Regionali / Fulmini di Mario Oliverio in una lettera a Enrico Letta

L’ex presidnete della Regione Mario Oliverio ha scritto una pesante lettera al segretario del Partito Democratico Enrico Letta sulla vicenda delle elezioni regionali. Oliverio contesta che si debbano discutere a Rom ale quetsioni che interessano i calabresi, ignorando il territorio e la base.

«Caro Letta – scrive Oliverio –, è da oltre un anno e mezzo che non vengo coinvolto, invitato, consultato dal PD né su temi politici generali né sulle vicende che interessano la Calabria.  

Precisamente da quando (dicembre 2019), con una lettera all’allora segretario Zingaretti, ho deciso di ritirare la mia candidatura alla Presidenza della Regione Calabria.

Fu quella la conseguenza della presa d’atto di una scelta della Segreteria Nazionale di non riconfermare il Presidente uscente per candidare Callipo. Una scelta determinata dalle correnti, sollecitata e sostenuta dai rispettivi rappresentanti locali. 

Ti informo altresì che sono componente della Direzione Nazionale del PD eletta all’ultimo Congresso, ma non sono più stato convocato alle riunioni che si sono svolte sia pure in remoto.

Stante questa incredibile, ingiustificata e quanto mai inspiegata condotta nei miei confronti, non nego che ho anche esitato a scriverti. 

Ma ho deciso di farlo confidando nella tua coerenza rispetto ai propositi enunciati nel tuo primo intervento all’Assemblea nazionale che ti ha eletto Segretario. 

In questo lungo periodo ho osservato in silenzio malgrado ci fosse tanto da dire a partire dalle scelte compiute alle ultime elezioni regionali, il cui esito disastroso (con annesse dimissioni di Callipo) evito di commentare perché è a tutti ben chiaro.

Per non dire delle elezioni Amministrative dello scorso settembre in una città come Crotone, storico riferimento della Sinistra, dove non si è riusciti a presentare neanche la lista del PD. 

E ancora della scomparsa di una benché minima iniziativa sulle gravi difficoltà che attanagliano la Calabria e la società calabrese. 

Si coglie un preoccupante vuoto di una seria ed efficace opposizione alla Giunta Regionale di Centro Destra, che non a caso assume provvedimenti ed opera scelte al di fuori di ogni regola e controllo, rimettendo l’orologio indietro di alcuni anni. Ciò malgrado si trovi in regime di ordinaria amministrazione in considerazione della legislatura scaduta da mesi. 

È stata restaurata una situazione di degrado, di ritorno all’uso discrezionale delle risorse e degli enti sub regionali, con l’assenza di programmazione delle risorse UE, con gravi implicazioni sulle delicate problematiche della ripresa dalla pandemia, che in Calabria ha dato il colpo di grazia alla già gracile economia e fragile condizione sociale.

Un quadro a dir poco desolante, con il PD commissariato da circa tre anni a livello regionale ed in tre provincie su cinque, con un Centro Sinistra diviso e frammentato, privo di una guida, di una proposta politica, di un progetto per la Calabria sul quale coinvolgere ed attrarre il corpo largo della società calabrese nelle più variegate articolazioni ed espressioni. 

La scadenza elettorale annunciata da oltre sette mesi avrebbe ragionevolmente richiesto in primo luogo al PD l’attivazione di un processo inclusivo, teso a sanare lacerazioni e divisioni prodotte nelle scorse elezioni regionali e perpetrate anche dopo quella grave sconfitta; la riorganizzazione del campo delle forze progressiste, di sinistra, civiche, ambientaliste ripartendo dai territori, con il coinvolgimento attivo degli amministratori locali, per rilanciare un progetto di crescita della regione, forte della necessaria cultura riformista e di governo. 

Niente di tutto ciò. 

Anzi, al contrario, in questi mesi è andata avanti una accentuazione del distacco dalla realtà e dalle comprensibili ansie che pervadono le nostre comunità messe a dura prova.

La stessa candidatura di Nicola Irto, o di chiunque altro al suo posto, avrebbe dovuto essere la sintesi e l’approdo di un coinvolgimento ampio di forze e soggetti chiamati a sostenerla. 

Invece si è preferito il chiuso di una riunione ristretta di undici persone, prevalentemente di eletti, preoccupati (comprensibilmente !)  della loro rielezione.

Si è aperto così il campo a “Masanielli” che, come puoi ben comprendere, hanno buon gioco nell’agire, utilizzando armi populistiche, già viste e sperimentate, del ricorso alla facile demagogia e all’antipolitica, a parole abusate quali “rinnovamento” e “cambiamento”. 

Firma di cambiali in bianco che sanno già di non poter onorare.

La Calabria non merita nuovi inganni.

La Calabria merita un governo di forze sane realmente impegnate alla costruzione di un futuro di crescita e di riscatto, di creazione di opportunità di lavoro, di valorizzazione ambientale e paesaggistica, di servizi qualificati a partire dalla Sanità, commissariata da oltre dieci anni e mantenuta in una condizione gravissima per responsabilità di tutti i Governi nazionali che si sono succeduti dal 2009 in poi. 

La Calabria ha bisogno di essere rispettata e trattata alla pari delle altre regioni. 

Ha bisogno di liberarsi dal marchio di “regione canaglia” spesso utilizzato per giustificare commissariamenti e mortificare le sue energie capaci ed oneste che rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione e della sua gioventù. 

Al PD ed al campo delle forze progressiste e di sinistra è richiesto un impegno coerente in questa direzione se davvero si vuole assolvere al compito che è proprio di una grande forza innovativa e di progresso.

La decisione di spostare a Roma la scelta per la candidatura alla presidenza della Regione, seppure costituisce di fatto la presa d’atto del fallimento della gestione commissariale, non è la risposta giusta.  

La scelta del candidato a Presidente della Regione deve essere in primo luogo condivisa e sentita propria dai calabresi.                          

Si è ancora nelle condizioni di evitare che le prossime elezioni regionali si trasformino nel secondo tempo di una rovinosa (quanto colpevole) sconfitta delle forze democratiche e progressiste e con essa di quel progetto di reale cambiamento di cui la Calabria e i calabresi avvertono la necessità. 

Errare è umano, perseverare sarebbe diabolico». (rp) 

REGIONALI, CERCANSI AVVERSARI POLITICI
ASTENERSI PERDITEMPO E INQUALIFICATI

di SANTO STRATI – La conferenza stampa indetta per oggi pomeriggio da Carlo Tansi e Luigi De Magistris a Cosenza, dove con buona probabilità saranno definiti i ruoli (De Magistris presidente, Tansi vice e assessore all’Ambiente?), mette in evidenza in modo preciso il vuoto di candidature che si registra per le prossime elezioni regionali. Oddio, non è che manchino i nomi che circolano in lungo e largo, da destra a sinistra, ma di fatto, a circa 60 giorni dalla data dell’11 aprile, ci sono solo due candidati che ufficialmente si sono fatti avanti, l’ex capo della Protezione civile calabrese e l’attuale sindaco di Napoli. Che, poi, realtà, la candidatura a governatore sarà una sola, sempre che Carlo Tansi accetti di fare il gregario e non il leader.

Le consultazioni previste con l’ordinanza del presidente ff Nino Spirlì per l’11 aprile, per la verità, saranno quasi certamente spostate, causa covid, al 9 giugno, giorno già individuato dal Governo come election-day (si rinnovano i Consigli comunali di Roma, Milano, Napoli e di altri centri piccoli e medi), quindi c’è, in buona sostanza, ancora tempo per definire alleanze e coalizioni. Anzi, c’è il tempo di aggiustare strategie e scenari, con la soluzione della crisi di governo.

Sul rinvio delle elezioni, ignorando che l’emergenza proclamata dal Governo vale fino al 30 aprile e quindi non permetterebbe il voto la domenica successiva a Pasqua, il presidente ff si è arrabbiato con un giornalista di LacNews24 (Riccardo Tripepi) il quale aveva scritto che Spirlì «preme per ottenere un nuovo rinvio» delle elezioni regionali. La reazione di Spirlì è stata pressoché immediata con una nota fatta diffondere dall’Ufficio stampa regionale: «Si tratta – si legge nel documento –, invero, di una ricostruzione priva di qualsiasi fondamento, frutto di una interpretazione personale a dir poco fantasiosa. Le elezioni sono state da me indette per il prossimo 11 aprile e, per quanto mi riguarda, non esistono alternative o ipotesi di rinvio, anche in considerazione del fatto che il presidente di Regione, in questa fase, non ha il potere per spostare ulteriormente in avanti la data delle consultazioni; né si capisce rispetto a quale istituzione avrei la facoltà di fare pressioni per posticipare il voto. Il giornalista svolge un mestiere importante quanto difficile: chi si pone l’obiettivo di informare l’opinione pubblica dovrebbe perciò agire con grande scrupolo e permettere ai lettori di capire la differenza tra fatti e opinioni personali senza riscontri». Una reazione spropositata e, probabilmente, evitabile quanto inutile.

Ma il problema non è quando si vota, bensì chi sono i candidati a governatore. È evidente che la soluzione della crisi di governo con un nuovo esecutivo “istituzionale” con l’appoggio (diretto, esterno, etc) di tutti, (ad esclusione, per ora, della sola Giorgia Meloni che ne fa una questione di forma e non di sostanza nella persona di Draghi) avrà seri riflessi sugli scenari futuri della competizione elettorale calabrese. Soprattutto nell’ottica di una alleanza grillini-dem sulla falsariga del governo appena concluso.

Come prevedibile, si fanno nomi, ma non si presentano programmi, il che è significativo del totale disorientamento che si va a provocare negli elettori: l’esperienza del 26 gennaio dello scorso anno non ha insegnato nulla: viaggiare disuniti provoca danni e sicuri insuccessi e puntare su outsider (vedi il caso Callipo) può portare a disastri pre e post-elezioni (Callipo, ricordiamolo, abbandonò il Consiglio regionale dopo le prime sedute). Il discorso vale sia a destra sia a sinistra.

A destra c’è un gran fermento e il deputato azzurro Francesco Cannizzaro, reduce del nuovo colpaccio da 15 milioni con l’emendamento dell’ultimo minuto sulla legge finanziaria a favore del Porto di Reggio, è rilassato, quanto dubbioso, pur contando nella provincia reggina su una solida base di consensi. Non escludendo, alla fine, una sua diretta scesa in campo, deve individuare una soluzione, d’intesa col coordinatore regionale – che di fatto non c’è – che riesca a costituire una coalizione coesa e fortemente convinta di poter vincere (come appare sulla carta). I candidati ideali sono l’attuale assessore regionale all’Agricoltura e al Welfare Gianluca Gallo, il deputato Roberto Occhiuto (attuale vice coordinatore vicario di Forza Italia alla Camera, la sindaca di Vibo Valentia Maria Limardo. Tre belle figure “istituzionali” che però al di fuori della propria provincia nessuno conosce. Per accordi pregressi, il governatore della Calabria spetta a Forza Italia, ma la politica nazionale potrebbe riservare sorprese… E rispunta il nome di Wanda Ferro, ma l’ipotesi di riproporre la candidata sconfitta da Oliverio nel 2014, deputata di Fratelli d’Italia, non trova grandi entusiasmi nel centro-destra e la posizione intransigente della Meloni contro il governo Draghi non sarebbe certo d’aiuto.

Di contro, quelli messi peggio sono i dem. I quali un candidato valido e prevedibilmente di buona affermazione ce l’avrebbero (Nicola Irto, ex presidente del Consiglio regionale e attuale uno dei vicepresidenti) ma, a quanto sembra, non trova l’adeguata accoglienza al Nazareno. Non dimentichiamo che il Partito democratico è commissariato da un paio di anni e continua a mostrare inconciliabili posizioni divisive: basti vedere cosa è successo alle elezioni comunali di Crotone dove non era presente neanche il simbolo. La verità è che non c’è un partito, ma tante anime divise che, perché da quanto sembra i compagni amano farsi male da soli. C’è, inoltre, da considerare la posizione dell’ex Mario Oliverio (che non si candida ma non sarà semplice spettatore) e la tentazione di Antonio Viscomi (già vicepresidente con Oliverio e attualmente deputato) che non esclude una sua scesa in campo. Il problema è che se i cinquestelle vanno a supporto del civismo proposto dai “ragazzi irresistibili” (Tansi&De Magistris), il Pd con chi fa accordi? Da soli i dem non vanno da nessuna parte e, c’è la seria possibilità che, nell’incapacità di esprimere una personalità di rilievo, ripieghino (almeno una buona parte) a sostenere la lista civica arancione di Tansi-De Magistris. Un suicidio politico, siamo d’accordo, ma resterebbe l’unica chance per fermare il bis del centrodestra a Germaneto. (s)

 

RECOVERY, PER L’IDEALE “CITTÀ DEL SOLE”
CI SONO I PROGETTI LASCIATI DA OLIVERIO

di FRANCO BARTUCCI – Con il Recovery Plan ci sarebbe una straordinaria occasione per costruire “La città del sole”. Mentre si attende la soluzione della crisi di governo si sta perciò discutendo molto della bozza del documento predisposta dal Governo Conte in cui la Calabria avrebbe poca visibilità progettuale.

Pochissimi i progetti per la Calabria: il potenziamento  tecnologico e interventi infrastrutturali sulla linea Salerno/Reggio Calabria per l’alta velocità, nonché piccoli lavori di ampliamento della SS 106 jonica. Ben poca cosa rispetto alle attese e programmazioni strutturali e ambientali già ampiamente programmate e in parte finanziate dal precedente Governo regionale del presidente Mario Oliverio. Il riferimento non è casuale in quanto dallo scorso mese di ottobre la Calabria è orfana di un suo presidente e governo nel pieno delle sue funzioni per la scomparsa dell’on. Jole Santelli e questo la penalizza molto in questa circostanza. Ciò che si è capito è che con urgenza bisogna predisporre e consegnare all’Unione Europea una programmazione del Recovery Plan ben confezionata nella individuazione di progetti infrastrutturali strettamente legati allo sviluppo del Paese, come delle Regioni, per non parlare dei progetti di riforma degli apparati della Pubblica Amministrazione, della Giustizia e della finanza.Report di fine mandato di Mario Oliverio

Dal mondo della politica e sindacale calabrese sono giunte segnalazioni che riguardano: l’alta velocità Salerno/Reggio Calabria, il porto di Gioia Tauro, il raddoppio del tracciato ferroviario jonico Reggio Calabria/Taranto, la diga sul Mento, il nuovo asse ferroviario Cosenza/Catanzaro ed altro ancora. Tate enunciazioni non sono supportate nella sostanza dall’attivazione di un tavolo di lavoro dove i vari soggetti istituzionali, sociali e imprenditoriali si ritrovano con urgenza per fare le giuste scelte e predisporre quanto necessario in virtù delle richieste dell’Unione Europea, a supporto anche del Governo nazionale. Sul tavolo, su cui lavorare, ci sarebbe da recuperare il  Report predisposto dal Presidente Mario Oliverio e affidato alla Regione e ai calabresi al termine del suo mandato. Un Report che contiene le basi per il domani della Calabria, dove ci sono le tracce per come intervenire sul sistema infrastrutturale, portuale ed aeroportuale, sul dissesto idrogeologico, sulla ricerca universitaria, sul programma “Scuole sicure” ed il sistema metropolitane, per non parlare della digitalizzazione dei vari servizi nei vari settori del pubblico e del privato. Il tempo è tiranno e  ancor di più se si pensa al fatto che ormai è in corso una campagna elettorale per scegliere i candidati per il nuovo consiglio regionale ed il nuovo presidente. Di fatto la Calabria non ha un governo regionale operativo se non per l’ordinaria amministrazione.  Vedi ad esempio l’assenza totale dalla vicenda riguardante il futuro delle Terme Luigiane.

Prendendo spunto dalla sollecitazione fatta dal sottosegretario ai Beni Culturali, Anna Laura Orrico, di guardare con attenzione alla predisposizione di progetti immediatamente cantierabili,  è facile pensare al cantiere ancora aperto dell’Università della Calabria, rimasta incompleta rispetto ai progetti del concorso internazionale conclusosi nel 1974 con la scelta degli elaborati progettuali degli architetti Gregotti e Martensson. Si tratta di  completarla nella parte che va da Piazza Vermicelli, dove attualmente la struttura è bloccata, fino a raggiungere il territorio di Settimo di Montalto Uffugo, realizzando il polo tecnologico, le strutture fieristiche utili alla diffusione e promozione  dei brevetti scientifici, il villaggio dello sport per le universiadi, la  tanto attesa stazione ferroviaria di Settimo venuta in auge nell’ultimo anno per effetto della Frecciargento  Sibari/Bolzano e per la metro UniCal Settimo/Centro storico di Cosenza, come predisposto dalla stessa Università durante il mandato del Rettore Gino Mirocle Crisci.

L’Università della Calabria, cuore pulsante della nuova unica grande città dell’area metropolitana Montalto/Rende/ Cosenza/Castrolibero e relativo hinterland. Una Università che raccoglie oggi circa 25 mila studenti iscritti, dei quali oltre 900 provenienti da circa 80 paesi del mondo ed un nucleo di circa 1.800 tra docenti e personale tecnico amministrativo. Una Università che si è conquistata, per le sue attività di ricerca meriti e prestigio, come dimostrano le varie classifiche che valutano tutto questo in ambito universitario nazionale e mondiale.

Fin dal suo sorgere è stato sempre affermato che l’Università della Calabria rappresentava il “volano di sviluppo” della regione Calabria e dell’intero Mezzogiorno. Purtroppo il suo sviluppo, come noto, è stato rallentato e bloccato nel 2007; ma i livelli di prestigio che ha conquistato in questi anni a livello internazionale, come ben evidenziano le varie ricerche e classifiche  mondiali in materia di qualità della produzione scientifica, ne fanno, proprio per il Recovery Plan, un punto di grande richiamo ed investimento pensando al ruolo e funzioni  stabiliti dai suoi padri fondatori. Essi, con Beniamino Andreatta Rettore, guardavano alle potenzialità delle piccole medie imprese della valle del Crati in stretto legame con l’Università per interagire in materia di consulenza, formazione,  ricerca innovativa e produzione; come anche alla valorizzazione della piana di Sibari, in quanto area agricola con particolare funzione strategica verso gli scavi archeologici dell’antica Sibari, punto di  intenso richiamo turistico. Era il tempo del pensiero “l’Università della Calabria cuore pulsante dell’unica grande città dell’area della media valle del Crati”, con le sue infrastrutture e vie di collegamento con i vari centri urbani piccoli e grandi del territorio circostante.

L’epidemia Covid-19 ha portato dall’Unione Europea l’investimento Recovery fund a sostegno dello sviluppo e le Università sono al centro dell’attenzione per le sue attività di ricerca e formazione. Quale migliore  occasione per impegnarsi a realizzare il sogno della “Grande Cosenza”  di cui sopra, che per effetto dei suoi valori culturali, scientifici, umani, in accordo con la storia e gli impegni dell’Accademia Cosentina, può essere lo strumento possibile storico nel realizzare quella  “Città del Sole” pensata da Tommaso Campanella. Immaginiamo insieme con quali grandi potenzialità di crescita e sviluppo ci si potrebbe  presentare  al Paese e all’Europa nel costruire il nostro futuro forti di trovarci collocati  con “la città del sole” al centro dell’area del Mediterraneo. Sarebbe una rivoluzione nell’espressione più completa del termine: sviluppo, crescita sociale ed economica, grande spirito umanitario. (fb)

Per approfondire: Report dell’Amministrazione regionale 2014-2020

 

 

 

Anno giudiziario / Violante in tv parla delle tante assoluzioni in Calabria

di MAURIZIO PIZZUTO – L’altra sera in studio su Rete Quattro, a Stasera Italia, padrona di casa e conduttrice del programma Barbara Palombelli, va in onda un serrato dibattito sulla giustizia, partendo proprio dalla “crisi di Governo che potrebbe materializzarsi – annuncia Barbara Palombelli – prima della tradizionale relazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede alla Camera in programma per giovedì 28 gennaio”. Cosa che, poi, puntualmente è accaduta.

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, infatti, per evitare che la Camera bocciasse la relazione del ministro Bonafede, e quindi riportasse il Governo in netta minoranza, ha preferito ieri presentarsi dimissionario al Capo dello Stato prima della reazione di Bonafede, ed evitare così che la crisi del suo esecutivo si potesse aprire subito dopo il dibattito sulla giustizia.

La crisi ormai è aperta di fatto e prima di domenica, pare di capire, sapremo se avremo un Conte-Ter o la guida del Governo sarà affidata a qualcun altro.

Citiamo qui oggi la trasmissione di Stasera Italia per via della testimonianza forte resa l’altra sera a milioni di italiani dallo stesso ospite-principe della trasmissione, l’ex Presidente della Camera dei deputati Luciano Violante, magistrato e giurista di altissimo spessore professionale e morale, e protagonista assoluto di tanti anni di vita Repubblicana. In studio con lui gli altri ospiti della puntata sono: da Milano il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti – che proprio ieri ha presentato alla stampa il suo libro shock “Il Sistema” in cui Luca Palamara mette a nudo la magistratura italiana – e da Roma la deputata di Forza Italia Debora Bergamini – che da editorialista de Il Riformista conosce i temi e il mondo della giustizia come le sue tasche.

La domanda con cui Barbara Palombelli avvia il dibattito è diretta: «Violante è vero che il ministro Bonafede con le sue riforme, prima fra tutte quella sull’allungamento dei termini di prescrizione, ha di fatto modificato le regole? Lei ritiene che la relazione sulla giustizia alla Camera sia per il Governo Conte un appuntamento a rischio?».

Ma è ancora più diretta la risposta dell’Ex Presidente della Camera, che lascia tutti di stucco.

Per la prima volta nella sua storia politica, Violante trova il modo per parlare di giustizia facendo nomi e cognomi di persone che sul campo del processo penale hanno pagato un prezzo altissimo, e da un vecchio e integerrimo magistrato come lui non era facile un’ammissione di questo genere.

«Ci vogliono azioni di riforma molto più radicali di quella di cui parla il ministro Bonafede, o di cui potrebbe parlare il ministro presentando la sua relazione annuale sulla giustizia alla Camera. Per capirci io cito questi nomi: Oliverio, Galati, Bassolino e Incalza. Sono quattro personalità che sono state distrutte sui mezzi di comunicazione, distrutte da processi e ne sono usciti tutti assolti». Ma non basta. Il Presidente Violante va molto oltre e aggiunge: «Queste sono cose che non possono passare senza una valutazione attenta.  Diciamo attenta. Come è possibile tutto questo?».

Il vecchio Presidente della Camera che in televisione conserva inalterato il suo carisma di sempre e il tono severo delle sua analisi non consente sconti a nessuno e a Bonafede manda a dire cose che nessuno gli ha mai detto con tanta chiarezza: «Come è possibile che con la stessa normativa alcuni uffici funzionano e altri no. Perché non si fa una indagine seria per capire quali sono le regioni nelle quali alcuni di questi uffici non funzionano. Perché non si prende il modello in base al quale alcuni uffici funzionano, e lo si applica agli altri. Non è che ce bisogno di scoprire chissà che cosa. Si tratta solo di sapere bene come stanno le cose e mettere, come dire? il pensiero a terra, sulle questioni concrete».

Quattro casi di malagiustizia, quattro vicende clamorose di persone indagate, arrestate, mandate al confino e poi rimesse in libertà perché il fatto non sussiste. Se questa è giustizia, allora vuol dire che ha ragione il Presidente Violante quando parla di «riforme sostanziali e concrete in nome del diritto».

Ma di chi parla, e soprattutto di cosa parla il Presidente Luciano Violante nella sua analisi impietosa che fa su Rete Quattro contro un certo tipo di giustizia e di becero giustizialismo?

Parla della vicenda processuale dell’ex Sottosegretario Pino Galati. Il Gip distrettuale di Catanzaro, su conforme richiesta della Dda, ha disposto l’archiviazione della sua posizione nel procedimento denominato “Quinta Bolgia”. Galati era indagato per concorso esterno in associazione mafiosa nell’inchiesta incentrata sui presunti illeciti nella gestione dell’Azienda sanitaria provinciale, con il coinvolgimento del management dell’ente e che, nel novembre del 2019 aveva portato all’arresto di 24 persone tra le quali lo stesso ex parlamentare, che venne posto ai domiciliari. Anche nel suo caso proscioglimento totale.

Parla di uno dei vertici del PD calabrese, l’ex presidente della Giunta regionale, Mario Oliverio assolto perché “il fatto non sussiste”. Lo ha deciso il gup di Catanzaro Giulio De Gregorio nell’ambito del processo con rito abbreviato “Lande desolate” che vedeva il Presidente Mario Oliverio, accusato di abuso d’ufficio e corruzione.

Parla dei 19 processi contro Antonio Bassolino. Bassolino è stato assolto per ben 19 volte consecutive. Lui è stato sin troppo paziente: nell’ultimo processo ha rifiutato persino la prescrizione pur di vedere riconosciuta nel merito la propria correttezza, perdendo così altro tempo, ma ha avuto ragione, “il fatto non sussiste”.

Parla della vicenda di Ercole Incalza, ex dirigente del ministero delle Infrastrutture e Trasporti e prima dei Lavori Pubblici, è paragonabile a una vera e propria Odissea. Quella di un uomo che “per anni è stato dipinto come il perno di un sistema corrotto e invece non è mai arrivato neanche a processo – scrive Stefano Zurlo su il Giornale – riportando sedici assoluzioni”. (mp)

[Maurizio Pizzuto è direttore dell’Agenzia nazionale di stampa Prima Pagina News]

Mario Oliverio critico sul documento del Recovery: totale assenza di proposte concrete

L’ex presidente della Regione Calabria Mario Oliverio è particolarmente critico nei confronti del documento elaborato dal Governo per il Recovery Plan da presentare all’Europa e in una nota ha sottolineato l’assenza di proposte concrete all’interno di grandi scelte strategiche che l’Esecutivo è chiamato a fare.

«.Il testo del nuovo “Piano di ripresa e resilienza”
(più noto come Next generation Italia) – afferma Oliverio –, presentato al Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2021, non solo non migliora le analisi e le proposte sul Mezzogiorno, ma ne aggrava le prospettive in particolare per la Calabria.
Secondo Oliverio è stata fatta «Un’analisi assolutamente inadeguata,  –incredibilmente distante dalle valutazioni emerse nel ricco ed intenso dibattito di questi mesi che ha registrato l’intervento di autorevoli meridionalisti ed economisti, di rappresentanze istituzionali e di centri di elaborazione e di ricerca. Quel che più colpisce è l’assenza, all’interno delle grandi scelte strategiche, di proposte concrete di sviluppo del Mezzogiorno e della Calabria. Penso alla programmazione sulle infrastrutture, ai temi della sicurezza del territorio, a quello dei servizi a partire dalla Sanità e della riorganizzazione amministrativa dello Stato. Tra le inadempienze più clamorose ci sono le questioni dell’alta velocità e del sistema portuale. Si conferma una vecchia impostazione delle Ferrovie dello Stato, subita passivamente dai governi nazionali compreso l’attuale e contrastata dalla Giunta regionale da me presieduta, di fermare l’alta velocità a Salerno (ad eccezione degli interventi precedentemente previsti sulla direttrice per Bari); al contrario per la direttrice verso la Calabria e la Sicilia, si indica una mera “velocizzazione”. Un tradimento clamoroso di annunci e di impegni anche recenti».
Ad avviso del governatore il testo non contiene «nulla di concreto per le infrastrutture lineari stradali tranne la riconferma di interventi già previsti e finanziati in particolare lungo la dorsale ionica. Una vera e propria truffa, a esclusivo vantaggio dei porti del Nord, è quella relativa ai grandi porti del Mezzogiorno a partire da Gioia Tauro. L’unico elemento di concretezza – ridicolo rispetto alle necessità di sviluppo – è relativo ai porti del sistema dello Stretto, per i quali ci si limita a interventi di efficientamento energetico. Si rischia così di vanificare i grandi sforzi realizzati per fare uscire il porto di Gioia Tauro dalla crisi con un graduale riposizionamento sul mercato dei traffici internazionali delle merci. Parole vaghe su altri settori con la circostanza che la presunta destinazione del 67% delle risorse al Mezzogiorno, non si evince dal merito delle proposte fatte. In alcuni casi, come per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la proposta del Governo è al di sotto di quanto finanziato ed avviato dalla Giunta regionale della Calabria negli anni scorsi. La Calabria deve contrastare adeguatamente e subito questo progetto che ipoteca programmi e risorse per il prossimo decennio».
«Il Governo – secondo Oliverio – non può approfittare dell’attuale condizione di debolezza politica ed istituzionale della Calabria per compiere scelte che sarebbero un vero e proprio colpo mortale alle aspettative di sviluppo economico e sociale, di crescita delle imprese e di occupazione in particolare dei giovani e delle donne. La Calabria non può perdere questa opportunità: sarebbe una grave e negativa ipoteca sul suo futuro». (rp)

ASSOLUZIONE PER MARIO OLIVERIO, ADAMO
E LA BRUNO BOSSIO: IL FATTO NON SUSSISTE

Assolto l’ex governatore della Calabria Mario Oliverio dalle accuse di corruzione e abuso d’ufficio che l’inchiesta giudiziaria Lande desolate aveva avanzato nei suoi confronti: «il fatto non sussiste». Una formula che, ovviamente, rende felice l’ex presidente, ma non allevia la sofferenza di quell’obbligo di dimora che nel dicembre del 2018 gli impedì per alcuni mesi di esercitare il proprio mandato. Escono prosciolti dall’inchiesta, con una sentenza di “non luogo a procedere”, anche la deputata dem Enza Bruno Bossio e il marito Nicola Adamo. Oliverio aveva chiesto il rito abbreviato, dopo il rinvio a giudizio del luglio 2019 e ieri mattina il giudice dell’udienza preliminare Giulio De Gregorio lo ha mandato assolto, smontando tutte le ipotesi accusatorie. La Procura aveva chiesto la condanna a 4 anni e 8 mesi.

L’inchiesta poco prima di Natale 2018 aveva sconvolto la politica regionale calabrese, con l’obbligo di dimora per l’allora presidente Oliverio nella sua città natale, a San Giovanni in Fiore, impedendogli di fatto di recarsi in Cittadella per svolgere il suo mandato. L’inchiesta giudiziaria riguardava presunte irregolarità nella realizzazione di tre opere pubbliche (due incompiute): l’avio superficie di Scalea, l’Ovovia di Lorica, in Sila, e il rifacimento di piazza Bilotti a Cosenza. Assolti i tre esponenti politici, vanno a giudizio altri 14 imputati rinviati a giudizio che saranno processati con rito ordinario il prossimo 7 ottobre.

Secondo l’impianto accusatorio, gli imputati avrebbero cercato di rallentare l’esecuzione dei lavori di piazza Bilotti per “danneggiare” politicamente il primo cittadino di Cosenza Mario Occhiuto in quel momento ricandidato a sindaco. L’ipotesi è stata totalmente smontata e viene restituita dignità a Oliverio e ai due esponenti politici a lui vicini, ma la “delegittimazione” a fare il presidente (con l’obbligo di dimora, annullato dopo due mesi dalla Cassazione) e la gogna mediatica subita non sono facilmente sanabili. È inammissibile che tra l’accusa (e i susseguenti atti giudiziari: arresti, obblighi di dimora, etc) e la sentenza ci sia un tempo così lungo. È incivile e inaccettabile per un Paese che è culla del diritto. Purtroppo, il disinvolto utilizzo delle vicende processuali da parte di media in cerca di visibilità provoca, irrimediabilmente, processi mediatici a cui nessuno riesce a sottrarsi: non esiste la presunzione d’innocenza (Costituzione, art. 27, comma 2: «l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva»), ma un gioco al massacro di cui tutti dovremmo vergognarci.

L’ex presidente Oliverio ha accolto con soddisfazione e commentato su FB con molto fair play la decisione del giudice: «È una sentenza netta, chiara. La Giustizia finalmente è, in ritardo ma è arrivata.  arrivata. Sono stati due anni di gogna mediatica, nei miei confronti. Ho speso la mia vita e il mio impegno politico e istituzionale avendo sempre come bussola la legalità, la correttezza amministrativa, il rispetto dei diritti e delle persone. Ho sempre combattuto in prima fila per il riscatto della mia terra e per la liberazione di essa da tutte le mafie e cricche affaristiche. Quella mattina di dicembre del 2018 è come se il mondo si fosse capovolto. Nella mia funzione di massimo responsabile del Governo della Regione venivo sottoposto ad un provvedimento cautelare. Un atto grave non solo per la mia immagine, ma soprattutto per l’immagine della Calabria finita nel tritacarne mediatico e nella macchina del fango. Il solo pensiero che i calabresi, a partire da quelli che avevano riposto in me fiducia, potessero essere indotti a credere che il loro presidente avesse tradito la loro fiducia ed approfittato del ruolo che gli avevano conferito sono stati la più grave ferita e il più grande e insopportabile tormento della mia vita. Sono felice per i miei figli, per i miei cari, ma anche per i calabresi.

«Ora che si è affermata la verità e che la Giustizia, attesa da me in rispettoso silenzio, si è imposta – ha scritto Oliverio – è necessaria una riflessione approfondita. Non posso non ringraziare quanti mi sono stati vicino in questa fase difficile, ma soprattutto ringrazio i miei avvocati difensori Enzo Belvedere ed Armando Veneto che sin dall’inizio hanno saputo impostare una linea difensiva argomentata e forte non solo della verità quanto della lettura giusta delle carte processuali. Esse tutte sin dall’inizio mostravano la mia totale estraneità agli addebiti mossimi con “grave pregiudizio accusatorio”».
L’ex presidente ha ancora altre grane giudiziarie da affrontare, saranno i giudici a confermare le accuse e a decidere per la condanna o l’assoluzione. Il problema è di altra natura: quanti casi come quello di Oliverio ci sono non solo in Calabria? Perché non è garantita, almeno sui media, la presunzione d’innocenza fino alla condanna definitiva? Solo dopo anni di perdita di dignità, di accuse spesso infamanti e irrevocabilmente trasformate anzitempo in condanna dalla pubblica opinione aizzata da vergognose macchine del fango, spesso crolla il castello degli addebiti e delle contestazioni, ma ormai sono state distrutte carriere, famiglie, qualche volta anche vite umane. Il giustizialismo non appartiene alla cultura del diritto del nostro Paese, ma, purtroppo, molto di frequente c’è chi riesce a cavalcarlo, e non c’è assoluzione che possa lavare l’infamia che viene consumata. A danno del malcapitato di turno, ma con grande spregio della giustizia e dei cittadini. (rp)

Aieta (DP): La paternità del Bando Borghi è di Mario Oliverio, non di Spirlì

Il consigliere regionale dei Democratici Progressisti -Calabria, Giuseppe Aieta, è intervenuto in merito alla paternità del Bando Borghi, di cui si è dovuto aspettare molto per il suo sblocco, che è avvenuto, poi, nei giorni scorsi.

In Regione, infatti, «Esultano dopo un’attesa infinita – ha detto Aieta – dopo che per ben dieci mesi sindaci, imprenditori, artigiani, privati non hanno fatto che bussare alla porta di dirigenti e assessori per chiedere lo sblocco del bando. E tutti non facevano che glissare. Il presidente f.f. Nino Spirlì, si è sperticato in elogi per il lavoro compiuto dalla corrente amministrazione per arrivare alla firma, proprio lui che aveva annunciato mesi fa la volontà di annullare tutto, congelando le procedure che erano già in stato avanzato, impedendo, così, la pubblicazione delle graduatorie e poi la firma dei decreti per i beneficiari. Per i privati, inoltre, sono state bloccate le commissioni che dovevano redigere le graduatorie con un lavoro che per alcune linee era oltre il 60%».

Il consigliere Aieta, infatti, ha spiegato che il presidente f.f. della Regione Calabria, Nino Spirlì, «ha omesso di dire, nel suo lungo elenco di ringraziamenti, è un dettaglio non di poco conto, e riguarda la paternità dell’idea. Il messaggio che arriva all’opinione pubblica è che il bando sui borghi sia interamente frutto dell’ingegno, dello studio e dell’intuito di questa coalizione, ma non è così».

«Il merito è di Mario Oliverio – ha detto Aieta – che, durante il suo incarico, ha fortemente voluto e realizzato questo progetto strategico che prevedeva un’ampia platea di beneficiari e somme importanti per realizzare il sogno di veder risorgere i borghi: 136 milioni di euro di cui 100 milioni per i Comuni e 36 milioni di euro a sostegno dei privati.
Il risultato di questo impegno, al tempo di Oliverio, si è manifestato nella grande partecipazione al bando da parte sia dei Comuni che dei privati, in particolare dei giovani destinatari di un contributo del 100% fino a 70mila euro.
Se proprio vogliamo usare il termine “rivoluzione” o “visione” che almeno si usi il soggetto giusto».

«Trovo – ha proseguito – che l’obiettivo sia la cosa più importante, cioè avviare un percorso che porti alla valorizzazione di un bene preziosissimo per la nostra regione, cioè i borghi, cuore pulsante del territorio, ma correttezza vuole che si riconosca il lavoro fatto da chi aveva già segnato la strada, seminandola non solo di buoni propositi ma anche di fatti reali e concreti».

«Ora, occorre solo fare una cosa – ha concluso il consigliere regionale – mettere il piede sull’acceleratore e recuperare i gravi ritardi di quest’anno per garantire la celere realizzazione dei progetti proposti, nel rispetto dei requisiti stabiliti e delle normative vigenti, evitando inutili, tortuose e dannose modifiche in corso d’opera che non farebbero che accendere contenziosi infiniti che porterebbero, inevitabilmente a un nuovo e fatale blocco con conseguenze facilmente immaginabili». (rrm)

Mario Oliverio online discute di Recovery Fund e Mes: come spendere i fondi Ue

Un seminario online, promosso dalla Fondazione Europa Mezzogiorno Mediterraneo di Mario Oliverio, con la partecipazione di numerosi esponenti politici, tra cui l’ex ministro per il Sud Claudio De Vincenti, i deputati Enza Bruno Bossio e Nico Stumpo, l’imprenditore Fortunato Amarelli, i sindaci Giuseppe Falcomatà (Reggio) e Vincenzo Voce (Crotone), oltre agli economisti Francesco Aiello e Gianfranco Viesti. Hanno partecipato anche l’eurodeputato Andrea Cozzolino, il presidente di Confapi Franco Napoli e i docenti Roberto Musmanno (ex assessore ai Lavori Pubblici nella passata Giunta Oliverio) e Giuseppe Russo.

Un tema attualissimo quello del Recovery Fund e il Mes con un interrogativo aperto: come spendere i fondi europei? Ovvero come investire la montagna di euro che l’Europa ha messo a disposizione per superare la gravissima crisi aperta dal Covid? Oliverio, che ha introdotto il webinar, ha parlato di quattro direttrici che sarebbe importante seguire: prima di tutto infrastrutture e digitalizzazione, poi formazione ricerca senza dimenticare l’economia green. La Calabria – ha fatto notare l’ex presidente della Regione Calabria – secondo quanto riferisce Il Sole 24 Ore è la prima regione italiana con il 71% di copertura della banda larga. Ma non si vede e la digitalizzazione dev’essere un obiettivo per far crescere le imprese, ma che sia di ausilio per le famiglie. Le parole d’ordine sono defiscalizzazione e incentivi per giovani e donne per fare impresa e bloccare la fuga di cervelli.

Secondo l’ex ministro De Vincenti il Recovery Fund è una grande occasione per ricostruire le basi della crescita del Paese e soprattutto del Mezzogiorno, ma servono nell’immediato interventi a sostegno dell’economia e alle persone: bisogna tamponare le ferite di oggi e programmare il futuro. (rcs)

Il “ritorno” di Mario Oliverio: a settembre tavoli tematici per la Calabria

A volte ritornano – direbbe Stephen King – ma non è il caso di Mario Oliverio: l’ex governatore della Calabria non è mai andato via, è rimasto in disparte, praticamente in religioso silenzio, dopo la famosa lettera a Zingaretti con cui annunciava il ritiro della ricandidatura a presidente della Regione. Ma in questi mesi ha raccolto le idee, ha rispolverato la sua vecchia Fondazione Sud Europa (del tempo di quando era presidente della Provincia di Cosenza) e ha voluto annunciare il suo progetto politico. Lo ha fatto con una conferenza stampa a Rende, presentato dalla giornalista Donata Marrazzo, dove ha esposto poche ma precise idee su come far ripartire davvero la Calabria.

Oliverio con grande lucidità politica ha intuito che non si tratta più di “questione meridionale”, bensì di “questione Mediterranea”. E chi meglio della Calabria, per la sua posizione geografica (e le sue mille contraddizioni) può lanciare la sfida all’Europa sul Mediterraneo? Gli abbiamo chiesto con quale sinistra conta di realizzare il progetto “Sud Europa – Radici e futuro della civiltà” visto quello che è successo durante la campagna elettorale prima del suo ritiro a favore di Callipo e dopo il voto da “fuoco amico” al Consiglio regionale sulle dimissioni del capo dell’opposizione.

«La ferita ancora brucia – ha confessato – una piaga aperta, perché è in gioco il patrimonio della storia e della nostra idealità. Certo la sinistra è attualmente divisiva e non riesce a trovare un punto di incontro comune per avviare un grande processo di unità. Bisogna dunque cambiare metodo e puntare sul confronto per trovare uno spirito positivo con cui modificare quest’approccio distratto a una certa idea della politica». Oliverio ha, evidentemente, voglia di rimettersi in gioco e lancia una grande articolazione di iniziative di cui farà conoscere a settembre i particolari: l’obiettivo è la creazione di tavoli tematici dedicati alle infrastrutture, alla portualità, all’ambiente, persino allo snellimento della burocrazia (che il relativo decreto – spiega Oliverio – non chiarisce come sarà).

I punti cruciali sono, ovviamente, lavoro e impresa e il superamento della marginalità del Mezzogiorno nel quadro politico nazionale, ma anche e soprattutto nell’ottica europea. Ci sono in ballo investimenti importantissimi, 380 miliardi di risorse che il Covid ha fatto sbloccato a un’Europa avara e con i cordoni della borsa sempre chiusi. È dunque il momento per agire, per muoversi e coinvolgere i calabresi in una progettualità nuova e possibilmente diversa, perché non prevalga la rassegnazione. È questo il vero timore che chi ha a cuore la Calabria deve avvertire: non bisogna mai rassegnarsi, ma rilanciare. In questi mesi – ha detto Oliverio – non ho incontrato nessuno dei dirigenti del partito. Dobbiamo ripartire pensando alla nostra storia. La sua sfida all’autunno (e alla dis-unità della sinistra) è lanciata. (s)

Il passaggio di testimone di Mario Oliverio: un report di 200 pagine

Il passaggio di testimone del governatore Mario Oliverio è racchiuso in un corposo report di 200 pagine lasciato “a memoria” della nuova Presidente Jole Santelli e della futura Giunta regionale. «La presentazione di un rendiconto a fine mandato – scrive Oliverio presentando il report – è un dovere civico e un atto di trasparenza amministrativa. È un importante patrimonio di conoscenza per le forze economiche e sociali della Calabria e per i futuri amministratori della Regione».

Oliverio afferma che «sono stati anni di intenso lavoro fondato sul superamento della scissione tra i bisogni dell’emergenza e la necessità dello sviluppo stabile e produttivo, accompagnati dalla difesa della Calabria dal centralismo statale, dal recupero di autonomia e di orgoglio della Calabria e di credibilità nei confronti degli interlocutori nazionali ed europei. I fatti e i dati parlano da soli. Non c’è settore dell’economia, della società e delle istituzioni calabresi che non siano stati destinatari di importanti investimenti e di cambiamenti in atto, i cui effetti sono visibili e si proietteranno negli anni futuri. Penso alle infrastrutture, al porto ed al polo industriale di Gioia Tauro, al sistema portuale ed aeroportuale, alla Ferrovia Jonica, ai progetti per la ricerca universitaria e al diritto allo studio, al programma “Scuole Sicure”, ai sistemi metropolitani, alla lotta al precariato, alla digitalizzazione della presentazione dei progetti, al protagonismo dei Comuni nell’attuazione della spesa pubblica, alla spesa realizzata con il POR, il PSR, il PAC e FSC».

Oliverio conclude affermando che si è trattato di «un’attività che è stata svolta nel segno della trasparenza delle scelte, presupposto fondamentale di una legalità praticata e di una azione coerente di lotta alla mafia. I numeri e le schede del report offrono una documentazione concreta di quanto realizzato e delle potenzialità della Calabria, una terra ingiustamente denigrata e non valutata per le cose fatte e le potenzialità esistenti. La lotta politica non si può svolgere a danno dei calabresi. Sono sicuro che questo lavoro possa costituire le basi per un’ulteriore crescita e sviluppo». (rp)

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