazione dei sindaci esprime una solidarietà che sa di corporativo, noi cittadini ci dobbiamo preoccupare. Potremmo essere facili profeti se pronosticassimo una conclusione rapida della legislatura, determinata non dalla volontà dei protagonisti di questa tristissima pagina – i quali si acconciano già a una gestione a tirare a campare in attesa di tempi migliori – ma da fattori di instabilità oramai quasi incontrollabili. Al di là di ciò, però, è la città che non può aspettare. Si sveglino, i reggini. Reclamino un ritorno alle urne in tempi brevi Una pretesa tuttavia non sufficiente. Esigano in più un patto solenne tra Reggio e la sua classe dirigente – se ne esiste una – di destra, di sinistra, di centro. Sul palcoscenico salgano la città e i suoi mille problemi, non i tanti personaggi in cerca d’autore. Necessitiamo di persone che abbiano in animo di Servire Reggio, e non di servirsene per l’ennesima volta. (nm)

Pizzimenti (Cittadini per il Cambiamento): Falcomatà si dimetta prima della sospensione da parte della magistratura

Il presidente dell’Associazione Cittadini per il CambiamentoNuccio Pizzimenti, ha chiesto che il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà, si dimetta prima della probabile sospensione, prevista dalla Magistratura per il 19 novembre, «per rispetto verso gli elettori e la città tutta».

Per il primo cittadino, infatti, sono stati chiesti un anno e dieci mesi di reclusione per il Caso Miramare, e Pizzimenti, oltre a chiedere le dimissioni, ha chiesto al sindaco di non compiere altri attivi amministrativi, «in modo che i cittadini possano ritornare alle urne, si trovasse un  impiego lontano dalla politica, per il bene  di una comunità che deve rinascere. In ogni caso, il Consiglio Comunale è investito delle implicazioni da noi evidenziate, per il bene e la rinascita della nostra città ormai in un baratro immane»

Per Pizzimenti, «la Legge Severino, a nostro modesto avviso dovrebbe essere modificata, in quanto  non ci appare eticamente e giuridicamente corretto, anche sotto il profilo costituzionale, che il ruolo del sindaco condannato per reati abbastanza gravi, eventualmente sospeso dall’Autorità Giudiziaria per 18 mesi, venga surrogato da un vicesindaco facente funzioni, non votato dai cittadini per un compito così delicato».

«Pertanto – ha aggiunto – riteniamo un’imposizione legislativa, la surroga con il vicesindaco f.f., che per quanto ci è dato sapere, non ha suscitato reazioni ostative, probabilmente per scarsa percezione della grande implicazione sul piano amministrativo e dell’accessibilità democratica di un’istituzione primaria per i cittadini, quale il Comune».

«A tale proposito – ha evidenziato – è opportuno, ricordare che la legge elettorale, sancisce che nei Comuni con popolazione superiore 15.000 abitanti, il Sindaco venga eletto, a suffragio universale e diretto, contestualmente all’elezione del Consiglio Comunale. Noi vorremmo sapere per comprendere meglio, quale sia il motivo che contraddice la legge e il mandato popolare, affidando a persona non eletta, la carica del Sindaco condannato e sospeso?».

«Al riguardo, riteniamo che – ha spiegato – quando un sindaco  viene condannato bisognerebbe tornare alle urne, per eleggere un nuovo Sindaco e non sospenderlo per 18 mesi. Altresì va messo in forte evidenza che, in linea generale, la problematica concernente l’estensione dei poteri del Vicesindaco, ha formato oggetto di due pareri del Consiglio di Stato (n. 94/96 del 21 febbraio 1996 e n. 501/2001 del 14 giugno 2001), chiaramente orientati verso una configurazione non restrittiva dei poteri del Vicesindaco, sulla base della considerazione che, secondo i principi generali, la preposizione di un ‘sostituto’ all’ufficio o carica in cui si è realizzata la vacanza, implica di norma l’attribuzione di tutti i poteri spettanti al Sindaco».

«Il Supremo Consesso Amministrativo – ha spiegato ancora – ribadisce l’esigenza di continuità nell’azione amministrativa dell’ente locale, postulando che in ogni momento debba esserci un soggetto giuridicamente legittimato ad adottare tutti i provvedimenti oggettivamente necessari, nell’interesse pubblico. Pertanto, al Vicesindaco reggente deve essere riconosciuta  pienezza di poteri anche per quanto concerne la revoca o nomina degli assessori».

«Ma attenzione! – qui l’incongruenza legislativa – i pareri del CdS. (pareri, non sentenze) – ha proseguito Pizzimenti – risalgono al 2001, ben 11 anni prima della Legge 6 novembre 2012, n. 190 – Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione (Legge Severino), Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235. La legge fino a che punto condanna il dolo, se, nello stesso tempo – sorprendente abbaglio legislativo – premia la continuità amministrativa, di un consesso delegittimato da una giunta coinvolta a pieno titolo in una delibera palesemente illegittima? Al fine di chiarire questi interrogativi, chiediamo che – ove, come ormai appare probabile, e come i cittadini legittimamente si aspettano, considerata anche la precedente condanna della dr. Angela Marcianò, venga emessa sentenza di condanna, e si produca all’interno del Consiglio Comunale, una interrogazione parlamentare in merito,  e/o un rilievo presso il Consiglio di Stato al riguardo».

«Per questo – ha aggiunto – (ed altri gravi motivi, non da ultimo, la sentenza della Corte Costituzionale – 23 giugno – 11 luglio 1961, n. 40. “Tra le diverse mozioni che dell’ordine pubblico si hanno nella legislazione, la nozione da accettarsi, ai fini dello scioglimento dei consigli comunali, è quella che attiene alla sicurezza ed alla quiete pubblica”. Sicurezza e quiete pubblica fortemente messa a rischio a Reggio Calabria, dal disastro ambientale e sanitario dei rifiuti, della viabilità, dei servizi minimi essenziali, della trasparenza amministrativa, delle sospensioni per i voti dei defunti, per l’abuso nella gestione dei fondi vincolati, sulle ripetute bocciature e fallimenti amministrativi su tutti i fronti, sul disgregamento di ogni concetto di famiglia e di appartenenza, dovuto ad una neo emigrazione mai vista negli ultimi 50 anni)». (rrc)

 

Incendi / Falcomatà: intervenga subito anche l’Esercito

di Giuseppe Falcomatà – Ancora fiamme, ancora pericolo, ancora danni incalcolabili, la nostra montagna e le nostre colline continuano a bruciare. Incendi attivi anche oggi nei Comuni di San Luca, Grotteria, Mammola, San Giovanni di Gerace, Martone e Gioiosa ionica, Cardeto.

Chilometri e chilometri di verde continuano a bruciare, sono minacciati anche i faggi secolari del Parco Nazionale dell’Aspromonte, patrimonio Unesco. Si teme anche per il Santuario di Polsi. Ieri abbiamo chiuso al traffico la Sp1 nel tratto dello Zomaro. Chiediamo a tutti i residenti di fare massima attenzione, di allontanarsi se possibile dalle zone colpite e di evitare di percorrere le strade interne adiacenti alle zone incendiate.

In Prefettura è stato attivato il Coc (centro operativo comunale). Siamo in contatto con i sindaci di tutti i Comuni colpiti che, lottando in prima linea, si stanno letteralmente gettando tra le fiamme pur di salvare il salvabile. Nei giorni scorsi abbiamo chiesto in Prefettura di poter dispiegare l’utilizzo di uomini e mezzi dell’Esercito, che sono attivi da oggi. Abbiamo ottenuto la dichiarazione dello stato di calamità per il risarcimento dei danni e noi stessi, se necessario, accederemo al fondo di riserva della Città Metropolitana per sostenere chi nel fuoco ha perso tutto.

La priorità oggi è spegnere questo inferno. Ma da domani qualcuno dovrà spiegarci PERCHÈ è mancata completamente la prevenzione, PERCHÈ se c’erano le risorse disponibili non sono stati acquistati per tempo i mezzi aerei e di terra, PERCHÈ ci sono responsabili che con questo disastro hanno avuto il coraggio di andarsene in ferie. Tutti PERCHÈ ai quali, da domani, chiederemo risposte.

Ora lavoriamo in silenzio, e rispettiamo chi da giorni respira fumo e ingoia sudore e lacrime.

[Giuseppe Falcomatà è sindaco metropolitano di Reggio Calabria]

NEL NOME DI ITALO UN’ALTRA PRIMAVERA
FALCOMATÀ: ECCO LA REGGIO DI DOMANI

di GIUSEPPE FALCOMATÀ – È un periodo di grosso fermento in termini di programmazione e sviluppo per una Città che ha iniziato il nuovo decennio, segnato da un’atroce pandemia, con grande speranza ed ottimismo. L’innovazione più importante si può tradurre, in termini sartoriali, nella ricucitura fra il mare e il territorio, un rapporto recuperato e che, a piccoli passi, si sta concretizzando in un unico, immenso e bellissimo lungomare, da Catona fino a Punta Pellaro. 

Venticinque chilometri di bellezza che si possono cominciare ad ammirare partendo dal Waterfront e dai tanti cantieri aperti su tutta la tratta costiera, con un passaggio determinate sul Parco Lineare Sud. Se spingiamo l’orizzonte un po’ più in là, possiamo immaginare il Centro delle Culture del Mediterraneo, il Museo del Mare disegnato da Zaha Hadid, sul quale il Governo ha investito 53 milioni di euro riconoscendolo fra le 14 opere strategiche per il rilancio del Paese dopo la crisi innescata dal Covid.

Insomma, non c’è giorno che, dagli uffici di Palazzo San Giorgio, non arrivi la notizia di qualche bando vinto o di un finanziamento pronto a contribuire al rilancio di Reggio. Si pensi soltanto al programma “Qualità dell’Abitare”, un progetto ambizioso che ha visto premiate le nostre idee con un contributo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti pari a 45 milioni e che verrà equamente distribuito per cambiare il volto dei quartieri di Arghillà nord, Modena-Ciccarello e Reggio Sud-Gebbione.

Insomma, iniziamo a dimenticare la Città che, fin qui, abbiamo da sempre conosciuto. La Reggio che, faticosamente, ha resistito a 70 anni di promesse, sprechi ed incompiute è destinata a non esistere più. Oggi, finalmente, c’è una visione. Adesso, esistono programmi capaci di stravolgere in positivo ogni contesto sociale ed urbano del territorio. Perché, il cambiamento, non investirà soltanto il settore dei Lavori pubblici o delle Grandi opere, ma insisterà fortemente sulla vita di ogni cittadino dopo l’approvazione dei Piani di Zona che rappresentano, in tutto e per tutto, la “Magna Carta” del Welfare cittadino col potenziamento e l’avvio di nuovi ed importantissimi servizi. Operazioni di una straordinaria complessità, possibili soltanto grazie a risorse esterne al bilancio ordinario dell’Ente e che classificano Reggio Calabria ai primi posti in Italia in termini di rendicontazione dei fondi comunitari. Ecco, questa è la grande capacità dimostrata da una classe dirigente sempre pronta di individuare e spendere somme che, in altri tempi, tornavano languidamente nelle casse di Roma o Bruxelles. E’ la Reggio delle opportunità quella che sta prendendo forma in questi anni duri di programmazione e ricostruzione. Questa capacità indiscutibile, dunque, ci mette al riparto dalle preoccupazioni che sarebbero potute sorgere di fronte alla mole di finanziamenti pronti ad arrivare attraverso il Recovery fund e il Pnrr. 

Ambiamo a diventare fulcro nel Mediterraneo, una realtà che accetta le sfide sul territorio e si confronta con i cambiamenti globali. Puntiamo a diventare Città che vuole resistere ai danni causati dall’uomo nel corso di un secolo che ha piegato il Pianeta e risponde con Piani di sviluppo ad impatto climatico zero e alla cancellazione del consumo del suolo, con programmi che mirano a rinvigorire la linea verde della Collina di Pentimele e rispettano i nostri magnifici litorali. 

L’approvazione, dopo decenni, del nuovo Piano Strategico Comunale, del Piano di spiaggia o del Piano del verde sta a dimostrare proprio questo. Dal primo giorno del nostro mandato sapevamo di dover ingaggiare una lunga battaglia contro il conservatorismo, il piagnisteo e i pregiudizi. Reggio non sarà più la Città che “non ha mai venduto grano”. Sarà, invece, l’emblema di una rivoluzione culturale e sociale che, con l’aiuto di ogni cittadino, potrà diventare esempio in un’Europa nuova.

[Giuseppe Falcomatà è il sindaco di Reggio Calabria e della Città Metropolitana dal 2015]

SINDACO IN CALABRIA, UN RUOLO DIFFICILE
I PIÙ GRADITI VOCE (KR) E FALCOMATÀ (RC)

Fare sindaco non è un lavoro facile, figuriamoci essere il primo cittadino di una città o un paese della Calabria, una terra tanto bella quanto complicata, dove bisogna combattere, quotidianamente, con tante, innumerevoli problematiche che affliggono questa terra e che devono essere risolti al più presto. Cionostante è facile sentir dire ai primi cittadini che fare il sindaco è il mestiere più bello, malgrado il carico di incombenze e di burocrazia che caricano di responsabilità  (spesso discutibili) di non facile gestione. Vedi i problemi di bilancio e il rischio di dissesto sempre in agguato e, per contro, assurdi procedimenti giudiziari come quello che ha colpito la sindaca di Crema denunciata perché un bimbo si è fatto male all’asilo. Su questo episodio, il sindaco di Bari  De Caro ha detto che «lo Stato deve metterci nelle condizioni di fare il nostro lavoro serenamente. Non chiediamo l’immunità o l’impunità, chiediamo solo di liberare i sindaci da responsabilità non proprie»

Essere sindaco non è semplice, soprattutto nelle aree del Mezzogiorno, eppure, nella Governance Poll 2021 realizzata da Il Sole 24Ore, sull’indice di gradimento dei sindaci, sono tanti i primi cittadini del Sud a essere nei primi posti di questa classifica e, tra questi, a sorpresa, al 13esimo posto c’è il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, eletto lo scorso settembre, con il 58,5% di gradimento da parte dei suoi concittadini: il giorno dell’elezione l’indice di gradimento era al 63,9%.

Dopo il sindaco Voce, c’è al 40esimo posto il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, con il 56% di gradimento (era del 58% il giorno dell’elezione). Al 63esimo posto Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza, con il 53% ((era al 59% il giorno dell’elezione), al 64esimo posto Maria Limardo, sindaco di Vibo Valentia con il 52,5% (era al 59,5 il giorno dell’elezione), e al 70esimo posto Sergio Abramo, sindaco di Catanzaro, con il 50% (era al 64% il giorno dell’elezione). È quest’ultima la peggiore performance rispetto al valore del giorno dell’elezione.

Intendiamoci, sono classifiche su cui incidono elementi non omogenei ed è evidente che le regioni meridionali hanno problematiche ben diverse da quelle delle ricche regioni del Nord. Indubbiamente è un’indicazione del trend di popolarità che rispecchia le iniziative dei rispettivi primi cittadini nei confronti dei propri amministrati. Il primo, in assoluto, è il sindaco di Bari Antonio Decaro (attuale presidente dell’Anci, Associazione dei Comuni italiani) con un consenso rimasto pressoché immutato (-1,3%) rispetto al giorno dell’elezione

L’indagine mette in brutta luce i sindaci delle grandi città (Sala a Milano è all’81° posto, la Raggi a Roma è al 94°, l’Appendino a Torino al 95°) e fornisce un dato che, incidentalmente, riguarda i calabresi: è quello relativo al sindaco di Napoli Luigi de Magistris, in corsa per la presidenza della Regione. L’ex magistrato si posiziona al 104° posto, ovvero il penultimo, con una performance che lo fa precipitare dal 66,9% ottenuto dopo le lezioni del 2016 al 31,9%.

Quello redatto da Il Sole 24 Ore, è «un sondaggio – hanno spiegato gli organizzatori all’Ansa – che coglie i trend degli amministratori locali 16 mesi dopo lo scoppio della pandemia, in una fase che oggi non è più dominata dai contagi e dalla crisi economica, ma dalle prospettive di ripresa di tutte le attività grazie al crescendo della campagna di vaccinazione».

Insieme alla classifica di gradimento dei sindaci, c’è anche quella dei Governatori, che vede Luca Zaia, governatore del Veneto, al primo posto. Nino Spirlì, presidente f.f. della Regione Calabria, non è all’interno della classifica – che prende in considerazione l’anno 2020-2021, in quanto ha preso la guida della Regione a ottobre scorso, a seguito della prematura scomparsa della presidente Jole Santelli.

Tornando ai sindaci, la posizione ricoperta dal sindaco di Crotone è, sicuramente, un ottimo segnale, sopratutto per una città che, poco a poco, si sta rimettendo in piedi dopo un lungo commissariamento, cercando di risolvere tutte quelle problematiche e criticità che, senza un sindaco e una giunta, erano irrisolvibili.

 

Francesca Maria Morabito è la nuova presidente dell’Accademia di Belle Arti di Reggio

Prestigioso incarico per Francesca Maria Morabito, che è stata eletta presidente dell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, la storica istituzione di alta formazione artistica, diretta da Maria Daniela Maisano.

Laureata in Pedagogia all’Università di Messina ed esperta di organizzazione didattica, Francesca Maria Morabito è dirigente scolastico del Liceo Statale “Giuseppe Rechichi” di Polistena. Ha insegnato presso la SSML di Reggio Calabria e collaborato con l’Università Telematica Giustino Fortunato, oltre ad aver ricoperto importanti incarichi in ambito scolastico e ministeriale.

«Nella qualità di Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria – ha sottolineato Maria Daniela Maisano – sento il dovere istituzionale e morale di esprimere il mio benvenuto alla dott.ssa Morabito per la sua nomina, da tanto invocata e sperata. Le capacità professionali e lo spessore umano della dott.ssa Francesca Maria Morabito sono indiscutibili, riscontrate nella perfetta intesa raggiunta nella prima fase di insediamento, segno di una grande sensibilità. E per questo mi sento di esclamare che sia stata la scelta migliore».

L’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria rappresenta un’eccellenza in continua crescita, si presenta con un’offerta formativa rinnovata ed in linea con le tendenze del mercato del lavoro. Offre una ricca possibilità di scelta tra i vari indirizzi dei Corsi ordinamentali di primo e secondo livello in Pittura, Scultura, Decorazione, Grafica, Scenografia, Fumetto ed illustrazione, Progettazione della moda e Comunicazione e didattica dell’arte. L’attività didattica e di studio si integra con l’attività pratica di laboratorio e di ricerca avanzata, nell’ottica digarantire importanti momenti di apprendimento, socializzazione e interazione tra le componenti della comunità accademica.

«L’incarico conferitomi – ha evidenziato Francesca Maria Morabito – rappresenta una sfida importante per il prestigio che l’Accademia di Belle Arti gode nel panorama culturale calabrese e italiano. Ringrazio il Direttore Maria Daniela Maisano, i docenti e lo staff amministrativo per l’accoglienza ricevuta.  Sono certa che il percorso che intraprenderemo insieme ci condurrà a risultati brillanti ai fini della valorizzazione del patrimonio artistico e professionale dell’ente». 

Un caloroso benvenuto, a nome di tutta la comunità reggina, è stato rivolto dal sindaco Giuseppe Falcomatà alla nuova Presidente dell’Accademia di Belle arti di Reggio Calabria. «Si tratta – ha detto il primo cittadino – di un nuovo e prestigioso traguardo che offre il segno concreto del brillante e qualificato percorso professionale che la professoressa Morabito ha compiuto in questi anni, in vari ambiti e contesti lavorativi, sempre al servizio della cultura, dell’istruzione e della formazione. Sono certo che il nuovo corso guidato dalla Presidente Morabito, saprà imprimere ulteriore slancio e rinnovata capacità progettuale ad una importantissima realtà formativa quale è la nostra Accademia di Belle Arti, la più antica in Calabria tra le istituzioni di settore. Un contesto che in oltre cinquant’anni di storia ha saputo sempre restituire grande lustro e onore alla nostra città e al territorio calabrese, quale fucina inesauribile di talento, creatività e passione verso l’arte.

«Alla prof.ssa Morabito – conclude il Sindaco Falcomatà – rinnovo pertanto il nostro benvenuto e un sincero augurio di buon lavoro, rilanciando nel contempo l’impegno di tutte le istituzioni cittadine a cooperare sempre in modo proficuo e con unità d’intenti, nella promozione della “cultura del bello” e di una sempre maggiore consapevolezza collettiva rispetto alla tutela e alla centralità del bene comune». (rrc)

Autonomie Locali Italiane: Falcomatà presidente regionale Calabria

Va a Reggio la rappresentanza regionale di Autonomie Locali Italiane (Ali), la più antica Associazione che riunisce Comuni, Province, Regioni d’Italia. Il sindaco della Città Metropolitana di Reggio, Giuseppe Falcomatà, è stato, infatti, eletto presidente regionale: su di lui è confluito il sostegno degli amministratori locali che hanno preso parte al primo Congresso costitutivo di Ali Calabria, celebrato in via telematica.

Un’assise congressuale aperta dal presidente nazionale Ali, il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, che ha formalmente presentato la candidatura di Falcomatà sostenendo «l’importanza di sinergia ed unità in una Calabria che, attualmente, si trova a dover fare i conti con numerosi problemi, ma anche e soprattutto con le opportunità legate al Recovery Plan».

Il sindaco Falcomatà, ringraziando il presidente Matteo Ricci e gli intervenuti al congresso, ha parlato di «momento molto importante per la nostra regione che vede, finalmente, la nascita dell’associazione fondata, tra gli altri, anche da Giacomo Matteotti».

Quale prima proposta, Giuseppe Falcomatà ha portato all’attenzione dei colleghi calabresi il primo importante appuntamento ormai alle porte: le elezioni regionali. «È utile – ha detto il neo presidente di Ali Calabria – realizzare una piattaforma programmatica, a partire dalle priorità individuate dai sindaci, da sottoporre a chi si candiderà a guidare la Regione. Dall’unione dei sindaci progressisti, infatti, potrà nascere un manifesto che riconsegni dignità e valore alle rivendicazioni di ogni singolo territorio».

Falcomatà ha, quindi, ribadito «il ruolo fondamentale che la Calabria dovrà giocare rispetto al dibattito di natura nazionale che può e deve vedere il Sud protagonista». «Il sindaco Matteo Ricci – ha aggiunto – ci ha messo cuore, testa, passione e competenza per riattivare Ali ed evitare che fosse un doppione di Anci. Con l’Associazione dei Comuni ci lega una seria e proficua sinergia, ma Ali può e deve portare avanti battaglie che Anci, proprio per il carattere istituzionale che ormai riveste, non può certo sostenere. Ed è chiaro che Ali servirà a supportare la madre di tutte le battaglie: il recupero della centralità del ruolo dei sindaci».

«Durante la crisi pandemica – ha aggiunto Giuseppe Falcomatà – abbiamo compreso quanto le comunità riconoscano nei primi Cittadini l’unico e il più immediato punto di riferimento per le proprie esigenze quotidiane. Per questo i sindaci non possono e non vogliono essere ricordati soltanto come quelli che “spendono bene i buoni spesa”. Piuttosto, è fondamentale veder riconosciuta la centralità che ci spetta per quel che riguarda le scelte future strategiche del Paese». Il sindaco di Reggio Calabria pensa, prima di tutto, al “Recovery fund” che «non può vederci spettatori passivi».

In chiave regionale, Giuseppe Falcomatà ha sostenuto come Ali «possa diventare collante fra gli oltre 400 sindaci calabresi, nel solco della bella manifestazione di novembre che ha visto superare barriere ideologiche e partitiche con i nostri amministratori riuniti, sotto Palazzo Chigi, per rivendicare il diritto alla salute dei cittadini calabresi».

«È questo lo spirito che bisogna recuperare ed incentivare», ha rimarcato il sindaco Falcomatà: «Ali può ridisegnare quel protagonismo spesso sbandierato, ma mai realmente realizzato». E dopo le condanne del sindaco di Torino, Chiara Appendino, e dell’ex sindaco di Genova, Marta Vincenzi, per fatti che indirettamente li hanno visti coinvolti, Falcomatà è tornato ad invocare «maggiore rispetto per la dignità dei primi cittadini che si trovano spesso catapultati in un ginepraio di norme dove si resta implicati senza saperne il motivo».

«Insomma – ha concluso Falcomatà – Ali Calabria è un contenitore da riempire di contenuti e soluzioni per problematiche che soltanto i sindaci conoscono e affrontano. Abbiamo il dovere di provarci; abbiamo il compito di radicarci sul territorio. Il congresso odierno è un primo, storico, passo che va in questa direzione». (rrc)

LA SANITÀ CALABRIA TORNI AI CALABRESI
È MOBILITAZIONE CONTRO IL COMMISSARIO

di SANTO STRATI – La grande mobilitazione che si sta registrando in Calabria contro la proroga del decreto Sanità e contro la nomina del supercommissario è un importante segnale che qualcosa sta veramente per cambiare. I calabresi si sono rotti le scatole dei giochi partitici che perpetuano l’idea di una sanità calabrese sottoposta al Governo e a interessi politici e non a rispondere agli interessi dei calabresi. La nomina del dott. Giuseppe Zuccatelli, attualmente commissario dei due ospedali catanzaresi, dopo la rovinosa e imbarazzante intervista dell’ex commissario generale Cotticelli, è venuta con una rapidità talmente sorprendente che ha lasciato interdetti molti calabresi. E meno male che proprio nel pomeriggio di sabato c’era stata la bella e civile manifestazione in piazza Italia a Reggio con tutti i 97 sindaci della Città metropolitana che intendevano farsi portavoce del disagio dei loro concittadini. Tra le poche cose, chiedevano una scelta condivisa, ma i giochi partitici hanno avuto, come al solito, il sopravvento. Non sappiamo quanto abbia giocato a favore del “compagno” Zuccatelli la vicinanza a Pier Luigi Bersani e a LiberieUguali (che è poi il partito del ministro della Salute Roberto Speranza), ma a pensar male – diceva Giulio Andreotti – si fa peccato però spesso ci s’azzecca. E il sospetto d’una scelta che risponde esclusivamente a interessi partitici (o politici, se volete) cresce di ora in ora e fa ribollire il sangue dei calabresi.

Dieci anni di commissariamento hanno provocato semplicemente voragini amministrative e lutti evitabili dovuti a reparti chiusi, mancanza di medici e personale specializzato, frutto di una schizofrenica corsa al risparmio sulla pelle dei calabresi. Costretti a recarsi fuori regione per curarsi (uno “scherzo” che costa ai calabresi quasi 300 milioni l’anno) o a rinunciare a cure essenziali. Queste sono responsabilità politiche da cui nessuno può pensare minimamente di allontanarsi. E prima o poi arriverà il momento dei conti con l’unica arma che possiede il citatdino, il voto.

Una cosa appare evidente: i calabresi sono stufi di essere commissariati e vogliono gestire da soli, in proprio, la sanità. Vogliono fare le scelte che riterranno adeguate per garantire il benessere e la salute dei propri figli, dei propri cari, di loro stessi. Dunque, occorre dire basta al commissariamento e dire un NO, grande quanto un palazzo, alla proroga dello scellerato decreto a firma pentastellata dello scorso anno. Un provvedimento di legge che ha portato ulteriori disastri, peggiorando i conti e dequalificando totalmente l’offerta dei servizi per la salute. La proroga del decreto, decisa, anche questa, con una rapidità insolita è la risposta sbagliata del Governo centrale alle istanze dei calabresi. Occorre opporsi, con tutti i mezzi legittimi, alla sua conversione in legge, tenendo a mente che, se il decreto non riesce a finire entro 60 giorni sulla Gazzetta Ufficiale, decade e con esso si ovviamente annulla la misura del commissariamento.

Il ministro Speranza, ci rendiamo conto, si è trovato già ai primi di marzo con una cosa inaspettata, una patata bollente che avrebbe messo in difficoltà scienziati e specialisti, figuriamoci per un laureato di tutto rispetto della Luiss (ma in Scienze Politiche) che di medicina immaginiamo sappia quanto un idraulico sulle valvole cardiache. Non sarebbe la prima volta di un “incompetente” (non è offensivo, ministro, sia ben chiaro) al ministero sbagliato: ci sono i consiglieri, i consulenti, i funzionari, i burocrati che fanno tutto, ma hanno pur sempre bisogno di una guida. E questa guida, ahimè, ha mostrato troppe incertezze nella prima fase della pandemia e sta rivelandosi ancora più debole in questo secondo girone dei supplizi dove emerge l’incapacità di chi sta al governo (non solo del ministro della Salute) di prendere provvedimenti e scelte che non siano dettate dall’improvvisazione o da mere finalità politiche.

Scegliere il nuovo commissario (al quale il decreto “prorogato” assegna poteri superiori persino a quelli del presidente della Regione) per sostituire il buon “vecchio” generale Cotticelli tradito dal suo candore e dalla spietatezza di chi gli stava accanto, meritava quanto meno una riflessione più appropriata. Ma nel coro di contrarietà da parte della destra (non aspettavano altro per fare propaganda elettorale) si sono levate voci perplesse anche dalla sua stessa parte politica, a partire da Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana che ha detto, con molta onestà «capisco l’urgenza, ma così non si può fare». E lo stesso sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà, eletto dal centrosinistra ed esponente dem, non ha esitato da prendere le distanze: «Pur non esprimendo giudizi sulla qualità della persona individuata – ha dichiarato–, non possiamo che constatare, con grande rammarico, che il metodo utilizzato sia esattamente lo stesso che come sindaci abbiamo contestato. Nonostante la richiesta di coinvolgimento avanzata da tutti i sindaci della Città Metropolitana, assistiamo all’ennesima nomina calata dall’alto, senza alcuna concertazione, senza alcuna condivisione, senza il coinvolgimento del territorio e di chi quotidianamente lo rappresenta».

Sono parole che pesano come macigni e indicano chiaramente che l’indignazione ha raggiunto livelli ormai non più controllabili. Tutti contro il decreto, contro il commissariamento e l’iniziativa dei sindaci calabresi con la campagna “La Calabria non ci sta” – siamo certi – porterà a una mobilitazione di massa di cui il Governo e il Parlamento dovranno tenere conto. Ma non basta dire no al dcreto, no al commissariamento, bisogna andare oltre e pretendere a titolo di risarcimento danni che venga cancellato il debito della sanità e si possa ripartire da zero. Con professionisti e manager locali, seri e preparati (e non ne mancano) con cui garantire non solo i Livelli essenziali di assistenza, ma le cure e l’attenzione che ogni calabrese ha diritto di ricevere.

Massimo Giletti, ieri sera, ha ospitato il generale Cotticelli perché spiegasse il senso dell’orribile figuraccia: la toppa, a volte, si sa, può essere però peggiore del buco. L’ex commissario ha mostrato tutta l’inadeguatezza con cui ha portato avanti l’incarico (assegnato – ricordiamolo – dallo stesso premier Giuseppe Conte che gliel’ha levato, con il plauso di Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio, che oggi lo contesta). Ma, dopo diciotto mesi di inazione, s’è dovuto attendere una trasmissione televisiva per capire a che punto fosse precipitata la situazione della sanità calabrese?

Bisogna dire grazie a Massimo Giletti che, con passione e convinzione, porta avanti battaglie a volte impossibili, ma svelare gli altarini o rivelare i retroscena non serve solo a far crescere la rabbia e l’indignazione (e Lino Polimeni di Calabria.Tv ospite della serata, non ha mancato di farlo notare, unitamente al sindacalista di Reggio Nuccio Azzarà). A volte lo svelamento di sotterfugi e brogli per via giornalistica vellica la sensibilità di qualche giudice che non ama apparire distratto e apre un fascicolo ove s’intravvedano ipotesi di reato. Ma non dobbiamo arrivare a pensare di risolvere con la magistratura (ben vengano comunque le inchieste e le giuste punizioni per ladroni e mascalzoni) i problemi del territorio. Occorre ricominciare e l’occasione – tremenda ma unica – del coronavirus ce ne offre l’opportunità. Ricominciare il processo di crescita sociale proprio dalla crisi covid. Pensando al futuro dei nostri figli, alle prospettive che non stiamo lasciando loro. In una terra difficile, maledetta, ma unica e di cui ogni calabrese è innamorato pazzo. E in amore, come in guerra, ogni arma è permessa per giungere al risultato. (s)