SAN LUCA (RC) – Falcomatà: Ripristinare strada per Santuario di Polsi

A San Luca si è svolto un incontro istituzionale, promosso dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria, per discutere delle problematiche della viabilità riguardanti la strada che da San Luca conduce al Santuario di Polsi e a Gambarie.

Alla riunione, insieme al sindaco metropolitano Giuseppe Falcomatà, erano presenti anche i Consiglieri metropolitani Armando Neri, Carmelo Versace, Domenico Mantegna, Rudi Lizzi e Pasquale Ceratti, il sindaco di San Luca, Bruno Bartolo accompagnato dalla Giunta Comunale e dal presidente del Consiglio comunale di San Luca, Domenico Giorgi, il direttore del Santuario della Madonna di Polsi, don Tonino Saraco e il dirigente del settore Viabilità della Città Metropolitana, Lorenzo Benestare.

L’incontro, che è servito a fare il punto sugli interventi necessari al ripristino delle condizioni di sicurezza sulla viabilità tra San Luca e il Santuario, è stato anche l’occasione per alcuni sopralluoghi sui lavori in corso nell’area circostante, in particolare sullo stadio di Natile di Careri, sulla strada di collegamento tra Careri e la frazione Canale Benestare e sulla palestra polivalente di Bovalino. 

«L’iniziativa di oggi – ha detto il sindaco Falcomatà a margine della riunione – è l’avvio di un percorso di ampio respiro che punta ad un monitoraggio costante, sul territorio, da parte dell’ente metropolitano circa le criticità e le potenzialità su cui occorre intervenire. Stiamo lavorando per individuare ogni linea di finanziamento possibile e utilizzare al meglio le poche risorse di cui disponiamo».

«Oggi – ha aggiunto – assumiamo un impegno preciso nei confronti di Polsi, ovvero uno dei luoghi simbolo della nostra provincia, che occorre rilanciare e valorizzare. Questioni che vanno affrontate con spirito unitario, improntato alla concretezza, e con un atteggiamento maturo e responsabile della classe politica. Su obiettivi strategici non possono esserci steccati di diverso colore politico».

«Insieme possiamo raggiungere grandi obiettivi – ha poi concluso il sindaco Falcomatà – vogliamo ad esempio, tra le altre cose, istituzionalizzare il Premio Corrado Alvaro inserendolo stabilmente nella programmazione dell’Ente, poiché si tratta di un patrimonio culturale che non sta a cuore solo a questa parte di territorio ma all’intero comprensorio metropolitano e più in generale, calabrese».

È necessario intervenire sull’arteria di collegamento tra San Luca e il Santuario per evitare l’isolamento di questi luoghi” e favorire gli spostamenti “anche nell’ottica del turismo religioso”, è stato a più riprese ribadito nel corso della riunione dai consiglieri metropolitani Lizzi e Ceratti, «quale risorsa non solo per San Luca ma per tutto il territorio della Città metropolitana».

«Il secondo tempo metropolitano inizia davvero con il piede giusto, – ha poi aggiunto il consigliere Domenico Mantegna – come testimoniano i tre incontri già tenuti nella Locride nel giro di pochi giorni. La stessa presenza dei consiglieri dell’ente di Palazzo Alvaro, è il segno che sulle problematiche strategiche come la viabilità, si ragiona in un’ottica metropolitana e non più solo locale». 

Di giornata importante ha, inoltre, parlato il consigliere Carmelo Versace, evidenziando la necessità di «lavorare, sin da ora, guardando alla stagione estiva, attraverso una programmazione che punti allo sviluppo e alla crescita di questo comprensorio. Continueremo a seguire da vicino le dinamiche e le prospettive che interessano questa fondamentale porzione della nostra provincia, anche con il supporto dei tecnici dell’Ente a cui va il nostro plauso per il lavoro attento e scrupoloso che stanno svolgendo». 

«Qui ci sentiamo a casa – ha infine sottolineato il consigliere Armando Neri – e la sfida ambiziosa che intendiamo raccogliere è innanzitutto quella di dare risposte serie e credibili ai cittadini. Il Santuario di Polsi è un patrimonio di grandissimo rilievo per la cultura e le tradizioni del territorio reggino e occorre fare di tutto affinché diventi un fattore attrattivo nel quadro delle politiche di rilancio turistico».

«Per fare ciò – ha concluso – bisogna ascoltare le comunità, confrontarsi sui problemi, vivere il territorio attraverso una presenza fattiva e mettere a frutto tutte le opportunità di cui dispone l’Ente metropolitano». (rrc)

L’OPINIONE di Francesco Rao / Gli indignati, gli invischiati, i rassegnati

di FRANCESCO RAO – Nel corso dell’ultimo anno, sono state tante e diverse le vicissitudini che hanno visto la Calabria collocata in una vetrina alquanto ardente. Dalla costante gogna mediatica, generata di volta in volta dalle notizie sottese a descrivere questa terra come un fiume in piena dove, al posto dell’acqua ci sono negatività e malaffare e dove l’inchiostro, le immagini e le parole, utilizzate dagli addetti ai sistemi di comunicazione per riportare ciò che è sotto gli occhi di tutti ma che in tanti continuano a non voler vedere, hanno contribuito a rendere più salato il mare dell’informazione e della diffidenza nei nostri confronti, alimentando un crescente processo di erosione tanto per avviare un percorso di riscatto culturale quanto per animare le speranze di moltissimi Calabresi. In questa terra, oltre a quanto ci affligge, esiste anche una diffusa bellezza che alimenta un profumo destinato ad essere percepito da quanti hanno a cuore la voglia di assistere all’affermazione di una Calabria migliore.
Il lato bello di questa medaglia continua ad essere posto in secondo piano soprattutto dalla diffusa ignavia dei figli di questa terra. In buona parte non condanno quanti hanno scelto di manifestare la loro resa, con il silenzio e la mancata partecipazione. Moltissimi Calabresi, forse la maggioranza e vorrei aggiungere i migliori Cittadini nati in questa terra, in passato ma anche attualmente hanno avvertito l’esigenza di doversi smarcare dalla volontà di arricchire il dibattito offrendo anche un loro contributo. Dietro l’angolo c’è ancora il leone della delegittimazione, pronto a scagliarsi non contro i mediocri ma contro i capaci. Quest’ultima circostanza, potrebbe divenire il grande convincimento per mettere in campo nuove conoscenze, i progetti, visioni e speranze. Sono certo che se i migliori figli di questa terra, ossia quanti hanno trovato la loro affermazione ed ancora oggi rimangono con la schiena curva davanti alla bellezza del sapere onorando l’umiltà e la passione dei propri valori come elementi vitali della loro esistenza, scendessero in campo la truppa dei mediocri e con essa affaristi e faccendieri, in pochissimi giorni sarebbero dissolti nel nulla. Purtroppo, questa ipotesi sembrerebbe destinata a rimanere incastonata nella storia come l’ennesima utopia di un sognatore.
La mancata propensione nell’abbracciare le regole ed una maggiore disciplina nel rispetto delle Leggi, continua ad essere quell’onda lunga diffusasi all’indomani dell’unità d’Italia. Se in una fase preunitaria, ogni paese aveva un riferimento umano per dirimere i conflitti e gestire il “potere”, come ben sappiamo gli effetti delle leggi, riportate su atti scritti e non riconducibili all’ipotetico “capo bastone”, ha letteralmente fatto saltare molti equilibri mantenuti a lungo ed esercitati spesso con prepotenza e sopraffazione nei confronti dei deboli e degli umili.
Lo Stato unitario prima e l’avvento della Costituzione dopo, in Calabria ha trovato una piena attuazione non il 1° gennaio del 1948 con l’entrata in vigore della Costituzione ma all’indomani di una rivoluzione culturale che Aldo Moro aveva avviato, dapprima con la riforma scolastica e successivamente con l’attuazione delle regioni. Lo statista pugliese, morto per dare vita alla Repubblica, era 50 anni avanti rispetto alla classe politica di quel periodo e, tale circostanza, si racchiude nella famosa affermazione “la persona prima di tutto”. Con molta probabilità, quel concetto non era stato chiaro alla nostra gente e anziché migliorarsi attraverso lo studio è stata costretta a percorrere la strada della vita praticando l’arte dell’arrangiarsi e la precarietà. Eppure, l’ultima persona che sostenne gli esami di licenza elementare, grazie al programma condotto dal maestro Alberto Manzi “non è mai troppo tardi” era una calabrese di 63 anni.
Sappiamo benissimo che il costante riproporsi di un sistema sospeso, a volte reso tale da una classe politica inconcludente, ormai è passato nell’immaginario collettivo come normalità. Anche per questo motivo il ricorso alla raccomandazione e la gestione distratta del voto sono divenute pratiche messe in atto dal contadino al professionista divenendo una occasione per mercanteggiare i diritti con l’espressione pilotata del voto. In tale circostanza, non posso biasimare quanti scelgono di mettersi da parte senza scendere nell’arena dove non esistono gladiatori ma soltanto compromessi. Certo, con buona probabilità, quando si assiste ai quotidiani e circostanziati fatti di degrado, siano essi sociali o culturali, penso che il senso di sofferenza e di indignazione avvolga anche quelle persone che hanno messo il freno al loro impegno. Quindi, esistendo tre grandi filoni: gli indignati, i rassegnati e gli invischiati, il quarto riferimento è rappresentato da tutte quelle persone auto collocatesi in isolamento volontario. Vorrei sottolineare che il mio dire non dovrà essere letto come un’accusa. Qualora fosse percepita tale situazione, chiedo scusa. È mia volontà praticare una constatazione dei fatti destinata a raggiungere il più alto numero di Calabresi per chiedere loro di non stare più alla finestra, limitandosi a guardare ma di valutare l’idea di sposare un percorso intriso di idee, proposte, azioni e voglia di liberare la terra che ci ha visti nascere e crescere. Forse questo è il debito più grande che molti di noi sino ad oggi non hanno mai pensato di dover saldare.
In questa occasione, vorrei condividere una breve riflessione sfiorando due temi, afferenti a territori diversi, per alcuni versi posti in antitesi ma con un comune denominatore: un ritardo ormai inammissibile. Il primo riguarda l’intervista di Vittorio Brumotti, trasmessa qualche sera addietro dalle reti Fininvest, durante il programma “Striscia la notizia” nel quale sono state riportate affermazione di alcuni bambini di San Luca; il secondo è riconducibile ad un evento atteso da oltre 20 anni: l’apertura del Gateway che collega la stazione di Rosarno, transitando da San Ferdinando per raggiungere lo Scalo portuale di Gioia Tauro. Non intendo entrare nei meriti dei fatti di San Luca e nemmeno nella questione afferente al Porto di Gioia Tauro. Lascio a quanti mi leggeranno le deduzioni.
Ebbene, nessuno vuole mettere sotto il tappeto le realtà sociali e territoriali di questa terra. Per superare la difficoltà invece di abituarsi all’ennesima bastonata ricevuta, sarebbe il momento di aprire una nuova metodologia per governare i problemi della Calabria e dei Calabresi, prendendo atto che le numerosissime persone, sino ad ora impegnate a governare alcuni difficilissimi territori, in gran parte hanno fallito. Un’altra parte di essi è stata sfiancata ed indotta a mollare e un’ultima parte è rimasta incagliata in procedimenti giudiziari, in parte pendenti ed in parte conclusi con condanne ma anche con numerose assoluzioni.
Se il persistere atavico delle varie circostanze, riconducibili alle numerose realtà territoriali sopra indicate, hanno costretto i Cittadini interessati a strazianti attese, facendo loro registrare ritardi, perdite di opportunità, emigrazione, mancato sviluppo e aggravarsi di un malessere sociale diffuso nei mille rivoli della quotidianità, vuol dire che qualcosa non è andata per il verso giusto. Mi sia consentito un esempio: o il medico o la medicina non sono state idonee per curare il male. Inoltre, quale direttore sanitario vedendo migliaia di pazienti “surgelati” nell’attesa di essere curati, continuava a rimanere immobile. È legittimo chiedersi come hanno svolto i loro doveri, istituzionali e professionali, tutte quelle persone impegnate in compiti ben precisi e pagati dal contribuente? Giocavano a poker con i sottoposti? Non vedevano lo stato delle cose oppure facevano finta di non vedere? Perché i Cittadini Calabresi hanno preferito accettare l’idea di doversi curare fuori Calabria da medici conterranei ma impiegati in ospedali situati nel Nord?
Questa volta, la mia riflessione, ha un titolo molto forte perché è forte la speranza di poter assistere ad una primavera calabrese, dove finalmente non sia più necessario sperare che trascorrano 20 anni per poter vedere la realizzazione di una strada, di un ospedale o di un raccordo ferroviario che porta una località del Sud al centro del mondo.
Si spera che i tempi del cambiamento siano vicini e vorrei sperare che i tempi della burocrazia e dell’attuazione di qualsiasi processo amministrativo possa essere congruo alle necessità sociali dei rispettivi territori. L’attesa, tranne quella riconducibile al Vangelo, sino ad ora non ha restituito alla Calabria alcuna crescita ma, al contrario, ha letteralmente condizionato in peggio lo sviluppo complessivo conducendo le persone all’assuefazione dei disvalori sociali e ponendole in un punto della scala dei valori nella posizione opposta alle virtù.
Questi sentimenti negativi, oltre a paralizzare la libertà, hanno ridotto la sommatoria positiva della cooperazione che una società democraticamente avanzata dovrebbe praticare per analizzare, affrontare e risolvere i problemi. Anziché chiudersi in inutili e sterili faziosità del nulla.
Continuando a cantare il brano di Orietta Berti “fin che la barca va”, quando un reporter o un giornalista, nell’esercizio delle proprie funzioni, realizza un servizio che mette in vetrina la quotidianità del nostro tessuto sociale, finendo tra l’altro per accorparci in un solo contenitore, sentirsi offesi non servirà a nulla. Ciò che invece c’è bisogno è un costante ed esteso impegno per promuovere buone prassi, destinate allo sviluppo del territorio ed alla sua crescita socioeconomica. Quanti scelgono di continuare a voltarsi dall’altra parte, pensando che i problemi di questa terra non appartengano anche loro, farebbero bene per una volta a fermarsi e pensare non soltanto al proprio futuro ma soprattutto al futuro dei loro figli. (fr)

San Luca, il sindaco Bartolo scrive alle Istituzioni per valorizzare la Vallata delle Grandi Pietre

Valorizzare il patrimonio naturalistico ambientale rappresentato dalla Vallata delle Grandi Pietre. È questo l’appello del sindaco di San Luca, Bruno Bartolo, alla Regione Calabria, alla Soprintendenza dei Beni Archeologici di Reggio Calabria e al Mibact.

Un appello che il primo cittadino, ad un anno dalla sua elezione, ha deciso di fare alle Istituzioni per esporre alcuni «dei problemi principali che, in questo momento, preoccupano tutti e quanti hanno a cuore le sorti del patrimonio culturale e archeologico del nostro territorio».

L’obiettivo, infatti, è il «recupero dei manufatti esistenti di rilevanza attrattiva per il contesto locale, valorizzando finanche la promozione di itinerari storico-religiosi e di percorsi naturalistici. Pertanto, in tale sede si richiede la possibilità di un’adeguata previsione economica che consenta la valorizzazione del patrimonio naturalistico ambientale rappresentato dal Parco Nazionale d’Aspromonte».

«Tutto questo enorme patrimonio artistico e culturale – ha concluso il sindaco Bartolo – può e deve rappresentare un valore aggiunto per la qualità della vita, per la ricchezza individuale e collettiva e anche per la propria redditività di impresa. Pertanto, per la parte di propria competenza, voglio provvedere, innanzitutto, alla messa in sicurezza dei siti interessati che rappresentano un grande patrimonio artistico-culturale, nonché il loro recupero».

Il nome della Vallata delle Grandi Pietre «deriva – ha spiegato il primo cittadino – dalla presenza di numerosi monoliti, il più grande conosciuto dei quali è Pietra Cappa e al quale si affiancano Pietra Longa, Pietra Stranghiò, le Rocce di Febo e Pietra Castello. Quest’ultima è, in realtà, un agglomerato di enormi rocce, alcune delle quali particolarmente imponenti, il cui nome deriva, secondo le poche fonti disponibili, sia dalla posizione arroccata, sia dalla forma, dia dall’effettiva presenza di ruderi di un castello risalente, sembra, al periodo bizantino».

A Pietra Castello, tra le altre cose, che fu definita da Corrado Alvaro ‘un dito puntato al cielo’, «sono state ritrovate delle monete bizantine – ha spiegato il primo cittadino – il cui ritrovamento attesterebbe, con ragionevole certezza, la datazione biazantina (395-1453 d.C.) dei resti della fortezza. Attualmente, tali monete sono conservate al Museo di Reggio Calabria».

Altro luogo di interesse, è Pietra Cappa, è la collina isolata più alta d’Europa con i suoi 140 metri di altezza con un’estensione di circa 1 ettaro, un tempo frequentato dai monaci Basiliani, che avevano, in questo luogo, edificato le loro chiese-grotte, le rocce di San Pietro e creato insediamenti rupestri dove si rifugiavano nei momenti di intensa meditazione.

Da non dimenticare, la Chiesetta di San Giorgio, di cui rimangono pochi ruderi che, un tempo, era punto di riferimento per i monaci che vivevano come eremiti nei dintorni, che si riunivano per le funzioni liturgiche e l’abbazia normanna di San Nicola di Butramo, la cui fondazione risale, secondo alcuni documenti, al 1906. (rrc)

In copertina, foto di Cammini d’Italia

SAN LUCA (RC) – Il 15 settembre il libro “Il viaggio della speranza”

Martedì 15 settembre, a San Luca, alle 18.00, nella Sala del Consiglio comunale, la presentazione del libro Il viaggio della speranza – Immagini, parole e atti del Congresso di Nessuno tocchi Caino a cura di Lorenzo Ceva VallaAntonio ConiglioSabrina Renna.

L’evento è stato organizzato dal settimanale Riviera in collaborazione con l’Associazione Nessuno tocchi CainoMezzogiorno in movimento.

Intervengono Rita BernardiniSergio D’EliaElisabetta ZamparuttiBruno BartoloEugenio MinnitiIlario AmmendoliaFrancesco PelleRosario CondarcuriAntonio Femia.

Il libro è edito da Reality Book(rrc)

REGGIO – Carlo Tansi lascia il Comune di San Luca

Per motivi di salute, Carlo Tansi si è dimesso da consigliere comunale di San Luca.

«Ringrazio il sindaco Bruno Bartolo – ha dichiarato Tansi – per avermi dato l’opportunità di realizzare due importanti obiettivi per il comune: l’istituzione della Protezione Civile comunale e la definizione e caratterizzazione delle aree di rischio idrogeologico dell’intero territorio comunale, compresa la strada di collegamento di San Luca con il santuario di Madonna di Polsi che sarà realizzata grazie anche al mio modesto contributo volontario. Ringrazio anche Klaus Davi che ha fortemente voluto la mia candidatura al suo fianco».

«Il rammarico delle mie dimissioni – ha proseguito il geologo – è alleviato dal fatto subentrerà al mio posto un grande uomo e un grande professionista, Benedetto Zoccola, testimone di giustizia che ha sfidato le cosche di camorra della Terra dei Fuochi in Campania, subendo due gravi attentati. Le sue denunce hanno portato all’arresto di decine di boss camorristi. Rimarrò a disposizione del sindaco, senza alcun onere per il comune, mettendo a disposizione le mie competenze di geologo ricercatore CNR maturate in 30 anni di attività scientifica, e rappresenteró un supporto costante per l’amministrazione comunale riguardo a tutti i problemi di Protezione Civile connessi con i rischi naturali».

«Nel candidarmi a San Luca – ha proseguito Tansi –ho voluto aggredire un mito negativo che è diventato l’emblema del pregiudizio anti-calabrese, perché sono convinto che se sarà possibile cambiare San Luca, potrà cambiare l’intera Calabria. Se sarà possibile espugnare, con la democrazia, il fortino della ‘ndrangheta, allora sarà possibile distruggere l’immagine negativa che la Calabria da di sé all’opinione pubblica nazionale e internazionale di una terra condannata al sottosviluppo e alla criminalità mafiosa. E se questo pregiudizio sparisce, anche i Calabresi possono ritrovare fiducia in se stessi».

«Voglio chiudere – ha concluso – con un caloroso abbraccio ideale a tutti gli abitanti di San Luca, convinto che insieme distruggeremo i pregiudizi che opprimono il loro bellissimo paese. Forza San Luca!». (rrc)

SAN LUCA (RC) – Klaus Davi verso la presidenza del Consiglio comunale

Klaus Davi, imprenditore della comunicazione e apprezzato opinionista, al prossimo consiglio assumerà la carica di presidente del Consiglio comunale di San Luca.

Ciò è possibile grazie alla pubblicazione, sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria, del cambio di Statuto del Comune di San Luca.

La decisione, inoltre, è stata annunciata durante la campagna elettorale del sindaco, Bruno Bartolo, sfidato nelle scorse elezioni per la carica da sindaco dallo stesso Davi, che ne uscì sconfitto. Tuttavia, il suo impegno per la locride non è passato inosservato, convincendo la maggioranza a procedere per la nomina.

Ora, spetta al sindaco Bartolo indire il prossimo Consiglio comunale, a cui Klaus Davi parteciperà – si deduce – via Skype, in quanto momentaneamente bloccato a Milano per l’emergenza sanitaria.

Intanto Davi ha chiesto un incontro ‘immediato’ al neo assessore alle infrastrutture, Domenica Catalfamo a cui il giornalista fa i ‘migliori auguri’ per affrontare il dossier ‘strada di Polsi’.

«Spero – ha dichiarato Klaus Davi – di avere una rapida risposta perché al MIT sia il ministro  Paola de Micheli che il sottosegretario  Salvatore Margiotta sono stati estremamente collaborativi. Sono certo che anche i neo consiglieri calabresi saranno altrettanto disponibili e veloci. Per me la Locride e San Luca vengono prima di tutto. Chi collaborerà avrà la massima collaborazione. Chi rallenterà si misurerà con tutta la mia ‘carica creativa’». (rrc)

 

Passione, entusiasmo e coraggio: il bel film su San Luca di Ambrogio Crespi

Presentato in anteprima al Senato, con la partecipazione della capogruppo azzurra sen. Anna Maria Bernini, il bel film di Ambrogio Crespi Terra mia – Non è un paese per santi. Un intenso docufilm, vincitore a Salerno al Festival Internazionale del Cinema, dopo l’incomprensibile esclusione (per ragioni di spazio) a Venezia. Terra mia è girato a San Luca ma è lo specchio della Calabria che non si arrende alla mafia e al malaffare, in un panorama di sopraffazione e violenza che investe tutta la malavita organizzata: ‘ndrangheta, mafia siciliana, camorra, sacra corona unita. Il Sud ha tante piaghe, in una ferita comune, ma la gente ha cominciato a reagire, a ribellarsi. È questa la grande forza di chi vuole il riscatto della propria terra, per offrire un futuro migliore ai giovani. Il film, però, rivela una grande verità: i giovani non sono il domani, sono il presente. Bisogna puntare su di loro per disabituarli (ove necessario) dai modelli negativi e dal cattivo esempio, per coinvolgerli in un progetto di crescita, di civiltà e sviluppo. Ci vuole – dice uno dei protagonisti, don Luigi Merola – passione entusiasmo e coraggio. Lo stesso che ci ha messo il regista, Ambrogio Crespi, coinvolgendo nel suo disegno Klaus Davi, alcuni testimoni di giustizia che si sono ribellati alla mafia come Gaetano Saffioti, Benedetto Zoccola, Michele Inserra; il tenente dei carabinieri Cosimo Sframeli, e Luciana Careri la sfortunata fidanzata del carabiniere Carmine Tripodi, trucidato dalla ‘ndrangheta, e la magnifica preside della scuola di San Luca Mimma Cacciatore, che ha saputo coinvolgere i propri ragazzi in un progetto di formazione contro la violenza e la mafia. La colonna sonora è affidata a due rapper napoletani, Michele Sbam e Kiaman, con l’intervento della giovane attrice Ludovica Pedetta.

Risultati immagini per terra mia crespi

Un’ora di film che documenta la forza di chi ha saputo dire basta alla mafia, lasciando un messaggio chiaro e forte: occorre reagire, non accettare la sopraffazione. È una storia di Calabria, quella Calabria grande e amara, raccontata da Corrado Alvaro e Leonida Repaci, con immagini suggestive e meravigliose della nostra terra. Un racconto-verità che coinvolge e appassiona. Un film che bisognerà far vedere ai ragazzi delle scuole calabresi, ma non solo a loro: è un messaggio di civiltà e una lezione sul perché è importante e necessario denunciare la criminalità organizzata, guardando con fiducia al riscatto che solo la cultura può dare. Un progetto culturale che merita la massima attenzione e un grande plauso va a Crespi e a tutto lo staff della produzione. Un documentario che è film-verità, che racconta le infamie subite da gente per bene che crede in quello Stato troppe volte assente, eppure rappresentato dai suoi uomini migliori. Quelli che hanno offerto la propria vita in nome della legalità e del vivere civile. Un gran bel film che onora i suoi protagonisti e fa onore alla Calabria, quella che ha alzato la testa e non ha alcuna voglia di riabbassarla. (s)

Nella foto di copertina: il saluto della sen. Annamaria Bernini, con Luigi Crespi, l’on. Piero de Luca e la sen. Isabella Rauti. Al tavolo erano presenti anche l’on. Gennaro Migliore e don Luigi Merola parroco anti-camorra.

San Luca, un paese normale: eletto il sindaco. Vanno 2 calabresi a Bruxelles: Ferrara e Sofo

di SANTO STRATI – Un paese normale: benvenuti a San Luca che ha, di nuovo, dopo 11 anni, un sindaco democraticamente eletto, Bruno Bartolo, infermiere di 70 anni, sanluchese al 100%. Bisogna dire grazie al mass-mediologo Klaus Davi che ha sposato l’incredibile situazione del paese natìo di Corrado Alvaro, più volte commissariato e con le urne deserte per mancanza di candidati da molti anni, creando un movimento d’opinione i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. È il segnale più bello e significativo di queste elezioni di metà primavera, che passeranno alla storia per le tante contraddizioni, soprattutto in Calabria, dove l’ex sindaco di Riace, Mimì Lucano, è stato “tradito” dalla sua stessa città, non venendo rieletto nemmeno come consigliere comunale. Hanno preferito la lista vicina a Salvini, bocciando, a questo punto, il cosiddetto modello Riace.

Inaspettatamente, la Calabria si è rivelata la regione più grillina d’Italia (e dire che i calabresi non hanno accolto con entusiasmo l’elemosina del reddito di cittadinanza, chiedendo, invece, concrete opportunità di lavoro) e la Lega ha colto a piene mani in una terra che ha sempre guardato con (giustificato) sospetto le sue lusinghe. E che dire del PD che si rivela il primo partito in provincia di Reggio, recuperando a piene mani una situazione che pareva destinata al disastro. Il vero exploit – questo aspettato, vista la frenetica attività del coordinatore provinciale on. Francesco Cannizzaro e del sen. Marco Siclari – è stato il risultato di Forza Italia nella Città Metropolitana di Reggio: il doppio della media nazionale. Altro risultato positivo – anche questo prevedibile – hanno riportato Fratelli d’Italia: una crescita costante, che attira sempre più “profughi” del centro-destra attirati dal sovranismo ultradestrorso di Giorgia Meloni. Da non dimenticare, in questa rapida sintesi di risultati, il successo “storico” a Cinquefrondi della Sinistra (21,48%).

Laura Ferrara
Laura Ferrara

La Calabria manda a Bruxelles due europarlamenti. Laura Ferrara (M5S) e Vincenzo Sofo (Lega). La Ferrara è stata premiata con 77.970 preferenze: i calabresi hanno riconosciuto il grande impegno della giovane napoletana di origini cosentine durante il precedente mandato a Bruxelles. Laura Ferrara ha meritato la riconferma: si è dimostrata molto attiva e sempre presente per la Calabria in Europa. Il suo lusinghiero successo personale, peraltro, spariglia il quadro delle prossime elezioni regionali. Il Movimento Cinque Stelle, fino ad oggi, era rimasto in religioso silenzio sulle eventuali candidature grilline per la poltrona di Germaneto, lasciando cadere, en passant, l’eventualità di candidare Laura Ferrara.Tutto era stato rinviato ai risultati del 26 maggio. Nemmeno i deputati grillini calabresi si aspettavano un en plein di voti, in controtendenza ai risultati nazionali, ma ieri mattina hanno brindato alla regione più grillina d’Italia (26,69% in Calabria, primo partito alle Europee).

Adesso, il quadro si fa molto più nitido: Laura Ferrara (sempre che non preferisca restare a Bruxelles) sarà la candidata ufficiale di Cinque Stelle, portando non poca angoscia alle due formazioni (Forza Italia e PD) che davano per scontato una sfida a due per il governo della Regione. I Fratelli di Giorgia, in Calabria, col 10,26% dei voti, non hanno la forza per imporre la, pur ottima, candidata Wanda Ferro nella sfida per la Regione, salvo a voler suicidare tutto il centro-destra con una lista di disturbo. L’offensiva – a tanti sembrata decisamente esagerata – della magistratura nei confronti dei due candidati, il governatore uscente Mario Oliverio e l’aspirante azzurro Mario Occhiuto, attuale sindaco di Cosenza, non ha smorzato gli entusiasmi e l’ottimismo dei due papabili. Con una evidente differenza, però. Oliverio vede un partito in risalita che non sembra intenzionato a giocarsi la sua carta per un rinnovo (che si preannuncia difficile), Occhiuto, invece, ha dalla sua il positivo risultato degli azzurri nella regione e ha coinvolto un gran numero di liste civiche pronte a sostenere la sua candidatura, ma dovrà fare i conti in casa leghista dove dovranno decidere se sostenerlo o presentare un proprio candidato (altro suicidio garantito).

Vincenzo Sofo e Marion Le Pen
Vincenzo Sofo e Marion Le Pen

Per tornare a parlare di Europa, c’è da dire che l”altro prossimo inquilino di Bruxelles è Vincenzo Sofo, un milanese con origini calabresi, più famoso per essere il fidanzato di Marion Le Pen che per le sue idee politiche. Imposto, pare, da Salvini ha prevalso sul crotonese Giancarlo Cerrelli, che, comunque, può registrare un’ottima affermazione personale. È comunque un altro calabrese che siederà in Europa e c’è da augurarsi che due parlamentari a Bruxelles possano dare un ottimo impulso al rilancio della Calabria, in chiave europea, innanzitutto difendendo a spada tratta le tipicità regionali, troppo presse di mira da falsi e produzioni taroccate (pecorino, ‘nduja, bergamotto di Reggio Calabria) e intollerabili importazioni di agrumi che danneggiano gli agricoltori locali. Senza contare i milioni di euro dell’Europa, restituiti al mittente, per mancato utilizzo. La Calabria, che crede nell’Europa, ha bisogno dei suoi rappresentanti, gli elettori che hanno premiato Laura Ferrara e Vincenzo Sofo ci contano. (s)

Nella foto di copertina: Klaus Davi, il sen. Marco Siclari  e il neo-sindaco di San Luca Bruno Bartolo. Il sen. Siclari (FI), in una nota ha voluto rimarcare il ruolo di Davi: «Dopo anni torna la democrazia con l’elezione del sindaco Bartolo. Un grazie per aver permesso che si tornasse al voto va a Klaus Davi che, sono certo, anche dai banchi della minoranza continuerà la sua battaglia di legalità per riscattare questa terra».

Polemiche per il tv-film Rai su Duisburg: ha offeso la Calabria

Il tv-film RAI sulla strage di Duisburg, trasmesso in occasione della giornata della legalità sulla prima rete, ha offeso la Calabria e i calabresi. Un prodotto scadente e superficiale che non rende un buon servizio al paese e tantomeno ai calabresi, come se la ‘ndrangheta fosse nel dna di tutti. Una visione manicheista e intollerabile.

Il sen. Marco Siclari (FI), prima della trasmissione aveva dichiarato di sentirsi «amareggiato, da calabrese, per aver letto dichiarazioni, da parte del Produttore e della Direzione Rai, che lanciano un’ombra sulla mia terra. Si parla, addirittura, di pressioni subite che avrebbero costretto a spostare le riprese. Comunque apprezzo il lavoro fatto dalla produzione, ma su temi così delicati occorre fare chiarezza. Ad affrontare di petto per evitare che si gettino ombre su una terra già martoriata dai pregiudizi è il senatore Siclari che intende presentare interrogazione parlamentare per chiarire i fatti.

«Presenteremo, come Forza Italia, un’interrogazione alla commissione vigilanza per capire che tipo di pressioni sono state fatte e qualora fossero concrete, perché non sono state denunciate. Un tema così sensibile non può essere liquidato con questa superficialità. Mi dispiace che la Rai abbia perso la possibilità di far conoscere i nostri territori e le bellezze dei nostri luoghi a tutto il Paese, queste fiction oltre a raccontare storie verosimili, potrebbero essere la vetrina ideale per dire al mondo che la Calabria non è sinonimo di ‘Ndrangheta, ma al contrario che e un luogo, un’opportunità dove fare sviluppo e turismo», ha concluso il senatore azzurro.

Il Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, Nicola Irto, ha inviato una lettera ad Eleonora Andreatta, direttore di Rai Fiction, in cui si legge che la trasmissione «ha destato gravi perplessità in seno alla comunità calabrese, contrariamente ad altre precedenti occasioni nelle quali il servizio pubblico ha fornito un contributo positivo alla promozione dell’immagine della nostra regione».

«Le devo dire, con grande franchezza – si legge nella missiva del presidente Irto – che condivido pienamente il sentimento diffuso nell’opinione pubblica calabrese, riguardo ad un film che nel complesso trovo malriuscito, soprattutto per la rappresentazione della Calabria spesso distante dalla realtà. La nostra è una comunità composta, nella sua stragrande maggioranza, da persone orgogliose, oneste e lavoratrici, che con la ‘ndrangheta non hanno nulla a che vedere. Una sottolineatura doverosa oggi più che mai, nel giorno in cui ricordiamo la strage di Capaci e il sacrificio del giudice Falcone, della moglie e degli uomini della scorta».

«Sono convinto – prosegue la lettera di Nicola Irto – che la produzione messa in onda ieri sera non abbia fornito un buon servizio né alla mia regione, di cui viene proposta una narrazione infedele e forzata, né al Paese, che della Calabria rischia di farsi, ancora più di quanto non sia avvenuto nel passato, un’idea totalmente sbagliata. E’ su questo che intendo soffermarmi, sorvolando sugli altri limiti di ‘Duisburg’: in Calabria si parla il calabrese e non il siciliano; e alcuni dialoghi, me lo conceda, sono ai limiti dell’offensivo. Non possiamo ammettere che si dica: ‘Duisburg è piena di calabresi’ quasi a voler sostenere che ‘i calabresi’ tout court siano soggetti pericolosi o criminali».

«Voglio rassicurarla – prosegue la lettera – questa non è una lettera di piagnistei. Noi siamo fieri di essere figli di una terra che una personalità straordinaria come suo padre, Beniamino Andreatta, il ‘trentino meridionalista’, ha amato come pochi, essendo stato il fondatore dell’Università della Calabria. Ma, Direttore, sono certo che converrà con me sulle criticità di una fiction che della mia terra dice poco e male e che aveva già creato aspettative negative alla vigilia, alla luce delle non documentate affermazioni della responsabile della produzione, riguardo a non meglio precisate ‘minacce’ che avrebbero determinato lo spostamento della location del film in Puglia».

«Mi preme appellarmi – si legge nella lettera – alla sua sensibilità per sollecitare da parte delle produzioni maggiore attenzione e rispetto verso questa magnifica terra, nella quale mi pregio di invitarla alla scoperta dei tesori archeologici, culturali e naturalistici che la caratterizzano».

Anche il rappresentante degli industriali reggini Giuseppe Nucera ha polemizzato con le affermazioni della produttrice Laurentina Guidotti circa le intimidazioni ricevute prima della lavorazione del film: «Dimostri di aver denunciato le presunte minacce, altrimenti per quanto ci riguarda potrebbe essere candidata alla vittoria del prossimo Oscar come migliore attrice non protagonista. È un trucco vecchio come il mondo, quello di tirar fuori questa scusa ‘a effetto’ per ottenere due risultati: creare un po’ di attesa attorno al film e giustificare il motivo per il quale la scelta dei luoghi non è ricaduta sulla nostra regione».

Nucera ha espresso “sconcerto, incredulità e una dose di sana rabbia per l’ennesimo tentativo di screditare l’immagine della nostra meravigliosa terra sulla quale stiamo lavorando duramente. Guidotti perché non ha denunciato pubblicamente quanto sostiene, all’epoca dei fatti? Esiste un esposto alle forze dell’ordine e alla magistratura rispetto a quanto accaduto? Qual era il contenuto delle lettere? Interrogativi che stabiliscono il limite assai labile che divide la realtà dalla fiction, la tragedia dalla farsa. Confindustria Reggio Calabria, in questi anni, ha condotto una lunga e dura battaglia per ripristinare la giusta reputazione della nostra comunità, a cominciare da realtà straordinarie come San Luca, dove la nostra associazione ha aperto lo sportello ‘Informa Impresa&Lavoro’ che sta dando ottimi risultati».

Il massmediologo Klaus Davi (candidato a sindaco a San Luca), dal canto suo, ha presentato un esposto alla procura della Repubblica dopo le affermazioni della produttrice sulla necessità di girare altrove e non in Calabria il film per presunte minacce di mafia.

 

Ruggero Pegna
Il promoter e scrittore calabrese Ruggero Pegna

Anche il promoter e scrittore Ruggero Pegna, calabrese e attento conoscitore della sua terra, ha espresso la sua indignazione per il film trasmesso dalla Rai. «Ho visto – ha commentato Pegna – il film trasmesso da Rai1 sulla strage di Duisburg, rimanendone sconcertato innanzitutto per la pessima qualità cinematografica, al di sotto di ogni standard possibile per la prima rete della Rai. Un film brutto, dilettantistico, d’infimo livello, che ha solo messo insieme ogni tipo di bruttura per offendere un’intera regione; un film talmente mal scritto, diretto e recitato, da diventare a tratti una grottesca caricatura della ‘ndrangheta e della Calabria. La ’ndrangheta esiste, ma è il cancro della Calabria, non la Calabria! Peraltro, oramai è un cancro che non parla solo calabrese (peraltro il dialetto di ieri sera era inquietante quanto inverosimile), ma anche milanese, bolognese, romano e perfino molte lingue del mondo; le lingue e i dialetti di tutti i colletti bianchi dell’imprenditoria, della politica, dell’affarismo che, grazie alle loro collusioni, consentono che questo male sopravviva. Un cancro che, seppur rappresentato da poche cellule impazzite, minaccia e sopravvive alla Calabria onesta, operosa e accogliente, alla magistratura coraggiosa, alle battaglie di tanti giovani che, anche e soprattutto con la cultura, lottano per estirparla, alla Calabria della ricerca e di Università assurte a modelli mondiali come quella di Arcavacata, alla Calabria dell’arte in tutte le sue forme, dell’umanità in ogni sua espressione dell’animo, della fede e dei sentimenti».

«Un film di pessima qualità come quello che ho visto, a tratti ridicolo e inguardabile, non ha alcun senso, se non quello di fare cassetta, dipingendo in modo vergognoso un’intera regione piena di gente perbene, professionisti, intellettuali, artisti, sportivi, scienziati. Stupisce che una rete come Rai1 non selezioni ciò che trasmette, innanzitutto, in base alla qualità dei prodotti. Un simile film, dal punto di vista tecnico, non avrebbe superato nemmeno l’esame all’asilo del cinema!. Mi chiedo: come mai non si esita a trasmettere continuamente pellicole malfatte, umilianti di un’intera regione e della sua gente, mentre un film come quello su Mimmo Lucano e Riace, che mostra i veri valori della Calabria ammirati in tutto il mondo, rimane chiuso in un cassetto? Come mai non si producono opere sulla storia millenaria di questa regione, da sempre al centro di scambi artistici e culturali con tutti i centri della Civiltà del Mediterraneo e del mondo intero, esaltandone figure storiche e territori unici per bellezza e potenzialità turistiche?».

«La ‘ndrangheta – ha concluso Pegna – non si estirpa con libri e pellicole dozzinali, utili solo a nutrire la morbosità  di appassionati del genere, ma con la presenza dello Stato, troppo spesso lontano da questa regione, abbandonata a se stessa; una regione con strade e infrastrutture inadeguate, con un’autostrada fintamente inaugurata ma ancora non finita, con una rete ferroviaria da terzo mondo. La parodia di ieri, perfino girata altrove, può servire soltanto a improbabili gare di audience televisive, non certamente a creare coscienze e rendere giustizia a un pezzo d’Italia che merita di essere rappresentata per le sue tante e indiscutibili eccellenze e positività.  I calabresi sono stanchi di queste ‘farsificazioni’, termine inesistente ma che in questo caso rende bene l’idea di becere operazioni commerciali tra il falso e la farsa, come quella andata in onda ieri».

Gianluca Gallo, Consigliere Regionale e capogruppo della Cdl, la definisce «un’offesa alla Calabria». «Sorvolo sui giudizi critici su attori e regia – premette il capogruppo della Cdl – ma non credo sia giusto né possibile cancellare la sensazione di profonda amarezza lasciata dall’assistere alla riproposizione, coi soldi del canone e dunque degli italiani, di una sequenza infinita di luoghi comuni».

«Che in Calabria ci sia la ‘ndrangheta è noto. – ha proseguito il consigliere Gallo – Che la Calabria sia tutta ‘ndrangheta, come racconta il film in parola, è cosa fuori dal mondo. La nostra è stata ed è, nonostante tutto, una terra di grandi civiltà, fini intellettuali, grandi talenti. Fissare le telecamere solo sulle zone d’ombra può anche essere legittimo, ma spingersi a lasciar intendere che null’altro vi sia oltre quelle è assurdo, scorretto, falso».

Un atteggiamento, sottolinea ancora l’esponente della Cdl, «negativo anche sotto il punto di vista del messaggio che passa sul piano della lotta alla ‘ndrangheta: sostenere che la Calabria sia tutta e solo coppole e lupara vuol dire fare un grande favore ai clan, dal momento che dove tutto è ‘ndrangheta nulla è ‘ndrangheta. Noi pensiamo che la Calabria sia altro, e che la lotta alle ‘ndrine, anche attraverso il cinema e la tv, siano altro. Per questo ci ribelliamo ad una rappresentazione buona soltanto a deridere un intero popolo per chissà quale interesse».

«Trattandosi di produzioni – ha concluso il Consigliere Gallo – in genere sostenute anche dalla Regione, sarebbe opportuno che la giunta regionale chiarisse la portata del sostegno garantito e la propria posizione di fronte ai frutti avvelenati del film: il silenzio del governatore di fronte all’ennesima mortificazione ingiustificata inflitta ai calabresi è davvero assordante. Presenterò un’interpellanza perché della questione si discuta in Consiglio regionale, valutando anche la possibilità di adire le vie giudiziarie per ottenere un risarcimento da destinare al finanziamento di progetti di educazione alla legalità nelle scuole».

Per il sindaco metropolitano di Reggio Giuseppe Falcomatà «La fiction RAI racconta una Calabria rassegnata che non esiste. Sempre la solita solfa. Sempre la Calabria dipinta in maniera arcaica, arretrata, asfissiata dalla mafia, abulica, apatica, rassegnata, senza volontà, senza coraggio, senza voglia di riscatto e di emancipazione dal male. Una Calabria che Calabria non è, considerato che il set era in Puglia. Insomma, per svariati motivi, non c’è piaciuta la fiction andata in onda ieri sera su “Rai uno” dedicata alla strage di Duisburg, un fatto di sangue tanto efferato quanto complesso trattato con una superficialità ed una teatralità da lasciare attoniti».

Afferma Falcomatà: «Così, mentre attori improvvisano un dialetto – che è qualsiasi idioma fuorché calabrese – e mangiano pasta con la ‘nduja, ancora una volta viene tramandata una realtà distorta e fuorviante di una terra che ha davvero bisogno di ogni cosa tranne che dell’immagine stereotipata emersa dagli schermi tv in prima serata. E non è un inedito. Potremmo dire che “Duisburg linea di sangue” è un film noiosamente e pericolosamente già visto. Altre pellicole, ricordo “Il miracolo”, quella sul rapimento Getty o “Lo spietato”, hanno trasmesso l’idea di una Calabria tribale, fatta solo di capre sgozzate, patti di sangue o giuramenti celebrati dando alle fiamme santini religiosi. Nuovamente, dunque, all’Italia è stata raccontata una storiella che offende, umilia e rischia di isolare un popolo che, ogni santo giorno, lotta in trincea contro un male che per primo subisce sulla propria pelle. Una battaglia che, purtroppo, diventa più difficile se non si esce dalla narrazione del “Lì è tutto ‘ndrangheta”. No, permettetemi, ma non è così. Qui la ‘ndrangheta c’è, ma non è il tutto!».

«Chiaramente – spiega Falcomatà – sarei un ipocrita se dicessi che la criminalità è un fenomeno marginale. Anzi, è pervasiva e ci fa stare sempre “sul chi va la”. È l’impegno costante della magistratura e delle forze dell’ordine che ci dice quanto sia difficile nascere, crescere e vivere in certi territori. Centinaia di inchieste e migliaia di arresti, negli anni, hanno dimostrato, però, che solo uniti si può vincere. Ma serve il contributo di tutti, compreso quello di produttori, sceneggiatori e registi che hanno voglia di cimentarsi con i nostri problemi che sono, al tempo stesso, i problemi dell’intero Paese».

«Alla Napoli raccontata da Gomorra – continua l’inquilino di Palazzo San Giorgio – preferisco di gran lunga quella degli uomini e delle donne di “Pollici verdi”, i volontari di un’associazione civica che hanno ridato decoro, dignità e speranza ad un quartiere difficile come Scampia. Qualcuno conosce le loro storie? Pochi. Perché lo storytelling del buono, forse, è meno efficace nel bucare lo schermo di quanto non possa fare il male. Ed esempi simili, nella nostra realtà, ne esistono a centinaia: imprenditori che resistono, gente sotto scorta per essersi ribellata al pizzo, maestre che insegnano il buono ed il giusto ai bambini, amministratori pubblici che sfidano i mafiosi a viso aperto, ragazzi e ragazze impegnati nel volontariato, in politica, nelle parrocchie, nelle associazioni civiche, nelle società sportive. Sono persone che quotidianamente, con forza, abnegazione e con coraggio, mettono anima, corpo e cuore per affermarsi in quei luoghi che oggi ci vengono descritti come “luoghi senza scampo”. Già, i luoghi: «Inviterei le persone rimaste colpite dal film Rai a visitare le bellezze dell’Aspromonte, la casa di Corrado Alvaro a San Luca, i paesaggi onirici che, dall’entroterra al mare, sin dai tempi di Edward Lear, lasciano i visitatori ammaliati e quasi senza fiato per la loro unicità e bellezza».

«Il mio mandato da sindaco – aggiunge Falcomatà – è il primo dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa, un fatto che mi responsabilizza ulteriormente rispetto all’impegno preso davanti ai miei concittadini. L’azione della nostra amministrazione è completamente improntata sulle prassi di trasparenza, legalità e lotta costante e incessante ad ogni forma di corruzione, sopraffazione e malaffare. Per primi, in Italia, ci siamo dotati di un Regolamento per l’utilizzo dei beni comuni e confiscati raccogliendo il plauso di Libera e delle altre associazioni antimafia. Oggi, a Reggio Calabria, le ville dei boss sono abitate dalle persone in difficoltà e bisognose di un alloggio popolare. E’ un lavoro duro, ma indispensabile. Ne siamo coscienti. Ecco perché, nella lotta per l’affermazione della legalità e per la libertà dalla ‘ndrangheta, ognuno deve fare la sua parte».

«Fa ancora più male – incalza il sindaco – dover commentare questo film nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci, quando si creò definitivamente uno spartiacque fra il bene ed il male in un Paese che, in quel momento, conobbe il volto più devastante della mafia. In questa data, avrei soltanto voluto ricordare Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, ovvero le vittime di un’ideale, sognatori di un mondo senza più mafie e mafiosi, eroi autentici che fattivamente hanno segnato un solco e su quello noi ci siamo incamminati per affermare i sacri valori della giustizia e della legalità. Ahimè, di nuovo, ci troviamo costretti a spostare la nostra attenzione anche su chi narra la ‘ndrangheta rischiando, forse inconsapevolmente, di affossare un intero territorio. La prossima volta – conclude il primo cittadino – ci piacerebbe poter assistere pure alla Calabria che resiste, vorremmo che la gente ed i telespettatori ci conoscessero per quello che siamo: una stragrande maggioranza di persone per bene, orgogliose e testarde nell’abitare la terra dei nostri nonni, felici di poter operare accarezzati dall’aura mistica dello Stretto di Messina, respirando il profumo morbido del mandorlo, della zagara, del bergamotto, certi che un giorno saremo finalmente liberi dalla ‘ndrangheta e da ogni stereotipo».

Una dura presa di posizione viene anche dalla deputata Wanda Ferro, componente della Commissione Antimafia: «Basta con la narrazione alla Saviano di una Calabria che non è terra di ‘ndrangheta, ma una regione meravigliosa, che offre infinite bellezze paesaggistiche, natura incontaminata, luoghi ricchi su storia e preziosi giacimenti culturali. Una regione abitata da gente onesta, laboriosa e ospitale, che non ha nulla a che spartire con i pochi criminali che cercano di soffocarne le potenzialità di crescita e di riscatto». L’on. Wanda Ferro considera «non meno dannoso della ‘ndrangheta il racconto che della Calabria ha fatto il servizio pubblico della Rai con la fiction sulla strage di Duisburg. Il Sud è stanco di una industria editoriale e cinematografica che fa soldi compromettendo l’immagine dei territori e affossandone le opportunità di sviluppo anche turistico. Chi come me fa parte della commissione antimafia sa bene quanto la ‘ndrangheta sia potente e pervasiva nei territori calabresi, ma sa anche quanto forte sia lo spirito di ribellione e il rifiuto delle logiche criminali da parte della stragrande maggioranza della popolazione. I calabresi hanno forse le scarpe sporche di fango, ma le mani pulite, si spezzano la schiena ogni giorno per competere nel lavoro, nelle professioni, nell’impresa e in ogni altro settore della vita sociale rispetto a chi, nelle altre regioni, gode di una condizione di evidente vantaggio geografico e infrastrutturale. L’equazione ‘Calabria uguale ‘ndrangheta’ sarà forse suggestiva e proficua per l’industria cinematografica, ma è totalmente falsa.  La Calabria positiva, che è la Calabria reale, è stata completamente ignorata e offesa dalla tv pubblica. Anche la scelta di girare in Puglia le scene della fiction ambientate in Calabria è di estrema gravità, ed invito la Rai, come ha già fatto in un esposto Klaus Davi, a chiarire e denunciare davanti gli organismi competenti e alla opinione pubblica quali siano state le minacce che hanno impedito alla produzione di lavorare in Calabria, o se piuttosto questa scelta non sia stata dettata da ragioni economiche e dal sostegno della Film Commission pugliese, e da eventuali inefficienze della Film Commission calabrese. In Calabria sono state girate decine di produzioni cinematografiche internazionali senza che sia mai successo nulla, ora i calabresi pretendono di sapere quali episodi criminali hanno impedito alla produzione di girare in Calabria». L’on. Ferro ha annuncia una interrogazione parlamentare «perché – spiega – da queste accuse la Calabria ha subito un gravissimo ed intollerabile danno di immagine, ma soprattutto un’offesa ai suoi cittadini e al loro spirito di accoglienza». (rrm)

Il Premio “Alvaro” a Catanzaro: lo scrittore è tornato al suo liceo

27 ottobre 2018 – Ha un doppio significato la scelta di tenere a Catanzaro la cerimonia del XII Premio Corrado Alvaro che si è svolta ieri. Da un lato la “presenza” istituzionale della Regione a un Premio che è diventato maturo e importante e che merita di essere ulteriormente valorizzato a livello nazionale, dall’altro il “ritorno” al suo liceo dello scrittore, che proprio al Galluppi di Catanzaro ha fatto gli studi liceali. Per questo la giornata dedicata a Corrado Alvaro ha suscitato tanta emozione insieme con una sentita partecipazione degli ospiti e del pubblico intervenuto.
È la prima volta che il Premio, ideato dalla Fondazione Corrado Alvaro che ha sede a San Luca ed è presieduta da Aldo Maria Morace, un italianista di chiara fama, si svolge a Catanzaro: in questa città lo scrittore conseguì nel 1931 al Galluppi la maturità classica e il “suo” liceo ha voluto festeggiarlo all’Auditorium Casalinuovo con la partecipazione di studenti provenienti da vari istituti cittadini e una rappresentanza dell’istituto Comprensivo San Luca, accompagnata dalla dirigente scolastica Carmela Rita Serafino.
Morace ha aperto i lavori ricordando la molteplicità della produzione di Corrado Alvaro dal teatro, al giornalismo e alla narrativa sottolineando quanto all’estero, tra gli intellettuali, la figura e l’opera di Corrado Alvaro sono molto note e intrinsecamente legate alla Calabria. A sottolineare l’importanza della manifestazione l’Assessore regionale all’Istruzione e alle Attività culturali, Maria Francesca Corigliano, che ha rimarcato la centralità di Alvaro per la nostra identità e l’attività di promozione che la Giunta regionale sta attuando sugli autori calabresi di ieri e di oggi.
«Questa giornata – ha detto la Corigliano – si inserisce pienamente nel quadro complessivo di valorizzazione della letteratura calabrese che con il Presidente Oliverio abbiamo avviato puntando a coltivare la memoria verso i protagonisti della narrativa del Novecento e intensificando il confronto con gli autori calabresi di oggi che hanno raggiunto un notevole successo tra il pubblico e contribuiscono a narrare la Calabria oltre gli stereotipi. E di questi autori, alcuni sono anche membri della Giuria di questo prestigioso Premio, di cui va dato merito alla Fondazione Corrado Alvaro, che lavora con dedizione in un contesto complesso, decisamente difficile eppure centrale per il rilancio della nostra terra».
L’Assessore, inoltre, ha ricordato che sono diverse le attività che la Regione promuove nell’ambito del programma del diritto allo studio in ottica di valorizzazione culturale, per avvicinare i più giovani al retaggio storico della Calabria. La Giuria del Premio, nominata dalla Fondazione, è stata presieduta da Carmine Abate e composta da, Domenico Dara, Marisa Fasanella, Cataldo Perri e Corrado Calabrò, che non ha potuto prendere parte alla giornata per sopravvenuti impegni.
Il Presidente Mario Oliverio, insignito dalla Fondazione Alvaro di un riconoscimento per la vicinanza istituzionale, ha voluto inviare un messaggio ai partecipanti al Premio, in cui ripercorre le attività che la Regione ha intrapreso per valorizzare la figura di Alvaro ed evidenzia: «il suo monito celeberrimo “La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile” resta come un monumento nella nostra coscienza collettiva ed è destinato a perdurare sempre valido nel tempo futuro».
Lo scrittore Carmine Abate ha annunciato e presentato i vincitori delle due sezioni del Premio, presenti in sala, e che hanno ritirato le targhe realizzate dal maestro Rosario La Seta, dopo aver ascoltato le motivazioni esposte da Dara e Fasanella. A Giuseppe Lupo è andato il premio per la sezione Narrativa col romanzo “I giorni del nostro incanto” (Marsilio) e a Salvatore Maira il premio per la sezione Narrativa opera prima con “Diecimila muli. Romanzo di uomini e bestie” (Bompiani).
Agli scrittori vincitori, gli alunni del Liceo Classico “P. Galluppi” hanno rivolto quesiti e riflessioni dopo aver approfondito la lettura dei loro testi, animando un dibattito proficuo e interessante, tra modernità e tradizione, a cui ha contribuito la Preside del Liceo, Elena De Filippis, la quale, inoltre, ha offerto a tutti le suggestioni degli anni giovanili passati da Alvaro tra i banchi della scuola catanzarese e nella società cittadina dell’epoca, sottolineando come lo scrittore abbia saputo narrare la Calabria arcaica che ha incontrato nella sua giovinezza con grande forza evocativa.
Un premio di studio è stato assegnato dalla Fondazione alla giovane Rosalba Peronace per la tesi di laurea dal titolo “Gente in Aspromonte: la geografia dell’Aspromonte nell’opera di Corrado Alvaro”, discussa all’Università di Pisa.
Nel foyer dell’Auditorium la Biblioteca Comunale De Nobili ha allestito una mostra libraria con numerose edizioni delle opere alvariane, una delle quali con dedica e autografo di Corrado Alvaro al bibliotecario dell’epoca Filippo De Nobili, a cui la biblioteca stessa è intitolata. In rappresentanza dell’Amministrazione comunale di Catanzaro era presente il vicesindaco Ivan Cardamone, che ha ringraziato l’Assessore Corigliano e ha evidenziato la sinergia tra istituzioni in ambito culturale che a Catanzaro, grazie all’intervento della Regione Calabria, sta producendo fatti positivi, tra cui la giornata dedicata ad Alvaro, le mostre al Complesso del San Giovanni, i grandi eventi e i festival. L’assessore alla Cultura e vicesindaco del Comune di Catanzaro aveva già espresso la soddisfazione per l’evento: «La città di Catanzaro è orgogliosa di poter ospitare la XIII edizione del Premio letterario nazionale “Corrado Alvaro”, un appuntamento di alto profilo culturale che conferma il ruolo e la dimensione della Città Capoluogo di regione quale sede privilegiata dei grandi eventi». Cardamone ha insistito sulla valenza dell’iniziativa nei confronti delle nuove generazioni: «La manifestazione ha offerto l’occasione agli studenti della città di confrontarsi con scrittori calabresi insigniti del prestigioso riconoscimento. Proprio il coinvolgimento dei più giovani costituisce il valore aggiunto di questa iniziativa che intende non solo rendere omaggio alla figura di Corrado Alvaro, ma anche coinvolgere il mondo della scuola in un percorso mirato a promuovere la conoscenza della letteratura calabrese e dell’identità locale».
Alla Città di Catanzaro la Fondazione Alvaro ha simbolicamente attribuito un riconoscimento in memoria degli anni vissuti dallo scrittore e per l’attenzione che da molti anni la comunità catanzarese tributa all’autore di “Gente in Aspromonte”.
Presenti alla manifestazione anche il consigliere regionale Arturo Bova, presidente della Commissione antindrangheta e il Commissario prefettizio di San Luca, Salvatore Gullì, intervenuto nel corso della cerimonia. Un momento speciale della mattinata è stato dedicato al ricordo di Alessandro Leogrande, giornalista prematuramente scomparso a cui è stato assegnato un riconoscimento postumo alla memoria per il romanzo “La frontiera” (Feltrinelli).
La lunga e bella giornata dedicata ad Alvaro è proseguita nel pomeriggio in Auditorium con un reading letterario di Carmine Abate e con musiche di Cataldo Perri, Checco Pallone, Enzo Naccarato e Piero Gallina. (rcz)

Nella foto di copertina: Gli scrittori Domenico Dara e Carmine Abate, il vincitore Giuseppe Lupo e l’assessore Maria Francesca Corigliano