Domani Mimmo Lucano a Catanzaro

Domani Mimmo Lucano, sindaco di Riace ed europarlamentare, sarà a Catanzaro, alle 17, per visitare la mostra fotografica Nega di Nino Bartuccio, attualmente allestita nello spazio “Coriolano Paparazzo” al civico 189 di Corso Mazzini.

L’esposizione rientra nell’ambito della rassegna Le grandi mostra di fotografia dell’umano, organizzata dalla Cine Sud di Francesco Mazza e patrocinata dall’Amministrazione comunale del capoluogo.

Lucano sarà a Catanzaro su iniziativa del presidente del Consiglio comunale, Gianmichele Bosco, che ha commentato affermando che «l’invito a Lucano è sembrato del tutto naturale, visto il taglio dato alla rassegna dagli organizzatori e che Palazzo De Nobili ha condiviso sin da subito concedendole il suo patrocinio».

«Un taglio che è sicuramente anche nelle corde di Mimmo – ha concluso – che in tutta la sua vita ha sempre guardato all’elemento “umano” dal punto di vista degli ultimi, dei più deboli, delle vittime di ogni ingiustizia e di ogni guerra, spendendosi concretamente per la difesa dei loro diritti. Un messaggio che si sovrappone perfettamente a quello che lancia la rassegna invitando ciascuno a mettere da parte fretta e frenesie per fermarsi a riflettere per cercare di costruire una coscienza nuova». (rcz)

L’OPINIONE / Gregorio Corigliano: «Lucano da Riace a Strasburgo per i migrantes»

di GREGORIO CORIGLIANO – I giorni della gloria sono, finalmente, tornati. Ero in aeroporto, a Fiumicino, con la dirigente scolastica Anna Maria De Luca, oggi a capo dell’istituto italiano di cultura a Mosca, dopo esser passata per l’ufficio stampa di Sgarbi, quando vedo arrivare, in splendida forma, Mimmo Lucano.

Tornava da una ospitata da Lilli Gruber e non aveva più batteria sul suo cellulare. Mi chiede di poter fare delle telefonate, poi saliamo sull’aereo per Lamezia, mi alzo in piedi e gli faccio fare un applauso dai passeggeri.

Arriveranno dopo i giorni dell’ira che sono durati troppo a lungo, rispetto a quanto quelli che un tempo chiamavamo gli uomini di buona volontà avrebbero potuto prevedere. Noi che siamo della scuola di padre Cristoforo, abbiamo atteso il suo «giorno verrà!» ed è venuto.

C’è voluta Mara Teresa Santaguida a farcelo rivedere in diretta da Riace al Tg della Calabria, qualche ora dopo quella che nei fatti è stata la sua assoluzione, dopo la pena della sofferenza della richiesta, incredibilmente vergognosa, di tredici e più anni di carcere. Anche nel viso il trascorrere degli anni si è fatto notare, anzi solo nel viso, perché nello spirito si è dimostrato battagliero come e forse più di prima. Aveva patito in silenzio gli anni del batticuore e dell’attesa di un verdetto che altri uomini, guidati da una donna che si è dimostrata energica e tosta, avrebbero dovuto pronunciare.

Sì, Lucano – che avrebbe potuto parlare eccome – si è dimostrato, come prima, ossequioso della legge ed è rimasto senza parole. Avrebbe potuto fare tutte le considerazioni che avrebbe voluto, godeva di buona stampa, infatti, a partire dall’eccellente Francesco Merlo che, su Repubblica, con Alessia Candito, lo ha sempre supportato perché convinto, e non solo lui, della sua innocenza anche di fronte alla legge.

Non era andato a Reggio in Corte d’appello a seguire l’udienza e l’uscita dei magistrati dalla lunga camera di consiglio. Ha atteso nella sua Riace, in collegamento con Giuliano Pisapia e Andrea d’Acqua, i suoi angeli custodi, che la presidente Palumbo, leggesse la sentenza, poi l’esplosione di gioia, dopo anni di muta attesa.

E che dice subito alla Santaguida? Che adesso poteva respirare, che non aveva più la bocca amara e che si sentiva rinascere. Lui, convinto come non mai, di aver fatto solo il suo dovere di sindaco alla guida di una città che, dopo il ritrovamento dei Bronzi, è conosciuta in tutto il modo per la svolta impressa con i migrantii. Un’altra Riace è possibile, aggiunge, quasi commosso. Non tutto è perduto, sembra dire. Ci sono ancora tanti rifugiati, qui. L’accoglienza non è morta.

Cosa l’ha fatta soffrire di più? Non esita a dire che la sola idea che abbiano sospettato che lui avesse potuto rubare lo faceva andare in bestia, che avesse costruito addirittura un progetto criminale. Ingegnere della malavita? Neanche geometra di frantoio, pare voglia dire. E’ felice e ne ha ben donde, Mimì Lucano. A Merlo dice che torneranno gli aquiloni, i vasi di Kabul, gli asili nido a Riace. E lui, dal Parlamento europeo dove si candiderà con l‘Alleanza verdi sinistra, farà certamente rinascere Riace, la farà tornare come e meglio di prima.

Ha accettato finalmente di uscire dal cono d’ombra in cui si era sistemato in attesa di quei tempi che sono finalmente arrivati e di altri ancora migliori, come merita da quando è nato e da quando si è impegnato per gli altri. (gc)

Sunia-Cgil, Mimmo Lucano primo firmatario della petizione popolare per il diritto all’abitare

«La casa continua ad essere un’emergenza irrisolta, occorrono interventi strutturali per riqualificare il patrimonio e rilanciare il mercato della locazione a canoni sostenibili. Le famiglie, gli studenti e i lavoratori fuori sede, i giovani, i pensionati, i migranti, da anni attendono politiche abitative in grado di dare non solo una risposta, ma anche un luogo sicuro in cui vivere e costruire il futuro. Per queste ragioni il Sunia nazionale, con il pieno sostegno della Cgil, ha lanciato una petizione. Una campagna per la casa che è già partita in tutti i territori della Calabria ed ha registrato un’importante adesione, quella di Mimmo Lucano». Lo affermano il Segretario Generale Cgil Calabria Angelo Sposato, e il Segretario Generale Sunia Cgil Calabria Francesco Alì.

Ad illustrare le motivazioni della petizione all’ex sindaco di Riace è stato, durante i lavori dell’esecutivo della Cgil Calabria tenutosi proprio nel borgo, Francesco Alì che ha aperto poi alle firme. I primi ad aderire sono stati Sposato e Lucano, seguiti dai Segretari Generali delle categorie regionali e delle Camere del lavoro territoriali della Cgil.

«A fronte di un disagio abitativo così forte e così in crescita, nella manovra presentata dal governo Meloni non c’è neppure un euro destinato agli affitti – afferma Stefano Chiappelli, Segretario Generale del Sunia nazionale -. Non sono stati rifinanziati i fondi nazionali di sostegno agli affitti e alla morosità incolpevole, neppure un centesimo per l’edilizia pubblica. L’attesa per l’assegnazione di un alloggio popolare per un nucleo familiare a basso reddito in molti casi supera i 10 anni. Servono almeno 600 mila alloggi di edilizia residenziale pubblica partendo dalla riqualificazione, dal recupero del patrimonio sfitto e non utilizzato e a consumo zero di suolo, tra i quali gli alloggi di edilizia pubblica sfitti che attendono risorse per essere ristrutturati e riassegnati alle famiglie in graduatoria (sono oltre 60 mila e ogni anno questo numero aumenta)».

Inoltre, spiega ancora Chiappelli, il 70 per cento di circa un milione di alloggi pubblici necessita di interventi strutturali e di efficientamento energetico. L’Istat ha certificato che circa due milioni e mezzo di famiglie non sono in condizioni di pagare l’affitto e le spese condominiali in quanto superano il 40 per cento del loro reddito. Servono almeno 60 mila alloggi pubblici per studenti a costi sostenibili per garantire il diritto allo studio. In ragione di ciò la petizione del Suniachiede: il rifinanziamento del fondo nazionale di sostegno all’affitto, nella misura di 900 milioni di euro e per la morosità incolpevole per evitare nuove ondate di sfratti; l’intervento strutturale, continuativo, sicuro e certo per ridurre il peso degli affitti e dei mutui sulla prima casa di residenza; un Piano Casa nazionale con finanziamenti statali e regionali, certi e continuativi, per aumentare il numero degli alloggi pubblici in grado di rispondere alle varie esigenze del Paese; una legge quadro nazionale di riordino degli Enti gestori di immobili pubblici per migliorare la gestione, i servizi e per garantire vivibilità e sicurezza; la programmazione e il finanziamento pluriennale delle ristrutturazioni degli alloggi pubblici sfitti per consentire la loro riassegnazione a tutte le categorie che vivono il disagio abitativo; la creazione di una Banca dati del riuso per gli immobili pubblici dismessi e la predisposizione di un piano di finanziamenti specifici per la loro riqualificazione ai fini abitativi per aumentare l’offerta di edilizia sociale; il rifinanziamento dei programmi di riqualificazione urbanistica, edilizia e sociale delle periferie; una regolamentazione nazionale degli affitti brevi dando la possibilità ai Comuni di definire, con regole certe, un tetto massimo di alloggi da poter affittare a breve termine e far rimettere sul mercato gli alloggi in affitto per i residenti garantendo contratti di locazione a lunga durata, impedendo così l’espulsione degli abitanti dai Comuni.

Per queste ragioni, per cambiare la proposta di legge di Bilancio e le politiche economiche e sociali fino ad ora messe in campo dal Governo ed a sostegno delle piattaforme sindacali unitarie presentate da Cgil e Uil, il Sunia sarà presente nel percorso comune di mobilitazione con scioperi che partiranno già dal 17 novembre. (rcz)

Da Riace un messaggio all’Italia e all’Europa

La Cgil Calabria abbraccia e ribadisce il suo sostegno a Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace. E proprio a Riace avviene questo incontro, luogo secondo cui, per la Cgil, «le politiche di accoglienza debbano riprendere e che questo sia il luogo dal quale fare partire un importante messaggio al Paese e all’Europa!».

«Crediamo nell’accoglienza – continua la nota del sindacato – nell’inclusione e nell’integrazione. La Calabria ha bisogno del “modello Riace” e di politiche che possano accogliere i popoli creando le condizioni per un reinsediamento dei borghi!».

«Per queste ragioni – conclude la nota – dal modello Riace e con Mimmo Lucano può partire la conferenza regionale sull’immigrazione ed una legge regionale sulle politiche di accoglienza».

«Abbiamo incontrato Mimmo Lucano a Riace. È motivato a riprendere un cammino di speranza e noi lo siamo con lui», ha detto Angelo Sposato, segretario generale di Cgil Calabria.

«Vorremmo, come Cgil Calabria – ha spiegato – insieme alle associazioni, svolgere una conferenza regionale sull’immigrazione per parlare di pace e accoglienza, di lotta allo sfruttamento e lavoro».

«Un filo di pace che mette insieme la Calabria solidale, quella di Roccella Jonica che accoglie con il cuore e quella che integra come Riace, Camini, Acquaformosa – ha concluso –.

Una Calabria che possa rilanciare i borghi e le aree interne». (rrc)

Per Mimmo Lucano sono tornati i giorni della gloria

di GREGORIO CORIGLIANO – I giorni della gloria sono, finalmente, tornati. Ero in aeroporto, a Fiumicino, con la dirigente scolastica Anna Maria De Luca, oggi a capo dell’istituto italiano di cultura a Mosca, dopo esser passata per l’ufficio stampa di Sgarbi, quando vedo arrivare, in splendida forma, Mimmo Lucano.

Tornava da una ospitata da Lilli Gruber e non aveva più batteria sul suo cellulare. Mi chiede di poter fare delle telefonate, poi saliamo sull’aereo per Lamezia, mi alzo in piedi e gli faccio fare un applauso dai passeggeri. Arriveranno dopo i giorni dell’ira che sono durati troppo a lungo, rispetto a quanto quelli che un tempo chiamavamo gli uomini di buona volontà avrebbero potuto prevedere. Noi che siamo della scuola di padre Cristoforo, abbiamo atteso il suo “giorno verrà!” ed è venuto.

C’è voluta Mara Teresa Santaguida a farcelo rivedere in diretta da Riace al Tg della Calabria, qualche ora dopo quella che nei fatti è stata la sua assoluzione, dopo la pena della sofferenza della richiesta, incredibilmente vergognosa, di tredici e più anni di carcere. Anche nel viso il trascorrere degli anni si è fatto notare, anzi solo nel viso, perché nello spirito si è dimostrato battagliero come e forse più di prima. Aveva patito in silenzio gli anni del batticuore e dell’attesa di un verdetto che altri uomini, guidati da una donna che si è dimostrata energica e tosta, avrebbero dovuto pronunciare.

Sì, Lucano – che avrebbe potuto parlare eccome – si è dimostrato, come prima, ossequioso della legge ed è rimasto senza parole. Avrebbe potuto fare tutte le considerazioni che avrebbe voluto, godeva di buona stampa, infatti, a partire dall’eccellente Francesco Merlo che, su Repubblica, con Alessia Candito, lo ha sempre supportato perché convinto, e non solo lui, della sua innocenza anche di fronte alla legge. Non era andato a Reggio in Corte d’appello a seguire l’udienza e l’uscita dei magistrati dalla lunga camera di consiglio.

Ha atteso nella sua Riace, in collegamento con Giuliano Pisapia e Andrea d’Acqua, i suoi angeli custodi, che la presidente Palumbo, leggesse la sentenza, poi l’esplosione di gioia, dopo anni di muta attesa. E che dice subito alla Santaguida? Che adesso poteva respirare, che non aveva più la bocca amara e che si sentiva rinascere.

Lui, convinto come non mai, di aver fatto solo il suo dovere di sindaco alla guida di una città che, dopo il ritrovamento dei Bronzi, è conosciuta in tutto il modo per la svolta impressa con i migranti. Forse non ci sarebbero stati quei decreti Cutro se Lucano non fosse stato condannato in primo grado, forse la storia dei migrantes, sarebbe stata diversa, forse le cose avrebbero preso una piega diversa se avesse accettato, il buon Mimmo, a candidarsi al Parlamento europeo. Sarebbe stato sicuramente eletto sull’onda dell’entusiasmo per quanto aveva fatto per Riace. Non sarebbe stato lui, però. Avrebbe dato ragione ai suoi detrattori. E che ancora non pensi a tornare in politica, a livelli alti, lo dimostra il fatto che ancora non ci abbia pensato. Vedremo, dice.

E’ un fatto che Elly Schlein lo abbia chiamato. Adesso sembra più interessato a far in modo di non criminalizzare i migranti. Un’altra Riace è possibile, aggiunge, quasi commosso. Non tutto è perduto, sembra dire. Ci sono ancora tanti rifugiati, qui. L’accoglienza non è morta. Cosa l’ha fatta soffrire di più? Non esita a dire che la sola idea che abbiano sospettato che lui avesse potuto rubare lo faceva andare in bestia, che avesse costruito addirittura un progetto criminale. Ingegnere della malavita? Neanche geometra di frantoio, pare voglia dire. E’ felice e ne ha ben donde, Mimì Lucano. A Merlo dice che torneranno gli aquiloni, i vasi di Kabul, gli asili nido a Riace. «Probabilmente, a questo punto, mi hanno reso ancora più importante, proprio io che dico tante cazzate e che sono una testa di minchia». E dai, non lo sei: commendator Lucano dell’Ordine al merito della Repubblica, vero presidente Mattarella? (gc)

Mimmo Lucano che riprende il sogno e si rimette in cammino

di FRANCO CIMINO – «Le sentenze vanno rispettate», si dice, talvolta per convenienza. «Le sentenze vanno commentate», si dice, talvolta sull’altro versante della convenienza.

La sentenza d’appello a carico di Mimmo Lucano, emessa ieri sera, dopo otto ore di Camera di Consiglio, dalla Corte d’Appello del Tribunale di Reggio Calabria, va contemporaneamente rispettata e commentata. Innanzitutto, perché è una sentenza clamorosa, tanto auspicata quanto inaspettata. Infatti, è stata letteralmente stravolta la decisione dei giudici di primo grado del Tribunale di Locri, che l’avevano condannato a tredici anni e due mesi più settecentomila euro di ammenda e l’interruzione a vita dai pubblici uffici. Le accuse che gravavano su quella condanna, non erano mica noccioline.

L’elenco era breve ma pesante: associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio. Mancava la corruzione, la violenza fisica la più estesa, l’estorsione e simil reati, e sarebbe stato completo. È straordinaria perché arriva, questa sentenza, dopo quel trenta settembre del 2021 e un processo lunghissimo in quel di Locri.

L’inchiesta era iniziata alcuni anni prima. Straordinaria, perché in un “mondo di ladri” e in un Paese conosciuto per il personale politico tra i più esposti alla corruzione (fino a qualche anno fa così valutato dagli studi sociologici internazionali) un sindaco di un piccolo comune, innocente nella sua fanciullezza di persona umile e indifesa, immune da ambizioni di potere, spiritualmente intenso pur senza alcun legame religioso, veniva giudicato alla stregua del peggiore criminale.

Mimmo Lucano, l’uomo semplice e “ignorante” di legge e filosofia, matematica e tecnica finanziaria, ma profondamente saggio e autenticamente “francescano” per l’instancabile donazione di sé alla causa degli ultimi (i poveri, gli emarginati, i condannati dai poteri, gli esclusi e i cacciati, i fuggitivi dalle guerre e i respinti dai paese cosiddetti evoluti) era stato duramente condannato.

Ma la Legge è Legge e va rispettata. Applicata. E con “giustizia”. Così si dice, aggiungendo anche che più che bendata essa è cieca, propri perché non deve guardare in faccia a nessuno. Aldilà del fatto in sé, del giudizio in sé, della vicenda personale in questione, io penso, e non da ieri, che una Giustizia, quando da bendata diventa strabica, ovvero quando applica pedissequamente le sue norme senza aprirsi all’interpretazione più umana delle stesse, non si rappresenta come Legge giusta. Ovvero, non si sentire come giusta.

La prima sentenza nei confronti di quest’uomo visibilmente buono, onesto, pulito, con quel suoi occhi sognatori e quelle mani sporche di terra, è apparsa subito davvero incredibile. Paradossale. Io posso dirlo, con serenità essendo stato uno strenuo difensore di Mimmo Lucano sin dalla prima ora. E oggi sono felice. Molto felice. Per lui, lo sono. Per la società tutta, lo sono. Per l’Italia, lo sono. Per Riace, lo sono e di più. “È finito un incubo”, sono state le prime parole di Mimmo.

È finito un incubo per noi, anche. E con esso la paura che la Giustizia non sia giusta con i “giusti”. Perché, quale che sia ancora l’atteggiamento degli italiani verso colui che fu sindaco di un paese “ abbandonato”, e però recuperato, nessuno può smentire che questi sia un uomo giusto. Buono. Profondamente ancorato al principio, da noi anche “costituzionalizzato”, che l’essere umano sia il centro del divenire della storia e che il suo determinarsi all’interno della comunità degli esseri umani sia strettamente collegato alla difesa esclusiva della dignità della persona.

Dignità, che si afferma sul principio consequenziale dell’eguaglianza nella libertà. E sugli altri, che si fa ancora finta di non capire: che il mondo sia di tutti, la terra di cui è fatto sia unica e non divisibile, che i confini siano una mera invenzione in contrasto con la libertà delle persone, che il mare sia anch’esso unico e sia dell’acqua di cui è fatta la vita, la strada del viaggio, il piacere della ricerca di nuovi orizzonti. Sia il sogno che naviga verso la sua realizzazione.

E, ancora, che se il dovere di ogni uomo sia di salvare la vita di ciascun essere umano che la rischia, quello della Politica sia di valorizzarla. Anche attraverso il lavoro che la “nobilita”, una casa che l’accolga, una scuola che la fortifichi, una chiesa che la carezzi, uno Stato che l’assicuri e la rassicuri. Riace, che l’ideologia divisiva vuole rappresenti un modello, è stato invece “ nient’altro” che tutto questo.

Una casa, è stato. Per tutti coloro che ne fossero privi. Una scuola, per coloro che l’avrebbero frequentata. Una bottega artigiana e un campo da arare, è stato. E cento chiese, per coloro che volessero pregare. Ed è stato la piazze e le vie dell’incontro tra la gente, che si dipingeva del colore del viso delle persone “diverse” che l’abitavano. E questa è la Politica. La Riace di Mimmo Lucano è l’utopia che prende forma. La Democrazia che si concreta nella Libertà che diviene. Una condanna è sempre una condanna, è vero.

E che sia minima, come quella emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, è una soddisfazione che fa bene a Mimmo e alla Calabria, ma dispiace nel profondo egualmente. Anche in riferimento al fatto che il sistema Giustizia permanga inquietato per quelle contraddizioni poco rassicuranti. Cosa resta oggi sui margini dei fogli che riceveranno le motivazioni della nuova sentenza? Restano i tanti anni consumati dalle istituzioni, insieme alle preziose energie umane utilizzate, per raggiungere una verità accettabile.

Resta la rapida chiusura di un’esperienza amministrativa tra le più rivoluzionarie che la storia recente ricordi e l’abbandono del campo da parte di un politico davvero visionario, capace, pertanto, di contaminare, con i suoi risultati, i comuni più vicini. Resta il dolore di un uomo buono semplice e umile, intelligente e combattivo, che quella Riace bella, accogliente, intelligente, coraggiosa, aveva inventato.

E l’atteggiamento gentile nutrito di quella cultura di pace con i quali ha ha rispettato le istituzioni, gli operatori della Giustizia, le sentenze. E anche le posizioni politiche della parte che si è voluta presentare ideologicamente avversa utilizzando insulti e cattiverie feroci. Restano le migliaia di persone che hanno creduto in lui non abbandonalo mai. E le centinaia che sono rimaste tutto il giorno davanti al tribunale di Reggio in attesa della sentenza e che poi hanno applaudito, urlato la gioia e cantato di questa per lui. Resta il respiro vitale della Giustizia, che soffia benevolo sulla Democrazia.

Resta l’educazione educante di Mimmo Lucano che nella Giustizia ha sempre riposto la sua fiducia, la sua ansia di giustizia, il suo amore per l’uomo e il suo bisogno di libertà. Resta il sogno che riprende e la bellezza di un uomo che si rimette in cammino. E che non sarà mai più solo.  (fc)

Lo street artist TvBoy dedica un murales a Mimmo Lucano: «Riaccendiamo la luce»

È un’immagine forte, ma che parla chiaro, l’opera realizzata dallo street artist TvBoy per Mimmo Lucano, che raffigura l’ex sindaco di Riace dietro le sbarre con in braccio un piccolo migrante.

«Riaccendiamo la luce – ha scritto su Facebook –. Ancora una volta l’Italia è il Paese delle contraddizioni. Il luogo in cui salvare vite umane significa ricevere una condanna di 13 anni e 2 mesi».

«E il paragone inevitabile – ha proseguito – balzato all’occhio in questi giorni è la “pena” di 12 anni inflitti a Luca Traiani, che nel 2017 con un tatuaggio di una svastica sulla fronte e da candidato leghista a Macerata, ha letteralmente aperto il fuoco contro delle persone, colpevoli di essere migranti».
«Salvare vite invece, come ha fatto Mimmo Lucano col suo “Modello Riace” – riceve una pena maggiore di chi quelle vite vuole strapparle. Per noi però non è così. Non può e non deve essere così. Per noi schierarsi dalla parte degli ultimi non può significare questo».
«Per noi – ha concluso – che stiamo dalla parte di Mimmo e vediamo “in-giustizia” nei luoghi dove, al contrario, dovrebbe essere normale distinguere il bene dal male». (rrc)

«Lucano non è solo»: L’Italia e il mondo al fianco dell’ex sindaco di Riace

«Nonostante le ore difficili che hanno seguito la lettura del dispositivo di sentenza che ha condannato Mimmo Lucano a 13 anni e 2 mesi, oggi possiamo dire che Domenico Lucano non è solo», si legge in una nota del movimento Un’altra Calabria è possibile.

«Tutta l’Italia sta rispondendo al nostro appello per la costruzione di mobilitazioni democratiche in concomitanza con l’iniziativa a Riace» continua la nota del movimento, che ha illustrato le varie iniziative, che partono da Milano fino ad arrivare a Napoli, coinvolgendo anche Pisa, Firenze e Bologna. A Riace, poi, alle 16, al’Anfiteatro, andrà in scena Riace Social Blues, che ripercorrerà la storia del borgo «che ha fatto la rivoluzione».

Anche don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, ha sottolineato che «occorre equilibrio e misura».

«Ero con Mimmo Lucano a Riace nel 2004 – ha spiegato – quando iniziò la sua straordinaria esperienza di sindaco, ho continuato idealmente a esserlo anche durante le vicende giudiziarie, culminate oggi con la condanna a 13 anni di carcere: sentenza pesantissima di cui attendiamo di conoscere le motivazioni».

«Le leggi, non si discute, vanno rispettate, ma viene da chiedersi – ha sottolineato don Ciotti – di quali reati possa essersi macchiato Mimmo per meritare una simile condanna. Se le violazioni sono state commesse per facilitare l’accoglienza, senza tornaconti personali, sarebbe forse il caso di usare un minimo di riguardo».

«Si ripropone qui – ha proseguito – il contrasto che sin dai tempi antichi, valga su tutti l’esempio di Antigone, si è prodotto a volte tra le leggi dei codici e le leggi della coscienza».

«Ciò detto, e ribadita la mia umana vicinanza a Mimmo e alla sua compagna, mi auguro – ha concluso don Ciotti – che al netto degli incidenti giudiziari non si disperda il prezioso patrimonio sociale e culturale rappresentato dall’esperienza di Riace. Modello pionieristico di un’accoglienza capace di conciliare dignità, lavoro e sicurezza a beneficio di tutta la comunità».

Don Ciotti si augura «che, al netto degli incidenti giudiziari, non si disperda il prezioso patrimonio sociale e culturale rappresentato dall’esperienza di Riace».

Anche Antonio Tajani, in un’intervista a Anch’io, si è espresso sulla condanna di Lucano: «noi come Forza Italia siamo da sempre garantisti, abbiamo sempre detto che c’è un problema della giustizia penale e civile e che bisogna andare al di là della riforma Cartabia».

«Finché uno non è condannato in terzo grado è innocente – ha concluso – per Forza Italia è sempre stato così. La riforma della giustizia serve per avere nel nostro paese un sistema più equilibrato».

Giornale Radio RaiLuigi D’Alessio, procuratore di Locri, ha rivelato che «non è  che io sia soddisfatto di tutti questi anni che il tribunale ha comminato. Noi ci eravamo tenuti sui minimi di legge possibili. Il Tribunale gli ha dato ben di più».

«Le sentenze – ha aggiunto d’Alessio – non si commentano. Bisogna leggere le motivazioni, ma evidentemente la nostra ricostruzione non era così folle. Umanamente mi dispiace per Lucano, ma è stato riconosciuto l’impianto accusatorio».

«Le sentenze e le imputazioni non si fanno con il consenso pubblico che si ha – ha concluso –. C’è stata molta superficialità in queste valutazioni che mi sono portato sulle spalle».

Porta a Porta, il segretario del Pd, Enrico Letta, in merito alla sentenza di Lucano, ha dichiarato che «credo he qui si dia un messaggio terribile, pesantissimo, un messaggio che io credo alla fine farà crescere la sfiducia nei confronti della magistratura, sono molto colpito».

«Quello che è successo è incredibile: il raddoppio rispetto a quanto chiesto dal pm, non so quante volte capita. Io sono esterrefatto per quanto accaduto, esprimo solidarietà e vicinanza».

Anche Francesco Boccia, deputato Pd e responsabile Enti Locali della Segreteria nazionale, nel corso di un suo intervento elettorale a Cittanova, ha espresso la sua «solidarietà a Mimmo Lucano e vicinanza umana».

«Siamo in uno Stato di diritto – ha concluso – e abbiamo il dovere di rispettare le leggi e le istituzioni. Ci saranno il secondo e il terzo grado e Mimmo Lucano si difenderà e noi gli saremo accanto. Ma strumentalizzare la sua vicenda umana per ragioni politiche è cinico e vergognoso. La Calabria vuole il riscatto. La Calabria non vuole più i conflitti che amano e cercano Salvini e De Magistris».

La sardina Jasmine Cristallo, che ha riferito su Facebook che sarà a Riace, ha sottolineato che «non è stato condannato un uomo, è stata condannata una Storia», oltre che «c’è una questione morale nella magistratura ed è un’emergenza».

Il senatore e presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, su Facebook ha ribadito che «le sentenze si rispettano. Questo non significa, però, che non si possano discutere».

«Mi auguro, dopo la condanna di ieri a Lucano – ha scritto – che per tutto il sistema dell’accoglienza venga usato lo stesso metro applicato con l’ex sindaco di Riace nel formulare le sentenze. Anche perché, come leggiamo dai commenti di chi lo conosce bene, Lucano avrà commesso soprattutto delle irregolarità amministrative, ma non sembra averne tratto vantaggio personale né patrimoniale né di altro tipo».

La Repubblica, in un articolo a firma di Arianna Finos, riporta le parole del regista tedesco Wim Wenders, legato all’ex sindaco di Riace da un rapporto di stima e amicizia: «condannare Mimmo Lucano a tredici anni di prigione è tanto scandaloso quanto assurdo. È un uomo di grande umanità e un pacificatore coraggioso. Allora si potrebbero mettere in prigione tutte le persone di buona volontà, comprese quelle che predicano compassione e fraternità. Ora sono pronto a vedere in manette Papa Francesco, non sarebbe meno ridicolo e farsesco».

Ma non è solo l’Italia a essere rimasta basita dalla condanna di Lucano. Tutto il mondo e la stampa estera ne sta parlando: il The Guardian, il DW News o il Taz.de, per farne un esempio, oltre che tantissimi utenti provenienti da tutto il mondo che hanno espresso la propria solidarietà verso quell’uomo dalla grande umanità quale è Mimmo Lucano. (rrm)

L’OPINIONE / di Franco Cimino: Mimmo Lucano, la legge, la politica e la morale

di FRANCO CIMINO – Vorrei che fosse consentito a un uomo che ama le istituzioni e l’autorità che le rappresenta rispetta, quale io mi sento, di dirsi sorpreso, esterrefatto, turbato, preoccupato, dalla sentenza che il Tribunale di Locri ha emesso nei confronti di Mimmo Lucano, il sindaco di quella Riace che voleva proporsi come città greca dell’accoglienza e della democrazia.

Chi mi conosce sa che io non mi sono mai “ iscritto” al partito sorto spontaneamente nel nome di Lucano trionfante. Dell’uomo, cioè, che per un paio d’anni ha avuto un successo politico e una popolarità, non solo in Italia, che pochi, qui e altrove, hanno avuto.

Una popolarità che l’ex sindaco non ha mai voluto sfruttare a fini personali o per facili carriere politiche. Io non sono un giurista, non sono nel processo, non conosco le carte di quello che si è appena concluso dopo circa due anni di svolgimento e, giustamente, nel giorno in cui si sarebbe dovuto concludere, non potendo la Giustizia, come invece lamentano in tanti quando ne sono interessati, sintonizzare il proprio orologio con quello della politica. In più ho fiducia nei magistrati, sia inquirenti che giudicanti, che hanno avviato l’iter processuale nei confronti dell’ex sindaco, oggi chiuso al primo responso.

Le sentenze si accettano, ma non è vero che non si discutano, anche quando sono definitive. Io che pure le accetto e le rispetto, non posso non constatare una sorta di discrepanza fra i tredici anni e due mesi più la restituzione di cinquecentomila euro dei fondi impiegati, inflitti a un amministratore , che può aver sbagliato nella gestione amministrativa violando pure la legge, ma che non si è mai messo un soldo in tasca, e i tanti corrotti nella politica.

Quelli, in particolare, che rubano risorse pubbliche, scambiano denaro con favori illeciti, e quelli che hanno fatto la tacita alleanza con quei mafiosi, che se la cavano sempre con pene assai miti. È una discrepanza, questa, che accresce la sfiducia dei cittadini verso le istituzioni in generale e la Giustizia, in particolare. Specialmente, dopo gli spiacevoli fatti che hanno riguardato la Giurisdizione calabrese negli ultimi anni. Di Mimmo Lucano, ho sempre pensato che sia una persona bella, un cristiano senza religione che ha posto l’uomo al centro della Politica, la più alta forma di carità.

In questa sua visione ha svolto il lavoro più difficile e rischioso, aiutare i più deboli, gli emarginati, quelli che Francesco chiama gli scarti umani, gli esseri umani più poveri dei poveri. Quelli che non hanno nulla, né lavoro, né casa, né patria, e la famiglia lasciano lontano o la perdono nel mare della speranza. Tra le realtà abbandonate vi sono anche i luoghi. In Calabria sono le terre abbandonate, bruciate dal fuoco e indurite dall’emigrazione.

E i paesi, quelli interni, che non sono sui monti e non sulle colline e il mare però lo guardano da un semplice affaccio. E che, come gli alberi d’autunno, spogli di anime e di persone, soffrono di solitudine. Lucano, non so se volutamente o perché spinto da quello spirito cristiano recondito, ha cercato di mettere insieme scarti umani e scarti urbani, povertà dei derelitti e povertà del territorio, solitudine delle persone e solitudine dei paesi, culture negate e culture abbandonate. In qualsiasi parte del mondo, tutto questo sarebbe stato considerato progetto politico o una qualche forma di santità.

Qui, da noi, è stato segnato come velleità fallita, presunzione dell’ignoranza rozza. Ambizione sfrenata moralmente fragile. Spero, invece, che un giorno, la Calabria non solo riconosca il bello di questa persona, ma si riconosca in questa idea della vita fortemente sostenuta dalla persona fattasi sindaco. Spero pure che, presto, davvero presto, anche la Giustizia lo assolva dei reati ascrittigli, perché troverà la prova che non sono stati commessi. (fc)

 

L’EDITORIALE di Filippo Veltri: “Ma chi te l’ha fatto fare, Mimmo?”

di FILIPPO VELTRI – Conosco Mimmo Lucano da molti anni e alcuni miei colleghi da molti più di me. Da ieri si sente dire e scrivere che le sentenze non si commentano. Vero, verissimo, anche se in quanto a quantità vale quello che Lucano ha detto ieri uscendo dal Tribunale di Locri: nemmeno a un mafioso! Ma non sarebbe stato diverso se ci fosse stato in ogni caso una condanna, anche se a pene più miti. Le sentenze non si commentano, giusto, anche se un dato emerge e su cui tutti dobbiamo riflettere: se la giustizia di un Tribunale cozza, infatti, così tanto violentemente con  un sentire comune qualche problema c’e’.

Ma in ogni caso non mi voglio occupare di ciò ma di Mimmo Lucano uomo e persona, perché se non si può giudicare una sentenza prima di averla letta, giusto per la terza volta, si può però benissimo giudicare un uomo. E io Mimmo Lucano lo conosco bene. Quando andai tanti anni fa a Riace per la prima volta e vidi quest’uomo pensai subito alla fine della visita: ma chi glielo fa fare? Si sbatteva a destra e a sinistra, dava udienza a gente che veniva da ogni parte (del Mondo, non della Calabria), il paese era un fiore, lui ti lasciava e poi ricompariva all’improvviso.

All’epoca non lo conosceva quasi nessuno. Wenders non aveva fatto ancora il film, nessun giornale gli aveva dedicato la copertina, non conosceva nessuno dei cd potenti, né qui e né altrove, non aveva parlato sui palcoscenici più famosi del mondo (non della Calabria).

Scesi a Riace Marina con la sensazione che non mi sono più tolto dalla testa in tutti questi anni di avere conosciuto un uomo generoso, uno che butta il cuore oltre l’ostacolo, di uno fuori dal coro. In tutti i sensi.

All’epoca non aveva una lira e ora non ha un euro. Chi te l’ha fatto fare Mimmo? Le sentenze non si commentano, giusto ed è la quarta volta, ma a quest’uomo chi mai restituirà un giorno l’onore e la dignità per avere aiutato decine di ultimi nel mondo ad avere una speranza? Chi dirà a costoro che sono stati invece truffati da un malandrino che nel suo conto corrente non ha nemmeno 10 euro? Se la giustizia delle aule si allontana così profondamente dal senso comune, così come da ieri sta avvenendo dopo la sentenza di Locri un problema c’è: o nella giustizia o nel senso comune. Ma fare finta di niente non è possibile. Per noi tutti ma soprattutto per Mimmo Lucano, un hombre vertical in un mondo di nebbie. (fv)