venerdì 26 aprile, al Teatro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria, alle 21, si terrà il concerto Food di Paolo Fresu (tromba) e Omar Sosa (pianoforte).
L’evento è l’epilogo della 13esima edizione del Reggio in Jazz, rassegna organizzata dall’Associazione Culturale Naima.
Food” è un progetto che nasce tra cantine e trattorie, ristoranti e botteghe: per dodici mesi sono stati registrati suoni e rumori tipici del variegato mondo enogastronomico. Al contempo sono state raccolte le voci, provenienti d’ogni dove, d’avventori e camerieri, proprietari e cuochi. Tutto ciò è divenuto colonna sonora di “Food”; i suoni, debitamente tagliati, equalizzati e messi in loop, fungono da basi per le varie composizioni originali scritte da Fresu e Sosa, oltre alla canzone A Cimma di Fabrizio de André, unica cover dell’album.
Insomma, un album e, pertanto, un concerto, che indagano sul cibo e sul suo mondo, raccontandolo in musica e trattandolo sotto il profilo del gusto, dell’estetica e dell’etica. Con una attenzione particolare su carenze o sperperi di cibo nel Pianeta, sui piaceri del gusto, della convivialità, della scoperta e del dialogo, nonché sull’importanza di una sana alimentazione. (rrc)
Una chiusura di classe, con il grande sassofonista Bobby Watson, per la rassegna Reggio in Jazz, promossa dall’Associazione Naima, che ha travalicato i limiti territoriali della provincia con un sold out di presenze da ogni parte della regione e dalla vicina Sicilia. Una kermesse giunta alla sua 11ma edizione, che mostra la sua maturità e la validità di una formula che la iscrive tra le grandi manifestazioni musicali internazionali di musica jazz. Merito di Peppe Tuffo, presidente dell’Associazione Naima e dei suoi collaboratori che hanno saputo costruire un magnifico festival, apprezzatisismo dagli appassionati. Forse, per il futuro bisognerà pensare a una location più ampia, visto che molti spettatori hanno dovuto rinunciare allo spettacolo visto il tutto esaurito per il concerto finale al Teatro Metropolitano di Reggio.
Introdotto da un emozionato Peppe Tuffo – presidente di “Naima”, che ha fatto ammenda coi tanti concittadini appassionati di musica purtroppo rimasti fuori a causa del “tutto esaurito”, Bobby Watson ha subito dato prova della sua maestria con scale vertiginose, sentitissimi assoli, citazioni celebri (Misty) o spiritose (The Sailor’s Hornpipe di Sammy Lerner, ovvero il tema musicale che contribuì alla fortuna del cartoon “Braccio di ferro” o, se preferite, “Popeye”).
Aperta una breccia imbracciando il suo sax alto, Watson ha offerto un’emozione dietro l’altra con la coralità di Sweet Dreams, in cui anche Sanna ha dato dimostrazione del suo talento improvvisativo. E soprattutto, introdotto dal contrappunto contrabbassistico di Florio, «il brano che nell’85 ha cambiato la mia vita», come l’ha definito dal palco: Appointment in Milano, intensa e divertente al tempo stesso, composizione da cui nacque il legame a doppio filo col nostro Paese.
Quando il quartetto di Bob Watson torna in scena per il primo “bis” e intona la famosissima Moanin’, scritta nel ’58 dal pianista Bobby Timmons per il mitico gruppo di Art Blakey, i Jazz Messengers – di cui lo stesso Timmons faceva parte -, il pubblico è già in piedi per il giusto tributo al grande sassofonista .
Profilo e modo di fare on stage che per molti versi ricordano un altro grande pilastro del sax su scala mondiale come Sonny Rollins, Bobby Watson è stato a sua volta per lunghi, intensi anni partner in note del mitico batterista Art Blakey quale componente di vaglia dei suoi Jazz Messengers, di cui – raccogliendo il testimone del grande Benny Golson – fu pure il direttore musicale dal 1977 al 1981. E il sassofonista di Lawrence, cresciuto anche musicalmente nella vicina Kansas City, è riuscito a fare rapidamente sold out per la sua attesa esibizione, ma al contempo a stregare l’esigente pubblico reggino, accompagnato sul palco del “Metropolitano” da tre valenti ed esperti musicisti: il pianista Domenico Sanna, il contrabbassista Vincenzo Florio e il batterista Marco Valeri. «Per me, è come un ritorno a casa», aveva confidato Watson poco prima del live: in Calabria infatti aveva già suonato tempo fa, con “giganti” del jazz del calibro dello stesso Blakey e George Coleman.
Dalla stessa incisione “italiana” di 34 anni fa per Red Records, immediatamente dopo è la volta di una ballad dolcissima: fra tom-tom e timpano, il batterista Valeri impugna le mazze per scandire il tempo di Love remains, “l’amore resta”. Un brano ispirato a una grande coppia, Nelson e Winnie Mandela, e che Watson dedica così come l’intera esibizione alla moglie Pamela Baskin, con cui il sassofonista forma un’affiatatissima coppia artistica, visto che la consorte “Pam” – sua compagna di vita ormai dal 1971, quando si conobbero a un concerto di Pat Metheny – è pure una magnifica pianista jazz, cantante e compositrice.
Il “professor” Watson – oggi affianca l’insegnamento in Conservatorio alla sua prestigiosa attività concertistica in tutto il pianeta –, a 66 anni suonati non si ferma un istante, continua a emozionare, sudare e stupire, con la magia di (I’m) Always missing you, la folle scala discendente iniziale (e quelle successive) di If Bird could see me now, struggente «preacher blues», come l’ha definita lui stesso e poi, nota come nota, con la fierezza di chi anche socialmente ha sempre sostenuto black music ed empowerment afroamericano, la rapidissima Ballando.
Chiusura con un generoso duplice bis: la scoppiettante reinterpretazione di Moanin’ durante la quale Watson si e infine E.T.A. (sigla che sta per Estimated time of arrival, “tempo stimato d’arrivo”), una sorta di “variazione sul tema” della coltraniana Lazy Bird scritta nell’emozionante attesa per la nascita di Lafiya, la prima figlia avuta da Bobby e Pam, oggi apprezzata fotografa e graphic designer. (mp)
L’edizione 2019 della rassegna Reggio in Jazz è cominciata: ad aprire le danze, sul palco del Teatro Metropolitano, una ipnotica Ada Montellanico che, insieme al suo gruppo – composto da Enrico Zanisi (piano), Jacopo Ferrazza (contrabbasso) e Alessandro Paternesi (batteria), ha reinventato i brani di Luigi Tenco.
La singer romana ha dedicato album, come per il Tenco “minore” cantato ne L’altro Tenco e poi Danza di una ninfa, in cui la stessa Montellanico ha musicato due poesie inedite dell’autore genovese e il grande pianista Enrico Pieranunzi altre due, mille live e persino un libro, Quasi sera. Una storia di Tenco.
Non solo Luigi Tenco, comunque: ad esempio, anche alcuni tra i brani scritti dalla stessa Ada Montellanico che hanno contribuito a fare la storia del jazz italiano (per esempio, Trepido sguardo dall’album del 2011 Suono di donna, in cui l’omaggio ad alcune tra le più brillanti stelle del firmamento internazionale coinvolse Maria Schneider ma pure Joni Mitchell, Carla Bley ma anche Carmen Consoli e Ani Di Franco).
«… E nelle pieghe della mano / una linea che gira, e lui risponde serio / “È mia”; sottintende la vita»… Emozioni da vendere, appena la cantante intona un’emulsione purissima del più denso, significativo cantautorato italiano come Pezzi di vetro di Francesco De Gregori. Se possibile, si sale ulteriormente con la magnetica – vocalmente, e non solo – rendition di Passalento, splendido prodotto musicale di Ivano Fossati (a proposito di “scuola genovese”) che la Montellanico, in perfetta linea con le intenzione di chi la scrisse, dedica ai fratelli in arrivo da lontani Paesi del mondo meno fortunati.
Il concerto si è concluso con la celeberrima Mi sono innamorato di te, brano tenchianamente melanconico epperò decisamente internazionale per notorietà e gradimento riscontrato – che la Montellanico concede per certi versi malvolentieri: non rispetto alla platea, nei cui confronti si spende con allegra generosità, ma sotto il profilo concettuale della ferma volontà dell’artista capitolina di rifuggire riletture banali e di non sottoporsi ad applausi facili, legati alla celebrità di un brano anziché alla validità della sua metamorfosi, improvvisazione inclusa.
E se sabato la regina del Metropolitano è stata Ada Montellanico, ieri sera, al Teatro Comunale “Francesco Cilea”, è stata la volta degli Escenas Argentini, ossia l’esibizione da 21 elementi on stage del celebrato sassofonista argentino (naturalizzato italiano) Javier Girotto, di un altro jazzista “gaucho” di rango come il bandoneonista Pablo Corradini, entrambi sul palco con la L.A.J. Big Band, diretta dal maestro Roberto Gazzani.
Prossimo appuntamento, al Teatro Metropolitano, con Bobby Watson. (rrc)
Sabato 16 novembre, a Reggio, al via l’undicesima edizione di Reggio in Jazz, organizzata dall’Associazione Naima.
La manifestazione, con la direzione artistica di Peppe Tuffo, si svolgerà al Teatro Metropolitano e al Teatro Francesco Cilea.
Il 16 novembre, al Teatro Metropolitano, un pilastro assoluto del jazz italiano, la cantante jazz e compositrice Ada Montellanico, che porterà in scena il suo omaggio alla figura e all’opera dell’indimenticabile cantautore genovese Luigi Tenco, Tencology
. La performance dell’artista sarà preceduta – alle 18,30 dello stesso giorno – da un workshop sul tema Le donne del jazz, in programma sempre al Teatro Metropolitano.
Il giorno successivo, il 17 novembre, al Teatro comunale “Francesco Cilea” si esibirà invece una star del sassofono del calibro di Javier Girotto, accompagnato dal bandoneista italoargentino Pablo Corradini e dalla L.A.J. Big Band, diretta dal Maestro Roberto Gazzani.
Ultimo appuntamento, il 23 novembre, al Teatro Metropolitano, con un altro grande sax: Bobby Watson, sassofonista di primissimo livello e collaboratore storico del grande batterista e compositore Art Blakey, e peraltro artefice di molte altre splendide pagine di musica da solista e in formazioni che hanno fatto la storia del jazz, come il 29th Street Saxophone Quartet.
Il programma, infine, sarà illustrato mercoledì 13 novembre, alle 11.30, alla Pizzeria Lievito. (rrc)
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