Elezioni regionali, De Magistris: No a ritiro da candidatura e da coalizione

Luigi De Magistris, candidato alla presidente della Regione Calabria, apprezzando «la presa di distanza di Mario Oliverio dai vertici del commissariato partito democratico calabrese», ha ribadito, a lui e a tutti, «che non esiste nessuna possibilità di un ritiro della mia candidatura e della nostra coalizione».

«Noi – ha spiegato – non siamo tra l’altro nel recinto di un centro sinistra asfittico. Siamo oltre. Parliamo a tutte le calabresi e a tutti i calabresi. Stiamo lavorando per rompere un sistema politico terribile che ha devastato diritti e speranze e vogliamo garantire un futuro florido alla Calabria con un governo di persone oneste, libere, competenti e coraggiose».

«Rappresentiamo l’alternativa che parla al popolo – ha concluso – e che renderà protagonista la gente che vuole passare senza più paura dal ricatto al riscatto. Chi vuole il cambiamento e ama la Calabria ci sostenga senza se e senza ma e noi non tradiremo la fiducia». (rcz)

Incendi / De Magistris: La regione è fuori controllo, in balia dello Stato

Il candidato presidente regionale Luigi De Magistris attacca duramente Stato e regione per i mancati provvedimenti di prevenzione che stanno causando vittime e danni incalcolabili alla popolazione calabrese: «La Regione Calabria – ha dichiarato – è fuori controllo, senza guida, in balia dello Stato. Gli incendi di questi giorni dimostrano che il disastro ambientale è responsabilità di piromani criminali, ma anche di politici che governano in Regione totalmente incapaci, travolti da indagini giudiziarie e impegnati solo ad assumere portaborse. Ma ci sono anche responsabilità del Governo e del Parlamento che hanno impedito di votare a luglio, dopo mesi di un governo senza legittimazione popolare. La sospensione della democrazia e l’assenza di istituzioni credibili stanno causando danni enormi alla Calabria». (rp)

Tansi attacca l’ex alleato De Magistris e i “profughi” del pd oliveriano

Carlo Tansi, candidato alla presidenza della Regione con il movimento Tesoro di Calabria, ha ‘attaccato’ Luigi De Magistris, ex alleato, definendolo «quasi ex sindaco napoletano futuro disoccupato».

«L’ormai quasi ex sindaco napoletano – ha detto Tansi – di fronte ai pochi spettatori che lo accolgono nelle piazze e nelle trasmissioni delle tv locali, continua a proclamare propositi di rottura con il sistema politico che ha distrutto la Calabria, ma poi conclude accordi elettorali con gli amici ed i sostenitori dell’ex governatore Oliverio, tra i principali responsabili del fallimento della Calabria, e di quegli esponenti della vecchia politica, da tempo già allontanati dai loro partiti per diverse note vicende».

«Da tempo si sa – ha aggiunto – che l’ormai ex sindaco di Napoli ha accolto nella sua lista Giuseppe Giudiceandrea, ex consigliere regionale del Partito Democratico. È di ieri la notizia che nella lista dell’ex magistrato potranno entrare i consiglieri regionali, di stretta osservanza Oliveriana, Giuseppe Aieta e Antonio Billari, ma anche Francesco D’Agostino e Brunello Censore, a suo tempo esclusi poiché incandidabili per noti motivi, dalle liste del centrosinistra ai tempi della candidatura di Pippo Callipo».

«Non può destare meraviglia – ha proseguito Tansi – che le new-entry nella lista cosiddetta “civica” hanno acceso un agitato dibattito, molte perplessità e diverse defezioni, tra i sostenitori, compreso il nutrito gruppo di intellettuali ed esponenti della sinistra storica che si era pronunciata a favore dell’ex magistrato. “Ex” che, al contrario di quanto afferma, sta dimostrando di voler raggiungere a ogni costo solo un suo personale risultato, anche se in Calabria dice di voler cambiare tutto. “Cambiare tutto perché nulla cambi” come diceva qualcuno di gattopardesca memoria…».

«Il tempo è galantuomo – ha detto ancora – e i fatti dimostrano che ho fatto molto bene a prendere le distanze da questo strano personaggio, che incarna la peggiore tradizione del gattopardismo meridionale e della commedia napoletana. È evidente che il commediante napoletano sta cercando di convincere i calabresi, con le indiscusse capacità di recitazione che sono chiaramente impresse nel suo dna, di garantirgli per i prossimi 5 anni uno stipendio ed evitargli l’incubo dell’iscrizione alle liste di disoccupazione napoletane».

«Dal mio canto – ha concluso – io continuo a fare quello che faccio da 32 anni: il ricercatore Cnr. Sento però il dovere di dare un contributo alla mia Terra mettendomi in gioco per continuare a distruggere il sistema di potere che ho già distrutto quando guidavo la protezione civile regionale prima che venissi scacciato da politici, arrestati per mafia, per avere toccato gli interessi dei poteri forti in odore di ‘ndrangheta. Per questo, in linea con la coerenza che ha caratterizzato la mia azione civica per il bene della Calabria, ho proposto ad Amalia Bruni e fortissimamente voluto un codice etico che consentirà di eliminare, alle prossime elezioni regionali, dalle candidature dalla coalizione progressista alla quale ho deciso di aderire, politici intrallazzini responsabili del fallimento della Calabria. Fatti, e non parole». (rcz)

ALLARME COVID, AL VOTO IL 26 SETTEMBRE
NON SI PUÒ RISCHIARE RINVIO A PRIMAVERA

di SANTO STRATI – L’arco temporale fissato a suo tempo tra il 15 settembre e il 15 ottobre per l’election-day che dovrebbe riguardare anche il voto regionale calabrese si sta drasticamente assottigliando con l’avanzare del pericolo di nuove varianti e l’incremento costante di contagi. Al Ministero dell’Interno stanno, difatti, vagliando l’ipotesi di anticipare al 26 settembre rispetto alla data ottimale prevista per il 10 ottobre: sono due settimane che possono risultare significative in caso di una nuova ondata post-vacanziera di covid-19. Anzi, una prima ipotesi ventilava la data del 19 settembre, ma giacché a Roma i rientri dalla vacanze tradizionalmente si concludono non prima del 10 settembre, è sembrato un azzardo convocare i comizi elettorali a così poca distanza dal “ritorno al quotidiano”. Se così sarà, dovrà prenderne atto il presidente facente funzioni Nino Spirlì che entro il 25 agosto dovrà indire i comizi elettorali e fissare la data del 26 settembre. È fin troppo evidente che la Calabria non è in grado di sopportare alcun altro rinvio, tipo se ne riparla in primavera: la Regione dev’essere governata nella pienezza delle funzioni (da destra o da sinistra, lo decideranno gli elettori) e non si pensi di prolungare una situazione ormai al collasso.

Un anticipo, anche in questo caso, di quindici giorni, che non sono da sottovalutare a fronte di una campagna elettorale che ogni giorno riserva nuovi colpi di scena. In due settimane si fanno e si disfano accordi che sembravano inossidabili, si cementano nuove intese, si rompono rapporti. E quest’ultimo sembra sarà lo sport più voga quest’estate, visto che la composizione delle liste, in tutti gli schieramenti, ad esclusione di quello civico di Luigi De Magistris, sta compromettendo amicizie di lunga data e favorendo vicinanze insospettabili. Non avviene in casa De Magistris perché, per la maggior parte si tratta di neofiti del voto (ad esclusione dell’ex pd Giudiceandrea) che hanno poco da litigarsi: l’entusiasmo della partecipazione è una sufficiente prebenda per l’impegno di mettersi in lista. Al contrario, a destra e sinistra con i rispettivi centri c’è aria di bufera tra gli uscenti che “pretendono” di essere riconfermati (se convinceranno gli elettori, naturalmente), quelli rimasti fuori nella passata tornata elettorale del 26 gennaio 2020, e il cosiddetto nuovo che avanza, ovvero la truppa dei nuovi arruolati che, inspiegabilmente, è convinta di avere migliaia di voti dalla loro parte.

La visita-lampo di Enrico Letta che, di fatto, inaugura la campagna elettorale del centrosinistra calabrese (quale?) non riteniamo porterà segnali di pace né tantomeno sarà d’aiuto alla neo-candidata Amalia Bruni che raccoglie, in maniera quasi paritaria, sorrisi e malumori in una sinistra che continua a non riconoscersi nell’attuale commissariamento di Stefano Graziano, ultimamente supportato dal neocommissario di Cosenza Francesco Boccia. Un’accoppiata che continua a suscitare maldipancia in lungo e in largo e non lascia intravvedere grandi spazi di manovra per una coralità d’intenti «contro le destre». Quest’ultimo leit-motiv avrebbe senso se, per pura combinazione, il segretario dem riuscisse in una doppia missione impossibile: prima di tutto sbarazzarsi della intoccabile coppia Boccia-Graziano (con le ovvie conseguenze a via del Nazareno, in direzione) e quindi trovare l’intesa con De Magistris per presentare una coalizione apparentemente unitaria, alla quale Mario Oliverio non potrebbe fare più l’annunciata guerra. Oliverio ha provato in tutti i modi di avere un abbocco con il segretario dem, ma ogni tentativo è risultato vano, tanto che l’ex presidente ha lanciato provocatoriamente le sue liste e la sua candidatura che equivale a un drenaggio sicuro di voti a sinistra. Con il pretesto del libro di Drosi, Mario Oliverio ha lanciato una campagna elettorale sui generis, dove appare come il padre della patria, ovvero il padre nobile di una sinistra abbandonata, trascurata e vilipesa da Roma, e quindi l’unico in grado di convogliare gli smarriti compagni verso una meta comune. Nell’ipotetico quanto pressoché improbabile (ma non impossibile) accordo Letta-De Magistris, la posizione di Oliverio, indubbiamente, non potrà restare ingessata, in cambio di qualche generosa disponibilità. Allo stato attuale, Oliverio ha la forza di mandare in Consiglio regionale almeno due suoi rappresentanti che, in caso di corsa solitaria, andrebbero a costituire elementi di spicco della minoranza, ma il problema è che Oliverio dovrebbe “accontentare” più dei due papabili consiglieri che le sue liste potrebbero ottenere e le scelte obbligate (con relative esclusioni) alimenteranno nuovi dissapori e nuove lacerazioni a sinistra. Dall’altra parte, De Magistris potrebbe accettare di “sacrificarsi” in nome di una “legittima battaglia unitaria contro le destre”, ma dovrebbe uscirne da quasi vincitore: un incarico istituzionale di peso (ci sono circa 600 nomine di organismi pubblici da rinnovare), ma soprattutto un’opzione di peso in regione: difficilmente accetterà il sindaco di Napoli di mettersi da parte a favore della Bruni, chiederà, forte della valenza dei consensi che apparentemente porta in dote, una figura “nuova” che superi la logica del “nominato/a” ma risponda a un consenso espresso dal territorio (primarie?). E qui ritorna in primo piano Anna Falcone, la battagliera avvocata cosentina che sta conducendo un’indovinata campagna elettorale a favore di De Magistris con la sua Primavera della Calabria. Potrebbe essere la figura nuova su cui puntare o, in subordine, una vicepresidente espressione del territorio. In tale situazione – molto fantascientifica, sia chiaro – Germaneto si tingerebbe di rosa, in caso dell’insperata vittoria della sinistra: la Calabria sarebbe la prima Regione italiana guidata interamente al femminile.

Intanto, si preparano i probabili futuri “reggenti” dei dem calabresi: il deputato Nicola Carè (eletto nella circoscrizione Africa, Asia, Oceania, Antartide) con toccata e fuga dai dem a Italia Viva e ritorno e Luca Lotti (dem, fintamente ex sodale di Matteo Renzi). Qualunque soluzione, allo stato attuale, potrebbe offrire qualche seria opportunità di rifondare il partito in Calabria. È particolarmente rilevante che Carè voglia tornare in Calabria a occuparsi del territorio e “ricostruire” il partito. È il momento del ritorno alla “terra dei padri” e il deputato calabro-australiano, originario di Guardavalle (CZ), potrebbe rappresentare un’interessante novità per rivitalizzare una sinistra avvilita, stanca e demotivata. Apprezzato a Roma, avrebbe qualche possibilità di successo nel lavoro di coesione e ricucitura dei tanti strappi della sinistra.

Se Atene piange, Sparta non ride. Così, il sale grosso sparso a piene mani da Giorgia Meloni, dopo la delusione del CdA Rai, nei confronti della “vittoriosa” coalizione di centro-destra in Calabria, rimettendo in discussione la scelta di Roberto Occhiuto a candidato Governatore, non fa salire la pressione alla Lega che, in Calabria, nonostante gli sforzi e le transumanze in vista, vede decrescere ogni giorno i consensi. Wanda Ferro, clamorosamente battuta da Oliverio nel 2015, pensa sempre alla rivincita e si tiene pronta a qualsiasi evenienza, o almeno lo lascia intendere, perché a destra tutti sanno che, in realtà, le minacce della Meloni hanno un solo obiettivo: ridimensionare ulteriormente il peso della Lega in Calabria e conquistare ampi spazi di territorio fino a insidiare agli azzurri il ruolo di partito più votato. Per la verità, c’è anche un altro fine nella speciosa dichiarazione di “guerra” alla coalizione, ovvero un avviso di sfratto “mascherato” al vicepresidente Spirlì che ha ricevuto il mandato direttamente da Salvini (e sono due!). Spirlì non piace a gran parte della coalizione ed è malsopportato dai fans di Occhiuto, i quali hanno dovuto, al pari del candidato presidente, accettare l’imposizione del bis di Spirlì alla vicepresidenza. Spirlì, naturalmente, ha declinato qualsiasi invito a candidarsi e sondare di persona il consenso a suo favore (chi glielo fa fare?  Il rischio di flop è molto ampio…) e conta di tornare “regnare” in quel di Germaneto per grazia e volontà di Salvini.

L’avviso di sfratto ha naturalmente un concreto aspirante: l’attuale assessore al Lavoro e al Turismo Fausto Orsomarso. Sarebbe lui la merce di scambio per il ritiro delle minacce della candidatura disfattista di Wanda Ferro. Orsomarso è più che convinto delle ottime chances di successo di tale opzione e sta ipotecando la poltrona di vice all’ottavo piano di Germaneto. Al facente funzioni – al quale toccherà indire le elezioni che sanciranno la fine del suo interregno – probabilmente andrebbe un assessorato minore, sempre in base ai voti raccolti dalla Lega in Calabria e sempre che non ci siano sorprese sulla pressoché sicura vittoria di Occhiuto. Si accettano comunque scommesse. (s)

Euforia (ma anche perplessità) alla prima uscita della candidata Amalia Bruni

di SANTO STRATI – Accolta con entusiasmo e quasi euforia la prima uscita pubblica da candidata della scienziata Amalia Bruni, designata a correre da Presidente alla prossime regionali: all’incontro di ieri pomeriggio a Gizzeria Lido ci sono state solo dichiarazioni di affetto e vicinanza, quasi una “liberazione” dall’incubo Crotone (alle ultime amministrative il PD non presentò nemmeno la lista) e l’impagabile desiderio di vedere terminare la lotteria dei nomi di queste ultime settimane.

La scienziata gode di ottima fama in Calabria, è una storia di eccellenza senza dubbio, ma sconta una sorta di “impreparazione” politica che rischia di esplodere a fronte delle “abitudini” politiche della sinistra, divisiva e rancorosa più che mai in questa tornata elettorale. Di sicuro qualche preoccupazione a Luigi De Magistris l’annuncio della sua candidatura l’ha data, visto che il sindaco di Napoli, in corsa con una sua lista civica alla Presidenza della Regione, ha fatto lanciare un singolare appello alla Bruni dalla coalizione che lo sostiene:  «di non candidarsi a presidente e sostenere invece la nostra coalizione civica e popolare che da mesi è impegnata per costruire un’alternativa politica che metta insieme rottura del sistema e capacità di governo. Proprio per la stima professionale che riponiamo nella dr.ssa Bruni, per la sua attività di ricerca scientifica, riteniamo che lei non possa prestarsi ad un’operazione di maquillage politico ad opera di partiti che sia a livello nazionale e soprattutto per il PD a livello regionale hanno contribuito allo smantellamento della sanità pubblica. La nostra è l’unica coalizione in grado di garantire diritti e servizi, al posto di privilegi e concessioni, perché composta da persone oneste, libere, autonome, competenti e coraggiose. Se il nostro appello dovesse cadere nel vuoto vuol dire che prevarranno i burattinai di questa operazione che hanno l’intento politicamente maldestro di contribuire a rafforzare la candidatura del candidato di centro destra Roberto Occhiuto. Il sistema che si unisce contro de Magistris. La nostra chiarezza e forza è quella di rivolgerci al popolo calabrese che saprà distinguere, come in un referendum, il voto al sistema di potere trasversale e clientelare, che blocca la Calabria e mira a perpetuarsi, anche con l’inganno di facce presentabili, e il voto per la liberazione della Calabria».

Come considerare queste dichiarazioni? Sono il segnale della consapevolezza che separati non si va da nessuna parte o è una sorta di apertura nei confronti della sinistra che ha deciso comunque di non votare in alcun modo l’ex magistrato e attuale primo cittadino di Napoli? Perché, sia chiaro, l’opzione di un ritiro di De Magistris – qualora vi siano le condizioni – rimane sempre in piedi, anche se il diretto interessato tira dritto e smentisce qualsiasi ipotesi di cedimento. Ma se si arrivasse a un compromesso, quale potrebbe essere lo scenario che andrebbe a delinearsi? Sicuramente ci dovrebbe essere una rinuncia della Bruni e servirebbe un terzo soggetto che riuscisse a mettere insieme i vari umori della sinistra calabrese e che fosse espressione del territorio, frutto di un confronto con la base, di un dibattito “tra compagni” (come si usava una volta) e non, come nel caso della scienziata di Girifalco, di una “scelta” calata dall’alto.

Difatti, si continua a insistere nell’errore, immaginando che un nome di grande suggestione e di grande richiamo possa – improvvisamente – appianare dissapori e maldipancia. Gli umori captati da Calabria.Live ancora ieri sul territorio non sono dei migliori, pur con tutto il rispetto e l’ammirazione per il ruolo di scienziata, «simbolo di coraggio e speranza» (parole di Boccia) «che ora deve diventare patrimonio collettivo».

La prof.ssa Amalia Bruni riesce a raccogliere consensi quando parla, il suo sorriso mostra sicurezza e nasconde bene una grinta che non le manca, ma in politica non sono sufficienti queste qualità. Bisogna ricordarsi le famose parole del vecchio socialista Rino Formica che definiva la politica «sangue e merda»: mai come in questo caso appaiono profeticamente inquietanti, soprattutto per la seconda parte, visto che il patatrac dem è sotto gli occhi di tutti ed è maldigerito da storici simpatizzanti e iscritti, che non riescono a nascondere delusione e soprattutto amarezza. Né le competenze in materia sanitaria della Bruni fanno sperare in un serio capovolgimento della situazione calabrese: il commissariamento pesa e continua a far danni e questo, indipendentemente da chi andrà a Germaneto, è un dato di fatto su cui bisogna studiare interventi drastici e definitivi. Che da Roma continuano a negare, considerando la Calabria un fastidioso contrattempo alla politica nazionale…

La candidata Amalia – ha detto ancora Francesco Boccia – «è la guida di questo processo politico» che farà «chiedere alle tante associazioni e ai tanti movimenti civici di essere intorno a noi. Noi vogliamo parlare solo di contenuti, di sanità che deve cambiare sotto la guida della Bruni, di scuola che dev’essere a tempo pieno e per tutti, di asili nido, transizione ecologica e digitale, di una Calabria moderna, di infrastrutture. E siamo qui perché la campagna elettorale vogliamo vincerla, e perché tutto questo dev’essere patrimonio collettivo e non può essere certo spartito dalla destra che i calabresi conoscono». E la candidata Amalia ha annuito, ma dovrà fare attenzione ai volponi della politica che faranno di tutto per “guidarla” e ispirarla”: operazione, per la verità estremamente difficile se non impossibile, conoscendo il carattere della scienziata. Ma sia lecita qualche perplessità sulle garanzie di autonomia e indipendenza promesse per far accettare la candidatura.

Il commissario regionale dem Stefano Graziano ha detto che «Amalia Bruni è la migliore opportunità che la Calabria potesse darsi, ora sta a noi definire insieme a lei un progetto politico che si ponga come obiettivo il futuro dei calabresi, fuori da ogni retorica» Secondo Graziano, «La capacità di pensiero prospettico di Bruni e la sua profonda conoscenza delle questioni sociali, politiche e culturali della Calabria sono la vera ed unica novità di questa campagna elettorale, tutto il resto è un marchiano tentativo di scippare i calabresi delle loro speranze, ad uso e consumo di obiettivi del tutto personalistici. Il Partito Democratico calabrese metterà a disposizione della candidatura di Bruni le sue migliori risorse ed energie, in linea con i criteri del nostro codice etico e con le esigenze di ascolto poste dai territori. Gli anni a venire saranno uno spartiacque storico per il riequilibrio sociale ed economico dell’Italia e del Meridione, abbiamo la responsabilità di garantire ai calabresi il diritto di poter scegliere adeguate competenze politiche e tecniche nella gestione della cosa pubblica».

Ecco, le competenze politiche: mortificate da tre anni di assurdo commissariamento del partito democratico in Calabria, avvilite dalla mancanza di dialogo e confronto. Oliverio ha pronte già un paio di liste, con l’obiettivo di ottenere due-tre consiglieri regionali in suo nome: la sfida a sinistra consiste proprio nell’incapacità di cercare (e tentare) una coesione impossibile, se non cambiano le teste e non si sostituiscono gli artefici del fallimento politico fin qui raccolto. Perseverare è diabolico, lo sanno tutti, tranne che al Nazareno. (s)

Conte e Letta in Calabria la prossima settimana: viaggio della speranza?

di SANTO STRATI – A qualcosa, alla fine, il gesto di ritiro della candidatura di Nicola Irto, è servito: il viaggio (della speranza?) dell’ex premier Giuseppe Conte e del segretario dem Enrico Letta della prossima settimana in Calabria è certamente frutto della necessità di fare chiarezza in una sinistra calabrese in piena caos. L’annuncio – che dovrebbe trovare la conferma ufficiale domani sabato – del candidato unitario del centro destra (Roberto Occhiuto, attuale capogruppo di Forza Italia alla Camera) spariglia ancor di più i giochi della sinistra: litigiosa, divisiva e a forte vocazione suicida. Ci sono stati, con la massima discrezione, contatti con De Magistris e l’attuale sindaco di Napoli, che domani apre a Cosenza la sua segreteria elettorale, dopo la rottura insanabile con Tansi deve valutare le opzioni che la prossima tornata elettorale gli offre.

Da solo Luigi De Magistris, che pur sta raccogliendo un consenso superiore alle previsioni, non va da nessuna parte, al massimo farà il consigliere regionale (d’opposizione) e nulla più. Di fronte alla coalizione coesa (?) di centrodestra i dem devono schierare una forza straordinaria fatta di consensi, anche trasversali, per portare numeri importanti. La soluzione ideale sarebbe semplice: dimenticarsi di conflitti, contrasti, risentimenti e insulti e fare un’ammucchiata (di tipo governativo) che metta insieme dem, 5 stelle, sinistra radicale, riformisti, De Magistris, Tansi, liste civiche e chiunque possa essere utile alla causa. Questo significherebbe fare una scelta politica, pagando qualche inevitabile (e gravoso) obolo ai “rinunciatari”. Se a De Magistris viene offerta la vicepresidenza della Giunta regionale (in caso di vittoria) in cambio del ritiro della candidatura a presidnete (mantenendo comunque una più liste di sostegno), come farà a rispondere no? Se a Tansi viene offerto un assessorato (Protezione Civile) in cambio del ritiro della candidatura a presidente (col mantenimento delle liste, che fanno sostegno), come farà il geologo cosentino a dire no? Soprattutto se il leit-motiv sarà quello di “uniti contro la destra”. È un bel problema, diciamo la verità. Ma la politica, ricordiamolo, è l’arte del possibile – come ci hanno insegnato Machiavelli e Guicciardini – basta sapersi fermare in tempo, alla bisogna. In una situazione di questo genere non ci sono vie d’uscita. È fin troppo evidente che 5 stelle, tansi e De Magistris, a loro volta, possano imporre la necessità di un nome nuovo, al di sopra delle parti, rappresentativo e in grado di attuare una spinta unitaria a sinistra. Ma all’orizzonte, escluso il buon Nicola Irto, non si vedono leader o aspiranti tali (il nome dello storico saggista antimafia Ciconte è suggestivo, ma non trova larghi consensi: c’è il rischio concreto di ripetere l’esperienza Callipo) e l’unico nome spendibile rimane quello di Antonio Viscomi, oggi deputato dem e già vicepresidente della Regione con Mario Oliverio, oppure, in alternativa, Franco Iacucci, attuale presidente della Provincia di Cosenza, che ha il vantaggio di conoscere a menadito tutti gli anfratti della Regione (è stato il segretario operativo di Oliverio, e questo non l’aiuta certo), ma conta pochi fans in Calabria. Irto, dunque rimane, l’unica carta spendibile (non dimentichiamo che è stato il più votato il 26 gennaio dell’anno scorso: 12.568 preferenze), ma su di lui pesano le perplessità dei 5 stelle, che in Calabria non contano nulla, però bisogna salvare l’impresa impossibile di Giuseppe Conte di dar vita a un nuovo Movimento 5Stelle 2.0. Quindi?

Tansi con un comunicato si è rivolto ai suoi followers: «Ai candidati delle liste di Tesoro Calabria – ha detto – che, dopo l’addio definitivo a de Magistris, mi chiedono di fare un passo indietro per assecondare “un’ampia costruenda coalizione con lo scopo di vincere le prossime elezioni regionali”, io rispondo di “sì”, ma a due condizioni fondamentali e improcrastinabili: 1) il candidato a presidente della regione dovrà essere una figura credibile che rappresenti il reale cambiamento; 2) il candidato a presidente non dovrà essere soltanto una bella copertina utilizzata per coprire candidati – di qualsiasi lista in appoggio al presidente – che rappresentano il vecchio sistema responsabile del fallimento della Calabria e che cercano, direttamente o indirettamente (tramite loro portaborse o prestanomi), una candidatura in vista delle prossime elezioni regionali. I candidati dovranno essere persone “nuove” e competenti. Se tali condizioni saranno accettate sarò disposto a fare non uno ma cento passi indietro, per amore di una Calabria che per cambiare deve decisamente voltare pagina con una proposta politica che deve mostrare ai suoi elettori una cosa sola: la credibilità. In caso contrario, continuerò a rappresentare un polo civico concretamente alternativo al PUT (Partico Unico della Torta)». È un segnale di apertura a Letta e Conte?

De Magistris non dice nulla a proposito di un’intesa a modello del Governo Draghi (ma solo a sinistra), ma non si sbaglia a dire che ci sta pensando. La sottosegretaria al Sud Dalila Nesci, non paga della delusione della passata tornata elettorale, con la sua candidatura bocciata crudelmente dal Movimento, insiste a proporsi, dichiarando a destra e manca la sua totale disponibilità. L’arrivo di Letta e Conte in Calabria forse farà un po’ d’ordine, a sinistra. (s)

Regionali Calabria / E De Magistris replica all’ex alleato Carlo Tansi

Il candidato a Presidente della Regione Calabria Luigi De Magistris, attuale sindaco di Napoli, ha subito replicato alla “lettera d’addio” dell’ex alleato Carlo Tansi.

«Mi dispiace della scelta unilaterale di Carlo Tansi, che ho sempre considerato elemento centrale e di punta della coalizione, di abbandonare un’alleanza civica molto forte ed ampia, che solo lunedì scorso si era incontrata a Lamezia, in una riunione molto proficua.
Mi dispiace che non mi abbia dato la possibilità, più volte richiesta, di parlare coi suoi candidati, asserendo che siccome erano “suoi“ candidati il leader della coalizione non poteva incontrarli.
Noi siamo nel pieno di un’avventura, con una coalizione coesa ed entusiasta, che ci porterà a vincere in Calabria, in un referendum tra libertà da una parte e sudditanza dall’altra. C’è bisogno di essere passionali, competenti, coraggiosi, forti e autonomi.
Non si vince con l’instabilità, la mancanza di maturità, responsabilità e di esperienza politica.
Noi vogliamo costruire un percorso di unità, di armonia, di condivisione di pluralismi e di una forte identità di valori.
Negli ultimi tempi abbiamo provato in ogni modo a rasserenare Carlo Tansi ma è stato vano, avevamo tutto il tempo davanti.
Il mio entusiasmo, il nostro entusiasmo è oggi comunque intatto.
Le sue doglianze sono tutte infondate ed andiamo avanti più convinti che mai e le nostre porte sono aperte per chiunque, anche della sua squadra, voglia effettivamente rendersi conto di quanto forte e giusta sia la nostra azione». (rp)

REGIONALI, LA SOFFERTA RINUNCIA DI IRTO
CAOS A SINISTRA E DE MAGISTRIS GONGOLA

di SANTO STRATI – La sofferta rinuncia di Nicola Irto alla candidatura a presidente della Regione disvela ulteriormente una verità incontrovertibile nella sinistra calabrese: l’assenza di leader e di personalità in grado di presentare alternative valide nel caos che ora, più di prima, sta consolidandosi nello scenario delle prossime elezioni. Avevamo anticipato nell’edizione di ieri l’insofferenza di Irto, una personalità di spicco che avrebbe potuto convogliare consensi anche trasversali, e ieri mattina non ha indugiato ulteriormente, annunciando con un’intervista sulle pagine online de L’Espresso l’intenzione di ritirarsi dalla competizione.

Irto non lo fa sottovoce, anzi mette in evidenza le incongruenze di questa strana candidatura piaciuta solo a metà della sinistra calabrese: «per mesi ho – ha scritto su twitter – ho lavorato al mio programma per cambiare la Calabria, coinvolgendo giovani, società civile, imprenditori, mondo universitario. Ora ho preso atto che non ci sono le condizioni per andare avanti e l’ho scritto ad Enrico Letta». Nell’intervista a Susanna Turco di Espressonline, Irto dice una verità già nota a molti: ««Appare di continuo una volontà di mettere in discussione le decisioni prese da molto tempo dal partito democratico calabrese e dagli alleati di centrosinistra: ma continuando a perdere tempo si lascia terreno alla destra e a De Magistris. Rinuncio quindi all’incarico e chiedo a Enrico Letta di trovare una soluzione per non continuare a svilire la dignità degli elettori e dei militanti del Pd in Calabria».

La mossa di Irto arriva il giorno dopo dell’annuncio del sindaco di Diamante, il senatore Ernesto Magorno di Italia Viva, di voler scendere nella competizione, rifiutando però, a priori, qualsiasi ipotesi di primarie. Un’idea lanciata dalla sottosegretaria al Sud, la pentastellata Dalila Nesci  che si è detta pronta a correre – e bocciata dal “Tan-Dem“ De Magistris-Tansi e presa con atteggiamento poco convinto dagli altri grillini calabresi. Anzi per qualcuno di loro (come Melicchio e Tucci) il ritiro della candidatura di Iro dovrebbe aprire la strada a un nuovo confronto a sinistra. Sì ma quale sinistra?

Irto è molto diretto nelle sue dichiarazioni: «Il Pd deve cambiare, non solo per poter mettersi in gioco alle elezioni, ma con una nuova generazione che c’è, anche se viene vissuta con fastidio da chi pensa solo a fare carriera: ma non possiamo ridurci ai feudi, dobbiamo essere una comunità aperta. Non possiamo solo pensare con chi ci alleiamo: il Pd deve dire cosa vuol fare, se vuol parlare agli elettori». Da mesi – ha detto all’Espresso – il confronto politico resta avvitato su se stesso: parlano tutti di coalizione prescindendo dai programmi. La Calabria è allo stremo, per gli atavici problemi strutturali e per l’ulteriore anno di pandemia, eppure sembra non importare a nessuno. A volte mi sembra di essere l’unico che cerca di dare una visione di futuro, a pensare sia indispensabile un quadro netto di progetti, chiarezza per attuarli. Non basta infatti vincere, bisogna governare, altrimenti torniamo alle sabbie mobili, che poi sono la storia anche di questa terra: la melma dove si impantanano le coalizioni senza identità.

L’attacco al partito è senza esclusione di colpi: «Un partito che vuole essere attrattivo non può suddividersi in piccoli feudi che giocano a pare gli strateghi per garantirsi una poltrona. Né in Calabria, né altrove. Purtroppo intravedo questo schema anche al livello di governo: c’è troppa timidezza. Da mesi mi sgolo, ad esempio, affinché si affronti il tema della sanità in regione. Siamo ancora fermi, salvo l’ultimo confuso decreto che ci fa passare da uno status di regione commissariata, a quello di super commissariata, senza ovviamente alcun impegno economico vero per superare il debito sanitario. Intorno al tema sanità c’è il capitolo infrastrutture, ma neanche su quello si muove nulla. E al governo c’è il Pd: non da mesi, da anni. Ho visto stallo e tatticismo. E ho anche visto che c’è un trasversalismo, in pezzi del centrosinistra calabrese, dovuto ad interessi comuni con pezzi del centrodestra. Ho steso un programma in questi mesi, l’ho condiviso con il vero motore della regione: studenti, imprenditori, terzo settore, professionisti. Sarebbe stato bello concentrarsi su questo. Ma nessuno vuol discutere di contenuti: solo di tattica, credendo di prendere un voto in più».

La deputata Enza Bruno Bossio ha condiviso in pieno la posizione di Irto: «Le dichiarazioni di Nicola Irto – ha detto – impongono una riflessione critica, senza veli, sul modo in cui il PD nazionale ha inteso, finora, affrontare la vicenda elettorale calabrese. Ha ragione Irto: è richiesto un cambio di passo. Bisogna uscire dalla palude nella quale è stato condotto lo schieramento calabrese delle forze progressiste. Non è possibile che le dinamiche di potere tra le correnti romane del Nazareno possano impaludare o addirittura, come afferma Irto, mettere in discussione le decisioni prese da molto tempo dal PD calabrese. È stato un grave errore politico aver voluto inseguire De Magistris e legittimarlo, di fatto, come una parte del campo di centrosinistra».
«Si è disperso così – secondo la deputata dem – il potenziale vantaggio competitivo rispetto ad un centrodestra ancora oggi senza candidato. Invece di investire sul profilo innovativo e riformista della candidatura di Nicola Irto, il gruppo dirigente nazionale ha preferito blandire populismi ed espressioni politiche tanto massimaliste quanto minoritarie. È auspicabile che la reazione di Nicola Irto possa, pertanto, prima di tutto essere utile a rilanciare un progetto di governo capace di competere alle elezioni per vincere e governare bene ma anche per spezzare la spirale di una concezione feudataria che da tempo il PD nazionale va esercitando sulla Calabria e i calabresi».

Tirato in ballo il vicesegretario dem Peppe Provenzano ha detto subito di non aver mai aperto a De Magistris: «Ho lavorato – ha detto – e siamo al lavoro per un campo democratico e progressista più largo e competitivo. Tutto il Partito democratico dev’essere protagonista di questo percorso. La destra in Calabria va battuta, non è tempo di isolarsi. Non possiamo dare nessuna terra per perduta». Un’idea, quest’ultima, condivisa dal segretario Enrico Letta che giovedì manda Francesco Boccia in Calabria, da Irto, per tentare di fargli cambiare idea.
In questo scenario, ovviamente la coppia Tansi-De Magistris si sente ancora più forte e lo stesso sindaco di Napoli (segretamente) gongola dello sfascio dem nell’illusione che la sinistra calabrese possa vedere in lui la soluzione ultimativa per fermare la pressoché certa vittoria del centrodestra. Ma le cose non sono così come sembrano apparire: la figura di De Magistris è maldigerita in ampie parti della sinistra calabrese e, se da un lato, trova il consenso di molti primi cittadini abbagliati dal colore arancio, possibile simbolo di rinascita, dall’altro la situazione reale del consenso esprime numeri fin troppo bassi per determinare una strategia vincente.

De Magistris con i voti dei movimenti civici e di Tansi a essere generosi non supera la soglia del 18%: dove può andare? A fare il consigliere di minoranza, magari con Tansi e qualche altro consigliere regionale, ma la Cittadella di Germaneto appare come un miraggio. Di sicuro la presenza di liste divise nel centrosinistra significa solamente una dispersione – inutile – di voti e la consegna del governo regionale nuovamente al centrodestra. La sinistra calabrese non riconosce a De Magistris il ruolo di leader e l’unica chance che rimane spendibile è offrire a De Magistris – in cambio di un ritiro della candidatura – la vicepresidenza regionale (in caso, ovviamente, di vittoria). In tale ipotesi la “rottura” con Tansi più volte sfiorata troverebbe una più che vadida giustificazione.
Ma chi guiderebbe la coalizione di centrosinistra se Irto non cambierà idea anche se sarà pregato (supplicato?) di tornare sui suoi passi? Non ci sono profili degni di nota: a sinistra non riluce nessun protagonista, né vecchio (Mario Oliverio è fuori gioco) né nuovo, salvo a stuzzicare l’orgoglio di Antonio Viscomi (deputato dem e già vicepresidente con Oliverio) che in caso di necessità è pronto a tornare in Calabria. Con quali chance? Non molte, per la verità, e non perché non piace molto ai grillini (per quel poco che ormai contano), ma perché non troverebbe il consenso necessario a superare atteggiamenti divisivi e suicidi dei dem calabresi. E poi? L’unica donna “spendibile” potrebbe essere Anna Falcone (ma è invisa a buona parte del pd) già consulente di De Magistris, avvocata di Cosenza stabile ormai a Roma e vigorosa esponente della sinistra che guarda lontano (l’infelice esperienza con Tomaso Montanari alle passate politiche l’ha messa contro la nomenklatura dem). (s)

Regionali: anche Magorno dice no alle primarie, ma i dem insistono

L’annuncio della scesa in campo, per Italia Viva, del senatore Ernesto Magorno che si candida a presidente della Regione Calabria squilibra ulteriormente lo scenario a sinistra: i il sindaco di Diamante si dice contrario alle primarie, ma i democrat calabresi insistono, sperando di condurre il confronto senza esasperare i toni. A nome del Pd parla il capogruppo in Consiglio regionale Mimmo Bevacqua: «Se vogliamo davvero offrire un’alternativa ai calabresi, la partecipazione democratica, la più ampia possibile, rappresenti l’unica risposta; e ciò al fine di stimolare e motivare, anche, il più ampio numero di cittadini calabresi. In attesa della necessaria ed auspicata prospettiva di un progetto riformista aperto, plurale e coinvolgente». Il rischio – secondo Bevacqua – è che diversamente si offrirebbe un aiuto al centrodestra.

Ettore Rosato, nel suo tour calabrese durante il quale ha annunciato la candidatura di Magorno aveva peraltro fatto intendere che Italia Viva non vuole primarie: «Saremo in campo con una lista e un candidato a Presidente. Puntiamo sul senatore Ernesto Magorno, un Sindaco che rappresenta un esempio virtuoso di buona amministrazione. La Calabria ha uno straordinario patrimonio di ottimi sindaci e amministratori locali e siamo convinti che con il loro lavoro si può costruire un futuro migliore». Magorno che – ricordiamolo – è stato anche segretario del Pd in anni passati, ha espresso un fiducioso ottimismo sulla sua candidatura, al di fuori di primarie che “non servono”:  «C’è una Calabria bella – ha detto – fatta di tanta gente onesta e operosa con numerosi sindaci e amministratori che ogni giorno sono in campo, a mani nude, per dare risposte alle esigenze della gente. La Calabria è una regione ricca di eccellenze, di patrimoni da valorizzare. È per questo che scendo in campo come candidato Presidente con Italia Viva. Serve un Sindaco della Calabria che agisca per donare un futuro diverso alla nostra regione, un futuro che abbia come bussola la legalità».

L’ex candidato governatore alle elezioni del 2020 Francesco Aiello (due liste civiche col sostegno del M5S), ordinario di Politica Economica all’Unical, ha commentato drasticamente la posizione di Magorno, in una dichiarazione all’Adnkronos: «La candidatura del senatore Ernesto Magorno a presidente della Regione Calabria è interpretabile in due modi alternativi. Se è una candidatura solitaria sostenuta da Italia Viva è inutile, perché alimenta il frazionismo del centrosinistra calabrese a tutto vantaggio del blocco unito del centrodestra. Se, al contrario, la decisione di Italia Viva è di mettersi al servizio dell’intero centro sinistra, la candidatura di Magorno è utile perché alimenta inizialmente il pluralismo delle posizioni da cui poter successivamente scegliere con qualche metodo il candidato unico del centro sinistra. Dalle prime dichiarazioni del Presidente di Italia Viva, Ettore Rosato, e dello stesso Senatore Magorno sembra, purtroppo, che valga la prima interpretazione. Se fosse vera questa ipotesi la candidatura di Magorno sarebbe uguale a quella di De Magistris: entrambe saranno funzionali alla vittoria certa del centro destra calabrese. L’esperienza delle regionali in Calabria indica, infatti, che è matematicamente verificato come la dispersione dei voti a sinistra avvantaggi inequivocabilmente il centro destra. L’auspicio è che Magorno e De Magistris decidano di scendere in campo assieme al Partito Democratico in un’ampia alleanza delle forze moderate e progressiste della regione e non essere, al contrario, co-responsabili di una nuova giunta regionale a guida centro-destra».

Come si ricorderà, contro le primarie si è espresso l’attuale sindaco di Napoli Luigi De Magistris che si è detto convinto della validità del progetto “TanDem” (Tansi+De Magistris) per la conquista della Cittadella di Germaneto: «Le nostre primarie – ha dichiarato – saranno le elezioni». L’affermazione a seguito dell’invito della sottosegretaria al Sud Dalila Nesci di prendere parte alle primarie proposte dal Partito Democratico. «Ho letto – aveva detto De Magistris – l’appello dell’onorevole Nesci del Movimento 5 Stelle di partecipazione alle primarie, che mi chiede di dare conto delle nostre posizioni. È un tema che non si pone: noi non partecipiamo al patto fra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Noi siamo un movimento popolare, una coalizione civica. I 5 Stelle e la Nesci dovrebbero ricordare quando parlavano alla gente, al popolo, fuori dai partiti, tanto tempo fa. Noi stiamo tra la gente, le nostre primarie saranno le elezioni. Lavoriamo dal basso, parliamo alle donne e agli uomini di Calabria, non solo allo schieramento tradizionale di centro-sinistra. Anzi, siamo noi che facciamo un appello alla Nesci e a chi come lei crede ancora nel fresco profumo di libertà, nella rottura del sistema, nella rivoluzione. Mi pare invece che lei si chiuda in quel recinto che noi dobbiamo superare per garantire rottura di un sistema che da quarant’anni governa male dal punto di vista regionale la Calabria, e capacità di governo. Quindi non è quella la strada: la strada è stare tra la gente, fra le donne e gli uomini di Calabria per il cambiamento, per la rivoluzione, per il buon governo. Venga con noi chi non è compromesso col sistema. Le primarie saranno le elezioni; e speriamo che si voti quanto prima».

In questo scenario, il candidato dem Nicola Irto, vicepresidente del Consiglio regionale, rimane basito a guardare il conflitto permanente M5S e democrat che si sta sviluppando a livello nazionale, soprattutto per il Comune di Roma, e secondo alcuni sussurri sarebbe pronto a rinunciare se dovesse continuare questo scontro inspiegabile tra ex alleati (prima) e attuali alleati (oggi) di un governo di unità nazionale. Di sicuro c’è che ancora non è stata indicata la data delle elezioni, salvo il ventaglio temporale indicato a suo tempo dal Ministero dell’Interno. I giochi sono aperti e si preannuncia una campagna elettorale “bollente” e non solo per le temperature agostane… (rp)

 

 

PRIMARIE: GRILLINI NEL CAOS, PD CONFUSO
E NESSUNO PENSA AL VOTO DEI FUORISEDE

di SANTO STRATI – Non si sa ancora la data esatta del voto per il Consiglio regionale: a spanne mancano quattro mesi e più e l’incertezza regna sovrana, con continui colpi di scena di chi cerca, a tutti i costi, qualcosa che possa garantire visibilità. L’argomento del giorno primarie sì-no che sembrerebbe mettere d’accordo almeno i democratici, con la benedizione della “papessa” pentastellata Danila Nesci, in realtà non entusiasma i cittadini, sconfortati, per non dire sconcertati da queste baruffe da cortile che poco hanno a che vedere con la politica d’un tempo. Manca, si sa, una classe dirigente che capisca di politica e la sappia applicare, nel solco di rispettabilissimi predecessori: c’è una costante di improvvisazione e di instabilità che caratterizza, in maniera trasversale, tutti i partiti politici impegnati in questa tornata elettorale. Tutti, nessuno escluso.

Basta cominciare dal centro-destra, dove c’è un candidato di tutto rispetto, il forzista Roberto Occhiuto, che il partito di Berlusconi ha chiaramente designato e indicato come migliore opzione per vincere le elezioni. L’attuale capogruppo di Forza Italia alla Camera, in effetti, potrebbe vincere a piene mani, data la confusione sovrana che regna a sinistra, ma gli altri componenti della coalizione che amano perdere facile stanno facendo di tutto per creare ulteriore disordine. Non si spiega diversamente la necessità di rimettere in discussione il candidato di Forza Italia (secondo i vecchi accordi toccherebbe ai forzisti la poltrona di governatore in Calabria) portando avanti la “disponibilità” dell’inossidabile Wanda Ferro (che ha sempre voglia di riscattare la solenne sconfitta del 2014 contro Oliverio) e dell’attuale facente funzioni Nino Spirlì, che – diciamolo chiaro – ci ha preso gusto a fare il Presidente e amerebbe continuare, sperando nella benedizione di Matteo Salvini. Questo lo scenario prossismo venturo, nel caso in cui si verifichino situazioni complesse per le prossime amministrative di città “pesanti” come Roma e Milano, dove i candidati di centrodestra continuano a recitare un rosario di no che dà il senso della chiarezza di idee che sta alla base dei capi politici. Salvini deve difendersi dall’avanzata, apparentemente inarrestabile dei Fratelli di Giorgia e la stessa Meloni già s’immagina prossima inquilina di Palazzo Chigi.

Se Atene piange, Sparta non ride: se nel centro destra, con la vittoria praticamente in tasca di Roberto Occhiuto, stanno lambiccandosi a individuare il sistema migliore per perdere, il centro-sinistra è assediato da Luigi De Magistris e liste civiche collegate. L’attuale sindaco di Napoli che punta a fare il Governatore (con evidenti scarse probabilità di successo se gli mancano i voti dei dem, della sinistra e del centro), respinge “inorridito” l’idea delle primarie (che non vincerebbe, ovviamente) e insiste col fuoco amico nei confronti dei potenziali alleati nella “guerra” alla destra. La riconferma del patto con Tansi (almeno fino a nuovo ordine) non fa che complicare una situazione assai gravosa per i i dem che spingono (senza molta convinzione) sulla candidatura di Nicola Irto e immaginano di poter offrire un tandem a De Magistris (la vicepresidenza della Regione?) in cambio del ritiro della lista. Il che sarebbe, alfine, la soluzione più logica e più intelligente a una questione assai complicata. De Magistris è alla ricerca di una “occupazione” politica e bisognerà vedere se la lusinga di una vicepresidenza potrebbe sovrastare l’aspirazione a un probabile seggio di consigliere di minoranza. Questa ipotesi (la politica – ricordiamocelo – è l’arte del possibile e dell’impossibile) significherebbe una rottura clamorosa con Tansi e con l’amico Mimmo Lucano che ha già pronta la sua lista di sostegno a DeMa.

Nè va sottovalutata la guerra interna che sta crescendo dentro i grillini: Dalila Nesci si è, nuovamnente, detta disposta “al sacrificio” (come aveva detto per le passate elezioni, prima di essere “cancellata” bruscamente dal Movimento 5 Stelle), ovvero pronta a candidarsi per la Presidenza, anzi alle primarie proposte dai dem, sparigliando totalmente una situazione regionale già convulsa di suo. La Nesci ha un ruolo prestigioso in questo momento (sottosegretaria al Sud e alla Coesione territoriale): chi glielo fa fare? Lei – con convinzione – si sente obbligata nei confronti della Calabria, («L’esperienza del M5s ha dimostrato plasticamente che per cominciare a scardinare “sistemi” e quindi avere idee su come riformarli, l’azione di testimonianza non basta. Bisogna prendersi l’onere di Governare»). ma sa già che i vertici pentastellati le opporranno un nuovo inflessibile stop. Ma quali vertici? Il Movimento è in via di dissoluzione, con la nuova realtà politica che il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra e l’ex ministra per il Sud Barbara Lezzi, stanno preparando, invocando «spirito solidaristico e francescano, dove non ci siano cani pastori ma persone che credono nell’intelligenza collettiva» (dice Morra). E i deputati di Alternativa c’è? E soprattutto l’ex premier Giuseppe Conte che ogni giorno fa due passi avanti e tre indietro nel suo tentativo di nuova “composizione” del Movimento?

Chi sarà disposto a occuparsi della sempre più scomoda Calabria, dove i problemi crescono in misura proporzionale all’impossibilità di individuare soluzioni? C’è il Movimento 5 Stelle che predica contro il Ponte, ma il suo sottosegretario Cancellieri è diventato un entusiasta fan. Forse sarebbe il caso di fermarsi un momento e riflettere. E ricordarsi che, quello che conta, in qualsiasi elezione sono i numeri. Se non ci sono non si fa nulla: il consenso non si conquista con promesse e impegni (che già si sa di non poter rispettare), ma con programmi. E ancora stiamo aspettando, in tanti, di poterne leggere qualcuno. Programmi, con numeri reali, individuazione e utilizzo delle risorse, non il solito libro dei sogni che i politici provano a illustrare con grande convinzione.

E a proposito di numeri, c’è una questione che i più sembra non abbiano alcuna voglia di affrontare: il Collettivo Valarioti ha espresso la necessità di permettere agli studenti fuorisede di poter votare per posta. Il suggerimento – allargato a tutti i fuori sede, inclusi i lavoratori – è diventato una proposta di legge che potrebbe avere un iter veloce. E sarebbe una cosa adeguata e giusta. I calabresi iscritti all’Aire (che è l’anagrafe degli italiani residenti all’estero) si calcola sono oltre il 20%, il che significa che alla massa di astensioni che si registra ad ogni elezione andrebbe sottratto almeno un 15% di elettori che sono forzatamente astenuti (ovvero non hanno le disponibilità economiche per venire a votare, o hanno altre difficoltà logistiche). Se si permettesse l’utilizzo del voto per corrispondenza lo scenario sarebbe completamente differente. Ma a qualcuno potrebbe fare paura. Questo impegno dovrebbe essere al primo posto per chi vuol concorrere a guidare la Regione: tra voto di genere e voto per corrispondenza (se passasse nei tempi giusto la legge) potremmo registrare qualche sorpresa. E la Calabria ne avrebbe proprio bisogno. (s)