Un progetto per il turismo musulmano e del mondo arabo in Calabria

È di particolare interesse il progetto sperimentale denominato Turismo Muslim friendly, avviato dal prof. Peppino De Rose dell’Unical per  incentivare il turismo musulmano e l’export di prodotti agroalimentari sui mercati arabi.

Un progetto di ricerca scientifica sul turismo musulmano e l’Internazionalizzazione delle imprese calabresi nei mercati arabi-musulmani che potrà sortire in importanti partnership e notevoli sviluppi nei rapporti con i Paesi del Mediterraneo. A darne notizia è lo stesso prof. De Rose, manager esperto in Politiche dell’Unione europea e docente di Impresa Turistica e Mercati Internazionali presso l’Università della Calabria, che ha sottoscritto un agreement sperimentale di collaborazione con ItalymuslimFriedly l’innovativo progetto di incoming per il turismo musulmano e l’export di prodotti made in Calabria. Un percorso di collaborazione che prevede attività di studio e ricerca, formazione, tirocini per giovani laureati calabresi e affiancamento alle tante imprese calabresi che hanno la necessità di internazionalizzarsi e interagire con i mercati internazionali.

Per il turismo, secondo Global Muslim Travel Index 2020 nell’anno 2018 ci sono stati nel mondo 140 milioni di visitatori musulmani, entro il 2026 ci si aspetta un fatturato di 300 miliardi di dollari. Si stima che i musulmani nel mondo sono 1 miliardo e 800 milioni, quindi un mercato gigantesco e in continua espansione e tra l’altro il turista saudita è quello che nel mondo spende di più in assoluto, dai 10 ai 100 mila euro l’anno.

Per l’agroalimentare la crescente domanda di prodotti ottenuti secondi i principi alimentari islamici trova nella certificazione Halal lo strumento che può consentire alle eccellenze made in Calabria di penetrare i mercati dei Paesi con significativa presenza di persone di fede islamica. Attraverso un percorso di individuazione delle opportunità offerte dai mercati target, di formazione mirata e di business matching con partner selezionati, il progetto si pone l’obiettivo di preparare le imprese calabresi all’accesso ad un mercato globale in costante crescita e dai primi studi assolutamente compatibile con i prodotti e servizi calabresi.

Secondo il Prof. De Rose «L’intento di questa collaborazione è quello di sperimentare un modello capace di rafforzare la competitività e l’innovazione delle piccole e medie imprese, rafforzando il partenariato pubblico-privato per le azioni da mettere in campo e promuovendo nei mercati internazionali le eccellenze del territorio. Una sfida importante se si pensa che i clienti musulmani non provengono solo dai Paesi islamici, ma oramai sono milioni i musulmani che vivono nei paesi occidentali. È chiaro che occorre avere degli standard qualitativi elevati ma vale la pena prepararsi per avere una formazione di base specifica, sia nel campo del turismo muslim friendly che nell’export dei prodotti made-in Calabria». (pa)

25 ANNI FA LA PRIMA NAVE PORTACONTAINE
A GIOIA T. IL FUTURO STA TUTTO NEL PORTO

di MARIA CRISTINA GULLÍ – Sembra ieri e invece è passato un quarto di secolo: era il 16 settembre 1995 quando una nave belga portacontainer, la Concord, si affacciò davanti al porto di Gioia Tauro e imboccò il canale di accesso per approdare alle banchine. Erano quasi le 18, quando iniziarono le operazioni di scarico dei primi 150 container che avrebbero cambiaro e segnato il futuro del Porto. Era da quindici anni che il Porto di Gioia Tauro attendeva un’occasione di utilizzo, un’opportunità di rilancio che avrebbe decisamente cambiato la vita di tutta l’area, ma soprattutto di molti nuovi occupati.

Il porto era praticamente inutilizzato dalla sua creazione. Un’altra “cattedrale nel deserto” nonostante le opportunità che la sua posizione di centralità nel Mediterraneo potesse far sperare in un fruttuoso utilizzo. L’idea di trasformare il porto in un hub per il transhipment, ovvero lo scarico dei container e la loro nuova destinazione. Mancava perché si realizzasse a pieno l’intermodalità necessaria per fare del Porto un hub di interesse europeo, ovvero mancavano pochi chimoetri di ferrovia che doveva collegare il porto alla stazione più vicina, così da instradare, direttamente dallo scarico a terra, i container sui treni merci destinati a raggiungere mete europee. Mancava e manca tuttora il collegamento ferroviario, anche se la presidente della Regione Jole Santelli, tra i suoi primi atti di governo ha sbloccato un impasse che si trascinava dam una decina di anni, per una stupidissiva controversia sulla competenze tra Autorità portuale e Ferrovie dello Stato. A breve dovrebbe aprisi il cantiere per realizzare questi poco meno di cinque chilometri che trasformeranno radicalmente la funzionalità del Porto.

Se si guarda ai numeri, c’è di che restare strabiliati: in questi 25 anni sono transitati per Gioia Tauro quasi 68 milioni di container: si usa la misura del TEU, acronimo di twenty-foot equivale unit, che corrisponde a un contenitore standard di poco più di 38 metri cubi, per contare i container trasportati, e i teu sono stati circa 70 milioni in questo quarto di secolo, con una media di 2300 navi all’anno, qualcosa come 50mila navi che hanno approdato a Gioia con il loro carico. Da ultimo sono arrivare le supernavi che solo a Gioia possono attraccare per via dei profondi fondali.

Il Porto, come è utile ricordare, era nato per servire il V Centro Siderurgico che il Cipe aveva assegnato a Reggio Calabria, dopo la rivolta del 1970. Il V Centro Siderurgico, com’è noto, non  vide mai la luce a seguito della crisi della siderurgia che investì tutto il mondo, quindi da porto industriale si pensò di trasformarlo in un hub polifunzionale, vista soprattutto la sua posizione nel centro del Mediterraneo. Verso la fine degli anni Settanta erano già state realizzate le banchine, i moli, i bacini e i grandi spazi a ridosso delle banchine portuali hanno fatto ipotizzare un utilizzo di destinazione e scarico per il comparto del trasporto marittimo via container. Proprio in quegli anni si stava sviluppando il traffico container e nella direttrice Suez-Gibilterra Gioia Tauro risultava in una posizione ottimale per il cosiddetto transhipment. Solo nel 1995, però, è iniziato il traffico dei container, sviluppando ritmi davvero elevati, fino a crollare miseramente alcuni anni addietro, con fosche prospettive per l’occupazione e il traffico. La nuova gestione dell’armatore Aponte con la MSC ha fatto tornare a nuova vita il Porto.

La crisi, quella che nel 2017 aveva raggiunto il momento più cruciale con il licenziamento di 377 lavoratori, sembra ormai lontana: sono rientrati quasi tutti al lavoro e la qualità e la professionalità dei terminalisti da Gioia Tauro è diventata oggetto di ammirazione presso tutti gli altri scali concorrenti. Il futuro è di farne uno scalo di riferimento nel centro del Mediterraneo che faccia da attrattore primario nei trasporti in container anche dall’Oriente, nonostante la cecità dei nostri politici che hanno escluso dalla Via della Seta (gli accordi commerciali con la Cina) proprio Gioia Tauro a favore di Trieste e Genova. Ma la strategica posizione del Porto di Gioia sicuramente farà rivedere i programmi delle grandi società di trasporto marittimo: c’è da valutare un notevole riparmio di costi e di tempi, soprattutto quando entrerà in funzione il gateway ferroviario. E il Porto di Gioia Tauro, al centro della Zona Economica Speciale, potrà costituire il punto di partenza per un serio rilancio dell’economia calabrese. (mcg)

REGGIO – Anassilaos, “Storia dei Mediterranei”

18 ottobre – Oggii, a Reggio, alle 16.45, presso la Biblioteca “pietro De Nava”, sarà presentato il saggio “Storia dei Mediterranei. Popoli, culture, meteriali e immaginario dall’età antica al Medioevo”.
L’evento è stato organizzato dall’Associazione Culturale Anassilaos e dalla Biblioteca De Nava.
Il saggio è il frutto di 13 studiosi, italiani ed esteri – Franco Cardini, Massimo Cultraro, Flavio Enei, Massimo Frasca, Jean Guilaine, Stefano Medas, Antonio Musarra, Patrice Pomey, Carlo Ruta, Alberto Salas Romero, Laura Sanna, Francesco Tiboni, Alessandro Vanoli – che hanno condotto un’indagine plurale e sfaccettata sul Mediterraneo.
In 500 pagine gli autori ripercorrono le fasi più emblematiche di una vicenda lunga, dalla protostoria al Medioevo, con l’adozione di metodologie affinate e innovative, allo scopo di identificare le ragioni e i progetti di vita sociale e civile di un Mediterraneo che è la somma sorprendente di tanti Mediterranei, di un mondo che è in realtà un insieme di mondi, ognuno con propri caratteri ma tutti portatori di una naturale disposizione a relazionarsi.
Intervengono prof. Massimo Cultraro, docente di Archeologia Egea presso l’Università Palermo e ricercatore IBAM-CNR a Catania; il prof. Massimo Frasca, docente di Archeologia della Magna Grecia, Università Catania; prof. Carlo Ruta, saggista e storico del Mediterraneo. A coordinare il dibattito il dott. Fabrizio Sudano della Soprintendenza Beni Archeologici di Reggio Calabria. Introdurrà la Dr.ssa Marilù Laface, Responsabile Beni Culturali Ass. Anassilaos. (rrc)