Riapri Calabria: dopo un mese erogati 29 milioni, ma 5500 aziende restano fuori

Primi dati sulle erogazioni previste dal decreto Riapri Calabria, ovvero il contributo una tantum fino a 2.000 euro previsto per le microimprese costrette allo stop dal coronavirus. Sono stati erogati 29.106mila euro a 14.553 aziende. Soddisfatta la Santelli che ha ringraziato l’assessore Fausto Orsomarso e la Fincalabra per la rapidità con cui hanno risposto alle esigenze dei piccoli imprenditori.

«“In un solo mese – ha detto la presidente Jole – siamo riusciti a istruire e pagare un numero considerevole di domande. Tempi da record in fase di lockdown. Da più parti lamentano che siamo veloci. Devo dire che è vero. Ogni volta che diciamo cosa fare dobbiamo saper dire anche come fare. E farlo».

Peccato che la presidente non si domandi come mai circa 6000 imprese sono rimaste fuori (si aspettavano 20mila domande): la risposta è semplice. Molti imprenditori sono rimasti indietro con i pagamento di imposte e contributi e non hanno, ovviamente, potuto sottoscrivere l’autodichiarazione (che sarebbe stata mendace) di essere in regola con Erario e istituti di previdenza. 5500 aziende rappresentano il 27,5 per cento del totale che la Regione aveva previsto di poter aiutare. Ma l’aiuto, come si può vedere, non c’è stato e non potrà arrivare: eppure non si tratta di evasori totali, sconosciuti al fisco, ma imprenditori in  “ritardo” che hanno sempre versato il 16 del mese tasse e contributi. Non si possono fare i decreti, dando ragione sempre ai burocrati di turno.

Così come l’altro provvedimento Lavora Calabria che serve a mantenere i posti di lavoro con un contributo a fondo perduto per pagare 1/3 dei contributi dovuti per quattro mesi ha lasciato fuori moltissimi settori produttivi che sono rimasti schiacciati dalla chiusura dovuta al lockdown. Tanto per fare un esempio, le piccole e medie aziende grafiche editoriali della regione non sono state ammesse (non risulta il loro codice Ateco) ai benefici previsti dal decreto a tutela del lavoro. Sono aziende con decine di dipendenti che sono rimaste ferme durante i mesi del lockdown e a fatica stanno cercando di risalire la china. L’assessore Orsomarso dovrebbe prendersi l’impegno di risolvere queste assurde esclusioni (che riguardano peraltro altri settori produttivi) per non trovarsi a settembre con una insostenibile massa di licenziati e nuovi disoccupati. (rp)

RIapri Calabria: le prime 10mila aziende ammesse a ricevere il bonus da 2000 euro

Sono già 10mila le aziende beneficiarie del bonus da 2000 euro previsto dal bando regionale Riapri Calabria e per mille di esse sono partiti oggi i bonifici. Sono state presentate 17mila domande, quindi ancora sono sotto istruttoria circa 7mila. Lo hanno comunicato il presidente della Regione Calabria Jole Santelli e l’assessore alle Attività economiche e al Lavoro Fausto Orsomarso, che hanno evidenziato il successo della sperimentazione della nuova piattaforma informatica che ha consentito di gestire in maniera efficiente il consistente numero di domande ricevute e di dare sostegno immediato alle piccole aziende che hanno subito pesanti ripercussioni a seguito della sospensione delle attività per l’emergenza Covid.

Una volta testata la piattaforma ministeriale del Registro Nazionale degli aiuti di Stato (RNA), un passaggio burocratico indipendente dalla Regione che ha determinato un aggravio dei tempi necessari, con la possibilità di effettuare invii massivi la Regione sta procedendo alle liquidazioni dei bonus ai successivi blocchi di beneficiari della misura, che saranno completati entro giovedì.

«L’efficienza e la capacità di intervento dimostrata con il piano “Riparti Calabria” – ha spiegato il presidente Jole Santelli – è la prova di una Regione che funziona e corre veloce, pure in una situazione di emergenza, e vogliamo che sia così anche quando, dopo avere destinato risorse importanti per salvaguardare le nostre aziende dalla crisi, metteremo in campo gli investimenti per lo sviluppo economico e il rilancio del sistema produttivo calabrese».

«L’amministrazione regionale – ha fatto notare l’assessore Orsomarso – ha messo in campo un impegno straordinario in termini di risorse e di semplificazione delle procedure, a favore dei vari comparti produttivi, affinché realtà grandi e piccole del tessuto imprenditoriale siano messe nelle condizioni di fronteggiare la crisi e ripartire con fiducia». (rp)

La Calabria non “riapre” le imprese più deboli
In migliaia hanno rinunciato ai 2.000 € di aiuti

di SANTO STRATI – Quanto si temeva si è regolarmente realizzato: al bando “Riapri Calabria” che concede 2.000 euro alle aziende calabresi costrette all’inattività per due mesi a causa del lockdown, sono arrivate meno domande del previsto. Ci sono 40 milioni di euro per almeno 20mila aziende: hanno presentato la domanda col click-day solo 16.980 imprenditori (e si erano registrati 17.520). Mancano all’appello 3.020 aziende, le più deboli, le più in difficoltà. Quelle che non hanno potuto sottoscrivere l’autocertificazione di non avere pendenze con l’Erario (imposte e tasse arretrate) o con gli istituti previdenziali (i contributi per i dipendenti). E quanti altri imprenditori non hanno nemmeno tentato di fare due conti per estrarre la percentuale di perdita che li avrebbe qualificati per l’aiuto regionale? Aiuto modesto, ma utile e importante in questo deserto di iniziative finanziare a favore di chi ha dovuto interrompere l’attività, continuando a pagare i costi fissi dell’impresa: affitti, utenze, anticipazioni di cassa integrazione e quant’altro.

Da questo punto di vista l’aiuto regionale di “Riapri Calabria”, pur offrendo una boccata d’ossigeno (fino a 2000 euro a fondo perduto, cioè da non restituire) a svariate migliaia di aziende, ha fallito l’obiettivo principale, quello di venire incontro agli imprenditori con maggiori problemi. Come si ricorderà, all’inizio era stato previsto l’obbligo di presentare il cosiddetto Durc (documento unico di regolarità contabile) che viene rilasciato dall’Inps alle aziende per certificare che versano regolarmente i contributi sociali e non hanno debito con lo Stato. La mezza rivolta degli imprenditori e il suggerimento di molti commercialisti ha fatto abolire tale obbligo, sostituito però da un’autocertificazione, con evidenti rischi penali in caso di dichiarazione mendace, che molte aziende non hanno potuto sottoscrivere. Quanti imprenditori in difficoltà – e non solo per l’emergenza covid – hanno preferito qualche volta pagare gli stipendi ai dipendenti e rinviare (sottolineiamo rinviare non evadere) i versamenti dovuti per tasse e previdenza? Il 2019 non è stato un anno brillante per le imprese, i fatturati hanno registrato, in alcuni casi, vistosi cali per minore disponibilità di spesa dei consumatori, i pagamenti della Pubblica Amministrazione più volte promessi, pur in presenza di larghissimi ritardi, non sono arrivati e così diversi imprenditori hanno dovuto fare i conti con la mancanza di liquidità. Non supportata in alcun modo dagli istituti di credito in condizioni “normali” e ancora oggi mal gestita nonostante la garanzia totale da parte dello Stato.

Il Covid, con la sua terribile scia di poveri morti cui è stato persino negato un funerale, ha provocato altresì un’altrettanto disastrosa epidemia sociale nell’economia reale del Paese. Alla mancanza di liquidità è stato risposto con interventi complicati e resi ancor più inattuabili dall’incapacità delle banche di intuire la gravità della situazione. Ma a quale genio delle finanzia e dell’economia è potuto venire in mente di far gestire alle banche il famoso decreto da molti ribattezzato di “illiquidità”? Come si è potuto pensare di affidare a chi ha affossato l’economia reale del Paese con la negazione del credito, soprattutto nel Mezzogiorno e in particolar modo in Calabria, ad aziende sane, che garantivano posti di lavoro e imposte per lo Stato?

Il dramma del credito negato in Calabria ha spalancato, molto spesso – come ha denunciato più volte il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri – le porte all’usura mafiosa. Di fronte alla minaccia di catastrofe finanziaria, di fronte all’indifferenza degli istituti di credito, facile cadere in mano agli usurai, ancora più facile cadere preda all’usura della ‘ndrangheta che mira a impossessarsi di attività produttive, negozi, esercizi pubblici, i cui titolari alla fine non riescono a pagare gli interessi stratosferici richiesti. L’alternativa è chiudere, perdere tutto, visto che le banche sono assenti e il “compare che si offre a dare una mano” in realtà ha già messo gli occhi sull’azienda per conto proprio o del capobastone di turno.

Le banche hanno una gravissima responsabilità nella crisi economica pre-Covid: da tempo hanno smesso di esercitare il mandato che la società imponeva loro, cioè raccogliere risparmio e dare prestito alle imprese, preferendo la più facile via della finanza creativa. Zero rischi (apparentemente, ma la cronaca ci ha raccontato un’altra verità) al posto di stare appresso a “quattro morti di fame di imprenditori” in cerca di spiccioli per investire in produzione e lavoro.

Figurarsi nel post-covid cosa sono state capaci di inventarsi le banche pur di non dare denaro agli imprenditori. Forti di un decreto che andava buttato nel cestino e completamente riscritto, hanno accampato mille impedimenti, a loro dire imposti dalla legge bancaria, per dire no a prestiti che non sarebbero mai potuti finire nella categoria del NPL (non performing loans), ovvero dei crediti inesigibili, visto che c’è la garanzia totale – ripetiamo totale – dello Stato. E questo per i prestiti fino a 25mila euro (nella misura percentuale del 25% del fatturato dell’anno precedente). I numeri parlano da soli: il decreto è dell’8 aprile – sono già passati due mesi – ed è stato evidenziato che solo 1 prestito su due (fino a 25mila euro) e uno quattro (per i prestiti fino a 800mila euro) arriva alle imprese che lo hanno richiesto. Tanto per spiegarci meglio, su 559.139 domande presentate per il “mini” prestito fino a 25mila euro, sono state accolte 290.114. È andata peggio per le imprese che volevano investire nella produzione, richiedendo prestiti garantiti al 90% dallo Stato: accolte o erogate 11.663 domande a fronte di 48.252 richieste (poco più del 24%).

Gli istituti di credito hanno giustificato il ritardo perché il personale era ancora in smart working (neanche dovessero contare a mano i quattrini) e poi perché andava rispettata la procedura prevista dalla legge bancaria: presentazione della domanda, accoglimento, erogazione. Questo potrebbe andar bene in condizioni “normali” non nell’emergenza in cui eravamo e da cui non siamo ancora usciti. Per non parlare poi dei prestiti “importanti” sui quali – nonostante la quasi piena garanzia fornita dallo Stato, qualche banca ha ritenuto di avviare la classica procedura di finanziamento: una montagna di documenti, bilanci certificati, situazioni patrimoniali, business plan, dichiarazioni e autocertificazioni, ecc. ecc. per poi mandare la richiesta al vaglio della sede centrale, cui spetta l’ultima parola. Per farla breve se avete mandato qualche volta al diavolo il responsabile della vostra filiale, questi può permettersi il lusso di respingere la vostra domanda, adducendo qualsiasi pretesto utile per il comitato di credito della banca stessa. Ma allora, a cosa serve la garanzia statale se qualche istituto è arrivato persino a chiedere la fidejussione dei soci a ulteriore garanzia del prestito? In base a quale maledetto criterio imbecille si pensa di far ripartire il Paese se si blocca l’economia reale, quella dei piccoli imprenditori, dei commercianti, degli artigiani, dei ristoratori, quella che versa regolarmente il 16 di ogni mese l’F24 con tasse e contributi e permette allo Stato di pagare stipendi ai burocrati cialtroni che stanno mandando all’aria il Paese?

Il discorso è lungo, fermiamoci alla Calabria. A conti fatti avanzano quasi 5 milioni di euro dal fondo dei 40 previsto per il bando “Riapri” (sempre che vengano accolte tutte le 16.980 richieste): cosa si farà con quei soldi “avanzati”? L’assessore al regionale al Lavoro Fausto Orsomarso ha detto che saranno inglobati nel secondo bando, quello che prevede il sostegno all’occupazione, finanziando un terzo dei contributi dovuti se si mantiene stabile l’occupazione pre-covid.

Andava sicuramente fatto qualcosa di diverso, troppe categorie sono state escluse, pur essendo rimaste inattive nel periodo del lockdown. Occorre che la Regione s’inventi qualcosa per le categorie più a rischio d’usura.

La richiesta dell’autocertificazione dell’assenza di irregolarità amministrative non ha premiato i più virtuosi, ma le aziende più ricche, quelle che non hanno avuto difficoltà a versare tasse e contributi. Le altre, le più deboli, non certo gestite da “evasori fiscali”, sono rimaste a bocca asciutta. Con due opzioni: chiudere e mandare a casa i dipendenti, o cedere ai prestiti “facili” della ‘ndrangheta.

Senza bisogno di consultare la palla di cristallo, facile prevedere che un gran numero di saracinesche resteranno abbassate. E la bomba sociale della disoccupazione ,che già in Calabria era a livelli insopportabili scoppierà, in autunno, se non prima. A settembre ci saranno le elezioni in buona parte d’Italia (e a Reggio) dove non mancherà la solita abbondanza di promesse, ma questa volta nessuno starà ad ascoltarle… (s)

Riapri Calabria: domani click-day per i 2.000 €
Ma l’importo sarà riferito al fatturato perduto

di SANTO STRATI – Sono oltre 16mila le imprese che si sono registrate al portale di “Riapri Calabria” per poter accedere al contributo a fondo perduto di 2.000 euro. La registrazione si chiuderà alle 18 di oggi mercoledì 3 giugno e domani 4 giugno dalle ore 10 fino alle 18 ci sarà il cosiddetto click-day. Ovvero coloro che sperano di poter accedere al contributo previsto per  aziende che arrivano “prima” dovranno “caricare” la domanda  per ricevere la ricevuta che indicherà l’ordine cronologico di arrivo. Da venerdì 5 giugno fino a lunedì 8, invece, dalle 10 fino alle 18, si dovranno caricare  i documenti previsti. Tanto per  farla semplice (si fa per dire) le domande devono essere compilate sull’apposito modulo di domanda che va firmato dal titolare dell’azienda o dal suo rappresentante legale. Tra la documentazione richiesta l’autocertificazione che si è in regola con il pagamento di tasse e contributi. E qui cominciano i drammi. Quante sono le aziende “perfettamente” in regola, senza posizioni debitorie nei confronti dell’Erario o degli istituti di previdenza? Bella domanda: su 240mila partite iva in Calabria si presume che almeno l’80% abbia qualche pendenza aperta. Non si tratta di evasione fiscale, attenzione, ma di ritardo nei versamenti. Quanti imprenditori a corto di liquidità hanno preferito pagare gli stipendi e rinviare il versamento degli oneri sociali e delle imposte? Per loro non c’è scampo, anche perché nessuno si arrischierà di autocertificare il falso per avere la misera prebenda di 2.000 euro. Nella prima stesura del bando si era indicato l’obbligo di presentare il cosiddetto Durc (documento unico di regolarità amministrativa). Apriti cielo! Si sono schierati tutti contro questa richiesta improponibile per azienda colpite dalla crisi Covid (tranne la Cgil che invece insisteva per mantenerlo) ed è scomparso nel bando finale. Peccato che, per mantenere la grande beffa ai danni delle imprese, è stata introdotta l’autocertificazione, che è anche peggio.

Viene, a questo punto, da chiedersi a chi sono veramente destinati questi miseri quattrini, senza voler difendere minimamente gli evasori seriali. Già, perché non è un contributo fisso di 2.000 euro tondi tondi, ma è il massimo erogabile, valutando la perdita di fatturato: si può, perciò, ricevere una cifra inferiore (sperando che sia mantenuto un minimo inderogabile di almeno 1.000 euro) rapportata alla differenza tra quando si è realizzato nei mesi di marzo e aprile del 2019 e quanto negli stessi mesi di quest’anno. Perché, dev’esser chiaro ad artigiani, negozianti e imprenditori ormai sull’orlo del baratro economico, che il contributo spetta solo alle imprese “che hanno subito gli effetti dell’emergenza Covid19, a seguito della sospensione dell’attività economica ai sensi dei D.P.C.M. 11 Marzo 2020 e 22 Marzo 2020″. Quindi bisogna rivolgersi al proprio contabile (che andrà ovviamente pagato per questo servizio aggiuntivo) per determinare la differenza di fatturato nei due mesi dell’emergenza e della chiusura obbligata rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Sembra un calcolo facile: il totale del fatturato annuo va diviso per 12 mesi e si ricava la somma media mensile: questa andrà raffrontata con la somma dei mesi di marzo e aprile 2020 divisa per due. Si divide questo importo per il valore medio mensile del fatturato 2019 e si ricava la percentuale che deciderà l’ammissione o meno al contributo. Già a scriverla questa formula ci è venuto il mal di testa, figuriamoci i poveri (in tutti sensi) imprenditori che avevano immaginato di ricevere tout court duemila euro per tamponare qualche emergenza finanziaria.

Mister complicazioni, figlio di madama burocrazia, che albenga stabile a Germaneto, si è voluto divertire così. Già perché nel bando è scritto a chiare lettere che “L’aiuto concedibile non eccede comunque il fabbisogno di liquidità determinatosi per effetto dell’emergenza Covid-19, come autocertificato dall’impresa esclusivamente sulla base di un modello allegato all’Avviso Pubblico”. Che vuol dire? Che se l’azienda ha uno scarto di 1.200 euro tra i due fatturati a raffronto, non avrà i 2000 euro, ma solo la parte che emerge come perdita. Le domande dovranno poi essere valutate per venire ammesse e dopo la pubblicazione della graduatoria dei beneficiari si dovrà attendere di registrare come “aiuti di stato” nell’apposito registro Ue le erogazioni stanziate, prima che i quattrini possano finire sul conto corrente delle aziende. L’assessore Fausto Orsomarso, qualche settimana fa, in un incontro a Locri con i commercialisti, era stato ottimista e indicava il 15 giugno la probabile data di erogazione dei contributi. A essere generosi arriveranno, ai pochi “prescelti” (o fortunati se volete), ai primi di luglio. Sempre che nel frattempo l’azienda non sia andata al diavolo, prima per mancanza di liquidità, poi per mancanza o “diserzione” di clienti.

Il consigliere leghista Filippo Pietropaolo ha cercato di minimizzare le obiettive difficoltà dell’aiuto offerto dalla Regione. «Sul funzionamento della piattaforma informatica per la presentazione delle domande di accesso agli incentivi del bando “Riparti Calabria” si stanno alimentando inutili allarmismi – ha detto Pietropaolo –. È stata la stessa Fincalabra a fornire notizie rassicuranti: si sono già registrati [al 30 maggio, ndr] oltre 12 mila utenti e 4.700 hanno già completato la procedura di registrazione. La piattaforma ha quindi retto, nonostante gli inevitabili rallentamenti dovuti all’accesso simultaneo di moltissimi utenti nella prima fase di registrazione e compilazione». Pietropaolo respinge le critiche: «Ci saremmo aspettati – ha detto – dall’opposizione un atteggiamento costruttivo in una fase di grande difficoltà per il sistema produttivo, intervenendo soprattutto sulle difficoltà causate dal loro governo nazionale, tra piattaforme saltate e sussidi di cassa integrazione non pagati nonostante il lavoro messo in campo da una Regione che è sul podio in Italia per efficienza nell’invio in pagamento delle domande. Su “Riparti Calabria” è stato attivato un puntuale servizio di supporto ed accompagnamento all’utilizzo di una piattaforma che consente di chiudere le procedure in una settimana, una novità assoluta per questa regione. Il dipartimento si è assunto la responsabilità di sperimentare una soluzione innovativa, perché l’alternativa sarebbe stata quella di prevedere l’invio tramite pec, ma lavorare così 20 mila domande avrebbe comportato una dilatazione dei tempi incompatibili con l’urgenza di dare risorse alle piccole imprese calabresi».

Sul programma di aiuti, ieri, la presidente Jole Santelli, intervenendo a Cosenza alle sobrie celebrazioni per la Festa della Repubblica, ha espresso soddisfazione: «È un piano complesso che vede vari stati di attuazione. Il primo bando è partito. Poi ci sarà l’erogazione dei 2mila euro a fondo perduto per le attività che hanno chiuso per il lockdown e stiamo attuando altri bandi per la ripartenza, in particolare del turismo, e bonus per giovani e famiglie. Il tentativo che stiamo attuando è quello, in un momento così particolare, di stare vicino a chi non ha uno stipendio fisso. L’obiettivo è far ripartire le imprese e farle sopravvivere, perché ci sono tante aziende che rischiano proprio di chiudere».

La presidente mostra ottimismo sul “Riapri Calabria”, ma una delle cose che non si vuole capire, da parte di  chi amministra, è che la ripresa per artigiani, bar, esercenti pubblici, parrucchieri, estetiste,  ristoratori, con le restrizioni imposte (un cliente alla volta, distanziamento tra i tavoli, dispositivi di prevenzione e altre fastidiose (pur se necessarie) incombenze, porta inevitabilmente a una forte contrazione di clientela e, ovviamente, di fatturato. Con l’aggravante che tutte le spese fisse sono rimaste immutate. Come può un’impresa che è rimasta 75 giorni chiusa, senza battere un centesimo di cassa, ad arrivare a fine mese con la clientela ridotta di almeno il 30%. Ovvero un ristorante che aveva dieci tavoli, può servirne, se gli spazi lo consentono, non più di sette. Provate a immaginare in una grande città dove il pranzo a prezzo fisso (6-7-8 euro dedicato a chi non può tornare a casa per la pausa pranzo) era possibile solo per il grande numero di clienti serviti. Scortatevi di vedere locali a prezzo “ragionevole”, mentre i ristoratori si dimentichino le file fuori per aspettare il turno. A qualcuno sarà venuto in mente che tutti questi imprenditori, che al 16 di ogni mese versano regolarmente l’F24 (il modulo di tasse e contributi), ovvero versavano, non avranno tasse da sottrarre ai ricavi (mancati) né contributi per i lavoratori (licenziati)? E come se non bastasse per aiutare queste categorie alle prese con affitti impossibili, alla luce di una crisi inimmaginabile, viene offerto al posto di denaro fresco il credito d’imposta. Che equivale a trattenere dai versamenti a erario e previdenze l’equivalente del credito concesso. Non si sa di quali tasse da versare, visto che non ci sono ricavi. Siamo all’anticamera della rivolta sociale, ma nessuno dalle parti di Palazzo Chigi pare accorgersene.

Per concludere, due episodi che si commentano da soli: l’8 aprile scorso il presidente Giuseppe Conte comunicò, esultante, di avere messo a disposizione ben 400 miliardi per le imprese. Roba da risvegliare dal torpore il più svogliato degli imprenditori, peccato che non si trattasse di soldi freschi ma di “semplici” garanzie su prestiti “facili” per le aziende. Cioè, l’aiuto alla aziende già piene di debiti era un invito ad ulteriore indebitamento. Peccato che – come abbiamo scritto il 9 aprile – si trattava di pura fuffa. Pochissime imprese hanno avuto accesso, grazie allo zelante impegno delle banche di complicare una procedura apparentemente semplice, al prestito garantito, legato anche questo in percentuale al fatturato. Stendiamo un velo pietoso sui prestiti fino a 800mila euro che le banche stanno trattando alla stessa stregua di un normale finanziamento dei tempi “normali”, riservandosi la  discrezionalità di accogliere o meno le richieste – anche in presenza della garanzia quasi totale (90%) dello Stato. Il secondo episodio riguarda il presidente dell’Inps, il calabrese Pasquale Tridico, che ha pubblicamente dichiarato «abbiamo riempito di soldi gli italiani», pur sapendo che ancora metà degli aventi diritto non ha ancora percepito la cassa integrazione di marzo. In un Paese normale, il ritiro in un eremo solitario a meditare sulla propria avventatezza, sarebbe stato il suggerimento migliore, anche perché, nel caso, in Italia le dimissioni, anche quando sarebbero il minimo, si annunciano soltanto… (s)

 

Regione Calabria, 2000 euro a 20000 aziende
Ecco i primi soldi veri: non si devono restituire

Anticipando ancora una volta le mosse del Governo, la Regione Calabria corregge il tiro sugli aiuti a favore delle imprese. Non più i 150 milioni originariamente annunciati (il 1° aprile) prima che il Governo decidesse la “cura” degli stramaledetti prestiti a mezzo banca. La Giunta pensava di usare i 150 milioni per prestiti da far gestire alla Fincalabra, ma l’infelice esperienza del decreto liquidità, ha suggerito di pensare ad aiuti a fondo perduto. Chissà se anche stavolta  l’esecutivo centrale farà tesoro del “modello Calabria”. 

Si chiama “Riparti Calabria” il piano presentato questa mattina a Germaneto dalla Presidente Jole Santelli, affiancata nella prima conferenza stampa “de visu”, dal vicepresidente Nino Spirlì, dagli assessori al Lavoro e al Turismo Fausto Orsomarso e all’Agricoltura e Welfare Gianluca Gallo.

Scartata l’ipotesi di concedere prestiti attraverso la finanziaria della Regione Fincalabra, è prevalso il buon senso di mettere quattrini direttamente nei conti correnti delle imprese. I destinatari di questi contributi a fondo perduto (cioè che non dovranno essere restituiti) sono le microimprese, artigiane, commerciali, industriali e di servizi, attive al 31 dicembre 2019, con sede operativa in Calabria, con un fatturato da i 5 e i 150mila euro.

Il piano prevede una somma di 120 milioni immediatamente disponibili (ma si conta ad arrivare ad avere risorse per 500 mila euro dall’Europa) e sviluppa due percorsi: il primo è “riapri Calabria” con 40 milioni da destinare sotto forma di bonus di 2.000 euro da erogare alle aziende che ne faranno richiesta (ne beneficeranno 20mila aziende). La procedura – ha precisato la presidente Santelli – è semplificata al massimo. Non vogliamo scartoffie che farebbero perdere mesi per poter aiutare le aziende. Una domanda da fare su piattaforma informatica, trasmessa direttamente dalle azienda o dagli intermediari qualificati (il commercialista, per esempio). Un esame pressoché immediato e se esistono i requisiti (sede operativa, fatturato entro i 150mila euro) la Regione Calabria comunicherà al beneficiario, a mezzo pec, l’ammissione ai benefici del bonus e, contestualmente, ne disporrà l’immediata erogazione con un bonifico bancario sul conto corrente dell’azienda. L’erogazione seguirà l’ordine cronologico delle richieste pervenute. Speriamo che non succeda – come regolarmente avviene – che la piattaforma informatica non vada subito in crash penalizzando i commercialisti e le aziende, sull’esperienza infelice di altre richieste cosiddette “a sportello”.

La cosa interessante è che questo bonus sarà erogato indipendentemente da altri aiuti di qualsiasi genere (prestiti, mutui rimandati, ecc.) che le aziende dovessero ricevere. Cioè è cumulabile con qualsia altra provvidenza. Non sono molti 2.000 euro, ma costituiscono non solo una piccola boccata d‘ossigeno e soprattutto indicano la determinazione della Regione di fare qualcosa di concreto a favore delle aziende.

Secondo uno studio del Cerved del mese di marzo «Le imprese italiane potrebbero perdere tra i 270 e i 650 miliardi di fatturato nel biennio 2020-21 a causa del Covid-19, a seconda della durata dell’epidemia e della velocità di reazione del nostro sistema. La contrazione sarebbe particolarmente violenta nell’anno in corso, con conseguenze senza precedenti per alcuni settori».

In Calabria si stima che le imprese perderanno 2,2 miliardI di euro di fatturato nel solo anno 2020 e 900 milioni nel 2021. Le imprese calabresi in termini percentuali perderebbero il 16,9% contro il 15,6% della Lombardia.

Un’indagine Svimez sottolinea che, a causa di una maggiore parcellizzazione del tessuto produttivo nel Mezzogiorno, le unità locali interessate dal lockdown raggiungono quasi il 60% a fronte del 56,7 e del 57,2% rispettivamente nel Centro e nel Nord, con una perdita di fatturato per mese di inattività pari a quasi 12 mila euro per autonomo o partita iva e con una perdita di reddito lordo (ebitda) di circa 2 mila euro per mese di lockdown.

La seconda misura di “Riparti Calabria” si chiama “Lavora Calabria” e vuole essere di stimolo alla riapertura delle attività. Un sostegno per le imprese perché possano riattivarsi secondo uno schema preesistente all’emergenza Covid-19 in termini organizzativi ed occupazionali. La misura mira ad attenuare gli effetti socio-economici derivanti dalla prolungata interruzione delle attività produttive.

Il sostegno consiste in un contributo erogato sulla base di una apposita istanza presentata dal rappresentante legale dell’impresa o da un intermediario abilitato, per il tramite di piattaforma telematica. Il contributo è destinato ad alleggerire i costi del lavoro aziendali mediate un contributo mensile, per 5/6 mesi (o comunque sino al 31/12/2020), di importo flat, sulla base del 66% degli occupati dichiarati.

Con tale misura si punta a conservare per intero i livelli occupazionali pre-Covid a Sistema con l’intervento di cassa integrazione straordinaria attivata a livello regionale.

Possono accedere a questo bonus (che conta su una disponibilità immediata di 80 milioni di euro) le microimprese, artigiane, commerciali, industriali e di servizi, attive al 31 dicembre 2019, con sede operativa in Calabria.

Il bonus è concesso nella forma di un contributo all’occupazione in ragione di 250 – 350 euro per ogni addetto in forza lavoro moltiplicato per un fattore di correzione. Il contributo viene riconosciuto per un periodo di 5/6 mesi.  Il contributo è cumulabile con tutte le indennità e le agevolazioni, anche finanziarie, emanate a livello nazionale per fronteggiare l’attuale crisi economico-finanziaria causata dall’emergenza sanitaria da Covid-19.

Anche in questo caso la domanda è estremamente semplificata. Andrà fatta per via telematica sull’apposita piattaforma informatica e potrà essere trasmessa dalle imprese o dagli intermediari qualificati. Concluso l’esame della domanda, la Regione Calabria comunicherà al beneficiario, a mezzo pec, l’ammissione ai benefici del bonus e, contestualmente, verserà gli importi concessi a fondo perduto direttamente sul conto corrente dell’azienda.

Sono disponibili circa 300mila voucher occupazionali fino all’importo di 80 milioni di euro. Anche in questo caso si seguirà l’ordine cronologico delle richieste pervenute.

Come ha spiegato la presidente Santelli, con questa misura i contributi di un dipendente su tre li paga la Regione. «La caratteristica di questo intervento – ha spiegato – è che sono soldi veri che arrivano nelle tasche degli imprenditori, non ulteriori forme di indebitamento. Dai conteggi che abbiamo fatto sulle nuove regole comunitarie speriamo di recuperare 500 milioni di euro: sono tanti per una regione come la Calabria. Si può fare tutto ciò perché sono stati allentati i vincoli comunitari. Lo Stato e la Regione hanno il dovere di dare risposte concrete: offrire aiuto vero a chi oggi ha veramente bisogno, a chi vive in difficoltà perché non sa come andare avanti. Il secondo filone di aiuti riguarda le imprese che potrebbero scegliere di contrarre il numero dei dipendenti: con “Lavora Calabria” aiutiamo le aziende a mantenere l’occupazione».

La Santelli ha fatto notare che la Calabria è, ancora una volta, la prima regione a prevedere contributi a fondo perduto per le aziende che li chiederanno. «Dobbiamo dare un segnale a questa terra perché siamo stati bravi, come calabresi rispettosi degli obblighi di isolamento imposti, a contenere il contagio, rischiamo però di ammalarci in termini deconomici e sociali. Dobbiamo ridare fiato allo sviluppo di questa regione. Diamo soldi non per fondi di garanzia, ma sul lavoro e ci auguriamo che entro fine maggio concluderemo i pagamenti. Prendiamoci per mano ed affrontiamo la situazione».

Il vicepresidente della Regione Nino Spirlì ha voluto ringraziare i calabresi per il senso civico dimostrato che è servito a contenere i numeri del contagio. «Il fondo perduto – ha detto a proposito di ‘Riparti Calabria’ – è un segno di presenza per tutte le piccole e medie imprese: si sono fermati gli artigiani, i commercianti, i progetti. Non possiamo fermare i progetti, non possiamo fermare il lavoro. La Calabria non può patire la paura perché non ne ha la necessità, non può rimanere chiusta in un tubo. Non possiamo lasciare le spiegge vuote, e piene di paura. I borghi non possono rimanere fermi. Dobbiamo già noi riempirli per rimettere in moto il commercio e il turismo».

L’assessore Fausto Orsomarso, ha presentato in dettaglio il piano: «Con l’avvio delle misure “Riapri Calabria” e “Lavora Calabria” la Regione ha voluto mettere in campo un sostegno concreto e rapido al mondo delle piccole imprese chiuse per covid, senza sovrapposizioni ma puntando ad integrare i provvedimenti del governo, e soprattutto elaborando un provvedimento di aiuti alle imprese che incide sul mondo del lavoro per il mantenimento occupazionale».

«Queste misure – ha fatto notare l’assessore Orsomarso – sono il frutto di un lavoro condotto con equilibrio e serietà e con un confronto continuo con le categorie, le forze sindacali,  i dirigenti e tutti i componenti della giunta, con il coordinamento della presidente Jole Santelli, perché ogni euro allocato porta con sé una complessità di organizzazione in rapporto ai regolamenti europei e ai provvedimenti del governo. Ci siamo impegnati a produrre fatti. Abbiamo messo in campo procedimenti trasparenti e veloci per la presentazione delle domande e per i pagamenti – con il coinvolgimento di Arcea e Fincalabra – in modo da iniettare nelle casse delle imprese buona parte dei 150 milioni finora destinati con il programma “Riparti Calabria” e che puntiamo ad incrementare, anche resistendo, con la presidente Santelli, alle richieste del governo che punta a dirottare le risorse destinate alle regioni meridionali. Siamo stati veloci – la prima delibera di indirizzo è del primo aprile, in cinque settimane abbiamo mandato in pubblicazione il primo bando, e domani uscirà  il secondo – e soprattutto,  appena l’Unione Europea ha rimodulato la disciplina degli aiuti di Stato per l’emergenza coronavirus, abbiamo realizzato una misura per il lavoro sulla quale vogliamo ripensare le future politiche attive dopo la crisi. Dare alle imprese maggiormente colpite dal covid la possibilità di non licenziare i propri dipendenti, grazie all’impegno della Regione a sostenere il costo del lavoro con circa 320 mila voucher da 300 euro in media per ogni occupato, significa consentirgli di ripartire mantenendo la propria competitività. Puntiamo a tenere vivo il tessuto economico della Calabria in tutti i settori, anche in quello turistico per il quale ci stiamo attrezzando a ripartire sfruttando la nostra capacità di proporci, grazie all’impegno di tutti, come regione “Covid-free”, auspicando che il governo nazionale recuperi il ritardo e ci fornisca regole chiare per garantire la riapertura in sicurezza delle attività»

Numerosi i commenti a proposito di “Riparti Calabria”. Pippo Callipo, a nome dell’opposizione, ha chiosato: «Dopo più di un mese dall’annuncio del Piano “Riparti Calabria” e a oltre tre mesi dalle elezioni, la presidente della Regione Jole Santelli ha tenuto la sua prima conferenza stampa in Calabria e ha finalmente annunciato dei bandi che prevedono aiuti economici a favore di chi lavora e produce. Se davvero in breve tempo si riuscirà a dare questi fondi alle microimprese colpite dal lockdown sarà certamente una cosa positiva.

«Aspettiamo la pubblicazione dei bandi per capire nel dettaglio di cosa si tratta. Dall’opposizione vigileremo affinché tutto avvenga in maniera efficiente, con procedure burocratiche snelle e nella massima trasparenza e legalità. È necessario che nessuno venga lasciato solo, perché è evidente che le misure annunciate non basteranno a rianimare l’economia calabrese. Si tratta di un primo passo.

«Ora – ha concluso Callipo – si lavori per allargare la platea dei beneficiari e ci si adoperi subito per trovare le risorse da destinare a quanti potrebbero rimanere fuori dai bonus da 2mila euro e dai voucher occupazionali».

Secondo il segretario regionale della Cisl Tonino Russo «Dal confronto nascono cose positive per la Calabria. Nell’incontro di mercoledì tra l’Assessore alle Politiche del Lavoro Fausto Orsomarso e le organizzazioni sindacali è stato proposto alla Regione, infatti, un piano organico di proposte per lavoratori, imprese, famiglie, pensionati. Abbiamo sottolineato come per la CISL siano prioritari gli sgravi e le agevolazioni alle imprese che mantengono i livelli occupazionali, le misure a sostegno delle famiglie e dei pensionati in difficoltà, quelle per la didattica a distanza, quelle per aiutare le imprese a ripartire garantendo la sicurezza totale dei lavoratori.

«Abbiamo sollecitato – ha evidenziato  il Segretario generale della Cisl calabrese – la definizione delle pratiche della cassa integrazione in deroga e richiesto con forza un Piano regionale di superamento del precariato, sia nel privato che nella pubblica amministrazione, per dare dignità a lavoratori senza diritti, chiudendo anche definitivamente la pagina di perduranti forme di assistenzialismo che mortificano la dignità della persona. Abbiamo chiesto, quindi, un nuovo corso delle politiche attive del lavoro, per creare nuove opportunità».

L’assessore al Bilancio Franco Talarico ha voluto ribadire l’«invito a superare la paura». «Oggi – ha detto – abbiamo presentato misure economiche importanti che, insieme a quelle di sostegno alle politiche sociali e all’emergenza alimentare, vogliono essere un segnale concreto di ripartenza. Un invito a superare la paura, guardando al nostro futuro con maggiore serenità, consapevoli che all’uscita dal tunnel si intravede la luce.

«In questo senso gli aiuti previsti per le piccole e medie imprese, che rappresentano l’anima del settore produttivo dell’intera regione, sono un segnale d’attenzione concreto nei confronti di tante famiglie calabresi».

Unanime il sostegno dei consiglieri della coalizione. Il consigliere regionale Giacomo Pietro Crinò (CdL) ha detto che «‘Riapri Calabria’ e ‘Calabria lavora’ non sono semplici slogan bensì interventi concreti che possono dare ossigeno a tutta una serie di attività imprenditoriali, medie e piccole, ai lavoratori, strozzati dalla crisi più grossa dal dopoguerra ad oggi. 120 milioni di euro solo per ripartire, poiché una cifra di gran lungo superiore è destinata ad aggiungersi ad essa, è certamente necessaria – sostiene Crinò – a infondere maggiore sicurezza ai calabresi, nel medio e lungo periodo. La Giunta Santelli, lasciando da parte ogni proclama strumentale, alla prova iniziale della grande crisi in corso, sta dimostrando di essere il governo del fare e di azioni concrete volte al soddisfacimento dei bisogni dei cittadini, lavoratori, artigiani e mondo produttivo in generale».

Il consigliere regionale della Lega Pietro Molinaro ha fatto notare che «Il Piano “Riparti Calabria”, con le relative misure di attuazione previste è saldamente incardinato sulle esigenze delle imprese artigiane, commerciali, industriali e di servizi calabresi e a salvaguardia del lavoro. Misure che servono per fronteggiare la grave crisi – ricorda Molinaro – dovuta all’emergenza sanitaria in modo da permettere  alla Calabria, anche grazie a questa partenza sprint, di essere realmente vicina a imprese e lavoratori. Quelle varate, sono misure indispensabili alla ripartenza».

Dello stesso avviso anche Filippo Mancuso (Lega), segretario-questore del Consiglio regionale: «La nostra regione dimostra di stare al fianco delle proprie imprese territoriali e di voler consentire fin da subito una ripresa economica, che garantisca soprattutto la salvaguardia dell’occupazione.

«Interventi specifici a fondo perduto anche se limitati, che consentono alle piccole e medie imprese della nostra Regione di poter ottenere una boccata d’ossigeno immediata e soprattutto che supportino le aziende a sostenere i costi di lavoro dipendente, in un territorio dove i numeri di disoccupazione soprattutto giovanile sono da record.

«Con queste misure, la  Calabria si distingue positivamente nell’essere stata tra le prime regioni a mettere in atto misure efficaci e veloci nel supportare i vari comparti produttivi con misure di accompagnamento all’uscite della crisi» – ha detto l’esponente leghista.

Il “primato” della Calabria è stato anche sottolineato dal capogruppo di Forza Italia in Regione Giovanni Arruzzolo: «La tempestività con la quale la Calabria sta disponendo aiuto e sostegno finanziario verso famiglie ed imprese, non ha eguali in nessun’altra regione italiana.

«Un piano di intervento – sottolinea il consigliere regionale – poderoso per fronteggiare e contrastare la pesante perdita di fatturato determinata in queste settimane dal lockdown nel quale la Calabria è considerata, secondo la Svimez, tra le Regioni più colpite. Ma va dato merito alla Presidente della Giunta Jole Santelli, non solo di aver messo a disposizione con celerità le risorse, ma di avere predisposto un sistema di richiesta veloce, privo delle solite e contorte procedure burocratiche. Pochi passaggi – evidenzia Giovanni Arruzzolo – che consentiranno a famiglie, imprenditori, professionisti della nostra Regione, in difficoltà, di avere in tempi brevi aiuti a fondo perduto, anche questo un aspetto non di poco conto nel pesante periodo di pandemia da Covid-19 che la Calabria, come il resto del Paese, stanno vivendo.

«Con “Riapri Calabria” – ha concluso Giovanni Arruzzolo – questa maggioranza al Governo della Regione, e la sua Presidente Jole Santelli hanno dimostrato con i fatti di saper interpretare le esigenze dei calabresi, coglierne i loro bisogni, soddisfare ogni necessità. È la migliore risposta è un grande esempio di ‘buon Governo’ che viene da una Regione del Sud».

Il vicepresidente del Consiglio regionale Luca Morrone (FdI) ha detto che il Piano presenta «due soluzioni ottimali per dare linfa vitale a tutta una serie di attività imprenditoriali e ai lavoratori, che pagano sulla loro pelle gli effetti devastanti di questo dramma economico e sociale senza precedenti. Pertanto l’invito è ai calabresi ad accedere con fiducia e celerità a questo nuovo strumento di sostegno finanziario per tramutare nei fatti una azione politica che questa maggioranza di governo ha saputo mettere in campo velocemente in un momento così difficile per tutto il Paese».

Ad avviso del capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione, Filippo Pietropaolo, «la Regione dà una risposta concreta e immediata alle piccole imprese che si sono trovate in difficoltà per il fermo delle attività a causa dell’emergenza coronavirus. Le risorse importanti messe in campo, 120 milioni di euro di contributi a fondo perduto, consentono di dare a decine di migliaia di imprese quella boccata d’ossigeno che potrà consentire loro di reggere l’urto e affrontare con maggiore fiducia la fase della ripartenza. Rivolgo i miei complimenti alla presidente Jole Santelli e alla sua giunta, perché la Calabria si è dimostrata finalmente efficiente e reattiva, tanto da essere stata tra le prime regioni in Italia a mettere in campo un così importante pacchetto di aiuti rivolti sia a portare direttamente liquidità nelle casse delle piccole imprese, senza costringerle a contrarre debiti, sia ad elaborare un provvedimento di sostegno al lavoro grazie al quale verranno erogati 300 mila voucher occupazionali per scongiurare eventuali licenziamenti da parte delle imprese in difficoltà. Un provvedimento importante, frutto soprattutto del grande lavoro e della lungimiranza dell’assessore Fausto Orsomarso, che punta a preservare i livelli occupazionali e con essi la capacità produttiva e la competitività delle piccole imprese, che si reggono soprattutto sul valore del capitale umano, e che devono poter guardare con fiducia al futuro».

L’on. Francesco Cannizzaro, coordinatore provinciale di Forza Italia per la Città Metropolitana di Reggio ha detto di apprezzare «molto il programma “Riparti Calabria”, ulteriore testimonianza di quanto il nuovo corso regionale stia lavorando con particolare attenzione alle esigenze della Calabria».

Secondo Cannizzaro questo stanziamento «è il primo presupposto per pianificare il rilancio della nostra Regione dopo questa drammatica crisi, a fronte delle misure previste dal Governo che si sono dimostrate fin qui inefficaci. Apprezzo molto che il neo-governatore Santelli continui a far parlare i fatti, agendo con serietà e annunciando i provvedimenti soltanto dopo averli realizzati, e nel merito delle questioni ha dimostrato ancora una volta di centrare il vero punto focale, cioè il lavoro. È fondamentale ripartire dal lavoro, aiutare le piccole aziende e imprese che sono l’ anima della Calabria: è soltanto da lì che ripartirà la nostra economia, e rispetto all’assistenzialismo, bisogna premiare e sostenere chi produce.

«Da oggi in Calabria ogni tre dipendenti di un’azienda ce ne sarà uno sostenuto dalla Regione: è una forma di sussidio molto importante per gli imprenditori in difficoltà, ma impegnati a combattere con grinta ed entusiasmo a non farsi sopraffare dalla crisi e a continuare ad investire nella nostra terra».

L’assessore all’Istruzione, Ricerca Scientifica e Università Sandra Savaglio ha rimarcato che  «“Riapri Calabria” ha lo scopo di aiutare le microimprese della Calabria in difficoltà a causa del Covic-19. Una manovra importante che mostra come la Regione sia presente nei fatti concreti, cercando di fare il possibile per mantenere vivo il lavoro che tiene insieme l’intero tessuto sociale della nostra Terra, un lavoro spesso a conduzione familiare».

Dal canto suo, l’assessore alle Infrastrutture Domenica Catalfamo ha commentato così il piano di aiuti: «Non assistenzialismo ma supporto concreto ed operativo alle imprese ed ai lavoratori calabresi che desiderano ripartire. All’atavica resilienza, da sempre prerogativa obbligatoria per la dignitosa sopravvivenza “nonostante tutto”, da oggi parte il primo tangibile segnale che i calabresi possono farcela perché cittadini capaci.

«Cittadini capaci che finalmente potranno essere concretamente supportati dalle istituzioni che danno fiducia alla propria terra che ha il diritto/dovere di rialzarsi e ripartire. Lo meritano le imprese che sono state costrette a chiudere per una tragedia immane che ha travolto il mondo e che ha sospeso il tempo.

«Sono certa che questo impulso al lavoro sarà la prima occasione utile per dimostrare che la Calabria produttiva esiste e vuole ritrovare i propri spazi facendoli ritrovare ai lavoratori che potranno usufruire di aiuti tangibili e trasparenti magari anche… e perché no? partendo per una volta con un anticipo che farà recuperare un piccolo spazio in quel lungo divario che ci ha tenuti sinora lontani dall’Italia e dall’Europa…

L’Ente che deve programmare nel breve medio e lungo termine si è trovato immediatamente ad operare in piena drammatica emergenza, ma il governo della Regione Calabria sta dimostrando che ha già individuato il modus operandi che ne contraddistinguerà l’operato: dall’analisi dei problemi deriverà sempre l’individuazione dei percorsi atti alla mitigazione delle difficoltà con azioni efficaci e tangibili». (rp)

(rp)


FARE & COMUNICARE

di SANTO STRATI

Non abbiamo potuto, perché bloccati a Roma, partecipare alla conferenza stampa, la prima, della presidente Santelli. Abbiamo seguito, come tanti altri calabresi, la diretta in streaming e preso appunti. Peccato non aver potuto fare qualche domanda, in teleconferenza: non era previsto. Peccato che con tutti i soldi buttati in questi anni a Germaneto non si sia dotato lo splendido palazzo che fa invidia a quello di vetro dell’Onu, un un adeguato servizio di riprese video. Idem per il Consiglio regionale. Ci vorrebbe poco… Basterebbe affidarsi a qualcuno che ne capisce e progetta (con quattro spicci, non servono invetsimenti da paura) un sistema di videocomunicazione degno di questo nome.

Non sappiamo quanto durerà questa situazione di isolamento, mascherine e affini, ma sarebbe il caso – date le circostanze – organizzarsi per offrire ai calabresi una diretta video sia dei lavori della Giunta che del Consiglio regionale. Ad alta definizione, con microfoni funzionanti e non immagini tremolanti e audio che va e viene, secondo come gli butta. No, fare gli interessi dei calabresi significa anche permettere loro di “partecipare” come se fossero in aula ai lavori del Consiglio, come se stessero tra il publbico, nelle sedute aperte della Giunta. I tempi sono cambiati, quasi tutti i politici fanno ormai a meno della intermediazione dei gironalisti per comunicare il loro pensiero: un post su FB, un video su Instagram o su twitter, e il messaggio è andato.

Niente di più sbagliato: la disintermediazione non significa che la stampa non serve più a nulla, indica una tangibile insofferenza da parte della classe politica a farsi fare le pulci dai giornalisti (cioè da quanti fanno correttamente e professionalmente questo mestiere) pensando di raccogliere consenso (e indignazione nei confronti dell’avversario politico). Ci potrebbe anche stare, col picolo particolare che il cittadino non è sciocco come pensano i politici: ragiona, si informa, non si lascia lusingare dal filmato ammiccante o dalla bella foto. Vuole sapere. Questa Giunta ha scelto di fare prima di comunicare: magnifica decisione. Le chiacchiere stanno a zero e durano lo spazio di un post. Allora, presidenti Tallini e Santelli attrezziamoci e facciamo pure le conferenze stampa in video, ma in modo adeguato, così che Catanzaro o Reggio siano a portata di web, da qualunque parte del mondo, per qualunque testata. (s)