Indignazione generale per le dichiarazioni del Presidente Antimafia Morra sulla Santelli

C’è rabbia e indignazione per le parole che il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, ha rilasciato a Radio Capital sulla compianta Jole Santelli.

«La scelleratezza di Morra non meriterebbe commenti. Ma non può restare impunita una volgarità così bassa nei confronti del presidente Jole Santelli» ha dichiarato il presidente f.f. della Regione Calabria, Nino Spirlì, che chiede le dimissioni di Morra.

«Politico di alto rango – ha aggiunto – prestigiosa avvocata, donna esemplare, eroica combattente contro il male peggiore, che non era il cancro, ma la malapolitica e la politica sciacquatrippe. Della sua patologia, privata, personale, non ne ha fatto scudo, né strumento: ognuno di noi, nascendo, ha in tasca la fine. E, di essa, nessuno conosce l’ora di arrivo. Solo la stupidità è peggiore della morte, perché, la prima, dura una vita, mentre la seconda dura meno di un istante. Morra, alla perenne vergogna accompagni le dimissioni. Unico dovere».

«È vero. Jole Santelli, come qualcuno scrive, era una grave malata oncologica. Pensare e dire che solo per questo avrebbe dovuto rinunciare a vivere libera fino all’ultimo dei suoi giorni, o a spendersi per ciò in cui credeva, non è solo politicamente scorretto: è offensivo e indegno delle istituzioni che si rappresentano» ha scritto su Facebook dell’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo.

«La Calabria patisce la pandemia – ha scritto ancora Gallo – e soffre gravi problemi, e non da ora. Lasciamo lavorare i giudici, lasciamo che la giustizia faccia il suo corso. E se qualcuno ha sbagliato, che paghi. Ma la politica è altra cosa, e ci chiama ad assumere responsabilità, a dare risposte, a prospettare visioni. Non ad emettere condanne, non a smarrire l’umanità».

Per il consigliere regionale di Forza Italia e presidente della Commissione Antimafia, Antonio De Caprio, quelle di Morra sono «parole vomitevoli che offendono la memoria di una grande donna, libera, sognatrice e innamorata della propria terra, che ha speso tutte le sue energie, seppur provata da un male, che in vario modo hanno conosciuto tutti, con ripercussioni che stravolgono la visione della vita».

«Inqualificabili», a giudizio di De Caprio, sono infine le affermazioni sui calabresi in generale che si “meriterebbero” la difficile condizione che stanno vivendo: «Il senatore Morra, dall’alto del suo piedistallo, in barba all’empatia e al mero dovere civico che un politico dovrebbe avere – conclude il presidente dell’anti ‘ndrangheta – si permette di offendere anche un’intera popolazione. Quella popolazione, i calabresi, che in uno dei periodi più grigi della propria esistenza cerca di aggrapparsi alle speranze residue che le cose possano cambiare».

«Una parte di questi calabresi – ha concluso – alle elezioni politiche, aveva visto proprio nei 5 Stelle una possibile alternativa. Ma le aspettative sono state amaramente deluse, in questi anni il divario Nord-Sud si è acuito, la questione meridionale è stata affrontata al contrario. E i calabresi, alle ultime regionali, hanno deciso di voltare pagina.  Malgrado tutto. E malgrado i tanti Morra che popolano questo mondo».

«Le grandi questioni dell’esistenza, e i temi come la morte, il dolore, la malattia, l’esperienza della fragilità vengono trattati, da colui che dovrebbe essere un uomo delle Istituzioni,  con acredine e cattiveria» ha dichiarato il consigliere regionale della LegaPietro Molinaro, che chiede le dimissioni di Morra.

«Un balzo indietro – ha aggiunto – di chi pensa di essere candido come piatti e cristallino come bicchieri dopo un passaggio nella lavastoviglie 5Stelle.  Un messaggio, quello consegnato dal “Giustiziere Morra” che denota solo l’ambizione di emergere.  Questa disumanizzazione  propagandata  con linguaggio aggressivo che diventa odio e rancore non è assolutamente accettabile! In questo caso le scuse non bastano occorrono le dimissioni!».

Anche il consigliere regionale della LegaTilde Minasi, «chiediamo e pretendiamo le dimissioni del senatore Morra da presidente della commissione antimafia. Le sue dichiarazioni vanno stigmatizzate in ogni modo e non possono essere mitigate da scuse o da passi indietro perché anche i suoi debolissimi tentativi di difesa per lo squallido pensiero esternato sono paragonabili ad offese, sia per chi ha avuto l’onore di lavorare con la presidente Santelli sia per tutta la Calabria, additata quale regione ‘irrecuperabile’».

«È un messaggio terribile – ha aggiunto – quello che Morra ha veicolato, che va al di là dell’opportunità di averlo voluto esprimere senza tatto e bollando un intero popolo che, a detta sua, ha la classe politica che si merita. Dobbiamo ricordare a Morra che nel 2018 ha ottenuto una valanga di consensi, che gli permette ora di occupare uno scranno in una delle assise più importanti del paese, e che si trova lì per i voti di quella comunità che oggi egli denigra».

«Quei calabresi che, a detta del senatore del Movimento – ha proseguito Tilde Minasi – hanno i rappresentanti di cui sono degni: la conseguenza è logica e non va neppure spiegata. Quanti altri exploit del rappresentante grillino dovremo ancora registrare? Abbiamo ascoltato di tutto. Dal bollino etico per gli avvocati, passando per il ‘daspo’ ai commercialisti, tanto per ricordarne qualcuna. E’ francamente ora di dire basta a questo modus operandi da inquisitore e moralizzatore quando, di fatto, per la Calabria ha realizzato poco o nulla salvo che metterla alla berlina, soprattutto attraverso condanne mediatiche. Tutto ciò non si addice minimamente al ruolo che ricopre, occupato, a questo punto, in maniera immeritevole e diviene ancor più intollerabile se ci si sofferma sul trattamento riservato a Jole Santelli».

«È importante, quindi – ha concluso – che soprattutto le donne facciano oggi fronte comune contro le asserzioni di Morra, e chiedano che venga sostituito, ribadendo a più voci quanto la nostra presidente sia stata un esempio di forza, una donna dedita al suo lavoro ed alla sua Calabria fino all’ultimo (così come tante altre nella sua situazione), che non si è mai fatta scudo della sua malattia, non considerandola una situazione che avrebbe potuto e dovuto scalfire l’impegno quotidiano e costante, e in politica e nella sua vita privata. Questa è l’eredità più importante, che deve essere valorizzata per dimostrare quale sia la vera essenza della terra calabrese, dei suoi abitanti, che sicuramente non sono decorosamente rappresentati dalle parole di Morra, espresse da un pulpito che non dovrebbe più appartenergli».

Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia, nel suo intervento a Coffee Break in onda su La7, ha dichiarato che «mi fa piacere che il capogruppo del M5S alla Camera Crippa senta la necessità di prendere le distanze, in maniera netta, da affermazioni vergognose fatte dal presidente dell’Antimafia».

«Ieri – ha aggiunto – stentavamo a credere alle agenzie che stavano uscendo, perché con quelle affermazioni Morra è riuscito ad offendere la memoria di una persona che non c’è più come Jole Santelli, ad offendere tutti i calabresi che sembravano rei di chissà quale colpa, e ad offendere anche i malati oncologici».

«Abbiamo chiesto immediatamente – ha concluso la Gelmini – le dimissioni del presidente dell’Antimafia perché sono parole davvero gravi, vergognose, assolutamente improprie per il ruolo che Morra ricopre».

Anche  Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia ha dichiarato che «destano orrore e preoccupazione le sconvolgenti parole pronunciate dal presidente della commissione antimafia Morra nei confronti della compianta governatrice Santelli e di tutti i cittadini calabresi».

« Parole indegne – ha aggiunto – di chi ricopre un incarico istituzionale così rilevante, che al giustizialismo più deteriore uniscono, cosa che indigna e ferisce più di tutto, la mancanza di rispetto per i malati oncologici, che ogni giorno lottano con dolore e dignità per la vita».

«Quanto asserito dal presidente della Commissione parlamentare Antimafia Morra, nel corso della sua recente intervista a Radio Capital, è di una gravità inaudita. E sul piano personale e dal punto di vista politico-istituzionale» ha dichiarato il deputato di Forza ItaliaFrancesco Cannizzaro.

«Partendo da un commento infelice – ha aggiunto – sulla posizione dell’on. Domenico Tallini, rimasto coinvolto in un’inchiesta della Dda di Catanzaro, Nicola Morra è andato poi a ruota libera sulla Calabria, arrivando a gettare fango anche sull’immagine della nostra compianta Jole Santelli».

«Non so definire – ha proseguito Cannizzaro – cosa sia più insensato tra l’attacco ad un politico che ancora è da valutare se sia realmente colpevole e l’affondo ad una persona splendida che tra l’altro non ha più diritto di replica per colpa di un male incurabile. L’onorevole grillino ha dimostrato quanto labile sia il confine tra coraggio e stupidità. Come può dire di Jole Santelli, deputato, governatore, politico navigato, che non fosse all’altezza? Piuttosto ritengo che lui non sia all’altezza del ruolo che ricopre e soprattutto non sia degno rappresentante né della res publica né tanto meno della Calabria, quella terra che – pur non avendogli dato i natali – lo ha reso parlamentare, lo ha eletto e lo ha messo sul piedistallo da cui oggi parla a vanvera, sparando a zero su tutti i calabresi. Sarebbe opportuno che si lavasse bene la bocca prima di farlo».

«Per giunta, il pentastellato – ha detto ancora Cannizzaro – si permette di parlare senza avere neanche un rappresentante del suo Movimento in Calabria, né un sindaco, né un consigliere regionale. E dopo queste affermazioni non credo che mai li avrà! A rendere ancor più grave il quadro è la posizione di Morra, che da Presidente della Commissione Antimafia parla di terra irrecuperabile”, di cittadini irresponsabili che “se hanno sbagliato scelte politiche adesso non possono chiedere aiuto”». 

«Nell’affermare l’infinità di idiozie che qui ho appena accennato – ha detto il deputato forzista – ha anche precisato di essere politicamente scorretto”. Io aggiusterei il tiro dicendo piuttosto che è stato politicamente schifoso a dire cose del genere sulla magnifica terra che rappresento, di cui vado orgoglioso, di cui sono fiero, e che non smetterò mai di aiutare anche se e quando dovesse mai scegliere altri schieramenti politici. È questo che fanno i veri rappresentanti delle Istituzioni, non gettare fango sui defunti e su splendidi territori che vanno sostenuti e incoraggiati». 

«Ai miei concittadini calabresi – ha concluso – voglio dire di non perdere mai la fiducia, soprattutto quando c’è chi ha il barbaro coraggio di screditare e tentare di frantumare le speranze. A Nicola Morra invece dico che di irrecuperabile credo ci sia solo la sua posizione. Si dimetta, se ha un briciolo di buon senso e dignità!». 

«Credo che – ha scritto su Facebook il senatore di Forza Italia, Marco Siclari – chi rappresenta qualunque istituzione debba avere un cuore, debba avere spazio nel suo cuore e debba sentirlo battere quando parla della sua gente».

«Caro Morra – ha detto ancora Siclari – i calabresi hanno scelto bene votando Jole, ma soprattutto, da medico e da politico, le dico che i “malati oncologici” hanno il sacrosanto diritto di credere nella vita e nel futuro più di ogni altra persona “sana” e, aggiungo, che nessuno uomo delle istituzioni può rappresentare i cittadini italiani dopo queste gravi affermazioni. Che Dio benedica e dia la forza a chi ha bisogno di cure».
Anche la senatrice di Forza Italia, Fulvia Michela Caligiuri, ha condannato le parole di Morra, ricordandogli che «è stato eletto, per il secondo mandato, al Senato, in Calabria e che per inciso e quindi secondo il suo principio, i calabresi avrebbero sbagliato a votare anche lui».

«È indegno e inaccettabile – ha aggiunto – che abbia infangato la memoria della presidente Santelli, la migliore guida che la nostra terra abbia mai avuto, offendendo la Calabria che a gennaio 2020 l’ha fortemente voluta. Si ricordi che quando invoca le istituzioni e lo stato parla a se stesso, visto il ruolo che ricopre in Commissione Antimafia».

«Chi è stato eletto dai calabresi – ha concluso la senatrice Caligiuri – ha il dovere di adoperarsi per risolvere o quantomeno provare a risolvere i problemi dei calabresi. Si dimetta e lasci quel posto a chi sarà certamente più degno e all’altezza del ruolo».

Nel corso del suo intervento a Coffee Break, in onda su La7Davide Crippa, capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera ha ribadito che «Nicola Morra dovrebbe chiedere scusa per quanto affermato».
«Quanto detto è inaccettabile – ha aggiunto –. Lo conosco e credo che, quelle pronunciate ieri, siano parole molto lontane dal suo modo di pensare. È errato unire logiche politiche a temi molto delicati come quelli della malattia oncologica».
«Ho riascoltato le parole del senatore Morra – ha dichiarato la deputata calabrese del Movimento 5 StelleFederica Dieni – parole molto gravi, da cui è doveroso prendere le distanze. Chieda scusa, servono empatia e umanità, non qualunquismo».
«Ritengo assolutamente inappropriate le considerazioni del Presidente Morra: è necessario che provveda subito a rettificare quelle parole, che suonano come un insulto ad un intero popolo. Ora è necessario lavorare per dare serenità ad un’opinione pubblica già esasperata da questa pandemia» ha dichiarato all’Adnkronos la deputata del Movimento 5 Stelle, Dalila Nesci.
«Le dichiarazioni di Morra, impegnato nello sciacallaggio mediatico, offendono non solo tutti i calabresi ma anche coloro che lottano ogni giorno per combattere una malattia che può essere superata grazie all’impegno quotidiano di medici e ricercatori» ha scritto su Facebook la senatrice di Italia VivaSilvia Vono(rrm)

Il tributo del Consiglio regionale della Calabria a Jole Santelli

Prima dell’inizio dei lavori del Consiglio regionale della Calabria, il presidente Domenico Tallini ha posizionato un fascio di fiori nel posto che occupava il presidente Jole Santelli.

Subito dopo, l’Aula ha tributato un lungo applauso al presidente della Regione scomparso lo scorso 15 ottobre.

I consiglieri regionali hanno anche osservato un minuto di silenzio. (rrm)

La Camera dei Deputati omaggia Jole Santelli

Commosso omaggio stamattina alla Camera dei Deputati con un minuto di silenzio in memoria della presidente Jole Santelli, scomparsa il 15 ottobre scorso. Il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, ha sottolineato la personalità e l’impegno della parlamentare calabrese e il suo precedente scranno rimasto vuoto è stato ornato da un mazzo di rose rosse.

«Come sapete – ha dichiarato il presidente Fico – nella notte tra il 14 e il 15 ottobre è venuta a mancare Jole Santelli. Nello corso mese di febbraio era stata eletta presidente della Regione Calabria, prima donna a rivestire questo incarico. In tutte le tappe del suo percorso politico e istituzionale – in Parlamento, al governo e nell’amministrazione della sua città natale, Cosenza – Jole Santelli è stata accompagnata dalla stima e dall’apprezzamento generale per la sua passione, la competenza e l’onestà intellettuale, la ricerca del dialogo con tutte le posizioni, anche le più distanti dalla sua. Con caparbietà si è sempre impegnata a favore dello sviluppo della sua terra di origine e del Mezzogiorno».

«La ricordiamo tutti, con commozione sincera come donna coraggiosa, combattiva e risoluta, doti con le quali ha affrontato anche la malattia con cui ha dovuto convivere negli ultimi anni. Rinnovo ai familiari i sentimenti della più profonda vicinanza e solidarietà, mia e di tutta la Camera dei deputati» ha concluso la terza carica dello Stato, invitando l’Aula ad osservare un minuto di silenzio.

La presidente Santelli è stata ricordata anche dai deputati Maria Stella Gelmini (Forza Italia), Enza Bruno Bossio (Partito Democratico),  Wanda Ferro (Fratelli d’Italia), Domenico Furgiuele (Lega), Roberto Giachetti (Italia viva), Nico Stumpo (Liberi e uguali), Vittorio Sgarbi (Noi con l’Italia) e Manfred Schullian (Misto). (rrm)

‘CALABRIA TERRA MIA’ CONQUISTA LA RETE
DIVIDE, MA GIÀ 500.000 VISUALIZZAZIONI

Gabriele Muccino è un Re Mida che trasforma in oro tutto quello che tocca. Anche quando fa flop. In appena due giorni, il tormentato corto “Calabria, Terra Mia”, scritto e diretto dal regista più pagato al mondo (Fonte People With Money), ha superato di slancio il mezzo milione di visualizzazioni. Potenza del nome e potenza delle virulenti polemiche che hanno salutato l’uscita – si badi bene senza alcun lancio promozionale o spinta sui social – degli otto minuti più contestati della storia del cinema. Numeri destinati a salire ancora di più nei prossimi giorni.

Il conteggio delle visualizzazioni è, d’altronde, approssimativo e non sempre è facile stimarle con esattezza. Solo sulla pagina facebook dell’assessore Gianluca Gallo, uno dei primi, se non il primo a pubblicare il “corto”, ne sono state totalizzate più di 260.000 alle ore 8 di sabato ottobre.

Molto significative le visualizzazioni sulla nostra testata, Calabria.Live, oltre 50.000 alla stessa ora e si consideri il nostro speciale target fatto di calabresi sparsi in tutto il mondo.

Altissimo il numero delle visualizzazioni, ad esempio, su Catanzaro Informa, oltre 75.000. Sempre superiori alle 10.000 le visualizzazioni su molti siti calabresi e italiani.

A questi numeri bisognerebbe aggiungere le visualizzazioni sui siti nazionali di Corriere della sera, Repubblica e altre testate che hanno pubblicato però solo uno spezzone di circa 1 minuto.

È assai probabile che già all’inizio della prossima settimana il mini film con Raoul Bova e Rocìo  Munoz Morales possa toccare il traguardo del milione di visualizzazioni, pur in assenza di una qualsiasi strategia di comunicazione.

Questo senza entrare più di tanto nel merito delle polemiche che hanno accompagnato la presentazione del “corto” e, ancor di più, sui compensi, da molti ritenuti esagerati, mentre gli esperti del settore li giudicano in linea con il “tariffario” del superpagato regista italiano.

Si scontrano due scuole di pensiero. Quella prevalente, composta in massima parte dai calabresi residenti, giudica molto negativamente il prodotto per le lacune, gli errori, le dimenticanze e il taglio. Gli ammiratori di Muccino, sparsi qua e là nella Penisola e nel mondo, gli perdonano tutto perché si concentrano sulla storia raccontata più che sui paesaggi mancanti. Una piccola ragione il Re Mida dei registi ce l’ha quando dice che questo non è un documentario che “doveva” raccontare tutta la Calabria, dalla Sila al Pollino, da Scilla alla Locride, da Isola Capo Rizzuto alle Serre. In effetti questo ruolo lo hanno svolto e lo svolgono egregiamente trasmissioni RAI come Lineablu, Lineabianca, Ulisse. Non c’era bisogno di scomodare Muccino. Il regista ha fatto il suo mestiere, inventando una storia catapultata nel tempo, molto sensuale e piena di contraddizioni, fregandosene dell’ambientazione.

La disputa tra le due scuole di pensiero andrà avanti per molto tempo. Noi ci auguriamo che, al di là delle polemiche, una parte di coloro che hanno visto il “corto” mucciniano decida di venire a scoprire la Calabria, sia quella dipinta dal regista, sia quella “mancante”, quando l’incubo del Covid sarà finito. (rs)

 

ASSALTO ALLA CALABRIA DI JOLE/MUCCINO
NON PIÚ “SANTA SUBITO”: IL RIPENSAMENTO

di SANTO STRATI – Non più “Santa subito”: ad appena otto giorni dalla prematura scomparsa di Jole Santelli, più d’uno ci ripensa e si rimangia il finto cordoglio unanimemente mostrato in pubblico. Il fuoco alle polveri lo dà l’assalto, a volte ridicolmente violento, al minifilm di Gabriele Muccino, regista di fama internazionale, chiamato dalla presidente Jole a realizzare un corto “emozionale” che facesse innamorare della Calabria. La sensazione è che il minifilm – discutibile su alcune scelte artistiche del regista – sia, in realtà, il pretesto per attaccare il governo di centro destra che ha retto la Regione per soli otto mesi. Il prossimo 10 novembre ultima seduta a Palazzo Campanella, poi tutti a casa, anche se stipendiati fino all’insediamento del nuovo Consiglio. È già cominciata la campagna elettorale. Anzi, per la verità, come abbiamo già riferito nei giorni scorsi, le prime avvisaglie della “guerra” prossima ventura tra i papabili e gli “aspiranti” si erano già avvertite fuori della chiesa dove si svolgevano i funerali della povera Jole. La politica, prima di tutto, anche se può apparire sgradevole e inopportuno discuterne a qualche metro dai funerali o dalla successiva camera ardente a Germaneto.

L’entusiasmo per intitolarle subito la Cittadella della Regione improvvisamente registra una battuta d’arresto. La scelta emotiva, che visto il voto unanime della Giunta, e del presidente del Consiglio Mimmo Tallini di dare subito un pubblico riconoscimento alla defunta presidente, registra, inopinatamente, qualche ripensamento e non si ancora se il Consiglio confermerà l’unanimità della scelta. Una decisione, peraltro, contro la legge che vieta di intitolare strade, palazzi o qualsiasi altro a personalità meritevoli di lustro, se non sono trascorsi almeno dieci anni dalla morte. Una norma già derogata in qualche occasione, quindi non si vede perché non potrebbe esserci una nuova eccezione. Il punto, per la verità, è che otto mesi sono, indubitabilmente, troppo pochi e non ci sono iniziative clamorose avviate tali da giustificare una “santificazione” così immediata. Povera Jole, amata/odiata da viva, subito celebrata in maniera trasversale da morta, rimessa in discussione appena qualche giorno dopo.

L’occasione, ovvero il pretesto, sono Muccino e il suo corto Calabria terra mia, su cui si stanno riversando valanghe di critiche e di insulti, anche beceri. Ma soprattutto immeritati, a nostro avviso: abbiamo scritto che emoziona e piace, ma che non sarebbe piaciuto ai calabresi. Non ci voleva molto a immaginarlo. Provate a raccontare in sei minuti un’idea della Calabria che possa far breccia a un americano, tanto per fare un esempio: serve un mix di amore, emozioni e bella fotografia.  Quello che si ritrova nel minifilm di Muccino. È un promofilm, non è un documentario di National Geographic né una puntata di Alberto Angela, né meno che meno un’indagine sociologica sui calabresi, tra virtù, vizi e tradizioni. È un’opera cinematografica e come tale può piacere o meno, ma è ingeneroso attaccare le scelte artistiche di chi firma il soggetto, la sceneggiatura e la regia. Gabriele Muccino, un nome famoso negli Stati Uniti (è stato 12 anni a Hollywood), è molto apprezzato e quotato, un nome che – al di là dei gusti cinematografici di ciascuno – rappresenta il “cinema”.

Non sarebbe piaciuto ai calabresi, avevamo detto, perché ognuno avrebbe voluto vedere uno scorcio di casa sua, l’angolo del cuore, ma questo film non è un album di cartoline: racconta una storia che fa da pretesto a un rapidissimo tour di alcune parti della Calabria. Voleva giocare sui colori e sui sapori, ecco la scelta di puntare sui frutti di Calabria che hanno colore ed esprimono un sapore inconfondibile. Ma perché privilegiare, per dire, il limone di Rocca imperiale e il cedro dell’omonima riviera e non, per esempio, la ‘nduja, i mostaccioli, o il peperoncino? Qui vale la regola che le scelte di chi racconta una storia (scrittore, regista, autore) non possono essere messe in discussione: la libertà creativa non deve rispondere a vincoli e imposizioni. Sono storie, non è realtà. Muccino ha immaginato una Calabria “vintage” con l’asino e le coppole (qualcuno avrebbe dovuto suggerirgli, leggendo la sceneggiatura, che sono cambiate tante cose in Calabria), ma vanno rispettate, con ampia libertà di critica, le sue scelte artistiche.

L’obiettivo di un corto “firmato” da un grande regista era evidente: il nome di grido fa glamour e attrae e, soprattutto, funziona mediaticamente. Giovedì il TG5 ha dedicato un paio di minuti nell’edizione delle 13 al minifilm di Muccino e, ovviamente, ha parlato della Calabria. Tutti i giornali nazionali ne stanno parlando: ma cosa vogliamo di più? C’è Klaus Davi che ogni giorno, tra media, giornali e televisioni, non perde occasione per parlare di Calabria e, soprattutto di Reggio: sarebbe stato un ottimo assessore comunale alla Reputazione e al Turismo, ma il sindaco Falcomatà segue la logica del consenso tra i suoi portatori di voti, piuttosto che prendersi “gratis” una promozione permanente della città. Ma di questo parleremo un’altra volta. Era solo per dire che il concetto di marketing del territorio è apparso da sempre astruso a chi ha governato la Calabria. Ci siamo dimenticati dell’orrida quanto imbarazzante animazione dei Bronzi voluta da Scopelliti? O della campagna mediatica affidata a Oliverio Toscani? Ci siamo dimenticati che per due legislature regionali non c’è stato neanche l’assessore al Turismo? Ci dimentichiamo che per i nostri governanti promuovere il turismo è stato sempre e solo aprire uno stand alla Bit di Milano o allestire qualche stand con soppressate (senza finocchietto, Muccino questa non gliela perdoneranno mai!) e peperoncino di Calabria? È mancata in 50 anni una politica del turismo e la Santelli ha voluto, forzando la mano per scelta (e denaro investito) tentare di invertire la rotta, puntando sull’effetto mediatico di un cortometraggio con una regia importante.

La presidente Jole aveva l’idea di una Calabria a colori e per realizzarla ha affidato a un grande nome – internazionale – di cinema il compito di tradurre la sua idea in un promofilm. Non voleva un album di cartoline – lo ha spiegato Muccino – ma una storia. E la storia – piaccia o no – c’è: un uomo ritorna nella sua Calabria con l’innamorata spagnola e vuole farle conoscere una parte della regione. Una parte! Come si fa a mettere in sei minuti (due sono di titoli di coda) i Bronzi di Riace, il peperoncino, la ‘nduja, il Teatro greco di Locri, il Codex di Rossano, l’annona, il profumo del Bergamotto di Reggio Calabria, le arance di Villa San Giuseppe, le Valli Cupe, l’Arcomagno di San Nicola Arcella, la Cattolica di Stilo e altre centinaia di meraviglie che appartengono alla Calabria? Non si fa, non si può, ci vorrebbero ore, e allora si lascia spazio all’inventiva e alla creatività dell’autore che deve fare l’uso che crede della sua libertà di racconto. No, questo non sta bene ai più e qualunque fotogramma del film è occasione di critica strumentale, feroce e ingiusta, con l’obiettivo (mascherato) di demolire l’iniziativa firmata da un governo regionale di centro-destra e dalla presidente Jole. Non piace la fotografia (è invece bellissima), non piace la musica (è intensa e coinvolgente), non piacciono le scene, le comparse, la Jeep, il vestitino di Rociò, il congiuntivo mancato (dove vuoi che ti porto?), la cadenza imperfetta: un campionario inesauribile di elementi di contestazione. E dura solo sei minuti, figuriamoci se fosse stato uno short film di 30 minuti…

L’unico punto su cui è, invece, facile concordare è il costo dell’operazione. 300mila euro al minuto è obiettivamente un costo discutibile, considerato che in questa cifra non sono incluse le spese di distribuzione via rete. Ma Muccino e il suo produttore hanno presentato il progetto e il relativo budget per la sua realizzazione e la Regione Calabria, nella persona della presidente Jole, ha detto sì. Dov’erano tutti quelli che ora si stracciano le vesti sull’«assurda spesa» quando è stato affidato l’incarico “ad personam” ed è stato approvata la spesa? Qualcuno dei consiglieri di opposizione s’è incatenato a Palazzo Campanella chiedendo spiegazioni? No, c’era il Covid, risponderanno. Bene, niente catene, ma una mail certificata sotto forma di interpellanza o interrogazione urgente a nessuno è venuto in mente di farla prima del primo classico “ciak si gira? Come ha fatto adesso Francesco Pitaro del Gruppo Misto (ex Io resto in Calabria), complimenti per la tempestività!, che pretende con la sua interrogazione a uno smarrito presidente facente funzioni Nino Spirlì di far restituire i soldi dalla produzione.

La verità, purtroppo, sta altrove: il film (mini, corto o come volete chiamarlo, ma sempre film è) di Muccino è il pretesto per una campagna elettorale che sarà infuocata. Un assist formidabile per la sinistra che userà Muccino per scoraggiare gli elettori di destra: «Ecco cos’ha prodotto il Governo della Santelli», «Volete continuare su questa strada?». Argomentazioni miserevoli da una sinistra da cui sarebbe giusto aspettarsi programmi e progetti per sfidare un avversario che, certamente, non è imbattibile. Invece si fa il gioco sporco e si rinnega il finto cordoglio per la presidente che non c’è più per riversarle – indirettamente – fiumi di fiele. Da “Santa subito” a colpevole di lesa maestà e di avere voluto «infangare» la Calabria, con un film che – siamo sicuri – piacerà al resto del mondo.

Non bisogna cadere in questa trappola pre-elettorale. Il film di Muccino suscita emozioni: non racconta la Calabria, i suoi miti, i suoi personaggi, le sue innumerevoli bellezze, ma coglie degli spunti per invogliare alla scoperta diretta. Il problema che nessuno ancora si è posto riguarda i costi di distribuzione: per far girare il film sulle grandi piattaforme, attraverso Google, Facebook, Amazon, Netflix etc servono denari: non si pensi che possa bastare la generosa disponibilità dei calabresi sparsi in ogni angolo del mondo a far circolare ovviamente gratis il video nei propri profili. La diffusione richiede competenza e un piano di distribuzione intelligente con apposite (e tante) risorse. Sono state previste e in quale misura? Questi sono argomenti su cui discutere. Facciamolo circolare il film, farà la sua parte, piacerà a chi non conosce la Calabria. E chi verrà, da oltreoceano o dal Grande Nord, visitando di persona i tantissimi luoghi incantevoli della nostra terra, magari si domanderà: «ma l’asino di Muccino (“u sceccu”) dov’è andato a finire»? (s)

Emoziona e incanta il corto di Gabriele Muccino “Calabria Terra mia” alla Festa del Cinema di Roma

Una fabbrica di emozioni, una raccolta di suggestioni: Gabriele Muccino si è veramente innamorato della Calabria e, in otto minuti, è riuscito a trasmettere le sensazioni vissute durante i suoi sopralluoghi, in lungo e in largo nella Regione, stuzzicato, stimolato, punzecchiato dalla presidente Jole Santelli che credeva molto in questo racconto filmato. Voleva non una cartolina la presidente Jole  ma una storia d’amore con al centro la Calabria.

Difficilissimo concentrare in otto minuti le tantissime risorse paesaggistiche, naturali, artistiche, culturali della Regione, serviva un’idea brillante,  una linea che permettesse di tessere un racconto pieno di vibrazioni. L’obiettivo di Calabria terra mia era – è – quello di creare attenzione, interesse verso la Calabria, una terra sconosciuta che non si è mai saputa vendere nei mercati turistici internazionali, pur avendo soltanto materia prima di ottima qualità. La Santelli negli incontri via streaming e di persona con Muccino e il produttore parlava di una Calabria a colori: quale migliore opportunità se non i colori dei frutti tipici della regione?. Bergamotto di Reggio Calabria, il cedro della riviera omonima, il limone di Rocca Imperiale, le clementine di Corigliano, le arance di tutta la regione. E su questi frutti, Muccino ha creato una storia d’amore tra Raul Bova e la bella Rociò (che è sua moglie nella realtà): un uomo innamorato che vuol far conoscere la sua terra alla donna che ama, fino a farla innamorare del mare, delle montagne, dei tramonti, delle rocce che sono un prodotto esclusivo della natura.

Tutta la Calabria è un set naturale, dove si potrebbe girare di tutto: non servono effetti speciali, ritocchi di luce: i tramonti se li dipinge da sola questa meravigliosa terra – ha detto Muccino – e la gente dovrà cominciare a conoscerla e apprezzarla sempre di più. È il compito assegnato a questi otto minuti di storia d’amore della Calabria che, se fatti circolare adeguatamente, avranno un impatto incredibile sulle scelte dei vacanzieri prossimi venturi.

Certo, ai calabresi non susciterà particolari emozioni: siamo abituati al mare di Tropea, alle rocce delle Valli Cupe, ai tramonti mozzafiato, ai panorami incredibili, alle immense distese di verde, alle nostre montagne piene d’incanto, ma a chi non conosce la Calabria – statene certi – questo promofilm susciterà un’attrazione senza eguali. Qualcuno dirà che non ci sono i Bronzi di Riace e molte altre ricchezze sotto tutti i punti di vista che la Calabria possiede, ma allora non basterebbero 800 di minuti per mostrare la bella, affascinante, Calabria. Il film deve incuriosire, ammaliare, suggerire di venire a scoprire di persona le meraviglie di questa terra e la sua meravigliosa gente, che ha nel suo dna i geni dell’accoglienza genuina e autentica, che esprime amicizia e calore umano, che sorride al forestiero e lo tratta come fosse un vecchio amico.

La nostra terra che come ha fatto innamorare Muccino farà altrettanto con i tantissimi futuri viaggiatori affascinati da questo promofilm (da cui saranno ricavati quattro minisport di 15 e 30 secondi) che decideranno di scegliere la Calabria come meta per le prossime vacanze. Muccino ha raccontato la Calabria con gli occhi disincantati di chi non la conosceva, ma ha trasmesso l’entusiasmo – tipico di chi scoprendo questa terra – poi non se ne vuole più andare.

Grazie a Muccino, grazie alla presidente Jole che, anche se assente fisicamente alla festa che aveva organizzato lei stessa alla Festa del Cinema di Roma, in realtà è presente – come ha detto il vicepresidente Nino Spirlì, ora presidente facente funzioni – in ogni fotogramma del minifilm di Muccino. È il suo dono d’addio che risulterà gradito a tutti, soprattutto a chi non sa nulla della Calabria se non per fattacci di cronaca nera, e scoprirà, d’un tratto, che cosa si è perso finora. (s)

L’intervista di Jole Santelli sul film di Muccino, quando erano ancora in corso le riprese: https://www.facebook.com/JoleSantelli2020/videos/2450085258629077/

L’omaggio di Nino Spirlì a Jole Santelli alla festa del Cinema di Roma

LA PRESENTAZIONE ALLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA

È un cortometraggio scritto e diretto da Gabriele Muccino Calabria terra mia, un promofilm per far conoscere la regione e le sue bellezze a quanti non sanno nulla della Calabria.

Alla presentazione alla Festa del Cinema di Roma hanno partecipato gli assessori regionali Gianluca GalloFausto OrsomarsoSergio De Caprio, Sandra SavaglioFrancesco Talarico e Domenica Catalfamo, parlamentari e consiglieri di tutti gli schieramenti politici, il sottosegretario Anna Laura Orrico e il commissario della Calabria Film commission Giovanni Minoli. L’opera, fortemente voluta dalla presidente Santelli, scomparsa lo scorso 15 ottobre, è stata proiettata in anteprima nel Teatro Studio “Gianni Borgna” alla presenza del regista Gabriele Muccino, degli attori protagonisti, Raoul Bova Rocìo Munoz Morales, e del producer Alessandro Passadore.

La serata è stata introdotta dal direttore artistico della Festa del Cinema Antonio Monda il quale ha voluto ricordare con affetto Jole Santelli: «Ci tenevo a dare un saluto – ha detto – perché sono per metà calabrese e questo progetto ha una risonanza particolare per me. La drammatica sorte della governatrice pesa su tutti noi. La ricordiamo con affetto e stima per la sua vitalità e la sua forza».

E prima della visione di Calabria, terra mia, è stata proiettata una clip dedicata al primo presidente donna della regione, realizzata con materiale video registrato a margine della conferenza stampa di presentazione del cortometraggio, avvenuta la scorsa estate. “Voglio che chi guarda questo corto dica: ‘Sai che c’è? Il prossimo weekend me ne vado in Calabria’”, spiegava Santelli.

«Dalla prima volta che ho incontrato Jole – ha detto Muccino nel dibattito dopo la proiezione – non abbiamo smesso di sentirci e di chattare. Era un canto continuo che celebrava la Calabria ancora prima che fosse raccontata in questo corto. Penso che lei mi abbia chiamato per questo, per far venire voglia di conoscere questa regione, che non si è ancora fatta conoscere del tutto, che è riservata come i suoi abitanti. Questa è stata la mia intenzione principale: far conoscere questa regione così mutevole».

Muccino non ha perso l’occasione di celebrare la bellezza della Calabria: «I suoi colori sono i miei colori. Non avevo mai visto un mare come quello di Tropea. E nel corto non c’è nessun ritocco. La spiaggia di Capo Vaticano è una delle più belle al mondo. Lo Jonio Cosentino è ancora più stupefacente. Noi non abbiamo abbellito nulla. Questa è la Calabria che sono riuscito a scovare, ma è solo la punta dell’iceberg».

Anche Bova ha reso omaggio al presidente Santelli: «È nato tutto da Jole, che ha messo insieme le energie di ognuno di noi. La Calabria è stata raccontata per quello che è. E ci sono tante altre Calabrie che vanno scoperte. Questa regione è sempre stata un po’ messa da parte, ma Jole ha voluto dire: “Esistiamo e siamo forti, anche nelle cose belle”. Ha voluto sostenere una Calabria mai sostenuta da nessuno. È stata la prima».

Dello stesso avviso anche Rocìo Muñoz Morales: «La Calabria ha qualcosa che non sai dire cos’è. La senti, la respiri, ti emoziona, ti tocca. Non fa finta di essere qualcosa che non è. È Fiera di essere così com’è».

«Jole – ha aggiunto il produttore Passadore – aveva questo orgoglio calabrese dentro. Noi non volevamo raccontare la cartolina, ma la Calabria vera».

«Quest’opera – ha commentato il presidente della Festa del cinema, Laura Delli Colli, che ha moderato il dibattito – è un piccolo grande sogno realizzato. È questo il grande omaggio per Jole. Viva Jole Santelli».

Ha chiuso la serata il presidente f.f. Spirlì: «Terremo Jole sempre con noi. Siamo qui – ha detto – per starle vicino in una giornata in cui un suo sogno è diventato realtà. Jole ha deciso di parlare del profumo di questa terra, che non viene solo dagli alberi e dai frutti, ma dal lavoro degli uomini e delle donne. Jole ha cancellato le tante brutte pagine dedicate alla Calabria, con una dolce e forte prepotenza di madre. E ha deciso che da oggi bisognerà solo parlare delle cose profumate di questa terra. Ogni volta che si vedrà un solo fotogramma di questo lavoro – ha concluso – sarà riportato alla figura di chi lo ha voluto nel suo cuore». (rrm)

La Giunta regionale ha detto sì: la Cittadella regionale sarà intitolata a Jole Santelli

La Giunta regionale ha approvato la delibera ufficiale, rendendo concreta la petizione partita qualche giorno fa: la Cittadella regionale sarà intitolata a Jole Santelli, la presidente della Regione Calabria scomparsa improvvisamente nei giorni scorsi.

La delibera approvata sarà inviata al al Consiglio regionale della Calabria per la relativa presa d’atto. La decisione di trasmettere gli atti all’assemblea legislativa nasce dalla volontà di coinvolgere tutti i gruppi istituzionali presenti.

Nelle motivazioni viene ribadito «l’altissimo impegno profuso da Jole Santelli in favore della Calabria, manifestando con tenacia e determinazione, in ogni sede istituzionale, la sua inequivocabile volontà di promuovere una nuova immagine della propria terra».

«L’amministrazione regionale – si legge nella delibera – intende onorare e perpetuare la memoria del suo presidente, prima donna presidente della Regione Calabria, che ha sempre amato e onorato la sua terra impegnandosi con tenacia e coraggio nello svolgimento delle sue funzioni sino al momento più estremo della sua esistenza in vita».Gallo, Talarico, Savaglio

«Il presidente del Consiglio regionale e tutti i consiglieri regionali – continua ancora la delibera approvata dalla Giunta – nel tradurre anche i desiderata della collettività calabrese e i segni di assoluta stima provenienti dalle più alte cariche dello Stato e, in particolare, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, dai presidenti di Senato e Camera, Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico, dalla Conferenza Stato-Regioni, nonché in considerazione delle espressioni di ammirazione che si sono registrate intorno alla figura del presidente Jole Santelli da tutto il mondo politico, dalle amministrazioni locali, e dalla società civile – hanno approvato una mozione affinché la Regione Calabria dia un segno tangibile, capace di commemorare la figura della presidente Jole Santelli, intitolandole il Palazzo della Cittadella regionale, quale simbolo delle Istituzioni e dell’unità della Calabria».

Spirlì, Borgo

La Giunta ritiene, dunque «doveroso formalizzare il predetto intendimento in un atto che lasci perennemente impresso nella memoria di tutti l’intenso impegno politico-istituzionale del presidente Santelli e il suo indiscusso esempio di orgoglio, forza e dignità nella guida dell’ente regionale, riportandolo all’attenzione e alla considerazione nel dibattito nazionale, anche in un periodo storico caratterizzato da una straordinaria emergenza sanitari».

«In termini burocratici – ha dichiarato il presidente facente funzioni, Nino Spirlì – direi un atto dovuto, ma in realtà non è così. È qualcosa di più. Pur essendo una delibera di Giunta, è stata fatta con lucido sentimento. Tutta la Giunta, sin dai primi istanti di questa tristissima pagina di storia della Calabria, ha deciso di personalizzare su Jole non solo i progetti, non solo i sentimenti, ma proprio questa casa dei calabresi che diventa tale e di Jole che i calabresi li ha amati e li ama».

«Da questo momento – ha proseguito Spirlì – non c’è solo l’ufficio del presidente, ma ogni stanza, ogni salone, ogni scala, sottoscala o ascensore è Jole Santelli. Abbiamo condiviso questa decisione importante con il presidente del Consiglio regionale e con tutti calabresi e con tutti coloro i quali in questi giorni ci hanno affettuosamente inondato di questa richiesta, ma era già una decisione che avevamo assolutamente fatto nostra dai primi istanti».

Giunta

«Certo – ha aggiunto – si sentirà una forte mancanza, perché Jole non è qui con noi, ma non si sentirà la mancanza di quella meravigliosa atmosfera, di quell’aria così libera, così amica, così affettuosa, che Jole ha portato dentro la politica, dentro le istituzioni, nel cuore di tutte le case dei calabresi che l’hanno accolta con un amore immenso nei giorni del passaggio da questa terra. Ma ciò è arrivato anche fuori dalla Calabria».

«Le istituzioni ai massimi livelli, dal presidente Mattarella, al presidente Conte, ai presidenti di Camera e Senato, ai ministri, senatori e deputati, che sono intervenuti ai funerali in forma privata e in forma pubblica, a tutti i sindaci che l’hanno omaggiata con la loro presenza. È stato un momento incredibile e tanti calabresi che sono venuti a salutarla meritavano che fossero tempi brevi quelli dell’intitolazione di questo palazzo. Finalmente non sarà solo una Cittadella, ma sarà la Cittadella regionale Jole Santelli. In questo tempo che ci sarà consegnato fino alle prossime elezioni noi saremo sempre Giunta Santelli, amministrazione Santelli a tutti i livelli». (rrm)

Il Consiglio regionale propone l’intitolazione della Cittadella alla Santelli

Il presidente del Consiglio regionale Mimmo Tallini e, unanimemente, tutti i consiglieri regionali da Aieta a Tassone chiedono che sia intitolata a Jole Santelli la Cittadella regionale di Germaneto.  In una nota si afferma che la richiesta è motivata dalla grande commozione che la prematura scomparsa ha suscitato tra i calabresi ma anche in considerazione «dell’enorme ondata emotiva che ha suscitato in tutto il Paese l’improvvisa scomparsa del presidente on. Jole Santelli, prima donna ad assumere la guida della Calabria dalla nascita delle Regioni a statuto ordinario».

La nota del Consiglio regionale ha messo in evidenza le espressioni di stima e di rispetto nei confronti del presidente Santelli «che sono venute, in maniera assolutamente bipartisan, dalle più alte cariche dello Stato e, in particolare dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, dai presidenti di Senato e Camera, Elisabetta Casellati e Roberto Fico, dalla Conferenza Stato-Regioni; le espressioni di ammirazione e considerazione che si sono registrate attorno alla figura dell’on. Jole Santelli da tutto il mondo politico, culturale e della comunicazione del Paese; l’omaggio, anche questo bipartisan, venuto dalle centinaia di sindaci che hanno voluto dare l’estremo saluto al presidente Santelli a nome delle loro popolazioni e delle cinque Province della Calabria.

Il Consiglio sottolinea, inoltre, che «la scomparsa del presidente Santelli ha unito nel dolore tutto il popolo calabrese, senza distinzioni territoriali, ideologiche e culturali, provocando una reazione emotiva fraterna e solidale». Il nome dell’on. Jole Santelli – si afferma nella nota – è divenuto «il simbolo dell’unità della Calabria che si è riconosciuta nella straordinaria vicenda politica e umana di una donna coraggiosa che amava smisuratamente la sua terra» e l’on. Santelli «ha sempre onorato con la sua vita esemplare e il suo impegno politico le Istituzioni che è stata chiamata a servire, dal Parlamento al Governo e infine alla Presidenza della Regione Calabria» e nel corso della sua breve esperienza alla guida della Calabria, ha dimostrato profondo rispetto per tutte le componenti politiche, di maggioranza e di opposizione, che formano la massima Assemblea democratica della Regione.

«Sicuri di interpretare anche il sentimento e la volontà della Giunta regionale della Calabria» il presidente del Consiglio e i  consiglieri regionali, auspicano che il Palazzo della “Cittadella Regionale” venga formalmente intitolato al presidente on. Jole Santelli, quale simbolo delle Istituzioni e dell’unità della Calabria, indicandola così come esempio e riferimento alle nuove generazioni. Non solo per la sua esemplare vicenda politica e istituzionale, ma soprattutto per il coraggio con cui ha affrontato la vita».

Il presidente del Consiglio e i consiglieri regionali, ritengono – infine – che tale decisione «possa rappresentare un grande contributo al superamento di tutti i campanilismi e alla formazione di una nuova e più radicata identità regionale che punti sull’orgoglio dell’appartenenza e sulla speranza per un futuro migliore». (rrc)

La Consulta dell’Emigrazione e l’impegno della Presidente Jole interrotto dal destino

La compianta presidente Jole Santelli aveva preso a cuore le istanze delle Associazioni dei Calabresi nel mondo e aveva incaricato il direttore generale della Giunta regionale, dott. Tommaso Calabrò, di predisporre tutte le procedure per la ricostituzione della nuova Consulta dell’Emigrazione. Questo organismo, secondo la legge regionale, dev’essere rinnovato a ogni nuova consiliatura con la selezione, mediante la valutazione del curriculum e dell’attività svolta, dei consultori che sono la diretta espressione delle tante (oltre 200) associazioni che raggruppano esponenti delle comunità calabresi in ogni parte del mondo.

L’improvvisa e prematura scomparsa della Presidente ha interrotto il processo di rinnovo della Consulta, che proprio il 15 ottobre – giorno della sua scomparsa – avrebbe avuto certificata e ratificata dalla Regione la composizione del nuovo esecutivo che si compone di 31 membri. Le Associazioni dei Calabresi vogliono, dunque ricordare l’impegno della presidente Santelli con una nota che esprime insieme il dolore sincero per la grave perdita per la tutta la regione e l’apprezzamento dovuto alla Presidente Jole che si stava impegnando in modo straordinario per il bene della Calabria e anche dei suoi figli che vivono lontano.

«Di fronte al destino di ognuno – si legge in una nota dei Consultori ed Esperti Emigrazione Calabrese in Italia e all’Estero, diffusa dal presidente dell’Associazione Calabro-Lombarda Salvatore Tolomeo, che è anche il presidente della Federazione dei Circoli Calabresi italiani –, nessuno elemento terreno si può opporre. Ma nel caso dell’improvvisa scomparsa della Presidente Jole Santelli,  questo destino irreversibile ha lasciato accresciuti i valori della calabresità rendendo più fieri delle proprie origini i suoi corregionali emigrati in ogni parte del mondo.
Jole Santelli aveva messo tra le priorità del suo mandato istituzionale la Reputazione nel Mondo del nome Calabria e dei Calabresi.
Per tener fede a questo impegno, non ha esitato a dare incarico e totale fiducia al suo Direttore Generale dott.Tommaso Calabrò per ricostituire la Consulta dell’Emigrazione come lei la intendeva: più dinamica e operativa e orgogliosa delle eccellenze umane, culturali, storiche e produttive sparse nel mondo alle quali non corrisponde una giusta reputazione e il rispetto conquistati con capacità e sacrifici da chi forzatamente ha dovuto lasciare questa terra meravigliosa.
La sorte ha voluto che proprio nel giorno in cui la nuova Consulta doveva essere formata, è giunta la notizia funesta del suo volo in cielo.
I Consultori e gli Esperti dell’Emigrazione in Italia e all’Estero, inermi contro il destino, saranno tutti memori di queste particolari attenzioni per loro e per quello che rappresentano ovunque e, facendo tesoro delle idee innovative programmate, la ricorderanno sempre e ovunque come la Presidente che ha risollevato l’orgoglio e la reputazione di tutti i Calabresi di Calabria, d’Italia e del Mondo». (rrm)

(Nella foto di copertina il dott. Tommaso Calabrò)

L’ADDIO A JOLE, GIÀ IN CAMPO LA POLITICA
LA DIFFICILE SCOMMESSA DELLA CALABRIA

di SANTO STRATI – Non si è ancora spenta l’eco del lungo, affettuoso, commosso addio alla presidente Jole, persino inaspettato per la sua vasta eco mediatica, che la politica, spietatamente, si è rimessa immediatamente in moto.

Messo da parte il dolore per la prematura scomparsa di una “guerriera” come poche, i giochi di potere non aspettano neanche un minuto per tracciare il percorso obbligato che rimette tutto in discussione. La facile vittoria del centro-destra (soprattutto in assenza del voto disgiunto) su un candidato fin troppo debole (Pippo Callipo) giusto nove mesi fa non deve ingannare: la partita si riapre con altri scenari in grado di sovvertire qualunque previsione ottimistica.

La Santelli aveva giocato, nella conferma dell’alternanza che ha caratterizzato 50 anni di Regione, un ruolo di ape regina, riuscendo a coagulare una destra rissosa e inizialmente non proprio coesa, col vantaggio di avere come avversario una sinistra divisiva e confusa. Gli sgarbi di Oliverio e a Oliverio, una sinistra che mal digeriva la figura di Callipo a capo della coalizione (e lo ha fatto brutalmente pesare già nelle prime sedute del Consiglio, favorendo l’addio del cavaliere di Pizzo sconfortato e disilluso), una sinistra dalle tante anime che non riusciva nemmeno a creare quel minimo di coagulo necessario per spuntare quanto meno una sconfitta meno clamorosa.

La domanda è: esiste ancora quella sinistra o ci sono le condizioni per ricostruire un percorso che, nel solco riformista, sappia riconquistare i cuori dei suoi elettori scoraggiati e delusi? In verità, il risultato prestigioso delle elezioni reggine (non c’entra Falcomatà, parliamo di liste) ha riacceso gli animi e la speranza che si può risalire la china, a patto che finisca il commissariamento (che più sbagliato con l’incolpevole Graziano non poteva essere) e che si faccia finalmente il congresso regionale. Le condizioni, nel dopo elezioni di Reggio, sembravano ideali per esigere una nuova rotta del Partito democratico in Calabria e, probabilmente, subito dopo Natale si stava individuando una data per riunire i dem e decidere cosa fare da grandi: spettatori o protagonisti?

Andava capitalizzato il vantaggio di Reggio, messa a profitto la pessima figura a Crotone (dove non è stato nemmeno presentato il simbolo), andavano radunate le forze fresche che, a braccetto con la vecchia guardia, potevano marcare la differenza.

Il 15 ottobre è venuto giù tutto. La povera Jole è scomparsa lasciando non solo inebetiti i suoi sodali della coalizione, ma ancor più smarrita l’opposizione che si trova, inevitabilmente, impreparata a gestire una “sede vacante” con lo sguardo obbligato a un futuro troppo vicino.

Questa volta non c’è il tempo di litigare, ma occorre individuare immediatamente la migliore strategia che possa condurre alla conquista della Cittadella di Germaneto. E questo vale – attenzione! – per entrambi gli schieramenti, a destra e a sinistra. Non ci sono le condizioni per un’avventura dal sapore civico – e sappiamo di dare un dispiacere a Carlo Tansi ringalluzzito dal successo crotonese – ma, obiettivamente, manca il tempo per organizzare e strutturare una coalizione di liste civiche in grado di non impantanarsi sotto il quorum capestro che lo statuto regionale impone. Quindi, i calabresi si mettano l’animo in pace e intuiscano da subito che sarà una partita a due, difficile e complicata, molto più della volta passata, perché c’è l’ombra e la minaccia malefica del Covid sulle elezioni e c’è una politica nazionale che non offre grande aiuto. L’unica cosa certa, al momento, è che non ci può essere, almeno formalmente, la rottura dei patti tra dem e cinquestelle, non c’è alcuna possibilità di una crisi di governo (anche se i numeri sono sempre più ballerini, soprattutto al Senato) né di rimpasto, perché quest’ultima (auspicabile) opportunità potrebbe rompere una corda già fin troppo tesa. Ci sono da prendere le decisione sul Mes (e la lite dem-grillini non accenna a placarsi) e c’è da stabilire cosa presentare all’Europa di fronte alle prospettive del Recovery Fund.

E allora, sono cavoli amari, da gestire sì con l’occhio vigile di Roma, per entrambi gli schieramenti, ma le scelte e le indicazioni devono essere prese in Calabria.

In questo momento non si può tentare un risiko di candidature a effetto, tanto per bruciare qualcuno e portare a risultato antipatie e asti remoti, ma occorre individuare lo scenario in cui si svilupperà il confronto.

Se si vuol dar credito alla regola dell’alternanza (una volta a destra, una volta a sinistra) la partita dovrebbe essere della sinistra. Sì, ma con quali candidati? Ce ne sono appena due, spendibili, e di sicuro avvenire: l’ex presidente del Consiglio Nicola irto (che nell’attuale consiliatura è stato vicepresidente) e Franco Iacucci, presidente dell’Amministrazione provinciale di Cosenza, nonché commissario del Pd a Crotone.

Sono due assi con caratteristiche assai diverse. Irto, molto conosciuto e apprezzato in tutta la provincia reggina, in realtà è ancora un “pivellino” della politica, pur avendo svolto con molta diligenza e assoluto rigore il suo ruolo durante la presidenza Oliverio, ma gli manca la presenza sul territorio. Gli basteranno due mesi scarsi per incrociare in lungo e in largo tutta la Calabria, ovvero le due province forti di Cosenza e Catanzaro, per raccogliere consensi? Il tempo è nemico che si rivela spesso imbattibile.

L’altro candidato di rilievo, Iacucci, ha dalla sua una serie di situazioni che lo favorirebbero non poco: conosce perfettamente la macchina regionale (è stato per tre anni nella segreteria di Oliverio) e ha una profonda conoscenza del territorio, ancor più allargata con la presidenza della Provincia cosentina, senza contare che è sindaco ad Aiello Calabro e ha avuto un ruolo da protagonista nell’Associazione dei Comuni italiani, sicché conosce a menadito quasi tutti i piccoli paesi della regione. Sia Irto che Iacucci sono apprezzati a Roma, il che non guasta, e una loro candidatura non troverebbe di certo ostacoli, sperando che non si debba arrivare di nuovo alla farsa delle primarie che, si è visto, non servono a nulla e, soprattutto, non rappresentano i veri orientamenti degli iscritti. La carta Irto-Iacucci (la scelta in casa dem non sarà certo facile) potrebbe tornare a far sorridere i dem calabresi e far sedere a Germaneto di nuovo un uomo di sinistra. A maggior ragione ove i cinquestelle (pur in caduta libera) decidano di convogliare sul candidato dem, evitando figuracce e facendo diligentemente la parte di chi rispetta i patti con l’alleato.

Ma la destra non starà certo a guardare: dopo l’assurda vicenda del veto di Salvini su Mario Occhiuto e il rischio di una frattura insanabile nella coalizione, con il nome di Jole Santelli “imposto” da Berlusconi si era creato il giusto amalgama per arrivare alla vittoria (come in effetti è stato). Qui, però, il vento a favore della destra è lievemente calato e, soprattutto, Salvini non conta più di tanto, qualora si pensasse di rivoluzionare il patto a tre che assegna la regione, in Calabria, a Forza Italia. La Meloni tiene un profilo basso, a livello delle amministrazioni locali perché punta in alto, con la segreta speranza di puntare a Palazzo Chigi, prima donna premier in Italia, quindi non spingerà sugli alleati a favore dell’unica candidata di successo attualmente sul mercato: Wanda Ferro. La Ferro ha l’unico difetto di essere di Fratelli d’Italia, ma sarebbe, certamente, un candidato forte per tutta la coalizione. Era già pronta per le elezioni del 26 gennaio scorso, quando scoppiò la crisi Salvini-Occhiuto, ma di fronte alla candidatura della Santelli fece onorevolmente un passo indietro. Oggi si presenta con un pedigree di tutto rispetto e tanta esperienza amministrativa (è stata presidente della Provincia a Catanzaro). Oltretutto ha saputo coltivare il suo elettorato in un territorio difficile come quello vibonese, mostrando capacità e competenza. Ha sfidato senza successo Oliverio nelle elezioni regionali del 2014, ma ha dovuto attendere che il Tar le riconoscesse il diritto di entrare in Consiglio quale miglior perdente.

Se prevale la logica dell’appartenenza, le cose si complicano, perché in casa del centro-destra, nel cortile di Forza Italia, ci sono troppi galli e l’individuazione del candidato diventa un esercizio alquanto difficile.

Per restare nel Vibonese, spicca la figura del sen. Giuseppe Mangialavori, un medico specialista (è senologo) bolzanino trapiantato da anni in Calabria, eletto al Senato nel 2018 dopo essere stato in Consiglio regionale “scalzato” poi da Wanda Ferro che rientrava di diritto in Consiglio. Ha buona conoscenza del territorio vibonese, ma non è abbastanza conosciuto nella Circoscrizione Sud né in quella cosentina. La sua candidatura, comunque, non è di quelle che scaldano gli animi, pur essendo un ottimo professionista della politica.

Ci sono altri nomi spendibili se Forza Italia mantiene il diritto di esprimere il presidente della Regione: escludendo il ritorno di Mario Occhiuto c’è l’opzione del fratello Roberto, attualmente deputato e vicecapogruppo di FI alla Camera. Potrebbe essere un’opzione di buon profilo, ma gioca contro di lui il fattore tempo. Lo stesso discorso vale per l’assessore Gianluca Gallo, infaticabile nel portare avanti la sua delega all’Agricoltura e al welfare in questi otto mesi di Giunta Santelli, e per l’ex assessore Mario Caligiuri (con delega alla Cultura dal 2010 al 2014 con presidente Scopelliti). Entrambi sono nomi sussurrati senza molta convinzione.

Poi c’è l’attuale sindaco di Catanzaro, che tentenna a fasi alterne verso Salvini e una Lega che in Calabria probabilmente non riuscirà mai ad attecchire. Secondo voci riservate, aveva siglato un patto con Salvini per andare a sostituire Nino Spirlì come vicepresidente: la Santelli avrebbe rimosso dall’incarico l’eccentrico autore televisivo lasciandogli probabilmente la delega della Cultura. Un disegno che l’improvvisa morte della presidente Jole ha completamente stravolto. L’idea di mantenere fino a fine consiliatura la vicepresidenza – secondo logica – gli avrebbe aperto le porte di Germaneto al successivo turno elettorale.

Messo recentemente in discussione dai suoi stessi consiglieri per la sfacciata simpatia nei confronti della Lega e lo stesso Salvini (da lui accolto sempre con grande entusiasmo a Catanzaro) Abramo è un ex di Forza Italia e non avrebbe quindi titolo per aspirare di entrare nemmeno nella rosa dei candidati.

E, naturalmente, c’è la solita incognita reggina di Francesco (Ciccio) Cannizzaro. Al deputato non manca l’acume di capire che, essendo Forza Italia il primo partito in Calabria (nonostante la mancata vittoria a Reggio e Crotone) e soffiando sul sentimento di dolore degli elettori di centrodestra orfani della Santelli, è prevedibile un pressoché sicuro bis del centrodestra a Germaneto. E a questo punto il buon Ciccio potrebbe seriamente pensare alla poltrona di governatore, vista la riduzione pesante di deputati che la Calabria subirà alle prossime politiche. Un candidato che ha carisma e intuito politico, più temuto che amato dai reggini, ma conosciuto in quasi tutto il territorio. Non gli mancherebbero le chances, purché non torni a fare il signor tentenna nell’individuazione di candidato presidente e liste. Queste ultime sono la versa Forza del centro-destra rispetto alla sinistra.  (s)