di EMILIO ERRIGO – Scienziati, Cardinali, Vescovi e Ordinari Militari, ricercatori, studiosi in tutte le discipline giuridiche ed economiche, chirurghi cardiovascolari riconosciuti delle vere eccellenze dalla comunità scientifica mondiale, cardiologi e cardiochirurghi, internisti, biologi, chimici, fisici, ingegneri architetti, professori universitari di fama internazionale, esperti, piloti, comandanti, alti dirigenti dello Stato e dell’Unione Europea, giornalisti, scrittori e mi fermo qui, per non apparire esagerato nel rappresentare la verità.
In Calabria la cultura dei Calabresi è pari alla loro solidarietà umana, che vede in prima linea questo Popolo di umana Gente, allargata e accogliente, nei confronti dei migranti in cerca di un futuro migliore provenienti dai 21 Paesi che si affacciano nel Mar Mediterraneo, più 5 Stati del Mar Nero. Valga il vero!
È sufficiente cliccare sul web nei vari motori di ricerca, per comprendere molto bene e chiaramente, quanti cittadini e di quanti Stati del Mediterraneo allargato, hanno trovato ospitalità, nella umana, solidale e accogliente, terra di Calabria. Mi emoziona un po’ nel leggere questi “freddi dati statistici”, ma la verità è questa: in Calabria sono presenti non meno di 150.000 migranti, originari da ogni parte del mondo.
Senza scomodare le Istituzioni democratiche, mi permetto di ricordare che tutto il Popolo presente e residente in Calabria, non ha risparmiato certamente energie psicofisiche per aiutare i tanti bambini e bambine con le loro Mamme, questi fratelli e sorelle in fuga dai loro continenti, provati da fame, sete, carestie e desertificazioni, guerre e conflitti sociali, in cammino verso la Calabria. Quanto bene hanno voluto e saputo donare i Meridionali del Sud Italia, ai poveri migranti sbarcati sulle coste calabresi?
Ci sarebbe da scrivere tanti copioni, da affidare a registi e attori internazionali, allo scopo di raccontare e filmare, la pura e santa verità!
Ho visto con i miei occhi, nel corso della mia lunga carriera di fedele servitore dello Stato, la perduta gente proveniente da ogni dove, soccorsa, salvata, aiutata e accolta, in Sicilia, Calabria e in Puglia, da Militari, Forze di Polizia e dalle le loro famiglie. Ho visto e capito in terra e sul mare d’Albania, (1999/2000), cosa significhi umanità e solidarietà. Quanta tristezza umana, quanta sofferenza.
Ora sono felice al solo pensiero di leggere nelle statistiche italiane ed estere, che la Calabria e i Calabresi, rappresentano il meglio dell’esistente di un Mediterraneo allargato e accogliente, a favore di tutti i poveri e sfortunati migranti del mondo.
Solo fiero di sapere che Poliziotti, Carabinieri e Finanzieri, assieme a Gente comune di Calabria e al Sud, cooperano in unità di intenti, per soccorrere, salvare e accogliere con cuore nobile e mente sana, una umanità in cerca di pace. [Emilio Errigo è nato in Calabria, docente universitario di Diritto Internazionale e del Mar, e Consigliere Giuridico nelle Forze Armate]
Tavola rotonda stamattina, giovedì 8 luglio, all’Università e-Campus di Roma, in via Matera, con la partecipazione di Enzo Siviero, ingegnere e Rettore di e-Campus, Armando Zambrano, presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, Francesco Miceli, presidente Consiglio Nazionale Architetti,Francesco Violo, presidente Consiglio Nazionale deiGeologi, Maurizio Savoncelli, presidente Consiglio Nazionale dei Geometri. Interventi di Adriano Giannola, presidente della Svimez, Giovanni Mollica, ingegnere, Francesca Moraci, professore ordinario di Pianificazione e progettazione urbanistica Università Mediterranea di Reggio Calabria, Alberto Prestininzi, già professore ordinario di Rischi geologici, e Fabio Brancaleoni, già professore ordinario di Scienza delle Costruzioni. Modera il direttore di Calabria.LiveSanto Strati. L’evento si svolge in presenza e sarà trasmesso in diretta su Facebook e Youtube. (rrm)
di ANTONIETTA MARIA STRATI – Entrare nel Guinness dei primati è quasi sempre una cosa piacevole, ma non in questo caso visto che questo record, è una vera e propria vergogna, che getta un’ombra su uno dei più suggestivi e caratteristici tratti della Calabria: lo Stretto di Messina è il tratto di mare più inquinato del Mediterraneo, con una spaventosa discarica di rifiuti sul fondale.
Lo certifica uno studio di un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’Università di Barcellona e realizzato in collaborazione con il Joint Research Centre (Jrc) della Commissione europea e vede coinvolti diversi enti italiani, come l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (Ispra), la Stazione Zoologica Anton Dohrn, l’Università di Cagliari e l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) e pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters, in cui viene rilevato che i rifiuti, in alcuni punti dello Stretto, raggiungono la densità di un milione di oggetti per chilometro quadrato.
«Lo studio – riporta l’Ansa – indica come i rifiuti stiano aumentando nei fondali marini di tutto il mondo: in alcuni casi la loro densità sarebbe addirittura paragonabile a quella delle grandi discariche presenti sulla terra ferma. Secondo gli esperti, questo trend è destinato a continuare, tanto che entro i prossimi 30 anni il volume dei rifiuti marini potrà superare i tre miliardi di tonnellate».
«La diffusione dei rifiuti nei nostri mari e oceani non è ancora pienamente conosciuta – ha spiegato Michele Canals, dell’Università di Barcellona all’Ansa –. Le regioni marine più colpite sono quelle circondate da terre o semi chiuse, i fondali vicino la costa, le aree prossime allo sbocco di grandi fiumi e quelle dove c’è un’intensa attività di pesca, anche lontane dalla terra».
«Nel Mediterraneo – ha aggiunto Canals – la spazzatura sui fondali è già un serio problema ecologico. In alcuni luoghi della costa catalana ci sono grandi accumuli. Quando ci sono forti tempeste, come la tempesta Gloria del gennaio 2020, le onde riportano i rifiuti sulla spiaggia. Alcune spiagge sono state letteralmente ricoperte».
Una situazione che, tuttavia, era già stata denunciata nel 2019, in un servizio su RaiNews24 a cura di Martino Seniga: «i rifiuti urbani abbandonati nelle discariche abusive sono stati trascinati fino a mille metri di profondità in fondo allo Stretto, e questo ha compromesso, in modo definitivo, l’ecosistema sottomarino».
A rilevare questa situazione anomala, sono stati i ricercatori del Cnr e della facoltà di geologia dell’Università degli studi di Roma, che hanno scoperto un’immensa discarica sottomarina che si sviluppa fino a mille metri di profondità al centro dello stretto. Lo hanno raccontato, tramite la loro testimonianza, Francesco L. Chiocci, prof. di Biologia marina presso l’Università La Sapienza di Roma, Martina Pierdomenico, naturalista e ricercatrice Cnr, Frine Cardona, biologa marina università di Bari nel servizio di Seniga.
A contribuire l’arrivo dei rifiuti nello Stretto, sono le fiumare di Reggio e Messina che, trasformate in vere e proprie discariche, con una piena, viaggiano con l’acqua fino ad arrivare al mare.
«Uno scempio che dura da decenni» ha detto Seniga, e che sono documentati grazie agli archivi della Rai.
Questo studio, dunque, dovrebbe far capire quanto sia necessario – se non fondamentale – risolvere la questione dei rifiuti a Reggio Calabria che, nel Report Rifiuti 2020 di Legambiente, ha registrato un peggioramento (2% sulla differenziata) insieme a Vibo Valentia (-4%).
E parte della soluzione è stata presentata con il nuovo piano del Conai, che propone l’installazione delle compostiere di prossimità e di quartiere per il conferimento dell’organico, la messa in posa di cassonetti intelligenti in aree circoscritte e videocontrollate, la possibilità di incentivi e premialità per gli utenti che effettueranno una differenziata corretta ed il passaggio ad un sistema cosiddetto “misto” che alterna la raccolta stradale a quella “porta a porta”.
L’obiettivo – ha spiegato l’assessore comunale reggino all’Ambiente, Paolo Brunetti – è di raggiungere, in due anni, la soglia del 65% della differenziata nel rispetto dei parametri fissati dalla Comunità europea. Puntiamo a vincere una sfida che è abbondantemente alla nostra portata. Ricordo, infatti, che, quando il sistema di raccolta e conferimento funzionava a dovere, eravamo riusciti a portare le quote di differenziata dal 7 al 60%».
Ma non c’è solo Reggio ad essere in emergenza rifiuti: è tutta la Calabria ad essere colpita da questa piaga che, purtroppo, continua a deturpare la nostra bella terra. Tante le denunce, infatti, che arrivano da tutta la regione: Italia Nostra Alto Tirreno Cosentino, recentemente, ha denunciato le condizioni in cui verte la strada Scalea.S. Domenica-Normanno, che è completamente invasa dai rifiuti. A Crotone, dove l’emergenza rifiuti è una costante, i leghisti Giancarlo Cerrelli e Marisa Luana Cavallo hanno proposto la realizzazione di un termovalorizzatore nella città pitagorica come soluzione all’emergenza rifiuti scoppiata nel mese di Natale, e che ha trovato un netto no da parte di Legambiente, che ha sottolineato che «in Calabria, sui rifiuti, bisogna fare scelte chiare che vadano nella direzione di un’economia circolare seria ed efficace, e devono essere costruiti gli impianti della filiera del riciclo, a partire dagli impianti di compostaggio e digestione anaerobica per la produzione di compost di qualità e biometano».
«Per superare la perenne emergenza nella gestione dei rifiuti – ha detto Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – la Calabria deve uscire dalla logica degli inceneritori e delle discariche, sviluppando ogni possibile azione, per come previsto dalla normativa vigente, per far aumentare il riciclo da raccolta differenziata e lavorare sulla riduzione alla fonte dei rifiuti, seguendo l’esempio dei Comuni ricicloni e rifiuti free calabresi che anche quest’anno Legambiente premierà nel corso dell’Ecoforum regionale sull’economia circolare».
Per la città pitagorica, tuttavia, sembra avvicinarsi un punto di svolta sulla questione rifiuti: nei giorni scorsi, infatti, si è svolta l’assemblea dei sindaci dell’Ato – Ambito Territoriale Ottimale della Provincia di Crotone, dove sono stati definiti gli organismi e riorganizzata la struttura a sostegno dei sindaci per consentire il funzionamento dell’Ambito stesso, che sarà costituita dal dirigente del settore 4 (ambiente) con funzioni di direttore, dal dirigente del settore 3 (finanziario) come esperto contabile e tre funzionari del Comune di Crotone.
L’Assemblea, che intende applicare la parola autonomia al nuovo piano d’ambito, ha approvato una serie di punti che, nello specifico, sono importanti per il funzionamento dell’Ato e del ciclo dei rifiuti in questo frangente tra cui il mandato al Direttore dell’Ufficio Comune per la indizione della gara di appalto di servizio per il trattamento rifiuti solidi urbani, il mandato al Duc per l’indizione della gara di appalto di servizio per lo smaltimento degli scarti di lavorazione da raccolta differenziata, l’approvazione dello schema di contratto semestrale per l’impianto di trattamento rifiuti solidi urbani e l’approvazione dello schema di contratto semestrale per l’impianto di smaltimento scarti da raccolta differenziata. (ams)
È di particolare interesse il progetto sperimentale denominato Turismo Muslim friendly, avviato dal prof. Peppino De Rose dell’Unical per incentivare il turismo musulmano e l’export di prodotti agroalimentari sui mercati arabi.
Un progetto di ricerca scientifica sul turismo musulmano e l’Internazionalizzazione delle imprese calabresi nei mercati arabi-musulmani che potrà sortire in importanti partnership e notevoli sviluppi nei rapporti con i Paesi del Mediterraneo. A darne notizia è lo stesso prof. De Rose, manager esperto in Politiche dell’Unione europea e docente di Impresa Turistica e Mercati Internazionali presso l’Università della Calabria, che ha sottoscritto un agreement sperimentale di collaborazione con ItalymuslimFriedly l’innovativo progetto di incoming per il turismo musulmano e l’export di prodotti made in Calabria. Un percorso di collaborazione che prevede attività di studio e ricerca, formazione, tirocini per giovani laureati calabresi e affiancamento alle tante imprese calabresi che hanno la necessità di internazionalizzarsi e interagire con i mercati internazionali.
Per il turismo, secondo Global Muslim Travel Index 2020 nell’anno 2018 ci sono stati nel mondo 140 milioni di visitatori musulmani, entro il 2026 ci si aspetta un fatturato di 300 miliardi di dollari. Si stima che i musulmani nel mondo sono 1 miliardo e 800 milioni, quindi un mercato gigantesco e in continua espansione e tra l’altro il turista saudita è quello che nel mondo spende di più in assoluto, dai 10 ai 100 mila euro l’anno.
Per l’agroalimentare la crescente domanda di prodotti ottenuti secondi i principi alimentari islamici trova nella certificazione Halal lo strumento che può consentire alle eccellenze made in Calabria di penetrare i mercati dei Paesi con significativa presenza di persone di fede islamica. Attraverso un percorso di individuazione delle opportunità offerte dai mercati target, di formazione mirata e di business matching con partner selezionati, il progetto si pone l’obiettivo di preparare le imprese calabresi all’accesso ad un mercato globale in costante crescita e dai primi studi assolutamente compatibile con i prodotti e servizi calabresi.
Secondo il Prof. De Rose «L’intento di questa collaborazione è quello di sperimentare un modello capace di rafforzare la competitività e l’innovazione delle piccole e medie imprese, rafforzando il partenariato pubblico-privato per le azioni da mettere in campo e promuovendo nei mercati internazionali le eccellenze del territorio. Una sfida importante se si pensa che i clienti musulmani non provengono solo dai Paesi islamici, ma oramai sono milioni i musulmani che vivono nei paesi occidentali. È chiaro che occorre avere degli standard qualitativi elevati ma vale la pena prepararsi per avere una formazione di base specifica, sia nel campo del turismo muslim friendly che nell’export dei prodotti made-in Calabria». (pa)
di MARIA CRISTINA GULLÍ – Sembra ieri e invece è passato un quarto di secolo: era il 16 settembre 1995 quando una nave belga portacontainer, la Concord, si affacciò davanti al porto di Gioia Tauro e imboccò il canale di accesso per approdare alle banchine. Erano quasi le 18, quando iniziarono le operazioni di scarico dei primi 150 container che avrebbero cambiaro e segnato il futuro del Porto. Era da quindici anni che il Porto di Gioia Tauro attendeva un’occasione di utilizzo, un’opportunità di rilancio che avrebbe decisamente cambiato la vita di tutta l’area, ma soprattutto di molti nuovi occupati.
Il porto era praticamente inutilizzato dalla sua creazione. Un’altra “cattedrale nel deserto” nonostante le opportunità che la sua posizione di centralità nel Mediterraneo potesse far sperare in un fruttuoso utilizzo. L’idea di trasformare il porto in un hub per il transhipment, ovvero lo scarico dei container e la loro nuova destinazione. Mancava perché si realizzasse a pieno l’intermodalità necessaria per fare del Porto un hub di interesse europeo, ovvero mancavano pochi chimoetri di ferrovia che doveva collegare il porto alla stazione più vicina, così da instradare, direttamente dallo scarico a terra, i container sui treni merci destinati a raggiungere mete europee. Mancava e manca tuttora il collegamento ferroviario, anche se la presidente della Regione Jole Santelli, tra i suoi primi atti di governo ha sbloccato un impasse che si trascinava dam una decina di anni, per una stupidissiva controversia sulla competenze tra Autorità portuale e Ferrovie dello Stato. A breve dovrebbe aprisi il cantiere per realizzare questi poco meno di cinque chilometri che trasformeranno radicalmente la funzionalità del Porto.
Se si guarda ai numeri, c’è di che restare strabiliati: in questi 25 anni sono transitati per Gioia Tauro quasi 68 milioni di container: si usa la misura del TEU, acronimo di twenty-foot equivale unit, che corrisponde a un contenitore standard di poco più di 38 metri cubi, per contare i container trasportati, e i teu sono stati circa 70 milioni in questo quarto di secolo, con una media di 2300 navi all’anno, qualcosa come 50mila navi che hanno approdato a Gioia con il loro carico. Da ultimo sono arrivare le supernavi che solo a Gioia possono attraccare per via dei profondi fondali.
Il Porto, come è utile ricordare, era nato per servire il V Centro Siderurgico che il Cipe aveva assegnato a Reggio Calabria, dopo la rivolta del 1970. Il V Centro Siderurgico, com’è noto, non vide mai la luce a seguito della crisi della siderurgia che investì tutto il mondo, quindi da porto industriale si pensò di trasformarlo in un hub polifunzionale, vista soprattutto la sua posizione nel centro del Mediterraneo. Verso la fine degli anni Settanta erano già state realizzate le banchine, i moli, i bacini e i grandi spazi a ridosso delle banchine portuali hanno fatto ipotizzare un utilizzo di destinazione e scarico per il comparto del trasporto marittimo via container. Proprio in quegli anni si stava sviluppando il traffico container e nella direttrice Suez-Gibilterra Gioia Tauro risultava in una posizione ottimale per il cosiddetto transhipment. Solo nel 1995, però, è iniziato il traffico dei container, sviluppando ritmi davvero elevati, fino a crollare miseramente alcuni anni addietro, con fosche prospettive per l’occupazione e il traffico. La nuova gestione dell’armatore Aponte con la MSC ha fatto tornare a nuova vita il Porto.
La crisi, quella che nel 2017 aveva raggiunto il momento più cruciale con il licenziamento di 377 lavoratori, sembra ormai lontana: sono rientrati quasi tutti al lavoro e la qualità e la professionalità dei terminalisti da Gioia Tauro è diventata oggetto di ammirazione presso tutti gli altri scali concorrenti. Il futuro è di farne uno scalo di riferimento nel centro del Mediterraneo che faccia da attrattore primario nei trasporti in container anche dall’Oriente, nonostante la cecità dei nostri politici che hanno escluso dalla Via della Seta (gli accordi commerciali con la Cina) proprio Gioia Tauro a favore di Trieste e Genova. Ma la strategica posizione del Porto di Gioia sicuramente farà rivedere i programmi delle grandi società di trasporto marittimo: c’è da valutare un notevole riparmio di costi e di tempi, soprattutto quando entrerà in funzione il gateway ferroviario. E il Porto di Gioia Tauro, al centro della Zona Economica Speciale, potrà costituire il punto di partenza per un serio rilancio dell’economia calabrese. (mcg)
18 ottobre – Oggii, a Reggio, alle 16.45, presso la Biblioteca “pietro De Nava”, sarà presentato il saggio “Storia dei Mediterranei. Popoli, culture, meteriali e immaginario dall’età antica al Medioevo”.
L’evento è stato organizzato dall’Associazione Culturale Anassilaos e dalla Biblioteca De Nava.
Il saggio è il frutto di 13 studiosi, italiani ed esteri – Franco Cardini, Massimo Cultraro, Flavio Enei, Massimo Frasca, Jean Guilaine, Stefano Medas, Antonio Musarra, Patrice Pomey, Carlo Ruta, Alberto Salas Romero, Laura Sanna, Francesco Tiboni, Alessandro Vanoli – che hanno condotto un’indagine plurale e sfaccettata sul Mediterraneo.
In 500 pagine gli autori ripercorrono le fasi più emblematiche di una vicenda lunga, dalla protostoria al Medioevo, con l’adozione di metodologie affinate e innovative, allo scopo di identificare le ragioni e i progetti di vita sociale e civile di un Mediterraneo che è la somma sorprendente di tanti Mediterranei, di un mondo che è in realtà un insieme di mondi, ognuno con propri caratteri ma tutti portatori di una naturale disposizione a relazionarsi.
Intervengono prof. Massimo Cultraro, docente di Archeologia Egea presso l’Università Palermo e ricercatore IBAM-CNR a Catania; il prof. Massimo Frasca, docente di Archeologia della Magna Grecia, Università Catania; prof. Carlo Ruta, saggista e storico del Mediterraneo. A coordinare il dibattito il dott. Fabrizio Sudano della Soprintendenza Beni Archeologici di Reggio Calabria. Introdurrà la Dr.ssa Marilù Laface, Responsabile Beni Culturali Ass. Anassilaos. (rrc)
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