ANDALI (CZ) – La Biblioteca riparte con “Semi di legalità”

È con la legalità che sono ripartite le attività di volontariato della Biblioteca di Andali. È stati presentato, infatti, il libro Semi di legalità di Enzo Bubbo, edito da Officine Editoriali da Cleto, il cui responsabile è Marco Marchese.

Il sindaco di Andali, Piero Peta, ha invitato i presenti,  una settantina di cittadini, a leggere il  libro Semi di legalità in quanto «merita di essere consultato perché può essere di ispirazione per i lettori».

Francesca Perri, docente in quiescenza e presidente della Commissione per la gestione della biblioteca, ha ribadito la necessità «di avere dei modelli positivi da indicare alle nuove generazioni». I giovani erano presenti nella nuova biblioteca di Andali e ognuno aveva un ruolo da interpretare: c’è chi ha recitato il ruolo di Nicola Gratteri, chi di Giovanni Falcone, chi di Paolo Borsellino, chi ha intervistato. Tutti si sono calati nella parte rappresentata, dimostrando serietà e dedizione.

Enzo Bubbo, referente storico dei progetti di educazione alla legalità per l’Istituto comprensivo Corrado Alvaro di Petronà, ha ringraziato la comunità andalese per la calorosa accoglienza e ha più volte ricordato il mentore, l’esempio che ha ispirato la sua opera recensita anche dallo psicopedagogista Stefano Rossi: il giudice Emilio Ledonne, vice procuratore nazionale antimafia morto il 29 luglio del 2023.

Bubbo ha conosciuto Emilio Ledonne a Cropani borgo, grazie al Premio Mar Jonio promosso dal fondatore Luigi Stanizzi, e dal 2003 si è   impegnato, insieme ai colleghi docenti, ai Comuni e alle associazioni,  a promuovere  legalità nelle scuole perché grazie al magistrato zagaritano ha capito che la densità mafiosa in Calabria è molto alta e la lotta alla criminalità organizzata non può essere delegata solo alle forze dell’ordine.

La presentazione del libro è stata arricchita da parti recitate con protagonisti gli alunni di Andali, di video su Nicola Gratteri, sul carabiniere Rosario Iozia, sull’ educazione ambientale e sul professore Nuccio Ordine e ha visto la partecipazione del maresciallo dei carabinieri della stazione di Belcastro, Giuseppe Merola, e del sacerdoti di Andali don Revocati e Don Pasterur(rcz)

«IL PORTO DI GIOIA TAURO È L’HUB DELLA
COCAINA», MA LO STATO C’È E SI SENTE

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Le proiezioni della ‘ndrangheta sembrano manifestarsi sia nei piccoli porti calabresi (Amantea, Badolato, Cetraro, Corigliano Calabro, Isola di Capo Rizzuto, Tropea, Crotone), sia nell’importante hub di Gioia Tauro. È quanto emerso dal Rapporto Il Diario di Bordo. Storie, dati e meccanismi delle proiezioni criminali nei porti italiani di Libera.

E proprio Gioia Tauro, viene evidenziato nel Rapporto, oggi è uno dei porti strategici per l’importazione della cocaina in Europa. I numeri dei sequestri sono ingentissimi e danno l’idea dei guadagni enormi che fa la ndrangheta la quale, grazie a questi business sta comprando mezza Europa: ad Aprile del 2023 la Guardia di Finanza e le Dogane hanno comunicato che nei due anni precedenti erano stati sequestrati solo a Gioia Tauro, ben 38 tonnellate di cocaina, circa il 93,7% di quella sequestra in tutta Italia.

«Si comunicò che era stata alzata la percentuale dei sequestri da una media dell’8 – 10% al 20-22%. Ciò significa – viene spiegato – che se sono state sequestrate 38 tonnellate in due anni ne sono passate oltre 150 tonnellate, destinate in tutta Europa e non solo nel nostro paese. Basta fermarsi un attimo per calcolare il valore sulle piazze di spaccio di oltre 150 tonnellate di coca che una volta tagliate valgono ben 600 tonnellate per immaginare gli ingentissimi guadagni che stanno alla base del business. Miliardi e miliardi di euro, molti di più di una finanziaria dello Stato, che drogano il mercato legale con flussi di economia illegale, condizionando i sistemi delle relazioni economiche e sociali del nostro Paese e non solo».

«Questi dati – ha dichiarato Giuseppe Borrello, Referente regionale di Libera Calabria – confermano, anche, una sempre maggiore incisività dell’azione della magistratura e delle forze dell’ordine nel contrasto e nella prevenzione del malaffare nello scalo portuale di Gioia Tauro. Un’attività continua e costante la quale deve mirare a rendere ancora più sicuro, da qualsiasi tipo di infiltrazione mafiosa, un porto che, per le sue caratteristiche e posizione, continua ad essere strategico per lo sviluppo della Calabria e dell’intera area del Mediterraneo».

Ma l’ombra della ‘ndrangheta non si ferma solo nella regione: le attività illecite coinvolgono altri porti del Sud Italia (Napoli e Salerno), del Centro Italia (come Livorno) e del Nord-Est (Venezia e Trieste). Particolarmente significativo sembra il caso della Liguria dove proiezioni della ‘ndrangheta sembrano coinvolgere tutti i principali porti: Genova, La Spezia, Vado Ligure e Savona. Seppure le mafie giocano un ruolo rilevante non sono gli unici attori coinvolti, dato che, spesso è necessario il contributo di più soggetti, in molti casi appartenenti all’area dell’economia legale: lavoratori del porto, dipendenti pubblici, imprenditori e professionisti dell’economia marittima mentre per i traffici illegali, spesso è necessario il contributo di chi produce, chi imbarca, chi si occupa del trasferimento, chi recupera il carico, chi lo fa uscire dall’area portuale e chi si occupa della distribuzione.

Gli scali marittimi rappresentano per i gruppi criminali un’opportunità per incrementare i propri profitti e per rafforzare collusioni. I porti, infatti, possono essere considerati come un punto di arrivo, transito, scambio e intersezione, in cui persone e merci si muovono e vengono movimentate, generando ricchezza: da un lato i business creati dai traffici, dall’altro gli investimenti necessari per mantenere le infrastrutture operative, entrambi possibili campi di espansione degli interessi criminali. È stato evidenziato nel corso della presentazione del Rapporto, a cura di Francesca Rispoli, Marco Antonelli e Peppe Ruggiero, in cui sono stati elaborati i dati provenienti dalla rassegna stampa Assoporti, dalle relazioni della Commissione Parlamentare Antimafia, della DIA, della DNAA, dell’Agenzia delle Dogane e della Guardia di Finanzia. 

«Gli affari vanno in porto. Nel corso del 2022 all’interno dei porti italiani – commenta Libera – si sono registrati 140 casi di criminalità, circa un episodio ogni 3 giorni, che sono avvenuti in 29 porti, di cui 23 di rilievo nazionale, che corrispondono al 40%. Dei 140 casi, l’85,7% riguarda attività illegali di importazione di merce o prodotti, il 7,9% riguardano attività illegali di esportazione di merce o di prodotti, il 2,9%  riguarda sequestri di merce in transito, mentre il restante è relativo ad altri fenomeni illeciti non classificabili. Analizzando le attività portate avanti dagli attori criminali, possiamo notare che solo una minima parte riguardano la proiezione nell’economia legale del porto, mentre in 136 casi si tratta di attività illecite».

«In questo ultimo caso il dato – dice ancora l’Associazione – che spicca maggiormente riguarda il traffico di merce contraffatta, pari al 49,3% dei casi mappati, seguito dal traffico di stupefacenti con il 23,2% e il contrabbando con l’11,6%. In misura marginale seguono episodi relativi a illeciti valutari (5,8%), al traffico illecito di rifiuti (2,9%). Il maggior numero di casi di criminalità sono stati individuati nel Porto di Ancona(15 casi) segue il Porto di Genova con 14 casi e Napoli e Palermo con 11».

I porti sono Cosa nostra. Analizzando le relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia, pubblicate tra il 2006 e il 2022  più di un porto italiano su sette è stato oggetto degli interessi della criminalità organizzata Sono almeno 54 i porti italiani che sono stati oggetto di proiezioni criminali, con la partecipazione di almeno 66 clan, che hanno operato in attività di business illegali e legali. Tra di esse, spiccano le tradizionali mafie italiane: ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra. Compaiono, però, anche altre organizzazioni criminali di origine italiana: banda della Magliana, Sacra Corona Unita e gruppi criminali baresi. Si trovano, inoltre, le proiezioni di diversi gruppi di cui viene indicata esclusivamente la provenienza geografica (o perché dove svolgono le principali attività, o per l’origine territoriale dei membri) come asiatici, dell’Est Europa, del Nord Africa, o oppure precisando la nazione di provenienza, Albania, Cina, Messico e Nigeria.  Su 66 clan ben 41 sono gruppi di ‘ndrangheta che  operano in diversi mercati illeciti: traffico di rifiuti, traffico di armi, contrabbando sigarette e TLE, traffico di prodotti contraffatti, estorsioni e usura, e soprattutto traffico di stupefacenti.

«Il report – commentano Marco Antonelli e Francesca Rispoli di Libera  ha come obiettivo generale quello di realizzare una fotografia delle modalità e degli andamenti con cui i fenomeni criminali si manifestano in ambito portuale, con una particolare attenzione al caso italiano e al ruolo delle organizzazioni mafiose. La prospettiva di analisi utilizzata prova a mettere in luce le dinamiche di interazione tra fenomeni illegali e attori dell’economia legale, per mettere in evidenza non solo l’azione dei gruppi criminali, ma soprattutto le condizioni di contesto che permettono ai gruppi di operare».

«In Italia, alcune istituzioni se ne sono occupate, ma, nonostante la centralità del sistema portuale per l’economia del Paese e la rilevanza della criminalità organizzata italiana nello scacchiere internazionale – hanno evidenziato – manca un’analisi più ampia del fenomeno. Nel dibattito pubblico, infatti, le riflessioni sul tema emergono solitamente in concomitanza con i grandi arresti condotti dalle forze dell’ordine o in occasione dei maxi-sequestri di stupefacenti o altri materiali illegali. La narrazione, però, risulta essere spesso allarmista, mentre sembra essere necessaria un’analisi puntuale che metta in mostra non solo l’azione dei gruppi criminali, ma anche le criticità degli stessi porti».

«In conclusione – hanno detto gli esponenti di Libera – gli scali sembrano essere uno snodo strategico e di fondamentale importanza per i gruppi criminali, che possono sfruttare l’infrastruttura e i collegamenti per svariati scopi. Un tema su cui, però, il dibattito politico sembra ancora troppo timido. In questo senso, il rafforzamento del coordinamento tra autorità giudiziaria, forze dell’ordine, autorità pubbliche presenti nel porto e imprese private che lì operano sembra essere una delle principali esigenze su cui intervenire, non solo in ottica repressiva, ma, soprattutto, preventiva. Una maggiore consapevolezza da parte degli attori che operano in ambito portuale – pubblici e privati – dei rischi criminali e corruttivi che caratterizzano la vita degli scali, sembra essere la precondizione per la promozione di contesti meno predisposti a scambi illeciti, nonché per la predisposizione di politiche di sviluppo coerenti con queste finalità».

La centralità nelle rotte commerciali, così come la permeabilità del tessuto socioeconomico, hanno reso alcuni scali più attrattivi di altri. Inoltre, negli ultimi anni possiamo riscontrare come alcuni porti – ad esempio Vado Ligure – abbiano trovato sempre maggiore spazio. Questo può far ipotizzare un processo di diversificazione ed espansione delle attività della criminalità organizzata anche in differenti scali. Una tendenza che può avvenire per diversi motivi, sicuramente legati al funzionamento stesso del porto: la dimensione economica, il contesto politico e istituzionale, le opportunità criminali create dagli attori operanti all’interno dell’area. Non è solo l’elemento geografico a fare la differenza, ma il contesto portuale.

Non solo Italia. La DCSA nella relazione del 2023 ha riservato un approfondimento sull’analisi dei traffici internazionali di cocaina via mare. Secondo quanto ricostruito, «nel 2020, in particolare, sono stati realizzati 520 sequestri di cocaina, segnalati da 12 Stati Membri dell’UE (Belgio, Bulgaria, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna) e da 3 Paesi al di fuori dell’UE (Russia, Ucraina, Regno Unito)».

La relazione prosegue sostenendo che: «L’entità della cocaina sequestrata ammonta a 282 tonnellate, rinvenuta in 75 porti diversi, distribuiti come segue: 301 sequestri (171 tonnellate) in 35 porti dell’UE; 11 sequestri (2 tonnellate) in 6 porti in Paesi extra UE; 206 sequestri (108 tonnellate) in 32 porti dell’America Latina;1 sequestro (0,5 tonnellate) in un porto dell’Africa;1 sequestro (0,5 tonnellate) in un porto del Nord America. In sostanza, nel 2020, 108 tonnellate di cocaina, dirette in Europa, sono state sequestrate in porti di partenza situati in America Latina e circa 171 tonnellate (circa l’80% della cocaina intercettata in Europa, pari a 213 tonnellate) sono state sequestrate nei principali porti container dell’Unione Europea». (ams)

Il sindaco di Corigliano Rossano Stasi: Istituzioni prendano iniziative concrete su sicurezza e legalità

«I fatti accaduti nelle scorse settimane, con incendi quasi quotidiani e con la sfida diretta alle Istituzioni democratiche, lanciata apertamente con l’incendio all’auto del Presidente del Consiglio, impone a quelle stesse istituzioni pubbliche, allo Stato, di intraprendere iniziative concrete sul tema della sicurezza e della legalità». È quanto ha dichiarato il sindaco di Corigliano Rossano, Flavio Stasi, nel corso del Consiglio comunale.

Garantire la sicurezza sul territorio, camminare uniti, senza divisioni partitiche, per la riapertura del Tribunale, ottenere l’innalzamento del distretto di polizia e maggiori forze in campo. Si è mosso su queste fondamentali direttrici il consiglio comunale odierno svoltosi, per precisa scelta dell’amministrazione, nella sala udienze dell’ex Tribunale in viale Santo Stefano.

Un consiglio velato dalla tristezza, che si è aperto con la lettura di una commossa lettera dei familiari del consigliere comunale di recente scomparso, Raffaele Vulcano, una ferita ancora aperta, sia sotto il profilo umano che istituzionale, per proseguire con la surroga in base all’ art. 45, comma 1 ed Art. 64, comma 2, del D. Lgs 267 /2000 con Giovanni Maria Vergadoro, che insediatosi, dopo aver comunicato la volontà di continuare sul percorso e per rispetto del compianto Raffaele, ha costituito il gruppo corrispondente alla lista nella quale è stato eletto, ovvero Fratelli d’Italia.

l consiglio è poi proseguito con la partecipata discussione sul punto riguardante la sicurezza e la legalità. Numerosi gli interventi in sala, a partire dall’intervento del deputato Elisa Scutellà, Movimento Cinque Stelle, del consigliere regionale di Azione, Giuseppe Graziano, del consigliere regionale del Movimento Cinque Stelle, Davide Tavernise, di don Pino Straface vicario generale Arcidiocesi Rossano Cariati, di don Pietro Madeo parroco unità pastorale centro storico di Rossano, di Giuseppe Lavia, segretario provinciale Cisl e Giuseppe Guido, segretario generale Cgil, Pollino-Sibaritide-Tirreno, del sindaco di Longobucco, Giovanni Pirillo, dell’avvocato Maurizio Minnicelli e del presidente della Camera Civile, Francesco Bianco.

Assenti per impegni istituzionali, l’assessore regionale, Gianluca Gallo,  la consigliera regionale, Pasqualina Staface, la presidente della Provincia, Rosaria Succurro,  il Presidente Commissione consiliare regionale contro il fenomeno della ‘ndrangheta, della corruzione e dell’illegalità diffusa, Pietro Molinaro, il presidente della Camera Penale, Giovanni Zagarese, il presidente del Coa, Nicoletta Bauleo, il questore Giuseppe Cannizzaro e il procuratore della Repubblica, Alessandro D’Alessio, i quali hanno comunque inteso inviare messaggi alla presidenza del consiglio esprimendo la volontà di contribuire alla lotta per legalità e fronteggiare il fenomeno criminale.

Per il primo cittadino «non bastano gli interventi episodici perché il continuo attacco alla serenità della nostra comunità non è né episodico né casuale, ma è frutto di un arretramento dei “buoni”, cioè delle Istituzioni pubbliche, che ormai da molti anni hanno progressivamente lasciato spazio libero sul territorio, uno spazio che la criminalità sta occupando sfacciatamente. Non servono rassicurazioni, ma interventi strutturali, interventi per altro dovuti a un territorio ingiustamente scippato».

«Il nostro territorio è vivo, ha un tessuto produttivo dinamico, istituzioni vivaci, una comunità importante e che si evolve nonostante l’assenza di servizi e presidi pubblici – ha proseguito Stasi – ma ora è il momento che a Roma la smettano di considerare la nostra città come un caso qualsiasi, come un’entità di poche migliaia di abitanti e di pochi chilometri quadrati: questo vale per il tribunale, per il Distretto di Polizia, per il Gruppo dei Carabinieri, per tutte le forze dell’ordine, più in generale per i servizi».

«Una città di 80 mila abitanti, su un territorio di centinaia di migliaia di abitanti – ha ricordato – con il tessuto produttivo più dinamico della regione è distantissimo dall’attuale tribunale e della sede della Procura. Da Aosta a Siracusa tutti gli addetti ai lavori sanno che chiudere l’ex tribunale di Rossano fu una scelta ingiustificabile e sbagliata: non istituire il tribunale ora sarebbe diabolico ed ancor più assurdo. La nostra comunità non vuole la soppressione di altri tribunali, semplicemente rivendichiamo l’istituzione del tribunale cittadino, che rappresenta un caso unico. Il Consiglio Comunale di oggi rafforza ulteriormente queste sacrosante rivendicazioni». (rcs)

LA LEGALITÀ E LA SICUREZZA, QUESTIONE
DI CIVILTÀ: IL MODELLO DI CASTROLIBERO

di ORLANDINO GRECO – Fin dalla cosiddetta prima repubblica il tema della legalità ha coinvolto la sensibilità dei più: basti pensare alle stragi di Stato, al terrorismo estremista, a tangentopoli, fino ad arrivare ai giorni nostri, all’evasione fiscale, alla criminalità organizzata e al business dell’immigrazione. Quest’ultimo punto, in particolare, resta di stretta attualità ed è interconnesso al tema della sicurezza perché coinvolge anche i luoghi del degrado urbano, occupando un notevole spazio nel dibattito pubblico.

Riflettevo, allora, sulle stucchevoli polemiche sollevate dalle opposizioni di “sinistra” in merito al Ddl Sicurezza del Governo Meloni. La mia domanda, ovviamente retorica, sorge spontanea. La risposta sta nel fatto che la legalità, così come la sicurezza, non dovrebbe essere un tema né di destra né di sinistra ma una questione di civiltà. La legalità, infatti, è la precondizione dell’impegno politico e civile, così come la capacità di governo e controllo dei territori deve essere precondizione dell’amministrare bene, con senso civico e con rigore al fine di contrastare fenomeni criminosi e di illegalità.

Pensiamo a quello che sta avvenendo nelle grandi metropoli come Roma e Milano, nelle cui periferie, spesso lasciate al loro destino, gruppi sempre più organizzati di persone italianissime ma molte provenienti da altri paesi aggrediscono cittadini e turisti. Oppure ai quartieri popolari di Napoli, Bari o Palermo, spesso bellissimi ma sempre più palestre di criminalità organizzata e per questo poco accessibili ai visitatori.
La riqualificazione di queste aree, unitamente ad un impianto di legge più incisivo, devono essere gli elementi di rottura con un passato che sta stretto alle tante persone che hanno scelto di vivere la propria vita nella legalità.
Sono questi i motivi che mi inducono ad accogliere favorevolmente il nuovo DDL Sicurezza del Governo Meloni che prevede, tra le altre, pene più aspre per gli occupanti abusivi delle abitazioni, procedure più rapide per la liberazione delle stesse e la detenzione per le donne incinte che commettono reati.
La politica deve essere esemplare, avanguardia di un’etica che passi dalla diffusione dei valori della libertà e del rispetto del prossimo. È ciò a Castrolibero stiamo cercando di fare, con un controllo più capillare del territorio, grazie all’azione incisiva delle forze dell’ordine, mediante l’installazione di telecamere che monitorano eventuali atti vandalici o criminosi, ordinanze che tutelino l’ordine pubblico e controlli severi sul rispetto dei diritti e doveri del cittadino, dalla raccolta differenziata al pagamento delle imposte, dall’abusivismo edilizio all’equa assegnazione degli alloggi popolari.
La legalità e la sicurezza sono valori che non dovrebbero avere colori politici di parte e dunque mi chiedo amaramente perché ancora una certa sinistra, utilizzando questo appellativo solo per individuare una parte dell’arco costituzionale dei partiti ideologici che di fatto ritengo ormai filosofia pura, si opponga a tali provvedimenti di buon senso.
Il “De officiis” di Marco Tullio Cicerone ha offerto un contributo significativo sul concetto di dovere e sull’importanza che ciò assume nell’ambito del fenomeno giuridico in quanto, spesso, le norme vengono considerate solo nella loro manifestazione oggettiva, come se esse non fossero il frutto di un comune sentire che si manifesta traendo ispirazione dai principi generali del diritto: il nuovo DDL Sicurezza ne è la manifestazione concreta rispetto ad un problema ormai annoso e che attanaglia migliaia di innocenti.
Occorre aprire una nuova stagione nella quale gli interessi di bottega e i buoni propositi demagogici non prevarranno più sull’interesse generale, l’unica bussola che deve guidare l’azione politica delle classi dirigenti. Ma da sola l’azione repressiva non è certamente bastevole: ritorniamo a parlare di doveri garantendo i diritti ma lavorando molto sulla prevenzione attraverso la scuola, la cultura, l’educazione ed il lavoro. Una società nella quale il figlio non rispetta il padre, dove il giovane maltratta l’anziano, dove l’uomo non coltiva modi gentili verso le donne e addirittura le utilizza come oggetti, e dove l’alunno arriva a minacciare l’insegnante con il silenzio dei genitori, è una società senza futuro, fermiamoci prima che sia troppo tardi. (og)

Firmato protocollo di legalità per potenziamento collegamento Lamezia-CZ-Dorsale Jonica

È stato firmato, tra la Prefettura di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Rete Ferroviaria Italiana e le organizzazioni sindacali di categoria, il protocollo di legalità per gli interventi di potenziamento del collegamento ferroviario Lamezia Terme-Catanzaro Lido-Dorsale Jonica”, con lo scopo di prevenire e contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata in materia di appalti, servizi e forniture pubbliche.

Il progetto suddiviso in tre lotti funzionali: “Velocizzazione, mediante rettifiche di tracciato, della tratta Lamezia Terme–Settingiano, ed elettrificazione della tratta Lamezia Terme–Catanzaro Lido”; “Elettrificazione della tratta Sibari–Crotone”; “Elettrificazione della tratta Crotone–Catanzaro Lido”, di cui i primi due sono già in gara, permetterà una migliore interconnessione tra i centri urbani di Lamezia Terme, Crotone, Catanzaro Lido e le aree del litorale ionico a forte vocazione turistica, creando le condizioni per nuove opportunità di servizio con le dorsali Tirrenica, Jonica e Adriatica.

I Protocolli prevedono la collaborazione tra le Prefetture e RFI per vigilare sul pieno rispetto della legalità nei contratti pubblici, sviluppando, in aggiunta agli standard richiesti dalla normativa, ulteriori forme di controllo, scambio di informazioni e procedure che ne garantiscano la trasparenza. I documenti sottoscritti riguarderanno tutta la filiera delle imprese affidatarie dei lavori che a qualunque titolo saranno impegnate nella realizzazione delle opere.

L’attività rientra fra le iniziative intraprese dal Gruppo FS Italiane, con il coordinamento di FS Security & Risk, per tutelare la realizzazione di opere e la prestazione di servizi di interesse pubblico da ogni tentativo di infiltrazione da parte della criminalità organizzata.

L’intervento complessivo, dal valore di circa 438 milioni di euro, è finanziato anche con fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e la sua attivazione è prevista per fasi entro il 2026. Per il completamento dell’opera è stato nominato come Commissario Straordinario di Governo, Roberto Pagone. (rcz)

La Commissione anti ‘ndrangheta approva il Piano speciale legalità

La Commissione consiliare con il fenomeno della ’ndrangheta, presieduta da Pietro Molinaro, ha approvato all’unanimità, nell’ultima seduta, il nuovo Piano speciale Legalità, antiracket e antiusura previsto dalla L. R. n. 9/2018.

Si tratta del piano con il quale la Regione Calabria definisce l’insieme delle azioni per prevenire i rischi di infiltrazione criminale e ’ndranghetista nel tessuto socio-economico regionale, nonché per contrastarne l’espansione nelle aree in cui il fenomeno mafioso-criminale è particolarmente radicato. Inoltre il piano individua le azioni di prevenzione e contrasto dei fenomeni dell’usura e dell’estorsione.

Tra le azioni indicate nel piano si prevede la costituzione della Consulta per la legalità, l’impegno a promuovere la costituzione della Regione come parte civile nei procedimenti penali, relativi a fatti commessi nel territorio regionale. Inoltre l’impegno ad attuare politiche di contrasto della corruzione e dell’illegalità all’interno dell’amministrazione regionale e delle altre amministrazioni pubbliche. A tal riguardo, per i Comuni che hanno completato il periodo di scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni criminali, è previsto un contributo straordinario finalizzato ad attuare politiche di riorganizzazione dell’ente comunale per prevenire i fenomeni di corruzione e di infiltrazioni ’ndranghetiste e mafiose.

Tra le azioni del piano vi sono la previsione di bandi finalizzati al sostengo delle imprese vittime di attentati, il sostegno alle attività delle associazioni antiracket ed antiusura, ed il sostegno ai soggetti sovraindebitati per il ricorso alle forme di risoluzione del sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi e dell’insolvenza (D. Lgs n. 14/2019). Inoltre sono previste iniziative di assistenza e aiuto alle vittime innocenti di violenza, di dipendenza, di sfruttamento, di tratta connessi al crimine organizzato e mafioso, ed ai testimoni di giustizia.
Il piano comprende anche il sostegno al progetto “Liberi di scegliere” per attivare percorsi di rieducazione, sostegno e reinserimento sociale dei minori e dei giovani adulti provenienti dai contesti della criminalità organizzata.

La Commissione è giunta all’approvazione del Piano dopo una lunga serie di audizioni che hanno consentito di raccogliere i suggerimenti e le proposte delle organizzazioni direttamente impegnate nel promuovere la cultura della legalità e del contrasto di ogni forma di violenza e criminalità.

Al termine dei lavori è stata espressa da tutti i componenti della commissione viva soddisfazione per essere giunti all’approvazione unanime del documento di programmazione. Il presidente Pietro Molinaro ha ribadito l’importanza del Piano ed il buon lavoro che è stato svolto nel redigerlo, «in quanto si è tenuto conto dei temi affrontati in Commissione anche grazie alle audizioni, che continueranno anche in futuro».
Ora il piano predisposto dalla Commissione passerà all’esame della giunta regionale, per l’approvazione definitiva con la relativa assegnazione delle risorse finanziarie. (rrc)

Domani a Roma si presenta il libro di Franco Napoli “L’economia legale”

di PINO NANOIn tema di lotta alla mafia, nella prefazione che il sottosegretario agli Interni Wanda Ferro fa al saggio di Franco Napoli – l’Economia Legale, saggio che sarà presentato il prossimo 20 giugno a Roma alle 17.30 a Piazza del Parlamento a Palazzo Teodoli per iniziativa di Gemma Gesualdi Presidente del Circolo Brutium non lascia spazio a false illusioni. 

«Le difficoltà del tessuto economico legate prima alla pandemia, poi alla crisi energetica e all’aumento dei costi delle materie prime dopo l’esplosione del conflitto in Ucraina, hanno offerto – scrive Wanda Ferro ancora più ampie opportunità alle mafie, in particolare alla ‘ndrangheta calabrese, che di fronte ad imprenditori in crisi di liquidità possono mettere in campo enormi risorse provenienti dalle attività illecite, offrendo forme di sostegno finanziario con l’obiettivo finale di impossessarsi delle aziende». 

Una strategia – riflette la donna di Governo – «che consente alle organizzazioni criminali di impadronirsi del mercato inquinando l’economia legale e di riciclare i capitali di provenienza illecita. Senza contare la capacità delle cosche, come evidenziato nell’ultimo rapporto della Dia, di intercettare i finanziamenti pubblici, in particolare quelli previsti dal Pnrr”. 

Usa di proposito, Wanda Ferro, i dati della Dia per dare maggiore forza alla sua tesi.

«Nella sua relazione la Dia, con riferimento alla ‘ndrangheta, ha evidenziato la straordinaria abilità dei sodalizi criminali nell’adattarsi ai diversi contesti territoriali e sociali prediligendo strategie di sommersione in linea con il progresso e la globalizzazione. Le cosche si sono evolute e si sono adattate alle moderne logiche di mercato: tendono ad evitare le manifestazioni di violenza, privilegiando invece  una silente infiltrazione economica, che mettono in atto potendo contare sulla capacità di relazione con professionisti, imprenditori, funzionari infedeli, quell’area grigia che si fa partner delle cosche e ne agevola l’infiltrazione nel contesto economico, favorendo l’immissione di capitali illeciti nell’economia sana e il condizionamento del mercato e del sistema degli appalti pubblici».

È la tesi storica del procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri che da anni avverte il Paese «di una Ndrangheta fortemente pervasiva nelle regioni industrializzate del Nord».

«Un sistema malavitoso – scrive Wanda Ferro – che emerge tanto nelle regioni del Sud quanto, e forse anche più, nelle più ricche regioni del Centro-Nord, ed evidenzia da un lato le connivenze, le complicità interessate di chi punta ad ottenere appalti, lavori, guadagni  – o semplicemente teme per la tenuta della propria impresa – dall’altro una sorta di incapacità delle forze sociali di fare scattare l’allarme rispetto alla pervasività delle organizzazioni criminali, che attraverso il condizionamento delle dinamiche economiche consolidano il dominio sul territorio. L’infiltrazione avviene anche perché “il cane non ha abbaiato”, per utilizzare una espressione particolarmente efficace». 

Ma come è possibile che sia accaduto tutto questo?

Per Wanda Ferro «Il “consenso sociale” è probabilmente la chiave con cui le organizzazioni criminali riescono a penetrare fino ai gangli più profondi il sistema economico e sociale dei diversi territori. Anche recenti inchieste giornalistiche hanno fatto emergere come spesso l’immissione di liquidità da parte delle organizzazioni mafiose viene recepita dalla gente come positiva. Nella realtà la distorsione del mercato, le dinamiche corruttive, l’accaparramento degli appalti a scapito di imprese rispettose delle regole, nel tempo si rivelano fattori di progressivo e inesorabile indebolimento del tessuto produttivo e imprenditoriale sano, finendo per impoverire il territorio».

Come se ne esce?

Lucidissima l’analisi che ne fa il Sottosegretario Ferro: «È un tema culturale a cui prestare grande attenzione: occorre evitare che la percezione della cittadinanza sia quella di una mafia che crea ricchezza e lavoro, al contrario di uno Stato che con gli interventi di prevenzione e repressione lascia sui territori miseria e disoccupazione. Ciò avviene ad esempio in materia di imprese confiscate, in cui la sfida è quella di consentire a quelle realtà che non costituiscono delle semplici scatole vuote o semplici società cartiere, di avere una prospettiva economica superando il cosiddetto shock di legalità. Non è facile dal punto di vista gestionale riportare nell’alveo della legalità aziende che fino al momento del sequestro avevano operato in difformità dalla legge, ad esempio in materia di retribuzione e di contributi ai lavoratori. Senza contare che con il sequestro spesso si perdono le commesse che venivano garantite dalla presenza del soggetto criminale».

Ma cosa fa lo Stato per evitare il peggio?

«L’obiettivo che, come Ministero dell’Interno, puntiamo a perseguire attraverso l’Agenzia nazionale per i Beni confiscati -precisa la Ferro– è quello di affiancare queste aziende in modo che possano restare sul mercato in maniera legale.  Anche sul tema delle interdittive antimafia dobbiamo essere capaci di rafforzare i valori della legalità e del corretto svolgimento delle dinamiche imprenditoriali e della libera concorrenza, senza frenare quello dello sviluppo soprattutto nella fase attuativa del Pnrr, che necessita di rapidità ed efficienza degli interventi ma anche di messa in sicurezza delle risorse su cui incombono gli appetiti criminali. Un tema sul quale c’è anche l’attenzione del Comitato coordinamento e alta sorveglianza delle infrastrutture che ha sottoscritto con le prefetture dei protocolli di legalità in materia di prevenzione antimafia e mantiene un monitoraggio sulle opere prioritarie e strategiche».

Una sola parola d’ordine, dunque, nella prefazione che la Ferro fa al saggio di Franco Napoli.

«Sul contrasto all’illegalità bisogna fare fronte comune, istituzioni, cittadini, imprese. In quest’ottica di rete muovono i Protocolli di Legalità con cui il Ministero dell’Interno punta a prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle attività economiche, e che coinvolgono anche le associazioni di categoria con l’obiettivo di estendere il sistema delle verifiche antimafia anche ai rapporti economici tra privati. La documentazione antimafia costituisce uno strumento imprescindibile per arginare il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nell’economia. Lo strumento della “White List”, in particolare, consente di accertare il grado di affidabilità e di integrità delle imprese, ma richiede un continuo aggiornamento e rafforzamento, anche per far fronte alle difficoltà operative legate all’elevato numero di richieste che pervengono alle Prefetture e alla necessità di effettuare accurate verifiche in breve tempo. Servono interventi normativi per rendere più efficaci le procedure – ad esempio intervenendo sul criterio di individuazione della Prefettura competente – ma anche potenziare le risorse umane e strumentali degli uffici antimafia delle Prefetture e degli organi investigativi che ne supportano il lavoro».

Ma soprattutto – conclude nella sua prefazione Wanda Ferro – è importante – «come bene emerge delle riflessioni di Francesco Napoli – potenziare la comunicazione tra gli apparati dello Stato e la condivisione delle informazioni tra pubblico e privato, per consentire alle imprese di alzare i livelli di legalità e di sicurezza aziendale».

«Ciò anche attraverso il coinvolgimento di specifiche figure professionali in grado di valutare e prevenire le situazioni di rischio, in un contesto in cui è spesso molto labile il confine tra le attività illegali e quelle legali, e in cui assume particolare rilievo l’attività di intelligence e una capillare attività̀ di monitoraggio della realtà territoriale e dei mutevoli contesti economici. L’obiettivo è quello di valorizzare l’imprenditoria sana, che opera nel rispetto delle regole, attraverso una pubblica amministrazione capace di garantire efficienza, semplificazione, trasparenza. Ma anche attraverso un interscambio di informazioni che possa consentire alle imprese di limitare i rischi esterni e concentrarsi sulle proprie risorse per essere competitive, senza dover temere le ingerenze criminali, e senza dover ricercare supporti esterni». 

Insomma, un quadro di legalità che diventa virtuoso anche per la Pubblica amministrazione, perché sbarra le porte al malaffare e ai fenomeni corruttivi, mettendo al sicuro le risorse destinate allo sviluppo dei territori. (pn)

LEGALITÀ, DA AFRICO LEZIONE DEI GIUDICI
BASTA PASSERELLE MA FATTI CONCRETI

di MIMMO NUNNARI – L’altro sabato ad Africo alla presenza del ministro dell’interno Matteo Piantedosi è stata inaugurata la nuova caserma dei carabinieri ospitata in una villetta confiscata a una potente famiglia di ‘ndrangheta della zona. Erano attesi anche – ma la notizia non è mai stata confermata – la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro della Difesa Guido Crosetto.

Probabilmente questa attenzione del Governo, per l’inaugurazione di una nuova caserma in Aspromonte, aveva un significato duplice: dotare la Calabria di un nuovo presidio di sicurezza e riaffermare – in un territorio a sovranità limitata, a causa della presenza pervasiva della mafia – che lo Stato c’è. Tutto giusto, se l’evento, con la sua enfatizzazione, non confermasse il vecchio vizio dei Governi di delegare solo a forze dell’ordine e magistratura il compito di combattere la mafia, restando assente invece nell’azione che dovrebbe essere la più efficace, per arginare il dominio mafioso: promuovere sviluppo nei settori dell’economia, del lavoro, del sociale. Paradossalmente questa “assenza” dello Stato finisce col favorire la mafia, che gli spazi vuoti tende a riempirli, sostituendosi volentieri naturalmente in maniera illegale – alle istituzioni.

Tutto ciò significa che in materia di lotta alla mafia serve altro oltre alla presenza di carabinieri e poliziotti e/o nuove caserme. Molti anni fa, lo storico Sergio Zoppi, spiegava che sbaglia chi pensa che per promuovere lo sviluppo in Calabria sia necessario prima vincere la mafia, o al contrario che occorre prima realizzare concreti obiettivi di sviluppo, e poi ingaggiare la definitiva battaglia contro la criminalità organizzata:

«Lungi dal porsi tra di loro in modo disgiunto, questi due termini della questione – ragionava Zoppi – si reggono soltanto in quanto tra di loro uniti e quasi complementari». Questo lucido quanto inascoltato ragionamento di uno degli studiosi più autorevoli della questione meridionale, ci è tornato in mente leggendo il documento dei magistrati di “Magistratura democratica” di Reggio – reso noto dopo la visita di Piantedosi ad Africo – in cui più o meno si dice la stessa cosa di Zoppi.

«Ci sarebbe piaciuto – hanno scritto i magistrati – che ad affiancarlo [il ministro Piantedosi] vi fossero stati: il ministro dellEconomia e quello dellAmbiente, per illustrare nuovi piani e progetti per rilanciare leconomia locale in termini eco-compatibili con il territorio; quello del Lavoro, per indicare nuove norme, volte ad agevolare le assunzioni in territori svantaggiati; quello delle Infrastrutture che riferisse dellavvio del raddoppio ed elettrificazione della linea ferrata e dellammodernamento della SS 106; quelli della Cultura e del Turismo che illustrassero le iniziative assunte per rilanciare la storia e le tradizioni dellarea-grecanica, in una prospettiva di riscoperta del territorio dalle spiagge dove le nidificano le tartarughe alle montagne dellAspromonte ricche di flora e fauna uniche».

Le esigenze di sicurezza, spiegano ancora i magistrati nel documento, sono ancora all’ordine del giorno, ma è necessario che in futuro lo sguardo si allarghi, anche per evitare che la destinazione alla pubblica sicurezza, in un simile quadro, assuma le sembianze di una “foglia di fico” che non riesce a nascondere più pressanti problematiche. Meritano un plauso questi magistrati di Md, che interpretano al meglio la responsabilità del loro ruolo costituzionale di difendere la giurisdizione, ma anche di porre attenzione ai diritti dei cittadini, soprattutto quando sono penalizzati dalle disuguaglianze, come in Calabria.  

Ci sarebbe piaciuto che le cose dette da loro le avessero dette – almeno in quest’occasione – i silenti parlamentari eletti in Calabria, anche quelli – tra loro ex magistrati – dirottati nel profondo Sud all’unico scopo di ottenere un seggio-premio a Palazzo Madama, o a Montecitorio. (mnu)

LAMEZIA (CZ) – Domani al Galilei convegno su Costituzione e legalità

Due eventi sulla legalità si terranno domani a Lamezia Terme e il 12 a Pizzo e vedranno come protagonista il docente di Diritto costituzionale dell’Università del Salento Enrico Cuccodoro.

Domani, alle 11.30, appuntamento con gli studenti del liceo scientifico Galileo Galilei di Lamezia Terme con un incontro che ha per tema “Paese legale, paese reale”. Ci sarà il saluto della dirigente scolastica professoressa Teresa Goffredo, il prof Enrico Cuccodoro che dialogherà con gli studenti alla fine delle relazioni. Interverranno anche i docenti Anna Rosa e Lorenzo Muratore.

Il giorno seguente, venerdì 12 maggio, doppio appuntamento a Pizzo. Alle 10 incontro al Palazzo della Cultura con il sindaco di Pizzo Sergio Pititto e gli interventi di Enrico Cuccodoro, la docente di Lettere Antonella Prudente e il giornalista del Tg2 Rai Luciano Ghelfi. Nel pomeriggio, alle 17 sempre al Palazzo della Cultura, moderati da Lorenzo Muratore discuteranno il presidente dell’Anpi provinciale Carmine Armellino e Giuseppe Borrello, coordinatore provinciale di Libera. (rcz)

In scena la legalità con Gratteri al Politeama di Catanzaro

Sul palco del Teatro Politeama di Catanzaro hanno preso vita le storie dei figli delle vittime di mafia, del giornalismo impegnato, di imprenditori testimoni di giustizia, per un’opera-dibattito sulla legalità che è, al tempo stesso, una provocazione per farci riflettere, capire e reagire. In platea centinaia di studenti di diversi istituti scolastici superiori del territorio, grazie alla collaborazione dell’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria, per la messa in scena di “Se dicessimo la verità-Ultimo capitolo”, lo spettacolo di Emanuela Giordano e Giulia Minoli, realizzato grazie alla sinergia tra due progetti nazionali – Palcoscenico della Legalità e Ponti: cultura e teatro per la cittadinanza attiva – portati avanti nel territorio dall’Associazione CCO – Crisi Come Opportunità Raccontano.

Una “prima” in Calabria fortemente voluta dalla Fondazione Politeama – presieduta da Nicola Fiorita, con il Sovrintendente Gianvito Casadonte e il Direttore Generale Aldo Costa – all’interno del calendario di eventi programmati nell’ambito della Rete di teatri, sostenuta dalla Regione Calabria. L’occasione per i più giovani di affrontare alcuni aspetti meno conosciuti del fenomeno mafioso, quelli che riguardano la globalizzazione, l’alta finanza, i cosiddetti uomini cerniera che fanno da tramite tra il crimine e le amministrazioni pubbliche.

A discutere di questi e altri temi, alla fine dello spettacolo, è stato il Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che nel raccontare la propria esperienza di vita spesa in Calabria per combattere la criminalità organizzata, ha anche rivolto dei messaggi preziosi rivolti al mondo della scuola e alle nuove generazioni: “Bisogna prestare attenzione a chi fare entrare nelle scuole, ho visto persino dei faccendieri parlare di lotta alla mafia. Abbiamo bisogno di una scuola migliore, di insegnanti che nel pomeriggio tengano impegnati i ragazzi che, laddove non respirano cultura mafiosa, sono figli di internet più che dei loro genitori. Per abbattere le mafie occorrono politici e legislatori con coraggio, libertà, forza e competenza. Ma quello che i ragazzi devono fare è studiare di più, e da subito, perché anche i figli di nessuno possono diventare delle eccellenze”.

Il cartellone di appuntamenti della Rete di Teatri, promosso in partnership con Teatro del Grillo di Soverato e Dracma di Polistena, ha già visto il Politeama ospitare nei giorni scorsi i due intensi monologhi made in Calabria “Lamagara”, produzione di Confine Incerto con Emanuela Bianchi, e “Via del popolo”, l’ultimo lavoro di Saverio La Ruina per Scena Verticale. Domani mercoledì 19 aprile sarà la volta di “Bambola – La strada di Nicola”, spettacolo musicale diretto ed interpretato da Gianni De Feo. In una dimensione che oscilla tra il reale e l’immaginario, il protagonista sul palco racconta la sua vita in una qualunque periferia romana, a cui fanno da sfondo le voci e le contestazioni delle femministe che rivendicano la libertà delle proprie scelte sessuali, tra suoni sboccati, erotici, ma anche sentimentali e poetici.

La chiusura sarà affidata venerdì 21 aprile al musical originale “Mohican”, scritto e diretto dal noto autore Carlo Tedeschi, con la Compagnia RDL ed in scena più di 40 artisti e 200 costumi. Un’anteprima nazionale a Catanzaro dello spettacolo ispirato ad una storia vera, di circa 120 anni fa, tra Inghilterra e Stati Uniti: un racconto d’amore, di sopraffazione, di lotta e di ricerca della verità, alla scoperta della spiritualità degli Indiani d’America, ma anche un grande omaggio alla figura femminile. “Mohican” narra dell’amore contrastato tra Eliane e un giovane indiano della tribù dei Mohicani. Nello scontro drammatico tra diverse culture, Mohican si farà portavoce di un nuovo dialogo tra le differenti realtà, in nome di una rinnovata umanità, capace di accoglienza e integrazione.

Per informazioni e prevendite è possibile consultare il portale www.politeamacatanzaro.net oppure contattare il botteghino del teatro al numero 0961-501818. (rcz)