Reggio ricorda il giudice Scopelliti, Versace: Fare luce su pagina buia del Paese

Reggio ha ricordato Antonino Scopelliti, magistrato reggino ucciso 31 anni fa per mano mafiosa.

Alla cerimonia commemorativa, svoltasi a Campo Calabro, hanno partecipato il sindaco f.f. Carmelo Versace, le massime autorità civili e militari e naturalmente anche la presidente della Fondazione Scopelliti, Rosanna Scopelliti.

«La memoria che ogni anno si rinnova qui a Campo Calabro – ha dichiarato Versace – nel ricordo e nel doveroso omaggio che le massime istituzioni e i cittadini rivolgono al giudice Antonino Scopelliti, è il segno di una comunità attenta, sensibile e soprattutto incapace di dimenticare i propri figli migliori. Ma dopo 31 anni da ciò che è accaduto in questo luogo, non possiamo rassegnarci all’idea di non conoscere la verità».

Un omicidio definito da Versace, «una ferita ancora aperta non solo per questa terra ma per l’intero Paese che in quegli anni ha visto scosse le proprie fondamenta democratiche attraverso l’estremo sacrificio di uomini dello Stato colpiti dalla criminalità organizzata. E come rappresentanti istituzionali abbiamo il dovere di tenere viva la luce intorno a questa drammatica vicenda, sostenendo il lavoro delle associazioni impegnate nella lotta antimafia, in primis la Fondazione Scopelliti con il suo presidente Rosanna Scopelliti che invitiamo a proseguire in questo appuntamento che ha un valore enorme per Reggio Calabria e non solo da un punto di vista simbolico, ma soprattutto come richiamo alle coscienze di tutti noi».

«Ma è anche necessario – ha poi concluso Versace – che la magistratura, in cui riponiamo sempre la massima fiducia, prosegua nell’opera di ricerca della verità ponendo una parola definitiva alla morte del Giudice Scopelliti e ad una pagina buia di questo territorio».

Quel 9 agosto del 1991 ha segnato le coscienze e i percorsi di vita di tanta gente di questa comunità, ha poi ricordato il sindaco f.f del Comune di Reggio Calabria, Paolo Brunetti, «e questo momento deve essere assolutamente rinnovato e tramandato alle future generazioni. Qui operatori della giustizia fanno un lavoro ad un tasso di difficoltà maggiore rispetto ad altri contesti del Paese. E Scopelliti era uno di quelli che andava avanti a schiena dritta. E rivolgo dunque un appello affinché Rosanna Scopelliti riveda il suo pensiero che ha colpito duramente tutti noi».
«È doveroso lottare per la giustizia – ha concluso Brunetti – che dopo tanti anni non è ancora arrivata alla verità sul giudice Scopelliti ma è altrettanto fondamentale, per questa terra, mantenere vivo e presente il ricordo di una figura di questo spessore a cui non nessuno di noi può assolutamente rinunciare».
Il deputato di Coraggio Italia, Felice Maurizio D’Ettore, in aula della Camera dei Deputati, ha dichiarato che «siamo qui a parlare di un ricordo che è anche la ricostruzione della storia della magistratura non solo in Calabria, ma in tutto il Paese».

«Nel fascicolo del magistrato Scopelliti presso il Csm – aggiunge D’Ettore – si leggono passaggi importanti nei quali si evidenzia la sua straordinaria carriera: si mettono in evidenza la capacità investigativa, l’intelligenza, l’intuito, le qualità umane e l’impegno civico che ha profuso nell’esercizio della professione. Ricordo con piacere anche i suoi  trascorsi universitari, si laureò a soli 21 anni con una tesi sul “contratto astratto” di cui fu relatore l’esimio e mai dimenticato prof. Angelo Falzea, a testimoniare anche una solidissima preparazione civilistica».

D’Ettore ha ricordato ancora «la capacità di analisi, la straordinaria capacità di eloquio quando fu pubblico ministero. E poi i suoi articoli sui rapporti tra giustizia, magistratura, stampa e mass media nei quali, spesso, sottolineava l’importanza dell’istituzionalizzazione del comportamento del giudice e la capacità di preservare l’ordine collettivo specie nelle dichiarazioni e nei rapporti con la stampa».

«Antonino Scopelliti fu, insomma, un precursore di un modello di comportamento del magistrato nell’ambito dell’esercizio delle sue funzioni e nei rapporti con la società civile».

D’Ettore, inoltre, ha ricordato la rivendicazione continua «di appartenere alla terra di Calabria  di cui ne sottolineava il possibile contributo che avrebbe potuto dare allo sviluppo dell’intero Paese con esempi, anche in seno alla magistratura. Il terribile omicidio ha comportato un effetto enorme nella risposta dello Stato. Le sentenza di condanna per i vertici di Cosa Nostra hanno dimostrato il livello di pericolosità e il livello eccelso del magistrato che indirizzava le richieste di condanna in maniera capillare e puntigliosa contro le organizzazioni criminali, superando il vaglio dei vari gradi di giudizio».

D’Ettore ha concluso parlando di «vero esempio per tutte le istituzioni e per gli altri magistrati, che si sono formati facendo propri i suoi insegnamenti  e quella capacità di svolgere le funzioni giurisdizionali che sono modello di un magistrato che oggi è diventato un paradigma assoluto per l’intera categoria italiana».

Antonino Scopelliti nasce a Campo Calabro, in provincia di Reggio Calabria, il 20 gennaio 1935.

Frequenta il liceo classico a Reggio Calabria e l’Università a Messina; si laurea in giurisprudenza a soli 21 anni (il 24 novembre 1956) discutendo una tesi dal titolo “Il Contratto astratto”: relatore il prof. Angelo Falzea.

A soli ventiquattro anni vince il concorso in magistratura. Nominato uditore giudiziario il 10 aprile 1959, è destinato prima al Tribunale di Roma – dove prenderà possesso il 27 aprile 1959  – e poi quello di Messina per svolgere il prescritto tirocinio.

Nel rapporto redatto per l’ammissione all’esame pratico per la nomina ad aggiunto giudiziario, il dirigente della sezione alla quale è assegnato il dott. Scopelliti, sottolinea, tra l’altro, come lo stesso, in poco più di un mese: “ha presieduto n. 10 udienze e redatto complessivamente n. 34 sentenze. Dalla redazione delle sentenze, di cui talune importanti per le questioni di diritto processuale civile e di diritto civile, che risolvevano, risulta che il dott. Scopelliti possiede un’ottima cultura giuridica e una precisa conoscenza della giurisprudenza”.

Dopo svariate esperienze professionali, Il Consiglio Superiore della Magistratura, con provvedimento del 23 gennaio 1980 delibera la sua nomina a magistrato di Cassazione.

Come Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, si occupa, tra gli altri, di delicati procedimenti di terrorismo e criminalità organizzata.

Viene delegato a rappresentare la pubblica accusa in alcuni giudizi su fatti che hanno segnato la storia italiana più recente: il processo “Valpreda” per la strage di Piazza Fontana a Milano, il processo per la strage di piazza della Loggia a Brescia, quello per l’omicidio dell’on. Aldo Moro e della sua scorta, e quelli per l’omicidio del colonnello dei carabinieri Antonio Varisco e per l’uccisione del capitano Emanuele Basile.

Segue inoltre i processi per la morte del consigliere istruttore Rocco Chinnici e della sua scorta (chiede il rigetto dei ricorsi degli imputati ma la I sezione della Corte di cassazione, presieduta dal giudice Corrado Carnevale, annulla la sentenza per vizi nella motivazione) nonché quelli per la morte del giudice Vittorio Occorsio, del  giudice Amato (in questo caso la I sezione della Corte di cassazione, presieduta dallo stesso giudice Corrado Carnevale, accoglie in toto le richieste della Procura Generale) e del giornalista Walter Tobagi, nonché quelli relativi al ccdd. “casi Calvi e Sindona”.

Designato a rappresentare  la pubblica accusa all’udienza del 30 gennaio 1992 nel cd. maxi-processo a Cosa Nostra, come noto, viene barbaramente assassinato prima di poter adempiere a questo ulteriore, delicato, compito.

Fu universalmente apprezzato per le qualità umane, la capacità professionale e l’impegno civile; il suo pensiero e le sue idee possono essere ripercorsi attraverso alcuni interventi pubblicati per la rivista “Gli oratori del Giorno: rassegna mensile d’eloquenza”.

Di sconvolgente attualità è ad esempio la concezione del magistrato in merito ai rapporti tra magistratura e mass media, contenuta in un celebre scritto dal titolo Libertà d’informazione o di diffamazione (pubblicato in “Gli Oratori del Giorno”, Roma, luglio 1987 Anno LV) in cui, tra l’altro, con grande equilibrio, afferma: “Grande quindi la responsabilità del giudice e del giornalista in ogni momento ed in ogni piega della propria attività[…] stampa e magistratura sono oggi i protagonisti più potenti della società italiana; […] hanno il potere di distruggere l’immagine di chiunque con una frettolosa comunicazione giudiziaria o con un insidioso articolo nella pagina interna di un giornale; che la nostra è una società in cui un qualsiasi pentito (vero o presunto) o un subdolo corsivo possono delegittimare la più autorevole delle persone e dissolvere il prestigio di ogni istituzione; che in questo gioco perverso il magistrato e il giornalista stanno coltivando un pericoloso ruolo primario ed è quindi inevitabile che si entri in rotta di collisione non avvedendosi, né l’uno né l’altro che delegittimare è delegittimarsi, uccidere è un po’ suicidarsi”.

L’OPINIONE / Emilio Errigo: Reggio, una città bellissima e chiacchierona

di EMILIO ERRIGO – Che a nessuno gli venga in mente di dire che Reggio Calabria, sia una città non bellissima.
Forse un po’ troppo chiacchierona e chiacchierata lo è!
Il perché lo sanno molto bene i cari Reggini, residenti e non. Dico bellissima e non solo bella, perché è così, senza retorica o reticenza.
Reggio è bella, bellissima e bella, chi concorda e non concorda, sempre bellissima la nostra amata Città di Reggio Calabria rimane.
Mi rattrista pensare che ci siano ancora persone che facciano da cassa di risonanza ai denigratori e ciarlatani di professione, che tentano di affievolire le naturali bellezze paesaggistiche, ambientali, architettoniche, storiche e umane di Reggio Calabria.
Che tutto sia perfettibile e migliorabile, nessuno lo vuole negare, ma da qui a dire che a partire dalla Marina del chilometro più bello d’Italia, a salire verso i monti, Reggio non sia bellissima, ce ne vuole di fantasia limitativa.
Non voglio dire che la Città della Fata Morgana, non abbia bisogno di attenzioni, urgenti cure di riqualificazione e ricolorazione urbanistica, così come accade in ogni Città d’Italia, anzi tali interventi manutentivi sono non solo necessari, ma anche molto urgenti da farsi.
Da nord a sud, est e ovest, Reggio e le sue periferie, vanno attenzionate, cu opiri di prestigiu e di valuri, come dice il grande poeta Reggino, Renato Funaro, in Canzuna Amara.
Quando siete proprio incavolati perché le cose non vanno bene a Reggio, ascoltate e cantate  Canzuna Amara, vi tranquillizzerete subito. Non è più ammissibile e consentito ad alcuno, di sparlare contro la propria città che ci ha dato i natali, e se e quando, ciò si dovesse rendere proprio necessario, pronunciare le brutte parole contro Reggio, lo si faccia pure, “con voce afona” per non farsi ascoltare da nessuno.
Non mi è mai capitato di ascoltare, un abitante di altre realtà territoriali comunali, che denigri la propria Cittá con male parole e invettive impronunciabili.
Eddai, pensiamo quel che ci pare, ma non osiamo farci ascoltare da estranei, i quali poi rideranno di noi senza limiti e ritegno.
Reggio Calabria è bellissima così come sono belli e bellissime, i giovani, ragazze e ragazzi, che sono nate e vivono a Reggio Calabria e in giro per il mondo, li dove il buon Dio e la Madonna della Consolazione vorranno, lì dove e il destino della vita di ognuno di loro li porterà a vivere.
Che bella Reggio e le Donne Regine, quanto sono bellissime, avete il coraggio di negarlo? Allora smettiamola di esternare pensieri colmi di maldicenze, limitiamoci a una sana critica costruttiva, benefica e salutare, sia per noi che per gli amministratori pubblici votati e non. Evviva Reggio Calabria; Evviva i Reggini; Evviva la Calabria; Evviva i Calabresi; Evviva l’Italia.
Evviva gli Italiani Uniti!
[Emilio Errigo è nato in Calabria]

Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio si “veste” con i colori del Pride

In occasione del Pride, in programma sabato 30 luglio a Reggio Calabria, sulla facciata del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria sarà affissa la bandiera arcobaleno.

«La cultura è un’arma vincente contro ogni discriminazione – ha dichiarato il direttore Carmelo Malacrino –. Da anni il MArRC è diventato un luogo inclusivo e dinamico, nella consapevolezza che solo attraverso il rispetto e la valorizzazione delle identità di ciascuno si potranno superare vecchi e inutili stereotipi. Ho accolto con piacere l’invito di Arcigay di esporre la loro bandiera sulla facciata del Museo, con l’auspicio che possa colorare d’arcobaleno gli animi di tanti che ancora subiscono offese e oltraggi».

«Il MArRC è il museo di tutti – ha concluso Malacrino –, contro ogni forma di violenza, fisica o psicologica».

Il Museo Archologico è stato tra i primi enti ad aderire all’iniziativa con lo slogan: “Tutti unici, nessuno diverso”. Dagli inizi del mese di luglio, infatti, ha lanciato la campagna social #kissandshare, l’hashtag con il quale i visitatori possono condividere le foto scattate in Museo, taggando i profili social: facebook, instagram e twitter. Un’iniziativa ancora valida, per fare rete e contestualmente contribuire alla promozione delle meraviglie della Calabria antica, custodite al MArRC. (rrc)

LA «NORMALITÀ DI REGGIO È UNA CHIMERA»
ALOISIO: ORA BASTA RACCONTARE FAVOLE

di CLAUDIO ALOISIOOrmai la stagione estiva e al suo picco. Caldo, mare, svago, movida. I locali estivi sono pieni, le persone si vogliono  rilassare e divertire. Ed è giusto e sacrosanto distrarsi dopo un anno di lavoro e preoccupazioni lasciando per qualche  giorno i tanti problemi alle spalle. 

Il paradosso, però, e che proprio in questo periodo tutte le manchevolezze di un territorio con potenzialità straordinarie  saltano all’occhio. Perché Reggio Calabria, d’estate, sembra una bellissima donna che vista in lontananza appare ben  vestita, curata, truccata con cura e maestria. Quando ci si avvicina però ci si accorge dell’abito consunto e rattoppato,  delle scarpe una volta eleganti ora scalcagnate, dei belletti pesanti ed eccessivi che tentano senza troppo successo di  nascondere i danni del tempo e dell’incuria. 

La triste realtà con la quale dobbiamo fare i conti, è quella di abitare in una terra stupenda che non siamo mai stati  capaci di valorizzare. Una terra dove il concetto di “normalità”, ciò che dovrebbe essere scontato e ordinario, è divenuto  una chimera. Una favola come quelle che ci raccontiamo quando parliamo, senza mai far seguire al dire il fare, di  territorio vocato al turismo, di sviluppo, di progetti per la crescita economica e sociale. 

La verità è che i diritti fondamentali di una comunità civile a Reggio sono negati: i rifiuti vengono raccolti a singhiozzo,  non c’è acqua in tantissime zone della città, la manutenzione è inesistente, i servizi inefficienti, le strade distrutte, il  piano di depurazione fermo al palo con gli scarichi fognari che si riversano nel nostro splendido mare, le scuole  disastrate, gli asili nido pochi e insufficienti, l’aeroporto in agonia, le grandi opere ferme come il Palazzo di Giustizia, o  quasi completate ma già rovinate dalla trascuratezza, l’incompetenza e l’inciviltà come il Parco Lineare Sud o il  Tapisroulant, per non parlare dello stato vergognoso di quelle completate come il Corso Garibaldi, il nuovo Waterfront,  la Pista Ciclabile, giusto per citarne alcune.  

È da decenni, che aspettiamo l’ultimazione della Gallico Gambarie, il nuovo Mercato Ortofrutticolo, il completamento  del Porto reggino e del retroporto di Gioia Tauro, la riqualificazione della 106, la realizzazione di un’area fieristica e  congressuale, la ristrutturazione del Lido Comunale. 

È da una vita che attendiamo una pianificazione strategica degna di questo nome, una visione del futuro chiara e  definita, una classe dirigente che sappia fare, coinvolgere e comunicare. 

Intanto i nostri giovani se ne vanno, le imprese chiudono e le occasioni, come quella del cinquantesimo dei Bronzi,  svaniscono nell’intollerabile inadeguatezza di un sistema incapace finanche di coordinarsi per raggiungere un pur  minimo risultato o di fornire servizi turistici degni di questo nome. 

Eppure c’è chi non si arrende, chi investe, chi torna, chi ci crede, chi opera con successo. Sono, però, delle splendide  eccezioni che devono fare i conti con le inabilità di un organismo malato che nessuno, fino ad oggi, ha mai voluto  veramente curare. 

Ed allora, iniziamo a cercare la giusta terapia per guarire. Operiamo per costruire, senza fermarci allo sterile esercizio  del lamento inconcludente. Denunciamo ciò che non va ma muoviamoci al contempo per proporre soluzioni o mettere  in atto azioni che possano essere utili alla crescita del territorio. Una crescita che deve passare innanzitutto da un deciso  cambio culturale, da un ritrovato senso di comunità, dal coinvolgimento, dalla partecipazione, dalla condivisione di  un’idea di futuro che venga costruita con il supporto di ognuno.  

Confesercenti Reggio Calabria vuole essere parte attiva di questo cambiamento e per tale motivo da settembre si farà  promotrice di una serie d’iniziative e proposte con l’obiettivo di stimolare un sano dibattito e la creazione di una rete che metta a fattor comune le innumerevoli e vive intelligenze di cui il nostro territorio è ricco così da potersi confrontare  con spirito costruttivo e concreto partendo proprio dalle infinite risorse che possediamo. (ca)

La Sacal incontra il Comitato pro-Aeroporto di Reggio

L’Amministratore unico di Sacal, la società di gestione dei tre aeroporti calabresi, Marco Franchini, ha incontrato il 15 luglio scorso, presso l’Aeroporto dello Stretto, luna delegazione del Comitato pro-Aeroporto di Reggio, composta dal dott. Fabio Putortì (Miti) e l’ing. Francesco Nicolò.

Come riferisce una nota, «l’incontro ha avuto ad oggetto l’aggiornamento delle informazioni riguardanti la pianificazione degli interventi necessari per superare le criticità sull’infrastruttura aeroportuale che dovrebbe servire le città metropolitane di Reggio Calabria e di Messina.

Il dott. Franchini, ha espresso sin dall’inizio il desiderio di non soffermarsi sugli errori commessi in passato ma di concentrarsi sugli obiettivi che ciascuno per propria competenza deve conseguire entro i termini prefissati, così come ha espresso l’utilità che gli interventi necessari si svolgano simmetricamente e non in forma graduale.

«L’amministratore unico ha esposto ad esempio l’obiettivo di portare entro questo autunno la classificazione dell’aeroporto dello Stretto dal codice C a quello B, superando quindi le limitazioni tecniche attualmente in vigore e con l’effetto che altre compagnie aeree potrebbero volare da e per l’infrastruttura.

«Contestualmente, con l’insediamento del nuovo amministratore, la Sacal ha provveduto alla rimodulazione dei progetti legati al finanziamento dei 25 milioni di euro, con l’obiettivo di metterli tutti in bando entro la fine di quest’anno ed in modo che non siano interventi meramente estetici ma realmente funzionali per lo scalo.

«Oltre ciò, si è trattata la questione dei CIS (Contratti Istituzionali di Sviluppo) e degli Oneri di Servizio, i primi utili al coinvolgimento di più livelli istituzionali e per porre degli obblighi di risultato rispetto agli interventi pianificati, i secondi invece da utilizzare per fornire il servizio minimo essenziale del trasporto aereo da e per l’Area dello Stretto, come ad esempio i voli con partenza al mattino e rientro la sera sulle tratte Roma e Milano. Tuttavia, da parte della delegazione del comitato si è sottolineato il fatto che i voli su quest’ultimi orari, presenti già in passato, presentavano un coefficiente di riempimento maggiore, mentre da parte di Sacal si sta comunque lavorando per il loro ripristino seppur la decisione spetta alle compagnie aeree e la situazione aziendale di ITA è ancora in fase di assestamento».

Oltre agli interventi di competenza della Sacal SpA, si sono analizzati anche quei fattori che incidono sullo sviluppo del traffico aereo in un aeroporto e che sono legati al contesto territoriale di riferimento.

«Uno scalo per sopravvivere – sottolineano i rappresentanti del Comitato – deve essere economicamente sostenibile e per essere tale deve avere un adeguato numero di utenti.

L’accessibilità, la viabilità, la condizione urbanistica, la presenza o meno di strutture ricettive e di servizi, il decoro di un territorio, soprattutto a vocazione turistica, sono tutti elementi che influiscono sulla scelta delle compagnie aeree, oltre gli aspetti prettamente di natura tecnica legati alle manovre di volo.

«Or dunque, per anni – si  legge nella nota del Comitato pro Aeroporto – abbiamo praticato lo scaricabarile di responsabilità per il mancato sviluppo del territorio e dell’aeroporto ma oggi non è più tempo delle giustificazioni. Se vogliamo che le condizioni del territorio e dell’infrastruttura migliorino ciascuno deve fare infatti la propria parte senza attendere ciò che fanno gli altri.

«Ad esempio, per migliorare la viabilità, la struttura urbanistica o l’accessibilità verso il nostro scalo, l’Ente comunale di Reggio Calabria, piuttosto che l’Ente metropolitano o quello regionale, devono portare a termine i lavori senza limitarsi ai proclami o eccepire in seguito come scusante le mancanze degli altri amministratori, specie quando si è di colore politico differente e si finisce con le solite bagarre che non hanno alcuna utilità per lo sviluppo economico del territorio. Lo stesso vale per la pulizia, la sicurezza e i tutti i servizi di pubblica utilità poiché i visitatori devono trovare una città efficiente e non assistere alle diatribe su chi deve fare cosa.

«Ma parlando di doveri istituzionali non si può non citare anche la Camera di Commercio, quale anello di congiunzione con il settore privato. I vari presidenti delle associazioni di imprenditori, commercianti, artigiani, ecc, esprimono oggi chiaramente le esigenze delle rispettive categorie?

E il direttore del Museo Nazionale della Magna Grecia e il presidente dell’Ente Parco Aspromonte? Gli ordini professionali?

«Quest’anno tra l’altro ricorre il 50° anniversario del ritrovamento dei Bronzi di Riace ed il nostro scalo dovrebbe vedere un via vai di aerei con turisti al seguito, così come le strutture ricettive e i tour operator dovrebbero registrare il sold out nell’intera area metropolitana. E non possiamo non constatare che in altre province si riescono a costruire e fare funzionare delle macro strutture ricettive, dei servizi e delle attrazioni originali mentre su un territorio dalle enormi potenzialità come quello Reggio Calabria sembra che vi sia un appiattimento dove ormai più niente ci scandalizza.

«A tal proposito, che risultati ha prodotto la cabina di regia della Città metropolitana che avrebbe dovuto consentire una collaborazione tra istituzioni e cittadini per spendere presto e bene i fondi del PNRR? Comunque sia, è arrivato il momento, come detto, che ciascuno faccia la propria parte, è arrivato il momento di guadagnarsi i miglioramenti che si rivendicano. Dobbiamo essere noi cittadini a dimostrare di tenere all’aeroporto, di tenere al decoro del proprio territorio, così come se la classe dirigente non svolge i doveri per cui è nominata allora bisogna pretenderne la rimozione, senza se e senza ma». 

Come Comitato pro Aeroporto e gruppo MITI UdS faremo la nostra parte mettendo a disposizione della Sacal e delle Istituzioni le proprie competenze ed il proprio impegno ma al contempo rappresenteremo i più esigenti controllori affinché la nostra terra non debba più assistere alle ennesime parole a cui non seguono i fatti.

L’ORGOGLIO FERITO E SMARRITO DI REGGIO
LA CITTÀ È ABBANDONATA E NON “DECOLLA”

di SANTO STRATI – La ricorrenza, qualche giorno fa, dell’anniversario della Rivolta di Reggio (sono passati 52 anni da quel drammatico “Buio”) ha dato sprone alla politica locale di esaltare e decantare i guai di questa città. Un’occasione ghiotta, a destra e a sinistra, per irridere reciprocamente l’avversario, insultarlo e attizzare il fuoco delle polemiche. Non è questo che serve a questa povera e dimenticata Città dello Stretto. 

Sono oltre 50 anni – verrebbe da dire – passati invano, nonostante le vittime, le devastazioni, le umiliazioni, gli sgarbi, le “rapine” (a volte palesi, a volte impalpabili) per depredare e saccheggiare l’ex capoluogo (che, comunque, non è rimasto a guardare), in nome di una presunta “superiorità”. Una stupida disfida a chi ce l’ha più lungo. 

Reggio e Catanzaro hanno sofferto in diversa maniera gli effetti della nascita delle Regioni: il capoluogo ha conquistato il “pennacchio” ma ha scoperto di essere pressoché invisibile e insignificante, vittima di una politica ad personam che si è dimenticata della città e dei suoi abitanti. Reggio s’è ritrovata “defraudata” del titolo, ma ha, apparentemente, reagito con orgoglio, mostrando – senza dubbio – di avere gli artigli, più di Catanzaro. L’errore per tutte e due le città è stato quello di guardare più all’apparenza che alla sostanza. La verità è che se Atene piange, Sparta non ride: Catanzaro è alle prese con una grave crisi identitaria che il nuovo sindaco Fiorita dovrà, con non poca difficoltà, cercare di superare e, possibilmente, far dimenticare. Catanzaro ha una sede universitaria che produce (ed esporta, ahimè) talenti in campo scientifico, ma a livello centrale non riesce a darsi una connotazione specifica su cosa vorrebbe (dovrebbe) diventare. Non hanno capito i catanzaresi (come non lo hanno capito i reggini) che se non si supera il gap della rivalità, delle tante Calabrie, non si va da nessuna parte. Occorre fare rete, occorre pensare in termini di regione coesa, unita nelle sue varie territorialità, a pretendere il rispetto del governo centrale, a esigere quello che tocca di diritto. Contro ogni idea di autonomia differenziata (che penalizza solo il Mezzogiorno col criterio della spesa storica) per presentare una grande idea di Calabria, unitaria in un comune obiettivo di crescita.

È un sogno, ma non è proibito crederci, a patto che in ogni singola realtà urbana  e provinciale si giunga a progettare e realizzare concretamente programmi di sviluppo che guardino alle nuove generazioni e interrompano la fuga di cervelli, qui inutilizzati, al Nord e all’estero valorizzati e “sfruttati” in maniera adeguata..

Quello che, tanto per centrare il tema, non sta accadendo nel Reggino. La città di Reggio sta vivendo una insopportabile involuzione che non trova spiegazione, se non nell’incapacità, conclamata, dei suoi amministratori e dei suoi politici di riferimento. Guardiamo a Cosenza: da borgo montagnolo è diventata una bella, piccola ma invidiabile, metropoli del Sud. La rigenerazione urbana ha dato i suoi frutti e oggi si possono cogliere i risultati che inorgogliscono l’intera regione. Il Censis ha promosso ai primi posti il sistema universitario dell’Unical (altra premiata fabbrica di cervelli con infelice record di esportazione). La città è viva, vitale, pronta alla sfida di un’ulteriore, ormai indispensabile, crescita, anche pensando al vecchio e contestato progetto di “Grande Cosenza” che prevede la fusione di Rende e Castrolibero nel capoluogo.

Invece, Reggio sta languendo, sta morendo, asfissiata dall’indifferenza e dalla cattiva gestione (?) della cosa pubblica. 

Basta fare un giro in città per domandarsi come sia possibile questo livello di abbandono e, a più riprese, di degrado sotto tutti i punti di vista. L’occasione del cinquantenario del ritrovamento dei Bronzi poteva essere l’occasione di rilancio in chiave turistica di una città che profuma di cultura in ogni suo angolo. Invece, l’unico profumo, pardon, olezzo, è quello della spazzatura che disegna un paesaggio intollerabile e indegno di una città civile.

Il deputato reggino Francesco Cannizzaro ha scritto l’altro ieri una bella lettera ai reggini invitandoli “a rialzarsi e combattere”, ma è stato sbeffeggiato da una sinistra che, da parte sua, mostra chiaramente di avere perso il senso dell’orientamento. Non che le dichiarazioni d’intento di Cannizzaro debbano essere considerate vangelo, tutt’altro, ma anziché costruire in questa città c’è l’innnata vocazione a distruggere e a impedire il benché minimo segno di apertura dall’una e dall’altra parte della contesa politica.

Cannizzaro, a rischio di cadere nel ridicolo, si lancia in una serie di affermazioni che non possiamo che ritenere oltremodo ottimistiche a proposito dell’Aeroporto dello Stretto: «abbattimento delle limitazioni, ammodernamento dell’aerostazione, piano integrato di collegamenti con i porti di Reggio e di Messina, reinserimento del personale ex Alitalia, coinvolgimento di compagnie lowcost». 

Ma di quale aeroporto sta parlando Cannizzaro? Di uno scalo fantasma, sicuramente, visto che l’abbandono è totale: bastano quattro sterpaglie a fuoco per cancellare i pochi voli rimasti. Sono trascorsi tre anni dal famoso 5 agosto 2019 quando venne annunciato in pompa magna l’utilizzo dei 25 milioni del famoso “emendamento Cannizzaro” che assegnava allo scalo quest’inaspettata dote finanziaria (incrementata poi di altre 3 milioni dai fondi di coesione). Bene di questi 28 milioni, dopo tre anni, non è stato speso un centesimo, non sono nemmeno stati indetti i bandi di gara per delle soluzioni che il viceministro leghista Morelli ha definito, senza giri di parole, ridicole e inutili. Al contrario, però, sono stati mandati a casa lavoratori che avevano esperienza e competenza, è stato ridotto al lumicino il traffico passeggeri con l’offerta volativa più assurda che uno scalo, in posizione strategica per servire anche la dirimpettaia Messina, potesse studiare. E nel frattempo c’è stata la crisi della ormai defunta Alitalia e il continuo depotenziamento anche dello scalo Sant’Anna di Crotone, a tutto vantaggio dell’aeroporto internazionale di Lamezia, che è molto vicino per come si presenta a uno scalo da terzo mondo. 

Quale criterio ha permesso di cancellare uno scalo che negli anni passati aveva un traffico di tutto rispetto e raccoglieva consensi per la puntualità e la funzionalità delle tratte servite? Quale miope strategia ha potuto fare in modo che lo scalo dello Stretto divenisse inutile e superfluo, quando, in realtà, la Citta Metropolitana ne avrebbe dovuto curare il rilancio e programmare il futuro? E forse è il caso di ricordare che la Ita, che è subentrata all’Alitalia, è tutta di proprietà pubblica: utilizza denaro dei contribuenti ma non ripaga gli stessi (quelli della Calabria) con una politica di sviluppo aeroportuale. Non ci sono scusanti per una società pubblica: le tratte si garantiscono anche se non producono ricavi, ma nessuno – a quanto pare – lo ha fino ad oggi rinfacciato ai responsabili amministrativi dell’Ita, che sullo scalo reggino mantengono l’indifferenza assoluta. Come nessuno si preoccupa di far valere il criterio della continuità territoriale per far risparmiare sul costo dei biglietti aerei. Reggio-Milano a 400 euro diventa un lusso (per Ita) che non si può più tollerare considerando che lo stesso volo da Lamezia costa otto volte di meno.

Del resto, le parole stanno a zero, parlano da soli i fatti. La presupposta limitazione al traffico aereo dello scalo che impedirebbe ai vettori charter e stranieri (in primis RyanAir) ad atterrare è in realtà una “burocratica” pratica di upgrading al tipo di pista che comporta semplicemente una formazione al simulatore di volo. Formazione che costerà al più qualche migliaio di euro per pilota e che società come RyanAir non hanno mai avuto alcuna intenzione di spendere. E ipotizzando qualche centinaio di migliaia di euro da investire, possibile che né alla Regione né alla Città Metropolitana (che pure buttano soldi in iniziative inutili e prive di ritorno) sia mai venuto in mente di mettere a disposizione la somma necessaria per formare i piloti delle compagnie sprovvisti della richiesta abilitazione per lo scalo dello Stretto? (I piloti dell’Alitalia ce l’avevano tutti…)

È mai venuto in mente a qualcuno, in Cittadella, che forse investendo qualche soldo sulle compagnie aeree si potrebbero incentivare i voli? Il volo del mattino richiede il pernottamento dell’equipaggio che arriva la sera prima: quanto costa alloggiare e offrire il soggiorno a 10-12 persone? È una spesa impossibile per la Regione? Se sì, dimenticatevi di decollare da Reggio al mattino. Dimenticatevi dell’aeroporto, e di qualsiasi idea di sviluppo turistico. 

Come vengono i turisti a vedere i Bronzi?  Atterrando a Lamezia o a Catania? E dire che la Regione ha stanziato ben 500mila euro da destinare ai collegamenti aeroporti-siti turistici: per Reggio (non ridete, per favore) la Regione investe per due mesi oltre 90mila euro per tre collegamenti “turistici” a mezzo bus. Per la cronaca, circa 15mila per la tratta Bagnara-Scilla-Villa S. Giovanni-Reggio-Aeroporto, circa 17 mila per la tratta Aeroporto-Reggio-Gambarie-S. Stefano d’Aspromonte e ben 58mila per la tratta Reggio-Bova Marina-Bovalino-Siderno-Marina di Gioia-Roccella Jonica-Caulonia. In buona sostanza 1.500 euro al giorno per compensare i bus turistici che collegheranno  l’Aeroporto dello Stretto. Per quali voli e quali passeggeri, rinunciamo, dolorosamente rassegnati, a domandare. (s)

Chiusura Centri Diurni a Reggio, lettera dei dei genitori: Oltre 100 bambini senza assistenza

Riceviamo e pubblichiamo

L’incontro fra i rappresentanti del Comune di Reggio Calabria e la Regione non ha cambiato la realtà delle cose: i 4 centri diurni non hanno riaperto e 130 bambini da due settimane sono privi di assistenza.

Questa è l’amara realtà. Una realtà che, nonostante coinvolga centinaia di persone tra professionisti, dipendenti e utenti, è stata cancellata senza che l’istituzione comunale abbia dato spiegazioni all’utenza e all’opinione pubblica, ancora sbigottita e incredula dal modo in cui la decisione è stata presa.

È una grande vergogna, sembra che a nessuno interessi quanto stia accadendo, nessuno ne parla eccetto alcune testate giornalistiche, il Consiglio Comunale massima espressione della città rimane muto e silenzioso. Le associazioni delle famiglie disabili, i rappresentanti del forum del terzo settore, dove sono? Si domandano cosa stanno facendo i minori che frequentavano questi centri diurni?

Il Sindaco, l’assessore Demetrio Delfino, non possono nascondersi dietro un regolamento che oggi nega l’assistenza a 130 minori senza proporre una alternativa immediatamente praticabile.

Chiediamo al Sindaco e al Presidente del Consiglio Comunale la convocazione urgente dello stesso consiglio aperto alle organizzazioni sociali del terzo settore e alle organizzazioni sindacali dei lavoratori con all’Odg le modifiche da apportare al regolamento regionale.

Il Regolamento-D.G.R. n°503 del 25-10-2019 ha di fatto reso impraticabili alcune attività importanti all’interno dei centri diurni per minori disabili (il laboratorio del linguaggio, l’attività motoria, le attività artistiche creative, i laboratori cognitivi) laboratori che venivano gestiti da figure professionali qualificate, nonché, ridotto a una vergogna il monte ore (sei ore settimanali) di altri specialisti fondamentali (assistente sociale e coordinatore).

Attività che venivano svolte per sei giorni settimanali e che l’intervento dei centri di riabilitazione non potranno sostituire. Certamente i servizi sociali dovevano essere regolamentati, ma non si può “buttare il bambino insieme all’acqua sporca”. Un Regolamento la cui esecuzione ha portato alla chiusura di 4 centri diurni per minori, tra i quali il Solaris e lo Skinner per minori disabili e il Girasole e il Lilliput quali centri per minori provenienti da famiglie multiproblematiche e che rappresentavano delle realtà funzionanti nel reggino.

Noi genitori di minori diversamente abili ci chiediamo come faremo a spiegare ai nostri figli….a SofiaAlessandro, Marco… e tanti altri che è tutto finito, che anni di duro lavoro ed impegno sono stati cancellati così, dall’oggi al domani, perché considerati dai nostri burocrati “Figli di un Dio minore”, un peso economico per la città. L’interruzione comporta un’inevitabile regressione dei risultati raggiunti dopo anni di impegno, grazie al team di esperti e al lavoro d’equipe.

Il Centro per noi è sempre stato una grande famiglia, un punto di riferimento dove i nostri figli, seguiti da esperti professionisti, hanno da sempre trovato la giusta collocazione. È difficile spiegare il senso di vuoto, di impotenza e di abbandono che stiamo vivendo come genitori. Avremmo tanto voluto avere dei figli normodotati per dare loro opportunità ludiche e ricreative durante i pomeriggi. Ma in realtà sappiamo benissimo che i nostri figli a causa delle limitazioni cognitive, fisiche… hanno bisogno di altro. I loro tempi attentivi per la maggior parte di essi sono limitati ed è sperimentato che dopo alcune ore necessitano di rientrare nelle proprie famiglie.

La realtà dei centri Solaris e Skinner per noi è una grande famiglia è “la nostra famiglia”, un modello da imitare non da cancellare. Il loro lavoro non si è mai concluso al centro, ma nelle nostre famiglie con le indicazioni educative a noi offerte, a scuola attraverso il confronto diretto con gli insegnanti e i continui consigli di parent training e il grande impegno sul territorio. Essere diversamente abile significa “essere diversamene speciali”, questo abbiamo imparato nel nostro centro.

Ogni figura ha un ruolo fondamentale e centrale nella nostra vita e nei nostri figli e non possiamo permettere a un regolamento che non conosce da vicino la realtà di sconvolgere i nostri equilibri. Non si possono interrompere all’improvviso delle attività essenziali che hanno portato dei miglioramenti nell’area del linguaggio, nell’are cognitiva grazie ai nostri psicologici per non parlare dell’importanza delle attività motoria e quelle offerte dai laboratori creativi della maestra d’arte e pedagogista.

Pertanto, venerdì 15 alle ore 9 noi genitori insieme agli operatori che lavorano presso i centri diurni chiusi andremo a Palazzo San Giorgio per Chiedere a gran voce al Sindaco e al Consiglio Comunale che vengano riaperti i centri da subito e che si rendano porta voce verso l’istituzione Regionale affinché si metta subito mano alle modifiche del Regolamento n°503 del 25-10-2019 e in breve tempo si arrivi alle modifiche richieste nella parte in cui si occupa dei centri diurni per minori poiché iniquo e discriminatorio (le rette non vengono calcolate per come previsto dalle tabelle ministeriali a cui ogni Ente Pubblico si deve attenere) e che venga accreditato l’importante ruolo che svolgono le figure professionali qualificate, oggi messe in discussione e alcune delle quali cancellate, riconoscendo loro, una volta per tutte, la giusta collocazione all’interno delle strutture in cui operano oramai da oltre 30 anni. (rrc)

Le Associazioni ambientaliste contro la demolizione di Piazza De Nava

Le Associazioni Ambientaliste e professionali hanno espresso la loro contrarietà alla demolizione di Piazza De Nava a Reggio Calabria, e hanno chiesto la revisione progettuale partecipata e il rispetto dell’Odg votato all’unanimità dal Consiglio Comunale il 31 gennaio 2022.

Al meeting di studio e analisi organizzato dalla Fondazione Mediterranea, infatti, hanno partecipato le associazioni ambientaliste Fai, Legambiente, Wwf, ArcheoClub dello Stretto, Fareverde, insieme a Europa Verde. Erano presenti i rappresentati di altre associazioni cittadine (Il Circolo Zavattini, l’ass. Naz. Combattenti, l’ass. Da Domani, l’ass. Amici del Museo, il Comitato Area dello Stretto, l’ass. di Club Service, l’ass. Le Muse, ecc) e di categorie accademiche e professionali come la sezione calabrese dell’Istituto Nazionale di Urbanistica e la Società dei Territorialisti.      

La folta e variegata espressione del volontariato reggino ha approvato e deciso di sostenere l’azione fin qui prodotta dalla Fondazione Mediterranea e dal Comitato Civico Piazza De Nava, come peraltro fatto nei giorni scorsi anche da altre organizzazioni, come ad esempio la Fondazione Girolamo Tripodi.  Nel corso della riunione si è ripercorso l’iter che ha prodotto il vero monstrum urbanistico rappresentato dal progetto della nuova piazza De Nava che, demolendo la storia cittadina e la memoria collettiva e l’identità dei luoghi, creerà un “non-luogo” (Marc Augé). I relativi lavori, che dovrebbero partire – con ingiustificata fretta – già dopo le Feste Mariane, dureranno minimo tre anni e ostacoleranno poderosamente le attività museali del Cinquantenario dei Bronzi. 

Si è fortemente evidenziato che, contrariamente a quanto promesso dalla Soprintendenza e dal Segretariato Regionale del MIC in occasione della bocciatura del “Progetto Di Battista / Prosperetti”, non si è avuta una progettazione partecipata che coinvolgesse le associazioni professionali né tantomeno gli ambienti universitari (passaggio che si sarebbe dovuto attuare in fase di progetto preliminare, quindi prima della Conferenza dei Servizi).

Il millantato coinvolgimento dell’Università Mediterranea si è infatti limitato a una relazione tecnica commissionata direttamente alla direttrice del Pau prof.ssa Francesca Martorano, di cui negli ambienti accademici non si sapeva nulla e in cui peraltro non si parla di demolizione.

Una progettualità, quindi, nata all’interno della Soprintendenza e portata avanti senz’alcuna possibilità di intervento esterno (caso unico in Italia di un controllore che è deputato a controllare il proprio stesso operato), che collide frontalmente con gli intessi della Cittadinanza e con l’unanime parere espresso dal Consiglio Comunale nella seduta del 31 gennaio del 2022.

Alla fine della riunione si è concordemente stabilito di: «richiamare l’amministrazione Comunale a rendere cogente – viene spiegato in una nota – quanto stabilito nella seduta consiliare del 31 gennaio 2022; attivare tutte le procedure, anche legali (nonostante sia ancora pendente un procedimento penale aperto dalla Procura reggina), per tentare di modificare il progetto da demolitivo in restaurativo per mantenere la storia e l’identità dei luoghi; stigmatizzare l’operato pilatesco del Ministro Franceschini che, pur sollecitato per ben due volte a intervenire anche con interpellanze parlamentari, come affidando la pecora al lupo, ha incaricato di rispondere prima il dott. Patamia e poi l’arch. Sudano».

Ancora, «evidenziare il disinteresse alla vicenda da parte dei giornalisti reggini operanti sulla stampa nazionale che, tranne una sola accezione, si sono dimostrati interessati solo a venire in città a ritirare premi e presentare libri senza produrre nulla di concreto per Reggio; criticare l’incomprensibile silenzio sulla questione da parte di pur qualificate associazioni culturali reggine; sollecitare il doveroso democratico coinvolgimento della cittadinanza, tramite le associazioni civiche e le organizzazioni professionali, a una rimodulazione e revisione progettuale partecipata».  (rrc)

Piazza De Nava RC: s’allarga il fronte dei contrari ai lavori

Si è svolta, a Reggio, una riunione di studio e approfondimento sul progetto di demolizione di piazza De Nava progettato dalla Soprintendenza e sulle dinamiche che lo hanno determinato organizzata dalla Fondazione Mediterranea.

Una riunione proficua che, oltre a dare un sostanziale “riconoscimento accademico” al Comitato Civico De Nava, ha decisamente allargato il fronte di chi si oppone alla demolizione da parte della Soprintendenza di uno storico manufatto urbanistico per la creazione di uno “spazio ampio” in cui tenete “mostre, esposizioni ed eventi folkloristici”.

Al meeting ha partecipato una rappresentanza di professori universitari, architetti e ingegneri urbanisti, fino ad ora non coinvolti nella questione né tantomeno aderenti al Comitato Civico Piazza Nava. 

Questa qualificata rappresentanza professionale si è dichiarata d’accordo, dal punto di vista concettuale e scientifico, con le posizioni assunte fin ora dal Comitato e convenuto sulla loro legittimità e sostanziale esattezza: mancato rispetto della storia cittadina, della memoria collettiva e dell’identità dei luoghi; negazione a piazza De Nava dello status d’insieme urbanistico e sua dequalificazione a mera somma di elementi materici di nessuna importanza storica o architettonica; ecc.

Ma, a parte queste considerazioni di ordine urbanistico e storico, si è anche fortemente sottolineato che, contrariamente a quanto formalmente a suo tempo promesso dal dott. Prosperetti e dalla Soprintendenza in esito alla bocciatura del vecchio Progetto Di Battista sulla piazza da parte delle associazioni cittadine, oggi non si è seguita la strada della progettazione partecipata, tant’è che solo dopo l’approvazione del progetto da parte del Comune e per le denunce fatte dalla Fondazione Mediterranea le categorie professionali rappresentate alla riunione ne hanno avuto notizia. 

Il vulnus democratico e di credibilità delle Istituzioni è stato pertanto molto grave: la mancata formale partecipazione delle categorie professionali all’iter progettuale, per non parlare del mancato coinvolgimento della cittadinanza, ha pertanto fatto sì che in Conferenza dei Servizi si presentasse un progetto già definito in tutte le sue parti e approvato da Comune e Città Metropolitana, con l’unica prescrizione comunale la viabilità in via Vollaro. 

È stata sottolineata l’eccessiva fretta da parte della Segreteria Regionale del MIC nel voler definire al più presto tutta la questione senza coinvolgere le categorie professionali per come formalmente promesso, si è fatto notare come la prescrizione comunale circa la viabilità in via Vollaro ha reso di fatto inattingibile il principale obiettivo progettuale di creare uno spazio aperto pedonale a servizio del Museo in continuità con piazzetta Alvaro.

Confesercenti RC: Emanata nuova ordinanza su emissioni sonore

Claudio Aloisio, presidente di Confesercenti Reggio Calabria, ha espresso soddisfazione per la nuova ordinanza sulle emissioni sonore, che permette alla musica nei locali di continuare fino ad orario di chiusura.

«Una buona notizia, figlia di una sinergia costruttiva avviata con l’Assessora Angela Martino sin dal giorno del suo insediamento», ha commentato Aloisio, aggiungendo che si trattava di «un’anomalia quella di interrompere la filodiffusione, che per sua natura non può nuocere alla quiete pubblica, finalmente eliminata».

«Anche la musica dal vivo – ha spiegato – è stata regolamentata in maniera diversa estendendo l’orario estivo di trenta minuti dando così la possibilità, sempre nel rispetto delle regole, di poter assistere ad esibizioni live fino all’1:30. Un giusto compromesso tra la tutela della quiete pubblica e le esigenze ludiche dei turisti che visitano la Città dello Stretto così come dei reggini che escono per passare una serata serena e divertente».

«Si è, inoltre – ha continuato – risolta un’altra incongruenza che costringeva i Gazebo insistenti sulla parte bassa del lungomare a cessare le emissioni sonore un’ora e mezza prima dei Lidi creando un’inspiegabile differenza tra locali praticamente dirimpettai. Con la nuova ordinanza gli orari sono stai equiparati eliminando così questa ingiusta discriminante e permettendo un’attività omogenea nella parte della città vocata alla vita notturna».

«Vogliamo quindi, come Confesercenti Reggio Calabria – ha proseguito Aloisio – ringraziare l’Amministrazione con a capo il Sindaco ff Paolo Brunetti firmatario dell’ordinanza, che ha inteso venire incontro alle richieste dei tanti locali cittadini che proprio nei mesi estivi svolgono la gran parte del loro lavoro dandogli la possibilità di poter operare al meglio».

«Crediamo che questo risultato – ha concluso – sia l’esempio di come un rapporto positivo tra Enti e Associazioni Datoriali, al di là di sterili enunciazioni, possa portare a risultati concreti e proficui per le imprese e la comunità reggina, inserendo al contempo un piccolo tassello utile ad iniziare a valorizzare la vocazione turistica della nostra città». (rrc)