Tra sette giorni si vota per il referendum confermativo della legge che taglia i parlamentari: se vince il Sì la Calabria è tra le regioni più svantaggiate in termini di rappresentatività. Domenica e lunedì si vota anche per il rinnovo di diversi Consigli regionali e comunali. In Calabria sono chiamati alle urne 262.836 elettori per il rinnovo dell’Amministrazione di 73 Comuni. L’appuntamento più importante riguarda la Città metropolitana di Reggio e Crotone. A Reggio nove candidati a sindaco, ma sarà una partita a tre. Calabria.Live offre, in esclusiva, un profilo inedito e originale dei tre sfidanti: Giuseppe Falcomatà, Angela Marcianò e Nino Minicuci.
Dalla NOSTRA REDAZIONE – In comune hanno solo due cose: la laurea in giurisprudenza e il segno di terra nello zodiaco che, per chi ci crede, significa stabilità, resistenza e buon senso. Per il resto, non potevano esserci personalità così diverse – per storia personale, cultura, immagine e stile – a contendersi lo scettro di sindaco della più grande città della Calabria.
Giuseppe Falcomatà, Angela Marcianò e Antonino Minicuci, in rigoroso ordine alfabetico, sono i protagonisti del “triello” che sta appassionando la politica calabrese e, in parte, nazionale, trattandosi dell’unica Città Metropolitana in cui si voterà il 20 e il 21 settembre.
Li abbiamo analizzati e seguiti in questa campagna elettorale, tentando di tracciarne non solo il profilo politico, ma anche quello psicologico e intimo, cercando di individuarne i punti forti e i punti deboli, con particolare attenzione al loro stile e alle modalità scelte per la loro personale propaganda.
Giuseppe Falcomatà
È sicuramente il più noto dei tre. Figlio di Italo, il sindaco della “primavera reggina”, è praticamente cresciuto a pane e politica. Dal padre, che era docente di storia e dirigente del PCI, ha ereditato il gusto della cultura e della politica militante. È nato il 18 settembre del 1983, sotto il segno della Vergine. Studi classici al liceo “Campanella” e poi laurea in scienze giuridiche e giurisprudenza. È avvocato e divide lo studio con il suo vicesindaco, l’avvocato Armando Neri, in un singolare connubio professionale e politico.
Molto importanti per lui sono le donne della famiglia: la madre Rosetta Neto, che era insegnante e che è stata determinante nelle scelte politiche del marito Italo e del figlio Giuseppe; la sorella Valeria, dermatologa; la moglie Giovanna – figlia del sindaco di Bagaladi Santo Monorchio – che gli ha dato i figli Italo e Marco.
Alto, di bell’aspetto, una folta capigliatura ora appena colorata d’argento (che gli ha guadagnato il soprannome di “belli capelli”, dalla canzone di Francesco De Gregori), ha un carattere determinato e razionale. I suoi detrattori lo dipingono come altezzoso, spocchioso e arrogante. I suoi fans lo rappresentano come persona seria, in fondo timida e un po’ insicuro.
Come tutti gli uomini “vergine”, punta tutto sulla razionalità e sulla logica per sconfiggere la sua naturale insicurezza. Osserva molto, valuta con attenzione prima di gettarsi in un’avventura.
Ama molto la musica, in particolare i cantautori come Francesco De Gregori, Vasco Rossi, Antonello Venditti, Franco Battiato, che utilizza molto sui social per fare da colonna sonora ai suoi post.
Sotto il profilo dell’immagine è un dandy, una persona di eleganza giovanile, molto curato, che ama indossare la giacca sui jeans e sulle t shirt. D’altronde, avendo meno di 40 anni e un fisico asciutto, sfrutta la forza della giovinezza per catturare fette di consenso.
La Reggina nel cuore, ma anche nel cervello. La cittadinanza onoraria al presidente Luca Gallo è stata un colpo di teatro, da alcuni non gradita. Falcomatà si è presentato alla cerimonia con una vistosa cravatta amaranto.
Molto presente sui social (quasi 75.000 followers), non disdegna di usare frasi in dialetto reggino. Il suo addetto stampa è il giornalista Stefano Perri, suo portavoce in Comune, mentre la segreteria elettorale è dalle parti di Piazza Castello.
Angela Marcianò
È decisamente la personalità più controversa, più contraddittoria e più intrigante del “triello”. La sua storia politica è costantemente in bilico tra la tradizione familiare di destra (uno zio storico “camerata” e un marito già consigliere comunale con Scopelliti) e l’esperienza di sinistra prima nella giunta di Giuseppe Falcomatà, poi nella segreteria nazionale del PD di Matteo Renzi (“ma senza averne la tessera”, ci tiene a precisare).
Una sorta di “oggetto misterioso” difficile da decifrare che racchiude indubbie capacità professionali (è apprezzata docente all’Università di Messina) e altrettanto evidenti capacità di comunicatrice politica, sorrette da una dialettica stringente e accattivante.
Angela Marcianò è nata il 18 gennaio del 1978, sotto il segno del Capricorno, a Villa San Giuseppe, una frazione di Reggio, a cui è molto legata. È sposata con l’avvocato Antonio Foti ed ha un figlio di tre anni, Pasquale Renato, affettuosamente chiamato Pato o, ancora, “Piccolo principe”, dal capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry.
Ama i cani (con il marito Antonio ne accudisce una ventina, due gli vennero avvelenati anni fa) e fare la pizza in casa.
È considerata una “pupilla” del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, con il quale ha più volte collaborato.
Candidata dello “sceriffo”, l’hanno bollata alcuni avversari, senza peraltro sapere che il noto magistrato è molto distante dalle vicende politiche, oltre che super impegnato nelle sue inchieste contro la mafia.
In passato, la Marcianò ha incassato anche il plauso del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho.
La partecipazione alla giunta Falcomatà le è costata una condanna per abuso d’ufficio per il caso “Miramare”.
Ambiziosa come tutte le donne “capricorno”, punta sempre molto in alto, anche se lo fa con una studiata umiltà che la rende molto vicina alla gente. Sa bene cosa vuole, è molto esigente con gli altri, ma soprattutto con sè stessa.
Bel sorriso, veste come una donna della sua età, in maniera molto giovanile. In questa campagna elettorale, predilige i jeans su cui indossa una t shirt bianca con i simboli delle quattro liste che la sorreggono. In occasione della presentazione della sua candidatura, ha invece scelto il blu elettrico di un abito molto semplice. Sempre il blu elettrico della giacca nella foto usata per i manifesti e i profili social.
Il suo addetto stampa è il giornalista Federico Lamberti, mentre non le fa mancare il suo contributo di vecchia volpe della politica comunale Oreste Arconte. La sua segreteria è in pieno centro, in una traversa di corso Garibaldi.
Antonino Minicuci
È il “papa straniero” perché a Reggio Calabria i 28 chilometri che separano la città da Melito Porto Salvo sono percepiti come una distanza siderale. In realtà, i legami tra Antonino Minicuci, candidato del centrodestra, e la città di Reggio Calabria sono molto solidi, a prescindere dal suo luogo di nascita. In riva allo Stretto, ha avuto significative esperienze professionali e vanta notevoli amicizie.
Ha lo stile e l’aplomb del professore, di colui che sa molto e che può insegnare molto. Lo ha confermato il sindaco di Genova, Bucci, in un’intervista: «Minicuci mi ha insegnato molto, mi ha insegnato le leggi, mi ha insegnato a fare il sindaco».
Tra i due si è creato un sodalizio forte. Ogni mattina, prima di cominciare le dure giornate di lavoro, si consumava un rito, con Minucici che spiegava al sindaco della Lanterna il significato di un proverbio calabrese. Un proverbio ogni mattina.
Il “professore” ne ha sempre saputo più di tutti, sempre un gradino più in alto degli altri, sempre più preparato degli altri. Senza queste qualità, non gli sarebbe stato possibile fare carriera nel profondo nord.
La famiglia – moglie e una figlia – vive a Massa, in Toscana. Particolare che è stato utilizzato dagli avversari per caricare la sua immagine di “papa straniero” voluto da Matteo Salvini. In verità, la sua candidatura nasce più dal governatore della Liguria, l’ex giornalista Giovanni Toti, che ha avuto modo di apprezzarne le doti in occasione della ricostruzione del ponte Morandi. Toti, Bucci e Salvini hanno partorito questa candidatura del “superburocrate” che ne sa sempre più degli altri e che dovrebbe realizzare il sogno di un altro ponte, quello sullo Stretto.
Minicuci in questa campagna elettorale ha cercato di sfumare la genesi della sua discesa in campo, affermando con orgoglio le sue radici reggine e la sua voglia di lavorare per la città che ama.
Si è fatto il giro dei mercati, ha mangiato con avidità un paninu cu satizzu, ha indossato una mascherina colore amaranto.
Sul piano dell’immagine, non ha fatto altro che confermare il suo stile di una vita. Pantaloni e camicia, nessuna concessione giovanile, nessuna tentazione di competere su questo piano con i suoi due più giovani e bellocci avversari.
La sua è stata finora una campagna elettorale “istituzionale”, senza grandi bagliori, senza slogan ad effetto, in linea con un uomo abituato a comandare, ma da dietro le quinte.
Il suo addetto stampa è il giornalista Pasquale Romano, esperto di comunicazione e marketing, mentre la sua segreteria è su corso Garibaldi. Nuccio Pizzimenti è uno dei registi “politici” della sua campagna elettorale. (dr)