di ROBERTO DI MARIA – Gli interventi che riguardano il Sud sono spesso messi in dubbio, sempre con la scusa, più o meno sottintesa, che il gioco non valga la candela: la tesi sostenuta è che nessuno usufruirà mai di infrastrutture così costose in aree sottosviluppate.
Un articolo de L’Espresso del 10 novembre scorso a firma di Gloria Riva ne è un esempio, dato che pone più di un interrogativo sulla ferrovia Salerno-Reggio Calabria in fase di progettazione da parte di RFI, nell’ambito della attuazione del Pnrr. Si scopre che “costerà miliardi” (come se altrove interventi simili costassero spiccioli), e che, inoltre, “non sappiamo quando (e se) sarà completata”. E, ovviamente, si arriva a mettere in dubbio” l’utilità stessa del progetto”.
In realtà, il sottosviluppo è creato proprio dall’assenza di infrastrutture, rimaste, al Sud, a livelli ottocenteschi, mentre da Napoli in su si usufruisce dell’Alta velocità/Alta capacità con immensi benefici per i territori serviti. L’estensione di questa rete al Sud è pertanto sacrosanta, se vogliamo dare un senso al tanto decantato Pnrr. Ciò premesso, non si può negare che alcune osservazioni riportate ne “L’Espresso” limitatamente a scelte progettuali che sembrano fatte apposta per destare interrogativi e dubbi, trovano qualche fondamento. Basta, infatti, dare un’occhiata al tracciato previsto per rimanere quanto meno perplessi.
Le stesse informazioni fornite dall’Ad di Rfi, Vera Fiorani, in audizione presso la Commissione Trasporti del Senato lo scorso mese di giugno confermano questa impressione. Esse ci rappresentano una nuova linea Salerno-Reggio Calabria che, a conti fatti, sarà lunga 30 km in più dell’attuale linea. Un inconveniente dovuto all’abbandono del corridoio tirrenico, che nessuno aveva messo in discussione fino a qualche anno fa, per preferirvi quello “autostradale”, così definito perché ripercorre, in parte, la scelta che venne fatta a suo tempo per il percorso dell’autostrada “Del Mediterraneo”.
Infatti la nuova linea, dopo aver lasciato Battipaglia, anziché dirigersi verso la costa cilentana, si dirige verso il Vallo di Diano, percorrendolo interamente. Ai primi rilievi del Pollino, immediatamente a sud di Buonabitacolo, essa segue un percorso in discesa, per lunghi tratti in galleria, che la conduce sulla costa, a Praia a Mare, pochi chilometri a sud del confine tra Basilicata e Calabria.
Ci si aspetterebbe che qui la linea si mantenesse sulla costa, invece no: con un’ardita galleria sale nuovamente verso la valle del Crati, pervenendovi nei pressi di Tarsia; quindi la percorre per una trentina di km e raggiunge Cosenza.
Da qui (ma questa parte del progetto non è ancora finanziata) proseguirebbe di nuovo verso la costa per raggiungere Lamezia Terme.
Il rimanente tracciato verso sud, grazie al cielo è “invariante” ovvero si mantiene pressappoco sulle tracce della linea storica fino a Reggio Calabria.
Nelle more della realizzazione della linea a sud di Cosenza, il progetto prevede una nuova galleria a doppio binario tra Cosenza e Paola, che sostituirà la Santomarco, a binario unico, e che permetterà di raggiungere la linea attualmente in esercizio. In queste condizioni, il percorso tra Praia e Paola, via Tarsia, misurerebbe 83 km anziché i 50 scarsi della linea costiera: è solo un esempio delle incongruenze insite nel corridoio prescelto.
Si consideri che il tracciato propone ben due saliscendi mare-monti (prima tra Battipaglia e Praia attraverso il vallo di Diano, poi tra Praia e Paola attraverso la valle del Crati), che comporterebbero un maggior consumo di energia per i treni in transito, vanificando in parte la sostenibilità ambientale della nuova linea ferroviaria. Il problema, che si presenterebbe soprattutto per il traffico merci, non esiste sul corridoio tirrenico, dal momento che, seguendo la costa, la quota ferroviaria si mantiene pressoché costante. Ovviamente, il tracciato prescelto da RFI comporterebbe lo scavo di lunghissime gallerie, incrementando i costi ed allungando i tempi di realizzazione anche in ragione della maggiore lunghezza.
Ci si chiede, a questo punto, come mai si sia preferita questa opzione, così discutibile. Le motivazioni che la Fiorani spiega nella sua audizione al Senato sono principalmente due:
1) allontanarsi dalla linea storica perché i lavori interferirebbero con l’esercizio ferroviario.
2) scegliere un tracciato maggiormente accessibile ai territori, con particolare riferimento alla costa ionica calabrese.
La prima motivazione potrebbe essere condivisibile, se non richiedesse, come ho accennato prima, un costo altissimo in termini di allungamento della linea e, quindi, dei costi e dei tempi di percorrenza. Ma anche in termini di pronta funzionalità della nuova infrastruttura: se consideriamo che il nuovo tracciato si distacca dall’esistente a Battipaglia e vi si ricongiunge a Praia, parliamo di 127 km di linea che non potranno essere realizzati se non in un unico “lotto funzionale”. Ovvero, se prima non si concludono i lavori in tutto il lotto, senza escluderne neanche un metro, non sarà possibile usufruirne, dato che le due linee non hanno altri punti di collegamento dove i treni, percorsa la nuova linea veloce, potrebbero passare a quella esistente.
Carta geografica alla mano, esse si mantengono sempre molto distanti e, per giunta, su quote altimetriche diverse, essendo l’una sulla costa l’altra sulle quote collinari del Vallo di Diano e delle propaggini del Pollino. Un approccio che non convince: si consideri che l’attuale rete Av tra Torino e Napoli corre sempre in prossimità di linee esistenti, ed è interconnessa ad esse ad intervalli regolari, dell’ordine di qualche decina di km. Un approccio che ha consentito, ad esempio, di utilizzare le prime tratte della Roma-Firenze, già a fine anni ’70, ben prima che la stessa fosse gradualmente completata a metà degli anni ’90.
Per quanto concerne l’accessibilità da parte della Calabria ionica, evidentemente la Fiorani ha dimenticato che Rfi sta lavorando ad un altro progetto Av sulla Battipaglia-Potenza-Metaponto-Taranto. Un itinerario facilmente raggiungibile dalla valle del Crati e da tutta la costa ionica, senza bisogno di scavare lunghissime gallerie, come quella tra Praia e Tarsia. A condizione, ovviamente, che, insieme alla Tarsia-Cosenza si raddoppi la linea costiera da Tarsia a Metaponto. Ma di questo intervento, nei piani RFI, paradossalmente non c’è traccia.
Eppure si tratta di un itinerario comunque indispensabile, se si pensa che in Puglia perverrà il corridoio Ten-T Baltico-Adriatico, di cui è già stato chiesto alla UE il prolungamento da Ancona verso sud: una infrastruttura fondamentale per il trasporto merci verso il centro Europa. La sua accessibilità attraverso la linea ionica riqualificata e raddoppiata, insieme al collegamento con la tirrenica tramite la nuova galleria Santomarco, consentirebbe il potenziamento del porto di Gioia Tauro in chiave gateway, ovvero come punto di attracco per le navi portacontainers provenienti dal Far East.
In futuro potrebbe peraltro usufruirne anche il porto di Corigliano-Rossano, attualmente pressoché abbandonato; senza contare il traffico che vi potrebbe pervenire dai porti siciliani, a condizione, ovviamente, che si realizzi il Ponte sullo Stretto.
Questo scenario non soltanto metterebbe la Calabria al centro del traffico merci internazionale, ma offrirebbe al suo territorio ben due accessi ad alta velocità ed alta capacità, con i benefici che si possono chiaramente immaginare. Nel contempo, farebbe apparire inutile la scelta del cosiddetto “tracciato autostradale” operata da Rfi, e soprattutto l’intero lotto Praia-Tarsia, comprensivo di una galleria di oltre 30 km: rinunciando a questa parte del tracciato si potrebbero impiegare le relative somme (3,9 Miliardi di €!) per la riqualificazione in chiave Av/Ac della Tarsia-Metaponto, quasi interamente in pianura o fondovalle: molto più lunga ma molto meno costosa.
Al punto che, con tutta probabilità, si potrebbe finanziare con le stesse somme anche la meno impegnativa riqualificazione della tirrenica da Praia a Paola e, successivamente, fino a Lamezia Terme. Per raggiungere quest’ultimo centro, pertanto, diverrebbe superfluo anche il lotto che lo collegherebbe a Cosenza (stimato in 3,2 miliardi di euro), città che si troverebbe comunque all’interno del corridoio AV lungo il Crati.
Per quanto concerne il tracciato tirrenico, occorre ricordare che esso è relativamente recente (venne raddoppiato negli anni ’70), e presenta già buone caratteristiche prestazionali piuttosto buone. Basterebbero alcuni interventi puntuali per una sua trasformazione a linea Av, le cui interferenze con l’esercizio non sarebbero così gravi come, invece, ha riferito RFI.
Le caratteristiche di tracciato di una linea Av sono ben diverse da quelle dei tracciati tradizionali. Laddove si dovesse intervenire sul tracciato calabrese tirrenico, quindi, lo si farebbe nelle tratte più tortuose, che andrebbero sostituite da tratte con curve più ampie che, pertanto, percorrerebbero tracciati ben distinti da quello esistenti.
Niente di nuovo: è l’approccio scelto dalla stessa Rfi fino al 2011, quando il progetto di potenziamento della linea, con un tratto di AV a 300 km/h tra Battipaglia e Sapri ed una corposa riqualificazione della linea esistente. D’altronde, fino ad allora l’ipotesi del potenziamento della linea tirrenica, oggi inspiegabilmente accantonata, prevedeva la realizzazione di una variante in galleria, da Sapri ad Ogliastro, che non avrebbe interferito per nulla con la linea esistente e che, ad opere concluse, avrebbe consentito velocità di 300 km/h ed un risparmio di almeno 40 minuti. Ed intervenendo su soli 66 km anziché 127, in quanto il rimanente tracciato da Ogliastro a Battipaglia correrebbe in pianura, mentre quello fra Sapri a Praia è facilmente migliorabile.
Un accenno soltanto merita la questione velocità. Abbiamo spesso definito “farlocca” l’alta velocità prevista per le linee meridionali. Se è vero, come è vero, che la Napoli-Bari, preannunciata a 250 km/h prevede tale limite soltanto per la tratta Apice-Orsara di 47,4 km (fonte www.napolibari.it) su un totale di 150. Ciò spiega le 2 ore per percorrere i 260 km appena che separano Bari dal capoluogo campano (media 130 km/h…).
In Sicilia, nella presunta tratta Av Catania-Palermo la velocità di progetto è ovunque 160 km/h, tranne alcune tratte comprese tra Caltanissetta e Fiumetorto (fonte: palermocataniamessina.it). Anche in questo caso occorreranno 2 ore per percorrere i 242 km che separano le due principali città siciliane (media: 121 km/h).
Per quanto riguarda la Salerno-Reggio Calabria dovremmo ipotizzare tre ore di percorrenza, considerando che per l’intera tratta da Roma al capoluogo calabrese sono state promesse non più di quattro ore. Si avrebbe una velocità media di appena 140 km/h: troppo pochi per una linea ad Alta Velocità, se si pensa che un percorso analogo, tra Roma a Bologna, si percorre in appena 2 ore (velocità media: 210 km/h). Ci chiediamo, a questo punto, come faccia l’Ad Fiorani a dichiarare che la linea sarà una vera Av, con velocità massime di 300 km/h.
Non è ancora tutto, anzi: nel periodo di validità del Pnrr, che ha come termine la prima metà del 2026, il programma degli interventi prevede l’apertura all’esercizio soltanto di una parte delle opere ivi inserite. Ad esempio, nel caso della Napoli-Bari si prevede l’apertura di 98 km su 150. La Catania-Palermo verrebbe raddoppiata per 148 km sui 199 previsti.
Per la Salerno-Reggio Calabria, la cui progettazione è molto più indietro, il PNRR prevede il finanziamento di soli due lotti: Battipaglia-Praia e Praia-Tarsia. Ma per il 2026 si prevede l’apertura soltanto del tratto più a nord del primo, tra Battipaglia e Romagnano: soli 33 km su 445: il 7,4%.
Inoltre, per i motivi sopra ricordati, questa linea non potrebbe essere raccordata all’attuale itinerario per Reggio Calabria, ma servirebbe soltanto i collegamenti verso Potenza. Morale della favola: nel 2026, sulla relazione Salerno-Reggio Calabria non sarà pronto neanche un metro di nuova linea, AV o meno che sia. Se ne parlerebbe, se tutto va bene, all’inizio del prossimo decennio, dato che per la realizzazione di questi lotti sono previsti almeno nove anni; che con la progettazione esecutiva, appaltata insieme ai lavori, diverrebbero almeno dieci. Possiamo aspettare così tanto?
Se, invece, si riprendesse la vecchia idea della riqualificazione della tirrenica, avremmo più cantieri aperti contemporaneamente e di minore entità. Ognuno di essi potrebbe tranquillamente essere realizzato ed attivato nel giro di pochi anni, almeno per quanto riguarda il tratto a sud di Sapri, ma per tutta l’estensione della linea fino a Reggio Calabria. Anche se non si portasse a termine il tratto Sapri-Ogliastro, prevalentemente in galleria, la conformazione di quest’ultimo potrebbe consentire almeno un collegamento intermedio con la linea esistente, e quindi il suo sfruttamento parziale prima del completamento dell’intera tratta.
In sostanza, si porrebbero le condizioni per poter avere completati e fruibili, entro il 2026, buona parte dei chilometri che separano Salerno da Reggio Calabria. I quali, però, non sarebbero più 420 (i 445 di cui sopra meno i raccordi verso Potenza) ma 390 circa, perché seguirebbero un tracciato più corto, quello della linea attuale, ulteriormente ridotto grazie alle varianti a minore tortuosità.
L’orizzonte temporale anzidetto consentirebbe, peraltro, di finanziare tali interventi nel PNRR per una somma ben superiore a quella preventivata. Un dettaglio da non sottovalutare, che consentirebbe all’Italia di conseguire meglio ed in minor tempo l’obiettivo principale del Piano: ridurre il divario tra sud e nord del Paese.
Gli schemi corografici che alleghiamo rappresentano bene la maggiore funzionalità del corridoio tirrenico a cui si connette, all’altezza di Paola, il corridoio ionico proveniente da Metaponto. Di converso, si noti come il progetto predisposto da Rfi, pur sottovalutando il corridoio ionico, preveda incomprensibilmente ben tre collegamenti tra la costa tirrenica e la valle del Crati. In sintesi i vantaggi dello schema alternativo sarebbero:
Maggiore funzionalità dei lavori, grazie alla individuazione di più “lotti funzionali” che potrebbero essere in esercizio la maggior parte del tracciato entro pochi anni, anziché nel prossimo decennio.
Minor ricorso allo scavo di gallerie, con vantaggi consistenti in termini di tempo e di costi di costruzione, da recuperare per interventi nel corridoio ionico.
Minor impatto ambientale grazie alla scelta di un percorso più corto e con minori dislivelli, da superare per i convogli, con riduzione dei consumi di energia ed aumento della sostenibilità in fase di esercizio.
Raddoppio e velocizzazione della linea ionica tra Tarsia e Metaponto, con ricadute positive su territori allo stato esclusi dall’intervento.
Presenza di due corridoi Av/Ac a servizio della Calabria, anziché uno.
Maggiore capacità complessiva a servizio del traffico merci, che potrebbe usufruire di due alternative con caratteristiche compatibili con le sagome ed i carichi massimi, nonché con la possibilità di instradare treni da 750 m.
Argomentazioni che ci sembrano degne di un’attenta riflessione, prima di impegnarsi nella realizzazione di un’opera così impegnativa ed importante. Come abbiamo visto, se realizzata con le giuste caratteristiche nell’ambito di un sistema trasportistico coerente con il ruolo chiave dell’Italia al centro del Mediterraneo, potrebbe cambiare non soltanto le sorti della Calabria e del Meridione, ma anche dell’intero Paese. (rdm)
(L’autore è ingegnere dei Trasporti)