di SANTO STRATI – «L’unità, oggi, non è un’opzione, è un dovere guidato da ciò che ci unisce tutti: l’amore per l’Italia». Le parole conclusive del concreto e rigoroso discorso del presidente Draghi in Senato chiudono una serie di considerazioni che vanno dritte al cuore degli italiani. È un discorso che mira al cuore, ma senza paternalismi o usuali promesse del tipo “faremo, vedrete, etc”: Draghi non cerca effetti speciali ma analizza con la freddezza di chi ha amministrato con convinta determinazione e giusto rigore la Banca Centrale Europea, salvando l’euro e l’Europa stessa. Draghi ha parlato delle donne, dei giovani, del lavoro che non c’è e sul desiderio di rinascere, di tornare più forti, dopo la pandemia, sull’entusiasmo dei giovani che vogliono un Paese in grado di realizzare i loro sogni.
E ha parlato di Mezzogiorno il presidente Draghi ponendolo al centro di un’idea di sviluppo che ha obiettivi marcati, precisi: «benessere, autodeterminazione, legalità, sicurezza sono strettamente legati all’aumento dell’occupazione femminile nel Mezzogiorno. Sviluppare la capacità di attrarre investimenti privati nazionali e internazionali è essenziale per generare reddito, creare lavoro, investire il declino demografico e lo spopolamento delle aree interne. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre creare un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite». Il riferimento al Recovery Plan è esplicito: «Per riuscire a spendere e spendere bene, utilizzando gli investimenti dedicati dal Next Generation EU occorre irrobustire le amministrazioni meridionali, anche guardando con attenzione all’esperienza di un passato che spesso ha deluso la speranza».
Non boccia il lavoro fin qui svolto dal precedente esecutivo a proposito del Recovery Plan: «Gli orientamenti che il Parlamento esprimerà nei prossimi giorni a commento della bozza di Programma presentata dal Governo uscente saranno di importanza fondamentale nella preparazione della sua versione finale. Voglio qui riassumere l’orientamento del nuovo Governo. Le missioni del Programma potranno essere rimodulate e riaccorpate, ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente, ovvero l’innovazione, la digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l’equità sociale, di genere, generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva». E qui che si potrà misurare la vera sfida del Governo sul Mezzogiorno e sulla Calabria: la vecchia bozza del Recovery Plan ha del tutto ignorato la nostra regione, ad esclusione dei lavori di “ammodernamento” della ferrovia Salerno-Reggio Calabria. Ma la Calabria non ha bisogno di operazioni di maquillage: sono necessarie nuove infrastrutture, l’Alta Velocità dev’essere reale, con la posa dei binari adeguati, la creazione di nuove linee ad alta capacità di percorrenza, così da trasformare il Roma-Reggio in un percorso simile a quello del Roma-Milano. E un’attenzione particolare dovrà essere rivolta al Ponte sullo Stretto: un’opera infrastrutturale che potrebbe partire già domani, il progetto esecutivo è pronto da anni, che porterebbe fin troppi vantaggi che il Governo Draghi non potrà ignorare. Il primo di natura economica: il gruppo di Pietro Salini (WeBuild) è pronto a metterci i soldi necessari lasciando allo Stato solo spese per le opere accessorie, che costano appena poco più della penale da pagare se non si farà il Ponte. Il Ponte simbolo della capacità dei progettisti italiani, ammirati in tutto il mondo, diventerebbe un attrattore formidabile di turismo e investimenti che creerebbe un volano di sviluppo straordinario sia per la Calabria sia per la Sicilia. Anche in questo caso le due Regioni hanno pronta un’istanza a Governo che sembra orientato a cessare la costante del NO a tutto. L’ambiente, la sostenibilità, non si difendono a colpi di NO, questo ormai appare fin troppo evidente.
Il Sud ha moltissime risorse inespresse, ha una storia di sprechi, di restituzione (infame) di contributi europei non spesi o non utilizzati, ha storie di malaffare, c’è il problema della ‘ndrangheta e della cultura della rassegnazione. E invece devono andare proprio qui gli sforzi del Governo che oggi affronterà (senza rischi) il voto della fiducia della Camera: domani ci sarà la nomina dei sottosegretari, ma da lunedì il Governo Draghi deve dimostrare la sua efficienza che il popolo italiano non solo auspica, ma, a questo punto, pretende. E i calabresi non vogliono restare a guardare: l’incapacità di spesa deve diventare un pallido ricordo del passato. Non dimentichiamoci e lo ricordiamo al professor Draghi che i 209 miliardi UE sono diventati tali dagli scarsi 90 previsti perché il divario Nord-Sud, il disagio del Mezzogiorno ha fatto scattare i valori delle competenze spettanti. La popolazione meridionale non assisterà a un nuovo scippo: le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil, riunite proprio ieri a Lamezia, hanno fatto un quadro di quello che serve alla Calabria, un dossier che Draghi deve impegnarsi di studiare, valutare e rendere, ove possibile, attuabile in tempi brevissimi: «Il Governo – hanno detto i tre segretari confederali regionali Sposato, Russo e Biondo – non può scappare dal Meridione».
Del resto, è consapevole Draghi della sfida che attende il suo Esecutivo: «alcuni modelli di crescita dovranno cambiare». Ad esempio – ha detto – quello del turismo che «avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, città d’arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato». Investire nel turismo, sostenerlo – ha detto poi nella replica serale – non significa buttar via i soldi. Un Paese ad alta vocazione turistica come il nostro è fondamentale non far fallire le imprese del comparto, perché il rischio maggiore è la perdita del capitale umano.
Draghi fa un discorso ad ampio spettro, spazia da Cavour a Papa Francesco, parla di ambiente, di prospettive, di futuro e insiste sul ruolo delle donne. «Una vera parità di genere – ha detto – non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro. Garantire parità di condizioni competitive significa anche assicurarsi che tutti abbiano eguale accesso alla formazione di quelle competenze chiave che sempre più permetteranno di fare carriera – digitali, tecnologiche e ambientali».
La pandemia è ovviamente al centro dell’azione del Governo. «Quando usciremo, e usciremo, dalla pandemia, che mondo troveremo? Alcuni pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi sia stata simile ad una lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così». Il Governo dovrà affrontare il problema della scuola: «Occorre rivedere il disegno del percorso scolastico annuale. Allineare il calendario scolastico alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta dall’inizio della pandemia. Il ritorno a scuola deve avvenire in sicurezza. È necessario investire in una transizione culturale a partire dal patrimonio identitario umanistico riconosciuto a livello internazionale. Siamo chiamati disegnare un percorso educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti, anche nel panorama europeo, con innesti di nuove materie e metodologie, e coniugare le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo». Senza trascurare di investire – ha aggiunto – nella formazione del personale docente. «Su questa consapevolezza il Governo costruirà la sua credibilità» – ha rimarcato nella replica serale.
E sul suo effettivo impegno su Mezzogiorno e, in particolare, sulla Calabria, ultima tra le regioni ultime e più bisognosa delle altre di avere un’attenzione specifica e culturale. Non avremo, siamo convinti, nuove promesse al vento. Ieri il Presidente è apparso algido nella sua esposizione del mattino, ingessato, ma non imbarazzato: si è sciolto e ha mostrato un’immagine più “vivace” col lieve sorriso del condottiero che va alla battaglia per vincere e non per tornare sconfitto, senza arroganza e senza timore, ma con convinzione e la giusta determinazione. Quella che, abitualmente, porta al successo. Il suo successo sarà quello del Paese: auguri, Presidente Draghi. (s)
Il discorso integrale di Mario Draghi al Senato