La super vittoria di Roberto Occhiuto: 57%
Tridico: Non mi aspettavo un risultato così

di SANTO STRATIÈ un risultato che va al di là di ogni ragionevole aspettativa: Roberto Occhiuto e la sua squadra non volevamo vincere, ma stravincere. In pochi ci credevano, eppure il sorprendente dato che emerge dalle urne (57% contro 41%, punto più, punto meno, non importa) non solo premia un centrodestra coeso e unito, ma segna il fallimento totale del campo largo. Un’invenzione che non è servita a raccogliere consensi, ma soprattutto a spingere al voto i cosiddetti astenuti, i delusi della politica, gli avviliti, i protagonisti di un dissenso palpabile che si manifestacon la diserzione dalle urne.

Intendiamoci, il 43,14% di affluenza è fasullo, giacché si basa sul numero degli aventi diritto al voto (dove figurano diverse centinaia di migliaia di calabresi iscritti all’Aire, cioè residenti all’estero, ma titolari del diritto di voto. Che possono esercitare – alle elezioni politiche – mediante la preferenza espressa a distanza, per corrispondenza, ma che sono esclusi dal voto se non vanno a votare nella sezione dove figurano iscritti. E a questi vanno aggiunti almeno altri 250mila calabresi che, pur mantenendo la residenza in Calabria, vivono fuori: studenti, lavoratori, insegnanti, etc. Per loro la mancanza del voto a distanza (una pratica di facilissima applicazione se solo la politica lo volesse) si traduce in un astensionismo non voluto, forzato da ragioni soprattutto economiche: un viaggio per votare, pur se scontato significa qualche centinaio di euro, che sono soldi per la stragrande maggioranza di chi vive, studia o lavora fuori. Quindi sarebbe opportuno che si ripescassero i disegni di legge per il voto a distanza (partiti dalla lodevole iniziativa del Collettivo Peppe Valarioti, “Voto sano da lontano”, del 2020), bocciati dal Parlamento.

Ma anche applicando i valori percentuali dell’affluenza su un realistico numero di effettivi votanti (1.200.00 rispetto al milione e 888mila dell’Istat) avremmo comunque un’affluenza più o meno del 50%. Il che equivale, comunque al segnale più evidente di una irreversibile disaffezione per la politica.

Ma non è l’affluenza (un punto in percentuale in meno rispetto al 2021) l’elemento che domina questa tornata elettorale. È il distacco tra i due candidati che certifica, senza bisogno di notai indipendenti, la clamorosa sconfitta del centrosinistra e del campo “larghissimo” che doveva sbaragliare Occhiuto e centrodestra.

Sbagliata la strategia politica, sbagliata la strategia elettorale, sbagliata la comunicazione: Tridico, che può vantare un curriculum di stimatissimo accademico di lungo corso, si è fidato di Giuseppe Conte e dei compagni del PD, mostrando un dilettantismo spaventoso nella gestione della campagna elettorale. Ha combattuto contro l’avversario come fosse un nemico da battere, in un duello da Ok Corral, dimenticandosi che come insegna Sergio Leone «quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, è un uomo morto».

Sarebbe bastato un po’ di buon senso e qualche consigliere esperto a suggerire pacatezza e controllo nelle promesse e nelle dichiarazioni d’intenti. Il suo bel programma ai più è apparso il solito libro dei sogni, ma i calabresi ne hanno piene le tasche di promesse e suggestioni da campagna elettorale. Non ci sono cascati. Ed è prevalsa la logica dell’usato sicuro (con tutto il rispetto per il bis-Presidente), ovvero hanno preferito ridare fiducia al governatore uscente piuttosto che affrontare la via dell’incognito.

Tutto questo richiederà un serio esame a livello nazionale: la sinistra deve decidere se completare il lento suicidio o darsi una svolta. Le lezioni (e le “bastonate”) servono anche a questo. (s)

Urne aperte da stamattina alle 7 fino alle 23.
E domani dalle 7 alle 15.
E allora tutti a votare!

di SANTO STRATI – A parte le schiere di supporter, addetti ai lavori e pochi intrepidi nel cui cuore batte ancora un briciolo di passione politica, si ha la netta impressione che sia scarsa la palpitazione dei calabresi per questa competizione elettorale.

Frutto anche di una campagna elettorale sguaiata e irrimediabilmente infettata da un ingiustificato livore, dall’una e dall’altra parte. Una campagna elettorale che non è riuscita a scuotere gli animi, che non ha acceso la miccia di una qualsiasi “rivoluzione” gentile finendo allo scontro armato (di buone intenzioni e improbabili promesse) tra due “nemici” piuttosto che avversari politici.

Non è piaciuta per niente questa campagna elettorale ai calabresi, costretti a subire il carosello continuo di slogan logori e deprivati di qualsiasi appeal che l’uno e l’altro, Occhiuto e Tridico, si sono recitati a vicenda (il terzo “incomodo” – Francesco Toscano – col suo candido zerovirgola è un gran simpatico ma non fa testo), ripetendo all’infinito improbabili disvalori (l’uno dell’altro) come se fosse questo l’elemento in grado di spostare voti da una parte o dall’altra.

I calabresi, diciamo la verità, hanno rimpianto le vecchie tribune politiche alla Jader Jacobelli, dove prevaleva il rispetto tra gli avversari, con un immancabile filo di ironia che induceva più al sorriso che al ghigno. Complici anche il tempo troppo ridotto e la fin troppo evidente impreparazione di un centrosinistra, incredibilmente “unito” in un campo largo destinato a produrre un “perdente di successo”, questa volta sono prevalsi tra gli elettori l’indifferenza e un malcelato distacco dall’agone politico. Una battaglia senza eserciti che non assomiglia nemmeno vagamente a un risiko a tavolino, dove, comunque, serve un pizzico di strategia per sconfiggere gli avversari.

Qui la strategia è diventata merce rara, con Occhiuto che sembrava il protagonista de I pirati dei Caraibi e Tridico, il prof, impacciato come un novellino al primo colloquio per un posto di lavoro. Intendiamoci, Occhiuto in questa partita era cartaro e Tridico un giocatore poco esperto, ma queste sensazioni le hanno colte gli addetti ai lavori, gli specialisti della comunicazione, non certo la platea degli elettori, rimasta insensibile allo scambio reciproco di “insulti” basati sul “non fatto” dell’uno – governatore uscente – e sulle debolezze “stilistiche” dell’aspirante.

Ma chi ha curato la campagna elettorale di Tridico? Da quanto si è visto, probabilmente un dilettante, ovvero una squadra di dilettanti allo sbaraglio che non ne ha azzeccata una. Lasciamo perdere gli svarioni verbali, ma Tridico, a chiusura della campagna possiamo dirlo, ha fatto di tutto per offrire il fianco a poco divertenti prese in giro, non ultimo l’accostamento ad Antonio Albanese, alias Cetto LaQualunque, con la differenza che il comico attore faceva ridere (è il suo mestiere), ma Tridico ha fatto mettere le mani nei capelli su quanti lo avevano immaginato nell’angelo vendicatore della sinistra in declino. No, nulla di tutto questo. Da candidato Tridico poteva mettere il naso nella formazione di tutte le liste (ma non l’ha fatto), poteva sganciarsi (con eleganza) dal macigno del “vaffa” grillino (ma non l’ha fatto) mostrando di avere gli attributi giusti, poteva raccontare una storia diversa, vincente della sua idea di Calabria. E invece si è perso a inseguire i “guasti” nella sanità provocati dall’avversario (dimenticando, purtroppo per lui, che i commissari “disastrosi” della Sanità li ha nominati il Governo Conte), si è fatto prendere la mano a rintuzzare l’avversario, al posto di ignorarlo: doveva – a nostro modesto avviso – dire solamente “signori, si cambia” e snocciolare idee e proposte, che avessero basi di concretezza (e disponibilità dei fondi necessari). Poteva tralasciare di ripetere che il Ponte è “una sciagura”, guardando allo sviluppo del territorio e alle infrastrutture che – senza il Ponte – difficilmente saranno realizzate. Invece ha giocato “a perdere”, ma probabilmente nessuno glielo ha fatto notare.

L’ex presidente dell’Inps ha perduto un’opportunità grande quanto una casa e quando gli ricapita? Certo, le urne si aprono stamattina e tutto può ancora succedere (in politica è quasi normale, ricordatevi cosa è successo per il Comune di Catanzaro con l’inaspettato successo di Fiorita…) ma è evidente che Tridico ha giocato male, malissimo, la sua partita: un bel programma di buone intenzioni (e poca concretezza) non è sufficiente a smuovere l’elettorato silente, quello che volontariamente diserta le urne perché stanco, avvilito, a volte disgustato da una politica fatta di nulla ricoperto di niente.

Quella fascia di elettorato che il centrosinistra unito (?) avrebbe potuto-dovuto intercettare non con la promessa di un improbabile reddito di dignità da 500 euro al mese, ma con un serio e articolato progetto di crescita e sviluppo del territorio. Così Tridico s’è trovato a recitare la parte del pifferaio magico, senza sapere che i “topi” se n’erano già andati via da soli, sconfortati e delusi dall’impolitica, e scoprendo tardi che non c’erano nemmeno “bambini” da irretire per punire il borgomastro cattivo. Scusate la metafora, ma ci sta tutta: Tridico doveva attuare una campagna di comunicazione fatta non di deboli promesse (tipiche di chiunque si candidi per qualsiasi ruolo, in politica) ma di programmi – davvero realizzabili – non da libro dei sogni.

La Calabria è una terra difficile da governare, lo sanno i 18 presidenti e i due vice facenti funzione che hanno segnato 55 anni di regionalismo. Qualcuno dirà “ma erano altri tempi” e, in parte è vero, ma oggi esistono condizioni forse più favorevoli per capovolgere la narrazione di una Calabria che va a pietire aiuti e sussidi al Governo centrale.

Certo bisogna battere i pugni, ma soprattutto avere la capacità di saperli battere: i calabresi non sono mai stato un popolo rassegnato, sfiduciato e avvilito sì. Eppure dal Nord, che insiste per bocca di Calderoli sull’autonomia differenziata (senza possibilità di successo), vengono chiare e non equivoche indicazioni che la vera locomotiva del Paese è il Mezzogiorno. Ma per farla camminare serve un vero Piano per il Sud che preveda delocalizzazioni di aziende della parte ricca del Paese, che offra e garantisca incentivazioni per il South smart working, che preveda la defiscalizzazione dei contributi dei nuovi assunti al Sud. E ci sia una grande impegno di investimento per la formazione, con la massima attenzione alla scuola, sempre più fanalino di coda degli impegni di tutti i governi.

Occhiuto s’è lanciato anche lui in promesse in parte difficilmente realizzabili, ma può vantare il vantaggio di avere già governato (bene o male ce lo diranno i voti che prenderà).

Le polemiche a risultato definitivo non finiranno, ma sarebbe bello immaginare un impegno trasversale di tutti (maggioranza e opposizione) per il futuro dei nostri ragazzi.

E, naturalmente, andiamo tutti a votare. (s)

Regionali: Sanità, Inclusione e Sviluppo
I nodi di un’elezione molto complessa

di SANTO STRATI –  Inclusione e sviluppo sono il vero nodo delle prossime elezioni regionali. Se si dà per scontata la priorità assoluta rappresentata dalla disastratissima Sanità calabrese, su questi due temi si vanno a confrontare i due candidati Occhiuto e Tridico (forse ce ne sarà un terzo, Francesco Toscano per Democrazia Sovrana e Popolare, se raccolgono le firme necessarie per la presentazione delle liste). Il confronto non appare scontato viste le ben chiare posizioni, ma riguarda essenzialmente la scelta di strategia che sarà adottata.

Un manifesto di intellettuali indica in Pasquale Tridico la svolta necessaria di cui la Calabria ha estremamente bisogno, e non c’è da eccepire sulle qualità accademiche e le capacità di serio economista (oltre al fatto di essere una persona perbene), però la sua candidatura, spinosa per molti versi per Occhiuto e tutto il centrodestra, mostra alcune debolezze, su cui il tempo ristretto gioca sicuramente a sfavore.

Tridico è il padre del reddito di cittadinanza e punta sull’inclusione sociale per raccogliere consensi: l’idea di un “reddito di dignità” è ammirevole sotto tutti i punti di vista e alle critiche del centrodestra che mancano le risorse finanziarie necessarie, il professore originario di Scala Coeli (CS) replica che si possono reperire facendo una “raccolta indifferenziata” tra i vari fondi europei che prevedono misure per l’inclusione sociale. Anche il Pnrr, di cui la Calabria ha, allo stato, impegnato poco più del 10% delle risorse a essa destinate, prevede misure finalizzate a contrastare la povertà.

Non abbiamo dubbi sulle affermazioni di Tridico sul reperimento dei fondi (300/500 milioni l’anno) che non possono essere individuati nel bilancio regionale (nel 2023 il consigliere PD Raffaele Mammoliti propose qualcosa un assegno regionale contro la povertà, ma il progetto venne bocciato dall’aula), ma il problema non sono solo i soldi. È l’idea di un ritorno all’assistenzialismo che non genera nuova occupazione e non spinge a cercare il lavoro: i guasti dell’anche benemerito reddito di cittadinanza (che ha risolto problemi a tantissime famiglie fragili e incapienti) sono sotto gli occhi di tutti. Una buona idea che, al di là del penoso e fallace slogan pentastellato lanciato dalla finestra di Palazzo Chigi “abbiamo abolito la povertà”, si è rivelata una pacchia per i soliti furbetti del Paese (pare che qualche mussulmano abbia ricevuto l’assegno moltiplicato per il numero delle tre-quattro mogli – legittimamente – a carico). Con il risultato che tantissimi giovani e moltissimi disoccupati hanno – soprattutto al Sud – rifiutato il lavoro (magari facendolo poi in nero) perché era più comodo il RdC che consentiva di continuare a restare in ozio (pagato). Dall’altra parte, non si può non riconoscere che, accanto alle storture e agli abusi perpetrati, in realtà il RdC ha dato respiro a molte famiglie realmente in povertà.

E a proposito di povertà in Calabria i numeri sono contraddittori: secondo l’Istat ci sono 70mila poveri assoluti, secondo altre stime il numero va decuplicato. In ogni caso la lotta alla povertà con l’obiettivo di ridare dignità (e lavoro) alle persone senza sussidi, è certamente un traguardo degno di un Paese civile.

Ma l’inclusione sociale su cui punta Tridico può prevalere su un’idea di sviluppo senza la quale non ci potrà essere riscatto sociale? Tridico non è certamente contro lo sviluppo, ma se, nel programma, dovesse essere costretto a far proprie le posizioni oltranziste e abitualmente schierato sul No a tutto (il famoso “vaffa” che si è rivelato una beffa per gli elettori che ci hanno creduto) il suo consenso popolare sarebbe destinato a una decisa sforbiciata. Uno su tutte il Ponte sullo Stretto su cui – per sola ideologia e nulla di più – Pd, Cinquestelle e tutta la sinistra continuano, ostinatamente, a mostrare opposizione, e che invece è un ineccepibile e indiscutibile volano di sviluppo non solo per i territori della Calabria e della Sicilia, ma di tutto il Mezzogiorno e dell’intero Paese. Può permettersi la Calabria, a fronte di un progetto divenuto legge dello Stato – a giorni la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – un Presidente che, contrario al Ponte, dovrà vigilare ed essere attivo su tutte le opere compensative e di complemento che servono a preparare la realizzazione dell’Opera? Come si potrà conciliare una posizione intransigente su una mega infrastruttura che lo Stato ha deciso di realizzare, con voto democratico del Parlamento, con l’idea di sviluppo che il Ponte stesso porta in dote?

È un bel problema e, probabilmente, il prof. Tridico si è già chiesto quale potrebbe essere la soluzione migliore. E qui ci permettiamo un suggerimento: non sia l’inclusione sociale il cavallo di battaglia della sua campagna elettorale, perché, sì, raccoglie facilmente il consenso popolare, ma non soddisfa le reali esigenze della regione, che ha bisogno di crescita e sviluppo, mediante anche un corposo piano infrastrutturale. Ma punti sullo sviluppo (da cui ovviamente deriva implicitamente l’impegno per l’inclusione) indicando priorità e le idee che possano offrire un salto di qualità all’immobilismo cronico che caratterizza la Calabria.

D’altro canto, il Presidente uscente Roberto Occhiuto punta tutto sullo sviluppo della regione, per convincere gli elettori a riconfermargli la fiducia, ma non dovrà trascurare il problema povertà e inclusione sociale che affligge troppe famiglie con conseguenze nefaste per le nuove generazioni. Il rischio è di vedere crescere in povertà un quarto della popolazione calabrese, soprattutto quella che vive nelle aree più depresse (quasi tutte…) e quindi abituarsi all’idea di un 25% di giovani dannatamente poveri e deprivati di qualunque prospettiva di benessere. Non ce lo possiamo permettere e non intervenire a favore di chi ha bisogno (bambini denutriti, anziani privi di cure, famiglie con disabili che vivono di aiuti occasionali) è una vergogna per un Paese civile e, soprattutto, per una regione che ha nel proprio dna i valori dell’accoglienza e della solidarietà.

In buona sostanza, non ci può essere sviluppo senza inclusione sociale, ma quest’ultima non può guidare (o, peggio, condizionare) il percorso di crescita dei territori. Dare l’assegno sociale a chi ne ha diritto (e davvero bisogno) è un impegno che entrambi gli schieramenti –possibilmente in modo trasversale, al di là di chi vince e chi perde in questa competizione elettorale – devono obbligarsi a rispettare. Poi, le modalità di utilizzo (c’è chi giocava alle slot machine con il RdC…) vanno studiate perché il sussidio sia davvero tale. Ma allo stesso tempo si rifugga dall’idea di un nuovo provvedimento di assistenzialismo: la Calabria e tutto il Mezzogiorno non vogliono aiuti sostitutivi, ma opportunità di impiego con stipendi dignitosi e, perché no?, formazione. In Sicilia hanno già formato e preparato giovani tecnici, manovali, carpentieri, etc per i lavori del Ponte: in Calabria non risulta alcuna iniziativa del genere.

Per chiudere, torniamo al punto cruciale, la sanità. Se non si azzera il debito (azzerare, non cancellare: sarebbe ingiusto nei confronti di chi legittimamente deve essere ancora pagato) non si va da nessuna parte. Occhiuto, avventatamente, alcuni mesi fa annunciava “a giorni” la fine del Commissariamento: siamo a fine agosto e sappiamo com’è andata a finire. Il problema è che sono tanti gli interventi necessari (si legga l’accurato Manifesto di Comunità Competente), ma se i fondi sono utilizzati a pagare le rate del rientro del debito, restano poche risorse da investire. Su questo, principalmente, si gioca la roulette del 5-6 ottobre. (s)

Regionali: la sinistra ha il candidato ideale:
Pasquale Tridico, oggi europarlamentare
Ma fatica a trovare l’accordo tra le sue varie anime divisive

di SANTO STRATI – Il candidato ideale per le prossime elezioni regionali la sinistra, con le sue tante anime divisive, ce l’ha: Pasquale Tridico, già presidente dell’INPS, nonché inventore del reddito di cittadinanza, economista di indiscutibili valore e capacità, ma non trova l’intesa che sancisce la necessaria e intelligente unità che dia corpo alla coalizione. Ieri a Lamezia c’è stato un incontro fiume del PD per individuare il candidato da contrapporre al governatore uscente, ma il comunicato emesso a fine lavori è un capolavoro d’inconcludenza che nemmeno i dorotei d’antan sarebbero riusciti a concepire. La conferma che vuol continuare nel ruolo del perdente di successo.

Roberto Occhiuto, se non lo stoppa alla vigilia delle elezioni l’inchiesta multipla della Magistratura, stravince, perché la coalizione di centro destra ha deciso, unanimemente (ma non senza qualche mugugno), di far convergere le proprie forze su di lui. La mossa delle dimissioni e della contestuale ricandidatura è stata politicamente azzeccata, ma ha rivelato diverse criticità,  perché è sembrata prima di tutto una sfida ai giudici che indagano, con tutti i rischi che la cosa comporta. Anziché tenere un profilo basso, Roberto Occhiuto ha, a modo suo, aperto un fronte di guerra contro la magistratura, e le sue continue rassicurazioni a piena voce sulla “certissima” archiviazione della sua posizione di indagato appaiono quasi “suggerimenti” inappropriati. Sarebbe stato più giudizioso un profilo basso con conseguente assenza di dichiarazioni, ma così non è stato. E la competizione pressoché vincente lanciata a una sinistra impreparata e continuamente lacerata in Calabria, si è trasformata in una pericolosa sfida alla magistratura con conseguenze imprevedibili,

Cosa succederà se l’inchiesta dovesse incarognirsi in queste poche settimane che ci separano dal voto? Nelle segrete stanze i Fratelli di Giorgia – si sussurra – hanno pronto un piano B perché non hanno mai nascosto di voler conquistare la Cittadella, nel caso Occhiuto fosse costretto a ritirarsi. Ma la sinistra potrebbe cogliere un’occasione d’oro per tentare una vittoria, a oggi, decisamente molto improbabile. Saranno settimane di campagna elettorale spietata, senza esclusione di colpi, ma mentre Occhiuto ha alle spalle molti buoni risultati di quattro anni di governo (pur con altrettanti flop che i calabresi non hanno gradito) la sinistra litiga sui nomi e glissa su un programma che i suoi elettori amerebbero valutare. Ma questa è storia della Calabria. (s)

Pasquale Tridico nella sua Scala Coeli presenta il suo libro

È stato nei giardini della Misericordia della sua Scala Coeli che Pasquale Tridico, già presidente Inps, ha presentato il suo libro Il lavoro di oggi la pensione di domani – Perché il futuro del Paese passa dall’Inps”, realizzato in collaborazione con il giornalista del Corriere della Sera, Enrico Marro.

Il recente lavoro editoriale di Tridico, è «un viaggio tra passato presente e futuro dell’economia del Paese che riguarda ogni cittadino» e che tanto successo sta riscuotendo nelle librerie dello Stivale.

Organizzata dalla stessa Misericordia, la serata del 16 agosto ha visto la presenza dell’autore Pasquale Tridico che ha dialogato con Nicola Abbruzzese e Amedeo Fusco, due dei tanti componenti del gruppo GIS del quale faceva parte l’ex presidente dell’Inps, quando era ancora una “giovane marmotta”.

I saluti del Governatore della Misericordia di Scala Coeli, Rocco Acri, al figlio di Scala Coeli che tanto lustro ha dato al paese, hanno aperto la serata che è stata condotta, magistralmente dal duo Abruzzese-Fusco i quali hanno posto le prime domande all’ospite illustre che Pino Nano (già capo redattore, in Rai, della redazione Giornalistica della sede regionale della Calabria) definisce «una delle Eccellenze Italiane di questa nuova stagione della Storia della Repubblica a cui il Paese, prima o poi, dovrà un grazie molto speciale, se non altro per il coraggio ed il senso di innovazione con cui lo studioso si è prestato a questo gioco».

«Bisogna investire i nostri capitali – dice Pasquale Tridico parlando del lavoro al Sud – in modo più efficiente. L’imprenditore ha una grande responsabilità sociale: non deve sperperare il suo capitale, l’investimento deve rispondere pienamente alle proprie funzioni! Non si possono, per esempio, aprire pizzerie in ogni angolo della terra! Per quanto buona possa essere quella pizzeria, la stessa non può produrre salari alti. La Calabria non può vivere, esclusivamente, di turismo».

«Possiamo – continua Tridico – vivere di agroalimentare, certo; di industrie legate all’agricoltura si, ma non di lavori a scarso contenuto tecnologico soprattutto oggi che la trasformazione tecnologica è inarrestabile e non deve essere ignorata. Il lavoro determina la pensione: se noi accettiamo un lavoro a nero, la pensione non la vedremo mai; se accettiamo un lavoro che paga 1200 euro ma siamo costretti a restituire 700 euro all’imprenditore, non avremo una pensione. Anche se accettiamo di lavorare per otto ore ma effettivamente lavoriamo per 12 ore! Non va bene! Dobbiamo rompere questi equilibri che nel nostro Paese ci sono sempre stati, per poi trovarci su una frontiera tecnologica più avanzata. Le persone ci saranno sempre, le aziende non spariranno ed i capitali continueranno ad esistere solo che si posizioneranno su un’asticella più alta».

«È un modello – conclude Pasquale Tridico – che vuole fare competizione sul costo del lavoro piuttosto che sull’innovazione, con meno industria e più servizi a basso contenuto tecnologico e sfruttamento del lavoro! Un modello che non si addice alla nostra nazione».

Dal pubblico sono state poste delle domande al presidente Tridico che, con la tranquillità che lo ha sempre contraddistinto, ha risposto in maniera completa ed esaustiva.

In una estate scalese che dal punto di vista della organizzazione culturale e ludica ha registrato il livello più basso di tutta la provincia cosentina, la presentazione del libro del professore Tridico è stata il “vettore” per il ricordo di anni in cui era piacevole trascorrere le ferie tra le varie iniziative che venivano organizzate: un amarcord nostalgico che ci si augura lasci il posto ad altre e divertenti “Estati Scalese”! (rcs)

RENDE (CS) – Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico presenta il suo libro all’Unical

Domani mattina, alle 11.30, nell’Aula Caldora dell’Università della Calabria, è in programma la presentazione del libro Il lavoro di oggi la pensione di domani di Pasquale Tridico (presidente dell’Inps) con Enrico Marro (Corriere della Sera).

Occupazione, lavoro, povertà, salario minimo, produttività, dinamiche demografiche, diseguaglianze sociali, pensioni, sostenibilità del sistema previdenziale. Sono questi gli argomenti di cui si discuterà domani.

«Lavoro e pensioni sono due facce della stessa medaglia», dichiara Pasquale Tridico, presidente dell’Inps. «La precarietà e i bassi salari – continua Tridico – determinano il futuro previdenziale dei giovani: un lavoro povero frutterà una pensione povera». L’implicazione è di puntare sulla quantità e la qualità dell’occupazione, poiché solo in tal modo eviteremo di avere in futuro «una massa di anziani da assistere – conclude Tridico . Tanto più in un quadro di preoccupante declino demografico».

Questo scenario poco rassicurante è confermato anche da Francesco Aiello, docente di Politica economica dell’UniCal e presidente di Open Calabria: «Se è vero, com’è vero – dichiara Aiello – che la rendita pensionistica dipende dalla retribuzione oraria, dai contratti di lavoro e dall’anzianità lavorativa, le previsioni sulla previdenza futura peggiorano soprattutto per le generazioni di giovani che vivono nelle regioni più povere del paese, come la Calabria». «Se non avremo una duratura e sostenuta crescita economica – continua Aiello – nei prossimi anni assisteremo ad un’ulteriore emigrazione di calabresi in età lavorativa (giovani, in particolare), con il risultato che saremo sempre più dipendenti dai trasferimenti di reddito, tra cui pensioni e assistenza di variegata natura».

Aiello riporta alcuni dati sulla già elevata rilevanza delle pensioni in Calabria: «Nella nostra regione le prestazioni pensionistiche sono circa 750 mila, ossia 40.1 pensioni ogni 100 abitanti (la media italiana è 37,64). «La rendita media per pensionato è di poco superiore a 11mila euro, equivalente al 67% del PIL pro capite, ossia quasi 20 punti percentuali in più del dato nazionale (48,52%) – continua Aiello -. La spesa pensionistica è pari al 27,1% del PIL calabrese, un valore maggiore di 8,5 punti percentuali della media nazionale (18,6%) e ben 11 punti percentuali in più del 16% che si registra nelle regioni settentrionali». «Se non si interverrà subito – conclude Aiello – questi dati tenderanno a peggiorare nei prossimi anni sia per dinamiche demografiche sia assenza di occupazione».

La presentazione del libro di Tridico è anche un’occasione per riflettere sulle prospettive del paese e della nostra regione. Dopo i saluti istituzionali del prof. Massimo Costabile, – direttore del Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza “Giovanni Anania”, assieme all’autore del libro, interverranno Francesco Aiello (prof. di Politica economica, UniCal), Aldo Ferrara (presidente di Unindustria Calabria), Roberto Occhiuto (presidente della Regione Calabria), Valeria Pupo (docente di Economia industriale, UniCal) e Angelo Sposato (segretario generale Cgil Calabria). Il dibattito sarà moderato da Marco Innocente Furina (giornalista Rai). Sebbene la partecipazione all’evento sia libera, l’ingresso sarà consentito fino alle 11.20. (rcs)

Pasquale Tridico: «Da 125 anni Inps al servizio del Paese»

Di PINO NANOC’è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia di apertura delle celebrazioni per i 125 anni dalla fondazione dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Il Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico tiene una vera e propria lezione magistrale di Welfare.

Alla cerimonia sono presenti fra gli altri la Presidente della Corte Costituzionale Silvana Sciarra, il Vice Presidente del Senato Gian Marco Centinaio, in rappresentanza del Parlamento il  Questore della Camera dei deputati Filippo Scerra, e il Ministro del Lavoro e delle Politiche Social Marina Elvira Calderone.

Manifestazione solenne come nella migliore tradizione Inps, e a cui quest’anno il Presidente Prof. Pasquale Tridico ha voluto riconoscere un valore simbolico aggiuntivo e molto speciale, sottolineando nel suo intervento il ruolo storico che da 125 anni svolge l’istituto che dirige.

«La storia dell’Inps – spiega il professor Tridico – coincide con la storia dello Stato sociale in Italia. È una storia che ha accompagnato le più importanti trasformazioni del mondo del lavoro, del fare impresa e delle famiglie. È una storia che conferma l’indissolubile legame tra welfare e lavoro. E che scandisce l’espansione delle scelte di solidarietà del Paese».

Per nulla rituale la relazione del Presidente, anzi un intervento condito di storia e di dati economici che trasformano la sua relazione di rito in una vera e propria lezione accademica, da economista raffinato ed educato ai consessi internazionali più esclusivi.

«Veniamo da lontano – esordisce il Presidente Tridico – eravamo in piena rivoluzione industriale quando nasce anche in Italia, nel 1898, la previdenza sociale, con l’istituzione di una assicurazione privata obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e con la fondazione della Cassa Nazionale di previdenza per l’invalidità e per la vecchiaia degli operai, secondo il principio di una «previdenza libera sussidiata e facoltativa».

«Nel 1919, l’assicurazione diventa obbligatoria per i dipendenti dell’industria e gli agricoltori e vi si aggiunge una assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria. Così come qualche anno prima, nel 1910, si era avuta l’introduzione dell’assicurazione obbligatoria della maternità».

Il grande economista diventa per un momento anche costituzionalista, e spiega che nasce così il moderno Stato Sociale italiano che avrebbe accompagnato i cittadini in quei successivi trent’anni di straordinario sviluppo industriale del Paese, trent’anni caratterizzati dall’aumento demografico e da una forte espansione economica.

«L’Italia decise di abbracciare un’idea di stato sociale che permettesse a tutti migliori condizioni di vita, costruendo progressivamente una sanità pubblica, un reddito assicurato per malati e indigenti, istruzione pubblica gratuita, servizi per l’impiego e servizi abitativi».

Il “Professore” va ancora oltre: «La missione dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale – ripete – si inserisce in questo solco valoriale, scandito chiaramente negli articoli 1, 3, 4 e 38 della Costituzione, che mira a principi di welfare universalistico e alla promozione del “lavoro buono”, capace di garantire le giuste tutele e lo sviluppo umano». 

Poi, dagli anni ’90 in poi, la globalizzazione e il calo demografico impongono una riflessione e ha inizio un lungo processo di riforma che riguarda sia il mercato del lavoro che l’ambito delle pensioni, dell’assistenza e del sostegno al reddito. Anche questo processo ha visto INPS al centro di cambiamenti importanti e di una profonda modernizzazione.

«Da una parte – spiega Pasquale Tridico –, l’aumento delle disuguaglianze, e la crescente flessibilità del lavoro, che troppo spesso è diventata precarietà, hanno portato a aumentare le prestazioni a sostegno del reddito. Dall’altra, la crisi demografica ha spinto verso maggiori sostegni alla famiglia e per i figli. Infine, le due grandi crisi del nuovo secolo, quella finanziaria del 2008 e la pandemia, hanno generato un welfare sempre più universale e meno categoriale, rivolto a tutti i lavoratori e non solo ai lavoratori subordinati, con l’estensione dell’indennità di disoccupazione e con l’introduzione del reddito minimo, in linea con gli indirizzi comunitari».

Non ha nessun dubbio il Professore: “L’Inps è una grande azienda pubblica efficiente al servizio del Paese e del suo cambiamento. Solo 20 anni fa, l’Istituto offriva prestazioni e servizi nell’ordine di qualche decina. Oggi ne gestisce oltre 400. Per volontà dei Governi e Parlamenti che si sono succeduti, Inps ha incrementato il numero e la varietà delle prestazioni sociali e accorpato a sé altri enti previdenziali, diventando una vera e propria “Agenzia Nazionale del Welfare” con missioni e obiettivi sempre più ampi per rispondere alle crescenti esigenze della società italiana».

Il Presidente Tridico tratta l’Inps come se fosse il fiore all’occhiello del sistema-Paese, forse ha anche ragione lui, ma ci sono pezzi della sua lezione davanti al Capo dello Stato da cui viene fuori un senso di fierezza e di appartenenza che difficilmente di solito l’uomo tradisce in pubblico.

Circa 42 milioni di utenti, tra lavoratori, pensionati, famiglie e aziende, l’Istituto gestisce 386 miliardi di euro di entrate, di cui 145 miliardi di trasferimenti pubblici, e 384 miliardi di euro di uscite, assicurando la sostenibilità del sistema e agendo come snodo per la coesione sociale.

«Tutto questo – conclude Tridico – rappresenta l’Inps, un “motore” sempre acceso, l’ente di welfare più grande d’Europa».

Ma a questo il Professore aggiunge anche quello che è ormai diventato il suo mantra preferito: «Solo se nessuno viene lasciato indietro, lo sguardo di tutti può volgersi in avanti».

E chiude con un monito al Paese, ma è anche un riconoscimento formale alla missione che il Presidente Mattarella ha appena vissuto in prima persona in Calabria, che è la terra di origine del Presidente Tridico: «La mancanza di prospettive e di solidarietà è la più grande sconfitta che un popolo possa affrontare».

«È ciò che costringe i giovani ed intere famiglie ad allontanarsi dalla propria terra di origine e ad affrontare gravi incertezze, con conseguenze anche tragiche. Negli occhi e nei pensieri oggi portiamo il peso del terribile naufragio di Crotone. Sta a noi, con ogni tipo di strumento che scegliamo di porre in campo, mantenere la promessa che abbiamo sottoscritto attraverso la Costituzione: di crescere come collettività attraverso il lavoro e il sostegno al pieno sviluppo di ogni individuo, a partire dagli ultimi e dai più fragili». 

Chi vuole intendere intenda, please. (pn)

A Roma si presenta il libro “Il lavoro di oggi” di Pasquale Tridico

di PINO NANO – Domani a Roma, alla Dante Alighieri, Palazzo Firenze, verrà presentato il nuovo saggio del Presidente dell’Inps Pasquale Tridico, Il lavoro di oggi la pensione di domani. Perché il futuro del Paese passa dall’Inps (Solferino Libri 2023).

Assieme all’autore anche il Presidente della Società Dante Alighieri Andrea Riccardi, il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Cardinale Matteo Maria Zuppi, il Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Maria Teresa Bellucci. Modera la giornalista Paola Severini Melograni.

Il giudizio del mondo politico ed economico italiano è già unanime, parliamo di un saggio moderno di economia reale che tutti dovrebbero avere sul comodino e questo dibattito organizzato da Andrea Riccardi alla Dante Alighieri si preannuncia come uno di quegli eventi pubblici destinati a segnare in qualche modo la storia economica del Paese.

Un saggio di Economia Politica in cui Pasquale Tridico spiega per la prima volta come sono nati il decreto Dignità e il Reddito di cittadinanza e risponde a domande che affliggono migliaia di italiani, dai giovani che si chiedono se vedranno mai la pensione, alla gestione della precarietà, passando per l’esplosione della spesa dovuta al Covid fino alle baby pensioni di cui ancora paghiamo il prezzo. 

Un libro scritto a quattro mani con il giornalista Enrico Marro una delle firme di riferimento sui temi economici del «Corriere della Sera», dove lavora dal 1989, e ci riserva un dato a dir poco “significativo” che è questo: «C’è un problema strutturale che una riforma del sistema pensionistico dovrebbe affrontare: quello della differenziazione delle età di pensionamento in base al lavoro svolto. Partiamo da un fatto, confermato dai dati: i poveri muoiono prima dei ricchi».

I giovani vedranno mai la pensione? Come evitare che la precarietà si trasformi in una trappola?

Pasquale Tridico ed Enrico Marro mettono in piedi un sorta di vero e proprio “vademecum del mondo della previdenza in Italia” e ci spiegano con un linguaggio moderno scorrevole semplicissimo e a tratti anche avvolgente le mille dinamiche sociali in cui si muove la nostra economia. 

Eccole le due facce della stessa medaglia: il lavoro e la pensione. La precarietà e i bassi salari che colpiscono i giovani – spiega Pasquale Tridico – determinano anche il loro futuro previdenziale: un lavoro povero frutterà una pensione povera. 

«C’è un collegamento divenuto più stretto con l’introduzione del sistema contributivo, dobbiamo migliorare la quantità e la qualità dell’occupazione – sottolinea questo grande economista chiamato nel 2019 alla guida dell’Inps – per evitare domani di avere una massa di anziani da assistere. Tanto più in un quadro di preoccupante declino demografico».

Al Presidente dell’Inps va riconosciuto oggi il grande merito di avere finalmente “aperto” le porte del suo Istituto, di aver reso assolutamente trasparente la politica previdenziale in Italia, e soprattutto di aver trovato il coraggio di denunciarne limiti e storture che per anni hanno in parte anche paralizzato il futuro di intere generazioni.

Ci sono pagine di questo suo ultimo saggio a dir poco esplosive. Perché le baby pensioni sono uno scandalo di cui ancora paghiamo il prezzo? Quota 103, il salario minimo e il Reddito di cittadinanza sono le risposte giuste? Cosa è successo con l’esplosione della spesa dovuta al Covid? 

Pasquale Tridico, “Il professore”  – anche qui all’Inps sono in pochi a chiamarlo “Presidente” forse per via di questo suo carisma debordante che gli proviene da un cursus accademico di assoluto prestigio internazionale- spiega a che punto è oggi l’Inps, un gigante che gestisce quasi la metà della spesa pubblica ma del quale sappiamo poco, e soprattutto perché il futuro passa necessariamente da un nuovo Stato sociale. Un viaggio insomma tra passato, presente e futuro dell’economia del Paese che riguarda ogni cittadino, e che dà di Pasquale Tridico l’immagine solenne e austera di un “Uomo di Stato”. A 360 gradi. (pn)

RAPPORTO INPS: LA FOTOGRAFIA DI UN SUD
CHE VEDE ANCORA PARTIRE I SUOI GIOVANI

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «Abbiamo speso circa 60 miliardi di euro per prestazioni Covid  (cassa integrazione, bonus per gli autonomi). Noi continuiamo a dire che il 65% del reddito ,di cittadinanza va al Sud, ma dimentichiamo di dire che il 70% delle prestazioni Covid sono andate al Nord». Così il presidente dell’Istituto Pasquale Tridico, alla presentazione del 21º rapporto annuale Inps

E l’assegnazione delle risorse per il Covid è un indicatore utile a capire quello che avviene per qualunque altra  forma di strumenti di welfare nel nostro Paese. Una voce di verità nella confusione di dichiarazioni, ma le  denunce di assegnazione di reddito di cittadinanza a criminalità organizzata o in generale a gente che non avrebbe diritto fanno sì che la levata di scudi verso questo strumento stia divenendo generalizzata.  Ma a chi dice che in un anno e mezzo hanno truffato allo Stato quasi 15 milioni di euro, ricordo che gli evasori ne sottraggono 150 miliardi nello stesso tempo.

A maggior ragione è stato criminalizzata da quando si è ritenuto abbia influito pesantemente nell’indirizzare consenso verso l’unica forza politica che lo ha difeso in modo assoluto, quel Movimento Cinque Stelle che evidentemente da esso ha ricavato un consenso generalizzato, soprattutto nel Sud.  Ma il tema è che in tal modo si butta a mare il bambino con l’acqua sporca. Infatti sono tutti a puntare il dito verso uno strumento, che si ritiene nell’immaginario collettivo dia l’opportunità a chi non vuol lavorare di farsi mantenere e che fondamentalmente porta ad indicare il Mezzogiorno come un’area di nullafacenti o perlomeno aspiranti a tale condizione.

 Si dimentica che negli ultimi 10 anni si sono trasferiti al Nord oltre 1 milione di lavoratori, per avere un progetto di futuro, che evidentemente al Sud mancava e che  quindi accusare gli abitanti di una realtà di poca voglia di lavorare, visto che sono disponibili a sradicarsi, mi pare poco generoso.

E ci vuole poco a passare dall’accusa ai percettori del reddito di cittadinanza alla generalizzazione nei confronti di un Sud che si accusa chieda soltanto di essere assistito e che non vuole assolutamente lavorare.  Le prime modifiche sul reddito cittadinanza, che portano all’esclusione da tale strumento non appena si rifiuta una seconda offerta di lavoro anche a distanza di 2000 km, fanno capire bene verso che quale direzione   si indirizzerà una possibile nuova modifica.

Sarà, se non quella di eliminarlo nei confronti di chi va dai 18 ai 59 anni, quella di sottrarre  il sussidio non appena si rifiuta la prima offerta di un posto di lavoro in qualunque parte d’Italia esso si trovi. Dimenticando che quando ci si sposta da una propria realtà ad un’altra distante, a parte il costo individuale e sociale del taglio delle radici nei confronti delle proprie origini, al depauperamento della realtà di provenienza, che peraltro ha speso risorse importanti spesso per formare gli individui, comporta la creazione di nuovi poveri, soprattutto nella prima fase, quella nella quale la remunerazione ottenuta non consente nemmeno il soddisfacimento dei bisogni essenziali dell’individuo. 

Tale riflessione è confortata dal fatto che da quando esiste lo strumento moltissimi rinunciano ad un posto di lavoro, anche a tempo indeterminato, quando questo si presenta ad una distanza tale per cui tutta una serie di costi, che magari nel luogo di residenza sono inesistenti, come quello per esempio della casa, sono invece  da affrontare.  Per cui quello che poi rimane, dopo che si è proceduto a soddisfare i bisogni essenziali, è il nulla  se non si è nella condizione addirittura di chiedere l’aiuto delle famiglie di origine. 

Ma l’altro aspetto sul quale si ha difficoltà a riflettere è quello messo in evidenza proprio dal presidente Tridico. Dimentichiamo spesso che, facendo tutti i conti e mettendo insieme tutte le risorse che vengono destinate alle diverse parti del Paese,  la spesa pro capite destinata al Sud è sempre di gran lunga inferiore di quella destinata al Nord. 

D’altra parte è ovvio che ciò accada.Tutti i sistemi di welfare, che si tratti di cassa integrazione ma anche delle pensioni quando queste non vengono calcolate, come è stato fino a poco tempo fa,  col sistema retributivo, non possono che portare a delle contribuzioni da parte dello Stato, maggiori per il Nord. Infatti, essendo per esempio il numero di pensionati di gran lunga più elevato nelle aree del Nord è evidente che portano ad una spesa  maggiore, in una discrasia tra aree territoriali, oltre che tra generazioni. 

Sia le une e le altre vengono penalizzate ovviamente da sistemi che favoriscono coloro che sono all’interno del sistema. E coloro che non lo sono, si chiamino giovani ancora non entrati nel mercato del lavoro del Nord e del Sud, ovviamente maggiormente del Sud, considerato che il lavoro è più difficilmente a disposizione in tali aree, e soggetti che nel mercato del lavoro non sono mai entrati.

Se si considera che sono circa 3 milioni nel Mezzogiorno si capisce come la distribuzione del welfare sia assolutamente favorevole alle realtà del Nord. Dimenticare poi che molti dei servizi sociali  sono  distribuiti in modo difforme nelle varie parti del Paese ci fa vedere la realtà con una lente distorta. Non avere la mensa scolastica per esempio per le famiglie è un costo ulteriore che esse affrontano, così come non avere un servizio pubblico di mobilità, come avviene in molte parti del Sud, comporta un costo aggiuntivo che spesso non viene evidenziato. 

Non è casuale infatti che vi sia grande difficoltà ad attuare perfino i livelli essenziali di prestazione in tutte le parti del Paese, che sono rimasti inattuati per parecchi anni fino ad oggi. Quindi che lo strumento vada in qualche modo corretto, laddove ha manifestato evidenti storture, è evidente. Dimenticando peraltro che il problema non è quello di fare incontrare la domanda e l’offerta di lavoro, considerato che esiste un’offerta ma non vi è la domanda.

Lo strumento, certamente di civiltà,  va aiutato  da controlli adeguati che evitino che lo abbiano  coloro che non ne hanno diritto. Ma evidenziare continuamente le risorse che vengono destinate ad esso, dimenticando che vi è un welfare complessivo a favore prevalentemente del Nord, è un modo  distorto di raccontare la realtà. (pmb)

IL PROGETTO INPS DEDICATO AGLI ULTIMI
SALARIO MINIMO E L’AIUTO AI PIÙ DEBOLI

di SANTO STRATI – È un progetto partito nel 2019, prima che scoppiasse la pandemia: l’INPS, guidata dal calabrese Pasquale Tridico si è data l’obiettivo di occuparsi di chi ha più bisogno, i cosiddetti “ultimi”, generalmente dimenticati, ma soprattutto trascurati. Ovvero, quelli che, per tante ragioni, non sanno nemmeno di poter contare sulle prestazioni e i servizi che l’Istituto di Previdenza è in grado di offrire loro. È un bellissimo progetto, diciamolo subito, perché se nell’immaginario collettivo l’INPS è quello che paga le pensioni e trattiene i contributi dallo stipendio, in realtà pochi sanno delle finalità sociali dell’Istituto. Che, ovviamente, si regge dalla raccolta dei contributi previsti dalla legge dovuti dal datore di lavoro (a fini di previdenza e assistenza) e in piccola parte dal lavoratore, ma eroga servizi che sono essenziali per il welfare dei cittadini. Dalle pensioni di qualunque genere (lavoro, vecchiaia, invalidità, etc) fino al reddito di cittadinanza e al sostegno al reddito a chi ne ha bisogno.

Paradossalmente, sono proprio gli “ultimi”, quelli che hanno più bisogno, che, in passato, non solo non accedevano ai servizi INPS, ma soprattutto non erano nemmeno a conoscenza delle opportunità di sostegno ad essi riservate.

Il progetto, che si chiama “INPS per tutti” è stato avviato tre anni fa, coinvolgendo le molte realtà del Terzo settore che già operano con grande impegno e dedizione a favore delle persone più svantaggiate e, naturalmente, le diocesi. La Chiesa, da sempre, svolge un’intensa opera di carità e assistenza e diventa uno strumento essenziale di collegamento con i servizi che possono essere offerti ai bisognosi dall’Istituto di Previdenza.

L’iniziativa è partita dalle grandi città, dove maggiore è la presenza di senzatetto e di persone bisognose di aiuto e assistenza (Roma, Milano, Torino, Bologna e al Sud a Napoli, Bari e Palermo), ma il progetto prevede di estendere a tutto il Paese questo servizio di assistenza. Per fare un esempio, a Roma, alcuni funzionari Inps sono andati con i computer portatili a incontrare nelle comunità persone bisognose, controllando in tempo reale se avessero diritto a qualche prestazione. In buona sostanza, non è il cittadino (fragile e bisognoso) che va a cercare aiuto all’Inps, ma è l’Istituto che cerca di individuare chi è in una condizione di disagio per offrirgli assistenza e servizi: ci sono pensionati con cifre mensili ridicole che non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena e molti che hanno perso il lavoro e non sanno come mandare avanti la famiglia. In questo campo, utile si è rivelata la collaborazione con i Patronati e anche i CAF che hanno un quadro abbastanza preciso di situazioni di indigenza dovute a disoccupazione, perdita di lavoro, pensione sociale troppo bassa.

Il progetto “Inps per tutti” è stato avviato anche in Calabria già da due anni a Cosenza (ci fu un incontro con tutti i Vescovi del Cosentino a Lorica per coinvolgere le diocesi) e sta dando buoni risultati anche nella Città Metropolitana di Reggio e presto coinvolgerà anche le altre sedi provinciali. A dimostrazione che la sede calabrese dell’Istituto, diretta da Pino Greco, ha colto con grande entusiasmo e spirito di collaborazione il progetto per fornire assistenza a quanti si trovano in stato di assoluta povertà, senzatetto, senza dimora (quanti – separati – sono costretti a dormire in una macchina?), ma anche a quei cittadini che vivono in territori lontani dalle sedi Inps di competenza: l’obiettivo, come già detto, è quello di raggiungere gli utenti, non farsi raggiungere, contattare chi ha bisogno, non aspettare di ricevere richieste d’aiuto. Intervenire preliminarmente, quando è possibile, al fine di alleviare disagi e risolvere, compatibilmente con gli indirizzi che si è dato in questo campo l’Istituto, i problemi delle fasce più deboli della popolazione. È una scelta maturata con l’introduzione del reddito di cittadinanza che dal 2019 è risultato uno strumento efficace di contrasto alla povertà, anche se andrebbero completamente riviste le sue caratteristiche che hanno favorito soprusi e godimenti non dovuti, a sfavore di chi, invece, ha veramente bisogno di un sostegno contro il carovita.

Incontro a SOverato con Pasquale Tridico

Quando venne introdotto il reddito di cittadinanza, c’erano schedati tre milioni e mezzo di disoccupati e pensionati che hanno potuto usufruire del sostegno finanziario previsto, ma emerse l’altra realtà, quella dei cosiddetti “sconosciuti totali” di cui l’Istituto ignora l’esistenza. È stata una scelta meritoria, di grande coraggio, quella di occuparsi di questa fascia anonima di popolazione: centinaia, migliaia di disperati, ai quali non si può e deve negare il diritto a una vita decorosa.

Accanto a questa iniziativa di cui poco si è scritto e che pochi conoscono, c’è da mettere in evidenza l’obiettivo del salario minimo, utilizzando la direttiva europea che indica la soglia sotto la quale emerge una situazione di precarietà, anzi, chiamiamola col suo vero nome, povertà. E tra la pandemia, l’inflazione galoppante dovuta alla crisi Ucraina e all’inutile conflitto portato avanti dalla Russia, cresce continuamente il numero dei nuovi poveri, ovvero quelli che pur avendo un lavoro sono in difficoltà con le bollette, gli affitti, le spese generali e di sostentamento familiare. Una marea di persone alla quale occorrerà provvedere con iniziative che non possono esaurirsi con l’introduzione del salario minimo. Tra l’altro, la direttiva europea lascia agli Stati membri di decidere come applicare la norma: sarà frutto di contrattazioni collettive, o di una norma di legge?

Secondo una valutazione dell’INPS, se il salario minimo fosse individuato in 9 euro (lordi) ne trarrebbero vantaggio quattro milioni e mezzo di lavoratori, oggi sottopagati o, peggio, sfruttati da imprenditori non degni di questa qualifica. Sarà uno dei temi che affronteremo oggi nell’incontro pubblico di Soverato promosso dall’Associazione Calabrolombarda presieduta da Salvatore Tolomeo con la partecipazione del Comune. Il presidente Tridico, calabrese doc (è cosentino di Scala Coeli) risponderà alla “Calabria che domanda”. (s)