SANITÀ BOCCIATA DALLA CORTE DEI CONTI
IN CALABRIA LIVELLI DI ASSISTENZA A ZERO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – In Calabria i servizi sanitari sono inadeguati. Un fatto molto ben conosciuto, ma che diventa ancora più tangibile – e che dovrebbe far riflettere di più – se a metterlo in nero su bianco è la sezione di controllo della Corte dei Conti della Calabria, nella relazione per il giudizio di parifica del Rendiconto 2021 della Regione, che boccia, completamente, la sanità calabrese.

Quello che emerge dal report, infatti, è sconfortante: nell’ultimo monitoraggio i Lea – Livelli Essenziali di assistenza del maggio 2021 in Calabria si sono posizionati all’ultimo posto, totalizzando un punteggio pari a 125 contro il minimo che è di 160. Un trend in negativo, se si considera che, rispetto al 2020, il punteggio ottenuto era di 162.

«La Giunta regionale della Calabria – si legge nel report – negli anni non ha mai approvato il bilancio di esercizio consolidato del servizio sanitario regionale in aperta violazione della legge. La mancata approvazione del documento contabile non pone alcuna certezza in ordine alle modalità di impiego delle risorse e dei risultati conseguiti dal servizio sanitario».

Nella relazione orale della consigliera Ida Contino, è stato evidenziato come «la Giunta regionale della Calabria, negli anni, non ha mai approvato il bilancio di esercizio consolidato del SSR in aperta violazione dell’art. 32 del d.lgs 118/2011. La mancata approvazione del documento contabile non pone alcuna certezza in ordine alla modalità di impiego delle risorse e dei risultati conseguiti dal servizio sanitario, e viola, tra gli altri, il principio di accountability in ragione del quale gli amministratori che impieghino risorse pubbliche hanno il dovere di rendicontarne l’uso sia sul piano della regolarità dei conti che dell’efficacia della gestione».

In assenza di bilancio, la sezione ha svolto l’analisi della gestione sanitaria avendo come riferimento i dati del IV trimestre 2021 che «come è noto, sono in continua evoluzione e, soprattutto, non sono attestati come veritieri da alcun organo che se ne assuma la responsabilità» è stato evidenziato nella relazione, in cui viene spiegato che «nell’esercizio 2021, la “Missione 13 – tutela della salute“ del bilancio regionale ha visto l’assunzione di impegni per circa 4,098 miliardi di euro cui sono seguiti pagamenti di competenza per 3,214 miliardi di euro. Anche il rendiconto 2021 della regione Calabria conferma che la spesa corrente sanitaria (€ 3.939.587.413,70) costituisce la componente principale di quella regionale (€ 4.954.832.616,90) con una incidenza pari al 79,51%».

«Nel riparto delle disponibilità finanziarie per l’anno 2021 – si legge – la Regione ha ricevuto a titolo di fondo sanitario indistinto la somma di oltre 3,650 miliardi di euro con un incremento, in termini percentuali, del 2,8% rispetto al 2019. Ha ottenuto altresì oltre 70,605 milioni di euro quale quota del Fondo sanitario regionale vincolato e oltre 31,118 milioni di euro quale quota premiale. Le somme testè indicate sono tutte comprensive delle risorse finanziarie ottenute per il contrasto all’emergenza covid-19».

Inoltre, è stato rilevato come «oltre ai flussi finanziari provenienti dal SSN, la Sanità regionale è stata finanziata dalle entrate extra-fondo (€ 192.252.446,00) e dalle entrate proprie; queste ultime, invero, in riduzione negli ultimi due esercizi. I dati evidenziano, infatti, che in Calabria la compartecipazione dei cittadini al servizio sanitario (attraverso il pagamento dei tickets) si è ridotta, dal 2019 al 2021, del 13,2%», come si è ridotto il saldo derivante dalle attività svolte in regime libero-professionale (intramoenia) che ha subìto un decremento consistente passando da 1,921 mln di euro del 2019 a 1,579 milioni di euro del 2021, con una riduzione pari al 17,81 %».

La sezione di Controllo, invece, ha rilevato come la Regione dimostri uno «scarso indice di attrattività sanitaria, fronte di una elevatissima mobilità passiva di chiaro stampo patologico. Circa il 20% dei ricoveri dei residenti calabresi risulta effettuato presso strutture collocate al di fuori del territorio regionale, a fronte di una media nazionale della mobilita’ passiva pari all’83%. Nel 2021 il saldo della mobilità interregionale è pari a -242 milioni di euro».

«Tuttavia – viene evidenziato – il fenomeno della mobilità incide sui cittadini calabresi molto più di quanto rilevato dal saldo finanziario. Una valutazione complessiva dell’impatto economico della emigrazione sanitaria richiederebbe, infatti, anche la quantificazione dei costi sostenuti dai pazienti e dai familiari per gli spostamenti nonché i costi indiretti per assenza dal lavoro dei familiari, permessi retribuiti ecc».

Rilevato, poi, un sottodimensionamento dei posti letto e personale: «i posti letto del servizio sanitario regionale – viene evidenziato – sono complessivamente, tra strutture pubbliche e private accreditate, n. 5.850, di cui n. 1.967 presso le quattro aziende ospedaliere, n. 1.988 (quindi un numero superiore) presso le case di cura accreditate, n. 1.836 presso gli ospedali a gestione diretta e n. 59 presso gli istituti di ricovero a carattere scientifico. I posti letto, dunque, sono sottodimensionati (di n .654) rispetto a quanto previsto nel Programma operativo 2019-2021, ove ne erano stati programmati n. 6.504, in ragione del DCA 64/2016».

«È stato accertato, negli ultimi cinque anni, infatti – si legge nel rapporto – un sensibile decremento della consistenza del personale di ruolo: nel 2017, il numero complessivo delle unità lavorative era di 20.315 e nel 2021, invece, il numero è di 18.121 al netto delle unità assunte per il contrasto al covid, pari a 1.150 unità. Nell’ambito del comparto, poi, il decremento maggiore riguarda il personale medico che passa da 4.361 a 3.951; nonché del personale assunto a tempo indeterminato».

Un altro problema rilevato riguarda il fatto che la Calabria è tra le regioni che presentano maggiori difficoltà di accesso alla diagnostica strumentale: «Dalle tipologie considerate (acceleratori lineari, angiografi, gamma camera computerizzati, mammografi, risonanze magnetiche) sul territorio calabrese – è stato evidenziato – ne sono presenti 213 di cui 120 in uso presso le strutture pubbliche e 93 in uso nelle strutture private».

«I valori che destano più sospetto – si legge – sono quelli relativi alle risonanze magnetiche, soprattutto ove si rilevi che su un totale di 55 apparecchi, 36 sono in uso a strutture private e 19 in strutture pubbliche. Tra queste ultime ci sono voluti più di nove anni tra l’acquisto e il collaudo di una risonanza magnetica alla azienda universitaria di Catanzaro e più di sei anni e mezzo tra l’acquisto e il collaudo alla azienda ospedaliera di Cosenza e più di cinque anni tra l’acquisto e il collaudo di due risonanze magnetiche all’Asp di Cosenza e tre alla’Asp di Reggio Calabria».

Quelle che emerge, dunque, che è «solo il 19% delle grandi attrezzature in uso in Calabria, dunque, non è obsoleto se si considera che un apparecchio complesso è tale già dopo cinque anni di anzianità».

Inoltre, «la regione Calabria, nel conto economico consolidato al IV trimestre 2021, presenta un risultato di gestione pari ad 26,596 milioni di euro. Con il conferimento di € 119 mln di euro (a titolo di aliquote fiscali, di “quota sociale” delle prestazioni socio-sanitarie presente sul Bilancio regionale 2021 e aggiornamento delle stime fiscali sulle manovre pregresse) il risultato di gestione al 31.12.2021 è pari a +146,001 mln di euro». In poche parole, significa che, considerando «le perdite pregresse al 31.12.2020, pari a -77,443 mln di euro, al 31.12.2021 residua un avanzo di gestione pari a 68,558 mln di euro. Questa sembrerebbe una buona notizia e tuttavia è necessario svolgere alcune considerazioni per leggere correttamente il dato», sottolinea la Corte dei Conti.

Questo perché la copertura del disavanzo «pregresso è stata possibile grazie a una maggiore disponibilità di risorse ottenute per la gestione della pandemia (oltre 251,911 milioni di euro); ma, soprattutto, è stata possibile grazie al ritardo degli interventi che avrebbero dovuto essere messi in atto per l’erogazione dell’assistenza sanitaria».

In sostanza, la Regione i soldi li ha, ma continua a fare debito inutilmente, con conseguente incremento dei costi finanziari.

Inoltre, è importante sottolineare come, per la prima volta, è stata svolta una indagine conoscitiva dalla sezione della Corte dei Conti sugli immobili rientranti nel patrimonio delle aziende sanitarie calabresi, ritenendo che un’attenta valorizzazione dell’ingente patrimonio immobiliare possa rappresentare un passo idoneo per avviare un corretto programma di risanamento.

Infatti, in base ai dati forniti dagli Enti, ci sono 363 apprezzamenti di terreno, o (per un’estensione pari a 4.888,62 are) con un valore di mercato pari a circa 10 milioni di euro; e di 69 fabbricati (per un totale di mq 22.322,00), con un valore di mercato pari a oltre € 11.000.000. Ciò è stato rilevato sono evidenti criticità nella gestione del patrimonio, per il cui esame dettagliato si rinvia alla relazione annessa al giudizio di parificazione. In questa sede sinteticamente si evidenzia che vi sono molti terreni già usucapiti o in corso di giudizio, immobili non accatastati, occupazioni abusive da parte di terzi, inutilizzo di immobili, mancati rinnovi contrattuali, e una non corretta iscrizione del valore dei canoni dei fitti attivi nel conto economico.

Per quanto riguarda, poi, la gestione dell’emergenza covid, la Corte dei Conti ha parlato di «un risultato sconfortante»: «Nonostante la Regione abbia ricevuto, negli anni 2020 e 2021, risorse finanziarie per oltre 251,911 milioni di euro, ad oggi – rileva la Corte dei Conti della Calabria – il 67% della somma (pari a euro 170,227 milioni di euro) non e’ stata ancora trasferita agli enti sanitari».

«Tale dato deve essere letto unitamente – si legge nel rapporto – allo stato degli interventi del piano operativo covid realizzati in Calabria, al 31 dicembre 2021: 12 posti letto in Ti rispetto ai 134 programmati e finanziati; 11 posti letto in Tsi rispetto ai 136 programmati e finanziati; 3 ambulanze rispetto alle 9 programmate e finanziate; nessuna area movimentabile, rispetto alle finanziate; nessun intervento di riorganizzazione e ristrutturazione dei Ps, rispetto ai 18 programmati e finanziati; nessuna rendicontazione da parte delle cinque aziende provinciali del Ssr in merito alle azioni intraprese per l’implementazione dei servizi di assistenza domiciliare integrata».

«La conclusione è evidente – si legge – anche nella gestione della pandemia, nonostante la presenza di cospicue risorse in cassa, il servizio sanitario ha prodotto debiti. Tale anomalia, per come chiarito anche dal Dipartimento della salute, scaturisce da altra ancora più grave: le spese sostenute dagli Enti sanitari per il contrasto del covid non sono state ancora dai medesimi Enti puntualmente rendicontate».

La Corte dei Conti, poi, ha preso atto delle dichiarazioni rilasciate dal commissario ad acta, Roberto Occhiuto,  in merito al quadro delle azioni per affrontare le criticità rilevate, spiegando che «sono stati istituiti gruppi di lavoro con l’ausilio della Guardia di Finanza per la ricognizione del debito; che è stato avviato il processo di circolarizzazione delle posizioni debitorie con l’apertura di una piattaforma e l’invio di 20.000 pec a tutti i fornitori del Ssr per poter concludere la ricognizione della massa debitoria 34 entro il 31 dicembre;; che sono state previste, nella manovra d’autunno, una serie di interventi per rendere più attrattivo il lavoro nel sistema sanitario calabrese; che sono stati avviati importanti investimenti del Pnrr; che è stato predisposto un piano per la dotazione delle tecnologie per ospedali».

Per quanto riguarda i Fondi Comunitari, la sezione «dà evidenza di un preoccupante ritardo nell’attuazione del Programma, che pone a rischio obiettivi di sviluppo e crescita, con conseguente potenziale perdita di risorse comunitarie. È necessario, perciò, dare impulso ed accelerare tutto il processo di spesa per scongiurare la perdita di importanti e significative risorse (rischio calcolato nella misura presunta del 9%),rilevanti per tutto il sistema economico calabrese. Occorre infine, intercettare tempestivamente le economie di progetto maturate o maturabili per riorientare risorse su Assi/azioni più performanti».

Quello che è emerso è un quadro preoccupante, che fa comprendere, ancora di più, quanto sia urgente intervenire sulla sanità calabrese a 360 gradi. Criticità e problemi che sono stati riconosciuti dal presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino, intervenuto al giudizio di parificazione della Regione Calabria. Carlino ha assicurato che «l’attenzione della Corte dei Conti è notevole, ovviamente noi faremo la nostra parte per venire incontro alle esigenze degli uffici calabresi».

Anche il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, ha assicurato che «laddove sono state rilevate incongruenze e disfunzioni, si agirà per porvi rimedio».

«Il Consiglio regionale – ha detto – non mancherà di riservare, nell’amministrazione delle risorse pubbliche, un supplemento di responsabilità. L’intenzione è di continuare ad avere con la corte dei Conti un dialogo di costante e leale collaborazione in ossequio ai principi di trasparenza, controllo e risparmio».

«Sono rilievi importanti – ha dichiarato Occhiuto – perché la Corte dei Conti dà contezza di quello che va fatto per migliorare i conti e la qualità dei servizi. Per cui, sono molto soddisfatto dell’esito del giudizio di parifica che per fortuna non produce conseguenze sui documenti contabili che abbiamo approvato, essendoci correzioni nell’ordine di 4 milioni di euro».

«Sono molto soddisfatto – ha proseguito Occhiuto – dell’esito del giudizio di parificazione, che per fortuna non produce conseguenze sui documenti contabili che abbiamo già approvato: ci sono delle piccole correzioni nell’ordine dei 4 milioni di euro, è andata molto meglio dell’anno scorso a esempio. Soprattutto abbiamo raccolto molte osservazioni che diventano una traccia di lavoro per il futuro. Il Rendiconto 2021 contiene in qualche modo la somma di tutte le questioni che si sono cristallizzate e stratificate nella Regione e che piano piano, attraverso risorse coraggiose e strutturali, dovremo affrontare e risolvere».

«Sono impegnato a rifondare un sistema sanitario che ho raccolto in macerie. Non sarà semplice – ha aggiunto Occhiuto – non sarà un’attività che concluderemo nell’arco di qualche settimana o di qualche mese ma sarà un’attività che concluderemo dimostrando che anche la sanità in Calabria può essere governata».

«Nei livelli essenziali di assistenza – ha rilevato – siamo ultimi. Ho detto che il fatto che oggi siamo in avanzo di amministrazione e che questo avanzo è dovuto al fatto che abbiamo riconciliato i conti degli anni precedenti con i ministeri vigilanti non è una buona notizia, perché significa che nelle casse delle aziende sanitarie e del sistema sanitario regionale ci sono le risorse e queste risorse non vengono spese, per cui credo che già dai prossimi giorni approfondiremo anche le questioni legate al governo delle aziende sanitarie e ospedaliere della nostra regione». (ams)

 

CON SCHILLACI MINISTRO DELLA SALUTE
LA CALABRIA ATTENDE SVOLTA SU SANITÀ

di GIACINTO GANCICon la nomina del nuovo ministro della salute di origini calabresi (e fiero di queste origini) Rettore dell’Università Tor Vergata di Roma, Orazio Schillaci, del governo Meloni forse è arrivato il momento per una svolta della cronica e drammatica situazione della sanità calabrese.

I malati calabresi si aspettano che, finalmente, è arrivato qualcuno che aggredisce i veri e conosciuti motivi della drammatica situazione della sanità calabrese.

La Calabria, infatti, è in piano di rientro sanitario fin dal 16 dicembre del 2009 per recuperare lo sforamento del riparto della sua spesa sanitaria ricevuto dalla Conferenza Stato-Regioni. E come se ciò non bastasse da quattro anni in Calabria sono commissariate dal Governo tutte e cinque le aziende sanitarie e i tre maggiori ospedali.

La cosa che avrebbe dovuto far riflettere è che nonostante questo totale e lungo commissariamento la spesa sanitaria calabrese non è stata sanata anzi negli ultimi anni (proprio quelli del totale commissariamento) il disavanzo annuo è perfino raddoppiato ed è triplicata la spesa sanitaria dei calabresi fuori regione arrivando alla stratosferica cifra di 329 milioni di euro annui. Quindi se i calabresi non amministrano la sanità calabrese da ben 12 anni e da quattro nessuna azienda sanitaria e ospedale e la spesa sanitaria continua a peggiorare vuol dire che ci deve essere qualche altro motivo alla base di questo peggioramento che non sia l’incapacità degli amministratori calabresi e visto che è oltremodo difficile che tutti questi commissari siano tutti degli incapaci.

E il motivo per cui la spesa sanitaria, e con essa le condizioni dei malati calabresi, continua a peggiorare c’è ed è nota ormai a tutti, ed è il fatto che la Calabria, dove ci sono molti più malati cronici che non nel resto del paese, arrivano dei fondi insufficienti per curarli perché il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni attuato da ormai più di 20 anni dalla Conferenza Stato Regioni penalizza la Calabria. Basta l’esempio dell’ultimo riparto (2021) che ha assegnato fondi alla Emilia Romagna di ben 400,5 euro pro capite in più della Calabria. Se la Calabria avesse ricevuto i fondi pro capite al pari della Emilia Romagna per ogni calabrese (i residenti in Calabria sono 1.947.000) avremmo ricevuto bel 779 milioni di euro in più solo nel 2021 e se questo riparto  fosse stato fatto così negli ulti mi 20 anni si capisce bene di quali cifre si tratta.

Ma la cosa grave è che questi fondi sono così ingiustamente insufficienti proprio per la Calabria che ha tra i suoi residenti molti più malati cronici per come hanno certificato sia Ministero dell’Economia prima e sia quello della Salute poi che hanno vidimato il Dca n. 103 del 30/09/2015 dell’allora commissario al piano di rientro Scura che con tanto di tabelle ha quantificato in 287.000 i malati cronici in più della Calabria rispetto a una pari popolazione di altri italiani. Da notare che ogni decreto dei commissari per essere valido deve essere vidimato prima dal Ministero dell’Economia che deve controllare la spesa sanitaria e poi da quello della Salute che deve controllare la sua validità sanitaria e questo fa comprendere la filosofia del piano di rientro sanitario che, proprio per questa filosofia, ha fatto altri gravi tagli alle già insufficienti risorse sanitarie impedendo ai calabresi di curarsi.

E il malato cronico che non si cura poi per potersi curare costa molto di più e si complica a tal punto che per potersi curare deve recarsi nei centri di eccellenza del nord Italia portando la spesa fuori regione ai 329.000 milioni di euro con ulteriore aggravamento della spesa e il perpetuarsi del piano di rientro. Quindi il piano di rientro non solo è sbagliato in quanto la Calabria ha speso di più non per spreco ma per i malati cronici che ha in più ma è stato esso stesso la causa del peggioramento sia della spesa sanitaria che delle condizioni dei malati calabresi con i suoi tagli (chiusura ospedali, riduzione posti letto, blocco turnover, tempi lunghissimi per le visite specialistiche etc..).  Cosa si aspettano allora i malati calabresi dal calabrese nuovo ministro della Salute? 

Che abbia il coraggio di chiudere con i commissariamenti del piano di rientro e che, cosa ancora più importante, modifichi il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni non più in base al criterio demografico attuale ma in base alla numerosità dei malati presenti in ogni regione che è il criterio primario che genera la spesa sanitaria. Il ministro potrebbe solo ampliare ciò che ha fatto la Conferenza Stato Regioni nel 2017 che pur modificando in tal senso solo in modo parziale, per come affermato dal suo presidente on. Bonaccini, il criterio di riparto dei fondi ha concesso ben 30 milioni di euro in più alla Calabria rispetto al 2016, se la modifica fosse stata intera i milioni sarebbero stati molti molti di più.

Ovviamente l’esperimento del 2017 non è stato ne ampliato a dovere ne ripetuto. Oggi sappiamo quanto costa curare una patologia cronica, sappiamo quante patologie croniche sono presenti in ogni regione per cui sarebbe semplicissimo ripartire i fondi in base ai bisogni reali delle popolazioni. Il Sig. Ministro Schillaci non è un politico ma un grande medico e quando è al capezzale di un malato sa quello che deve fare per guarirlo ebbene oggi è al capezzale della malata sanità calabrese siamo sicuri che saprà ciò che deve fare per guarirla. (gg)

[Hanno contribuito Bianca Rosa, Fabiano Esterina, Greco Antonietta, Muscolo Andrea, Nanci Giacinto, Rossi Carmelo, dell’Associazione Medici di Famiglia di Catanzaro]

Occhiuto: nessun ospedale perderà fondi. Basta fake news

Il presidente della regione ROberto occhiuto interviene a proposito delle dichiarazioni sulla perdita di risorse finanziarie per gli ospedali della Calabria. «Non facciamo confusione – ha detto.
«Da qualche giorno circola la fake news secondo la quale la Regione avrebbe deciso di tagliare finanziamenti Inail – previsti da un recente Dpcm del governo nazionale – per la ristrutturazione e l’ammodernamento di alcuni ospedali: Locri, Melito Porto Salvo, Castrovillari, Cetraro e Paola.
Chiariamo subito una cosa: nessuno di questi ospedali perderà un euro, anzi, forse qualcuno riuscirà ad avere di più. La Regione ha semplicemente razionalizzato e messo ordine tra le fonti di finanziamento disponibili.
Non per tutti, infatti, è possibile accedere ai fondi Inail, per il semplice motivo che questo istituto può intervenire solo per strutture di sua proprietà, quindi per edifici nuovi o avuti tramite un trasferimento di beni.
Per gli altri la Regione Calabria ha in pancia fondi statali (ex articolo 20) pari a circa 320 milioni di euro, che verranno programmati sulla base del quadro di riferimento strategico e delle priorità di intervento, anche in attuazione del quadro di riferimento normativo e programmatico del Pnrr.
Al riguardo, tutte le esigenze finanziarie che emergeranno dalla nuova programmazione della rete ospedaliera per adeguare i presidi di Locri, Melito Porto Salvo, Castrovillari, Cetraro e Paola verranno coperti dalle risorse statali disponibili».

A proposito dell’Ospedale di Palmi, Occhiuto ha voluto rassicurare gli abitanti della Piana. «Capisco  – ha dichiarato – l’esasperazione dei cittadini della Piana di Gioia Tauro, che da anni aspettano un segnale per la realizzazione di un ospedale che possa servire in modo adeguato una parte importante della Calabria.
Il mio governo ha trovato la situazione complessa che tutti conosciamo, ha accelerato le indagini ambientali, ha messo in campo Arpacal, e proprio oggi abbiamo avuto gli esiti finali di alcuni approfondimenti che adesso verranno esaminati in sede di Conferenza dei servizi.
Superati questi step si potrà passare all’approvazione del progetto definitivo e successivamente di quello esecutivo. L’ospedale di Palmi, queste le linee guida, avrà 339 posti letto e costerà poco meno di 160 milioni di euro.
Queste fasi richiederanno alcuni mesi, ma su questa battaglia sono determinato ad andare sino in fondo. Voglio che la Piana di Gioia Tauro abbia un ospedale degno di questo nome entro la fine del mio mandato, e mi batterò per raggiungere questo obiettivo». (aer)

NUOVE ASSUNZIONI E STABILITÀ IN SANITÀ
È LA “MANOVRA D’AUTUNNO” DI OCCHIUTO

Una politica per il personale del servizio sanitario della Calabria. È questa la Manovra d’autunno del presidente Roberto Occhiuto, che vuole essere «la prima traduzione pratica delle politiche che la Regione intende mettere in campo per accrescere in via immediata e strutturale, la dotazione di capitale professionale delle strutture sanitarie».

Una vera e propria manovra progettata nel corso dell’estate 2022, e che è stata predisposto da Azienda Zero, ente di governance della sanità calabrese, con la collaborazione del Dipartimento regionale Tutela della Salute, e che è stato illustrato dal commissario di Azienda Zero, Giuseppe Profiti.

Gli interventi previsti sono di due tipi: i primi, di carattere strutturale, «finalizzati a incrementare la dotazione di risorse professionali del sistema sanitario, in modo stabile e con effetti permanenti nel medio-lungo periodo», i secondi, invece, sono di carattere contingenti, «rivolti ad assicurare, nel breve periodo, risorse professionali aggiuntive da impiegare in modo flessibile per assicurare il mantenimento dei livelli dei servizi essenziali, in attesa degli effetti sul sistema generati dalle misure di carattere strutturale».

Tornando agli interventi strutturali, è previsto il consolidamento delle dotazioni di risorse professionali in essere nel 2022 attraverso l’avvio delle procedure di stabilizzazione del personale sanitario (comparto e dirigenza) e la copertura del turn over 2022 nella misura del 100%.

È previsto, anche, il reclutamento aggiuntivo delle figure professionali mediche e delle altre professioni sanitarie per le funzioni di emergenza ospedaliera e territoriale e per le specialità di elezione nelle aree maggiormente caratterizzate dalla mobilità passiva (cardiovascolare, oncologia, ortopedia, urologia).

Dunque, sono 2.589 le unità di personale del comparto, tra tecnici, OSS, infermieri, e 1.044 figure dirigenziali che sono coinvolti in questo processo di stabilizzazione, che saranno suddivise per la stabilizzazione di 740 unità del personale del comparto, mentre sono 135 le figure professionali. Per quanto riguarda il consolidamento del turn over e potenziamento delle funzioni di emergenza/elezione/territorio, è previsto per 1819 unità del personale del comparto e 909 unità di figure dirigenziali.

Tutto questo si svolgerà attraverso l’attivazione di procedure concorsuali a livello centrale di Regione Calabria con successiva assegnazione sulla base dei fabbisogni aziendali; attivazione di procedure concorsuali da parte delle singole aziende sulla base di linee guida di indicazione regionale; attivazione di procedure concorsuali da parte delle aziende (procedura di autorizzazione con silenzio/assenso).

Per quanto riguarda le procedure consorsuali a livello aziendale di consolidamento e stabilizzazione e la procedura consorsuale unitaria a livello regionale per figure professionali funzione emergenza, queste saranno attivate entro ottobre 2022, mentre in una finestra che va da ottobre a dicembre 2022, saranno attivate quelle a livello aziendale per figure professionali e fabbisogni specifici finalizzati al potenziamento delle attività.

«Gli interventi di carattere straordinario – si legge nel dossier – previsti nella manovra d’autunno hanno lo scopo di salvaguardare i livelli dei servizi essenziali scemando, in quanto a rilievo e portata, al crescere degli effetti dalle procedure di reclutamento ordinarie».

Due gli obiettivi da raggiungere: diversificare i livelli di remunerazione dell’attività lavorativa resa all’interno delle funzioni sanitarie quali l’urgenza/emergenza e altri settori critici (anestesia e rianimazione, terapie intensive); diversificare e accrescere i canali di reclutamento delle figure professionali attraverso il ricorso a: Figure mediche in formazione specialistica compatibilmente ai vincoli previsti dalla normativa vigente; Figure medico specialistiche in possesso di qualifica professionale conseguita all’estero.

Una novità importante, è la proposta di legge che prevede delle indennità aggiuntive, che possono arrivare fino a 100 euro l’ora, che saranno destinate ai medici dell’emergenza urgenza, anestesia e rianimazione, terapie intensive.

A rafforzare questa manovra d’autunno, la recente proposta di legge inerente le prestazioni aggiuntive dei medici, che è stata approvata in Commissione Sanità, presieduta dal consigliere regionale Michele Comito.

La proposta di legge, che porta la firma della consigliera regionale Pasqualina Straface, è un provvedimento normativo che affiancherà gli altri contenuti nella cosiddetta “manovra d’autunno” illustrata dal governatore Roberto Occhiuto – in qualità di commissario ad acta, unitamente al Dipartimento della Salute – che porterà a circa 3.500 stabilizzazioni nel comparto sanitario tra medici, infermieri, oss e figure dirigenziali.

L’obiettivo della legge è quello di garantire i livelli essenziali di assistenza nelle unità operative di Anestesia e Rianimazione e nei Pronto soccorso ospedalieri prevedendo misure straordinarie finalizzate anche a ridurre il ricorso alle esternalizzazioni nel reperimento del personale medico per le prestazioni aggiuntive.

«Lo stanziamento ha una previsione di spesa importante nei tre anni – ha spiegato Comito entrando nel dettaglio dell’articolato normativo – per permettere ai medici, che lo vorranno, di effettuare prestazioni aggiuntive in quei reparti che si trovano maggiormente in difficoltà. In tal modo saremo in grado di garantire una presenza prolungata, rispondendo al contempo alle istanze provenienti dagli stessi medici».

La legge inoltre prevede la possibilità di impiego anche per gli specializzandi dell’Università di Catanzaro che prestano già servizio con contratto a tempo determinato.

«Le misure messe in campo dalla Regione Calabria – ha proseguito il consigliere Comito – ci permetteranno di avviare quel rilancio tanto atteso da tutti i calabresi. Per farlo, il primo passo da compiere è proprio quello di puntare sulle risorse umane. E lo faremo non soltanto con le stabilizzazioni, ma anche con i nuovi concorsi per postazioni a tempo indeterminato, grazie ai quali potremo contare su un incremento di dotazione organica all’altezza dei bisogni dell’utenza».

«Su questo non possiamo non rilevare come il presidente Occhiuto – ha concluso – stia dimostrando un netto cambio di passo e di approccio ai problemi, improntato su quel pragmatismo che è il segno distintivo di questa amministrazione regionale».

Insomma, un pacchetto ambizioso quello presentato dal commissario ad acta, che vuole risollevare e far rinascere la sanità calabrese, e che arriva subito dopo l’importante accordo siglato con la Guardia di Finanza volto a «rafforzare la collaborazione tra le parti ai fini dello svolgimento delle attività dirette al contrasto delle violazioni in danno degli interessi economici e finanziari connessi all’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario».

«In questi mesi le Aziende sanitarie provinciali e le Aziende ospedaliere, con il supporto di Azienda Zero, hanno lavorato per perseguire un grande obiettivo: siamo al rush finale, ed entro la fine del 2022 vogliamo sapere l’entità del debito della sanità calabrese, per poter tracciare finalmente una linea, ripianare i creditori e ripartire con un governo della sanità che possa mettere in campo anche programmazione e investimenti», ha spiegato Occhiuto in conferenza stampa.

«Avevo detto ancor prima di diventare governatore che avrei chiesto, per questa impresa – ha ricordato il Governatore – il contributo fattivo della Guardia di Finanza, e ringrazio il Corpo per la sensibilità istituzionale dimostrata e per la disponibilità a questa per noi fondamentale collaborazione».

«La Guardia di Finanza avrà carta bianca nell’affiancarci in questa operazione – ha concluso – chi deve avere crediti è bene che si faccia avanti, e la Regione corrisponderà quanto dovuto, ma pretendiamo trasparenza e non ci saranno tempi supplementari. Anche su questo tema in Calabria la musica è cambiata». 

Occhiuto incontra il presidente dell’Ordine dei Medici Anelli

Il commissario ad acta e Presidente della Regione Roberto Occhiuto ha incontrato a  Roma il Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, la Fnomceo, Filippo Anelli, per trovare soluzione alla carenza di personale.

 Una presa d’atto della situazione di estrema emergenza, anche a causa della carenza di personale, nella quale versa la sanità calabrese, circostanza che ha spinto la Regione ad intervenire con misure eccezionali per il reclutamento immediato, ma provvisorio, di medici provenienti da altri Paesi.

Un impegno a lavorare, ciascuno per la sua parte, per tentare di modificare – dialogando con il nuovo governo e il nuovo Parlamento – la norma di legge che prevede, per l’impiego di medici provenienti da Paesi extra-UE, una deroga per il riconoscimento dei titoli.

Prevedere per tutti i professionisti che esercitano sul nostro territorio l’iscrizione – con iter da individuare per i camici bianchi extracomunitari – agli Ordini italiani, in modo da non avere un doppio binario e una situazione di disparità tra i medici. 

«Ringrazio il Presidente Anelli per il proficuo e positivo confronto odierno – ha affermato Occhiuto –, denso di proposte e che si è chiuso con l’individuazione di una strategia condivisa per affrontare i problemi della sanità calabrese e della carenza di personale sanitario, che non riguarda solo noi ma tutto il territorio nazionale».

«La Regione Calabria – ha spiegato – nel sottoscrivere un accordo per un distacco transnazionale con il governo cubano ha rispettato, avendo come stella polare il bene dei calabresi e il loro diritto alla cura, la legislazione vigente e le deroghe concesse per valutare i titoli e le competenze dei professionisti extra-UE che ci daranno una mano, in via emergenziale, nei prossimi mesi».

«Circostanze di questo tipo – ha proseguito – stanno avvenendo anche in altre Regioni, e potrebbero continuare a replicarsi in futuro».

«Proprio per questa ragione – mentre andremo avanti con l’intesa con Cuba – condivido la necessità  – ha detto ancora Occhiuto – di intervenire affinché in futuro anche i professionisti extracomunitari che prestano servizio momentaneamente nel nostro Paese possano avere la possibilità, con le modalità che andranno individuate, di iscriversi agli Ordini dei medici italiani».

«Allo stesso tempo  – ha concluso – occorrerà intervenire per snellire le procedure di reclutamento dei medici italiani, in modo da colmare almeno in parte la carenza di personale nei nostri sistemi sanitari».

«Abbiamo apprezzato la sensibilità dimostrata dal Presidente Occhiuto nel prendersi a cuore la questione della carenza di medici specialisti in Calabria – ha affermato Anelli – e nel voler trovare una soluzione emergenziale, utilizzando tutte le risorse possibili».

«Da parte nostra – ha aggiunto – abbiamo in più occasioni espresso le nostre preoccupazioni per la sanità calabrese, diventata purtroppo paradigma delle disuguaglianze di salute nel nostro Paese. Ma abbiamo chiesto che la legge sia uguale per tutti, e che gli Ordini possano garantire l’esercizio della professione di tutti i medici che esercitano sul territorio italiano».

«Abbiamo, quindi – ha concluso – condiviso con il Presidente Occhiuto la necessità di una modifica della normativa, che preveda esplicitamente il requisito dell’iscrizione ai nostri Albi anche per i medici extra-UE che esercitino temporaneamente in Italia». /rrm)

Occhiuto: nuove regole per i bandi di assunzione dei medici in Calabria

Presto nuove regole per bandi – afferma il presidente della Regione Roberto Occhiuto –, ma l’accordo con Cuba era necessario, una sola vita salvata per un medico in più in un ospedale vale più di mille polemiche

«Da quando sono commissario alla sanità in Calabria – ha detto Occhiuto – ho dato mandato di fare tutti i concorsi a tempo indeterminato. Ci sono ancora procedure a tempo determinato perché quando si tratta di affrontare la carenza di personale in emergenza a volte i commissari fanno delle manifestazioni di interesse per cercare medici che possano essere utilizzati nell’immediato, ovviamente i tempi dei concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato sono molto più lunghi. Abbiamo fatto decine di concorsi e di avvisi, ma non sono arrivate le risposte che auspicavamo: pochissimi candidati che poi non si presentavano alle prove, procedure andate deserte, tantissimi posti rimasti vuoti, vincitori che poi si rifiutavano di prendere servizio. Ne cito alcuni. Presso l’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria abbiamo indetto un concorso per 8 posti a tempo indeterminato in Medicina Chirurgia Accettazione Emergenza: tutti i candidati non erano in possesso dei requisiti richiesti nel bando. Sempre Presso l’Asp di Reggio Calabria abbiamo fatto un concorso per posti a tempo indeterminato in Anestesia e Rianimazione: i candidati non si sono presentati alle prove.

All’Asp di Vibo Valentia abbiamo indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura a tempo pieno ed indeterminato di 3 posti di Dirigente Medico: concorso andato deserto. E sono decine e decine i casi simili. Stiamo comunque lavorando da settimane anche a nuove regole per i bandi, per renderli più attrattivi utilizzando tutte le leve contrattuali previste dalla normativa vigente. Presenteremo questi nuovi concorsi tra un paio di settimane. Ma nel frattempo non potevo stare con le mani in mano. Dovevo cercare tutti gli strumenti possibili per garantire ai calabresi il diritto alla salute e per scongiurare la chiusura di reparti o addirittura di ospedali. Per questo ho voluto l’accordo con i medici cubani: una sola vita salvata per un medico in più in un ospedale vale più di mille polemiche». (rcz)

In Calabria impossibile assumere specializzandi nella Sanità (in crisi)

Sanità in Calabria: il presidente della Regione Roberto Occhiuto, commissario ad acta per la sanità,  stigmatizza: troppi paletti per assumere giovani specializzandi. «Secondo Anaao Assomed e Anaao Giovani in Calabria – ha detto il Presidente Occhiuto – ci sono ‘oltre 500 medici specializzandi, con un know-how di conoscenze già integrate nel Ssn, che sarebbero ben lieti di lavorare stabilmente’. Ma purtroppo questi giovani non possono essere tutti assunti dalle strutture del sistema sanitario regionale.

«La nostra Regione, nei mesi scorsi, grazie ad accordi specifici con le Università di Catanzaro, di Messina e di Roma Tor Vergata, ha assunto decine di medici specializzandi del terzo, quarto e quinto anno, ma le maglie abbastanza strette della legislazione vigente non ci permettono di sopperire solo con questi innesti alla carenza di personale dei nostri ospedali. E non è vero che i 500 medici di cui parlano Anaao Assomed e Anaao Giovani sono tutti assumibili, anzi è esattamente il contrario: solo pochi di loro possono essere reclutati.

Il decreto Calabria (art. 1, c. 547 ess., I. 145/2018), infatti, ci dà l’opportunità di coinvolgere i nostri giovani, ma il successivo accordo quadro, emanato con D.I. n. 1276 del 10.12.2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 20.04.2022, disegna la cornice all’interno della quale le Regioni possono operare. In particolare gli specializzandi possono essere assunti a partire dal terzo anno solo ed esclusivamente nei presidi sanitari che risultano accreditati come strutture formative collegate per le diverse Scuole di Specializzazione.

A tal proposito è necessario che queste strutture posseggano definiti volumi assistenziali. Il collegamento di una Scuola di Specializzazione con le strutture ospedaliere si basa su precisi criteri stabiliti dal DI 402/2017 ed è una scelta delle singole Scuole di Specializzazione. Proprio per questo motivo solo alcune delle strutture del sistema sanitario regionale possono fare parte della rete formativa. E solo queste possono assumere i medici in formazione con contratto a tempo determinato e per un monte orario ridotto (per tanti ospedali è, dunque, impossibile accedere a queste opportunità). Infine – ma forse è l’aspetto più importante – bisogna rispettare il vincolo disciplinare d’interesse: ad esempio, chi è iscritto alla scuola di igiene deve essere assunto da un Dipartimento di prevenzione, non può trovare impiego nei pronto soccorso o in altri reparti, chi è iscritto alla scuola di cardiologia può lavorare solo in un reparto di cardiologia, e così via.

Da come scrive Anaao sembrerebbe, invece, che in Calabria sia presente una flotta di specializzandi da poter assumere nell’immediato e da mandare in qualsiasi reparto di qualunque presidio ospedaliero. Non è così. Insomma, assumere gli specializzandi non è bere un bicchier d’acqua come qualche sindacalista vorrebbe far credere. Ed è anche per questo che abbiamo deciso di firmare l’Accordo di cooperazione con i medici cubani. Ovviamente si tratta di un’intesa emergenziale, e ci auguriamo che il prossimo governo possa intervenire celermente per semplificare il quadro normativo e permetterci nuove e cospicue assunzioni. La Calabria, in questo momento, non ha un problema di deficit, potrebbe assumere subito fino a 2mila medici, ma ha le mani legate». (rrm)

È CRONICA LA MANCANZA DI POSTI LETTO
IN CALABRIA LA SANITÀ È SOTTOFINANZIATA

di GIACINTO NANCI – Il giornale radio regionale delle ore 12 del 22 luglio 2022 di Rai Tre ci ha informato che la saturazione dei posti letto in area non critica occupati da malati covid in Calabria è salita al 33,3% in area arancione e che ciò è dovuto ai turisti giunti nella nostra regione e che si sono contagiati con il covid. 

Una notizia del genere assolutamente non vera contribuisce ad allontanare la comprensione dei veri motivi della disastrosa condizione della sanità calabrese e, quindi, della sua soluzione. 

Il vero motivo per cui siamo la regione con la percentuale più alta di saturazione dei posti letto è che in Calabria i posti letto sono cronicamente insufficienti. La saturazione in media più alta delle altre regioni, nonostante che la percentuale dei contagi covid da noi è la più bassa in assoluto, è stata sempre presente anche nelle altre ondate di pandemia e lo era già in questa ondata già prima dell’arrivo dei vacanzieri. La domanda vera è come mai abbiamo meno posti letto delle altre regioni? 

La risposta è che la Calabria è la regione che ha il suo sistema sanitario sottofinanziato da più di 20 anni a questa parte ed è la regione che da ormai 12 anni è sottoposta al giogo del piano di rientro sanitario che impone e ha imposto tagli alla spesa sanitaria con la chiusura di una diecina di ospedali e la riduzione proprio dei posti letto ospedalieri. Per rendere chiaro quanto finora scritto basta un semplice confronto con la regione Emilia Romagna, che è l’esatto opposto della Calabria. 

Infatti, ogni abitante della regione Emilia Romagna ha avuto nell’ultimo riparto dei fondi sanitari alle regioni un finanziamento pro capite di 400.5 euro in più di ogni calabrese. 

Se la Calabria avesse avuto lo stesso finanziamento pro capite dell’Emilia Romagna avremmo ricevuto ben 779.773.500 in più di quanto avuto. E, se si considera che questo ingiusto metodo di finanziamento sanitario alle regioni dura da più di 20 anni e che l’imposizione del piano di rientro alla Calabria nel lontano 2009 è stato fatto per un presunto deficit di due miliardi e duecento milioni di euro, si può concludere che, con un giusto finanziamento, avremmo potuto chiudere il piano di rientro nel giro di tre anni o non farlo imporre del tutto.

Ed è questo il vero motivo per cui la Calabria con 319 ricoveri di malati covid ricoverati nei reparti ordinari si trova al 33,3% di saturazione dei posti letto covid e invece l’Emilia Romagna con 1760 si trova al 19.6%. L’Emilia Romagna ha solo il 19,9% di saturazione dei posti letto con un numero di ricoverati covid 5,5 volte superiore alla Calabria, con una percentuale di contagi covid del 38,5% sempre maggiore della Calabria che ha il 25% e con una popolazione solo poco oltre due volte quella della Calabria. Inoltre, l’Emilia Romagna ha la possibilità, in caso di necessità, di attivare fino a 9001 posti letto covid mentre la Calabria puo’ arrivare a 957, l’Emilia può, quindi, attivare posti letto oltre nove volte la Calabria pur avendo una popolazione poco oltre due volte la nostra. 

Tutto questo nonostante che la Calabria è la regione con una percentuale di malattie croniche (e quindi di necessità di finanziamenti e cure maggiori) molto più alta della media italiana per come risaputo dal governo nazionale i cui ministeri dell’Economia e della Salute hanno vidimato il DCA n. 103 del lontano 30/09/2015 dell’allora commissario Scura che con tanto di tabelle calcolava in 287.000 malati cronici in più della media italiana. Cosa fare allora? Ognuno per la sua parte dobbiamo prendere coscienza che il vero male della sanità calabrese è il suo grave e ultraventennale sottofinanziamento aggravato dall’ingiusto, dannoso e perfino beffardo piano di rientro sanitario con il commissariamento e i suoi tagli alla spesa sanitaria.

Ad aggravare il tutto vi è il fatto che i governi nazionali hanno commissariato da ormai 5 anni tutte le aziende sanitarie calabresi e perfino i tre nostri maggiori ospedali. La domanda che tutti ci dovremmo porre è come mai, dopo 12 anni di commissariamento regionale e 5 anni delle ASP e degli ospedali, il deficit invece di azzerarsi continua ad aumentare e continua ad aumentare la spesa dei calabresi per le cure fuori regione che ha raggiunto la stratosferica cifra di 329.000 milioni di euro?

Tutti questi commissari non sono certo degli incompetenti, il vero motivo è quindi il grave sottofinanziamento e i tagli proprio del piano di rientro per cui amministratori, politici, operatori della sanità, sindacalisti, associazioni e anche i giornalisti dobbiamo concorrere a far si che vengano chiusi i commissariamenti e che il riparto dei fondi sanitari alle regioni venga fatto non in base alla demografia (età) e costi standard ma in base alla numerosità delle malattie presenti nelle varie regioni. 

Per cui dobbiamo spingere il governatore Occhiuto a dimettersi da commissario e di andare al prossimo tavolo di riparto dei fondi sanitari alle regioni battendo i pugni sul tavolo e bloccare qualsiasi riparto che non preveda un giusto finanziamento sanitario alla Calabria visto che il voto alla Conferenza Stato Regioni deve essere alla unanimità. (gn)

SEMPRE IN PRIMA LINEA CONTRO IL COVID
PUR CON I TAGLI ALLA SANITÀ CALABRESE

Non è certamente quantificabile l’impegno e la dedizione che i medici, non solo in Calabria ma in tutta Italia, per tutta la pandemia hanno profuso per garantire assistenza a tutti, stando in prima linea di fronte a un nemico inizialmente sconosciuto. Nella nostra regione, poi, dove il sistema sanitario presenta problemi che sono giganteschi, i medici, gli infermieri, e tutto il personale sanitario ha fatto un vero e proprio miracolo, garantendo, con i pochi mezzi a disposizione e le criticità persistenti, assistenza continua ai calabresi.

E, proprio sulle criticità rilevate sul sistema sanitario calabrese, l’Associazione Medici di Famiglia di Catanzaro ha voluto dare i propri suggerimenti ed evidenziare i problemi a cui hanno dovuto far fronte i medici di famiglia.

«Mentre i medici di famiglia – spiega l’Associazione in una nota – erano in prima linea a combattere il covid la dirigenza Asp, invece di attivarsi a limitare i contagi e diminuire i morti per covid, ha trovato il tempo di spendere energie “burocratiche” nel controllo di chi combatteva il virus. L’Asp ha, inoltre, pensato, sempre durante la pandemia, ma poi ci ha ripensato, di trasferire ai medici di famiglia funzioni burocratiche di altre unità operative come la prescrizione dei presidi per i diabetici».

MediAss ha rilevato che «un altro fattore che ha aggravato il lavoro del medico di famiglia è stata la netta diminuzione dei ricoveri degli assistiti MediAss passati dai 100 del 2019 ai 42 del 2020. I medici MediAss hanno dovuto gestire a casa circa 58 pazienti che avrebbero necessitato il ricovero ospedaliero. Tutta questa maggiorazione di lavoro i medici MediAss lo hanno dovuto fare senza l’ausilio degli esami di laboratorio e strumentali, infatti nel 2020 ne sono stati prescritti solo 17310 (e molti neanche eseguiti) ben il 52% in meno rispetto ai 35490 del 2019».

«E, come se tutto questo non bastasse – si legge – i medici di famiglia hanno dovuto curare i propri assistiti, durante la pandemia, con meno farmaci 32535 (il 13,5% in meno) rispetto ai 37316 del 2019, perché il commissario al piano di rientro sanitario calabrese Cotticelli, invece di impegnarsi nella lotta contro il coronavirus (infatti dei suoi innumerevoli decreti emanati durante la pandemia solo uno fa riferimento al covid) ha trovato il tempo di emanare il 6 marzo 2020 il decreto n. 63  ..”azioni di contenimento della spesa farmaceutica…” che in pratica toglie i farmaci ai malati calabresi. L’assunto di questo decreto è che la Calabria consuma il 14,6% di farmaci in più della media italiana».

«Questo assunto sarebbe logico – hanno spiegato – se il numero dei malati calabresi e delle loro malattie fosse sovrapponibile alla media italiana ma si da il caso che in Calabria ci sono proprio il 14,5% di malati cronici in più del resto d’Italia per come certificato dal commissario Scura (predecessore di Cotticelli) con il suo decreto n. 103 del 15/09/2015. Il commissario Cotticelli quindi, proprio durante la pandemia, con questo decreto ha posto delle limitazioni alla prescrivibilità di molti farmaci per le patologie croniche più diffuse, raggiungendo il suo obiettivo risparmiando proprio il 13,5% di spesa farmaceutica, ma impedendo una corretta cura dei malati calabresi esponendoli, proprio perché impossibilitati a curarsi bene alle conseguenze di una eventuale infezione di coronavirus».

«Il commissario lo ha fatto applicando pedissequamente il piano di rientro sanitario – hanno spiegato i medici di famiglia – che lo “obbliga” a pensare solo al risparmio anche durante la pandemia, anche se sa che il malato cronico che non si cura bene peggiora si complica e poi per poterlo curare bisogna spendere molto di più proprio come lo dimostra il fatto che dopo 10 anni di piano di rientro il deficit sanitario della regione Calabria invece di diminuire è raddoppiato raggiungendo 160 milioni di euro, e anche se sa che a parità di patologia in Calabria si muore prima che non nel resto d’Italia e anche se sa che dopo 10 anni di piano di rientro, per la prima volta nella storia della Calabria l’aspettativa di vita invece di aumentare è diminuita».

«Tutti questi dati – hanno evidenziato – indicano che il medico di famiglia è stato, anche in questa pandemia, un punto di riferimento, uno dei pochissimi, per gli assistiti dando loro assistenza qualificata infatti gli studi MediAss sono stati sempre aperti, e dalle ore 8 alle ore 20  uno di essi è stato sempre a loro disposizione nonostante che abbiamo ricevuto solo scadenti mascherine e in numero quanto la conta delle dita di una mano e i tamponi ci sono stati fatti a partire dall’11 giugno 2020».

«L’assistenza, anche in sostituzione delle visite specialistiche, con pochi esami, con pochi ricoveri e meno farmaci è stato possibile farla grazie alla qualità dei dati archiviati nel server MediAss legata ad una forma di teleassistenza (ricette telematiche, telefono, email, sms, whatsapp ) e i deceduti nel 2020 sono stati gli stessi del 2019».

L’Associazione, infatti, composta da sette medici di famiglia, cura oltre 10mila catanzaresi e, attraverso la piattaforma Medico ricercatore Healt Search – utilizzata da altri mille medici d’Italia – hanno potuto estrarre i dati dei loro assistiti per verificare la qualità dell’assistenza durante il covid.

«I dati estratti sono dal 01/03/2019 al 31/05/2019 confrontati con quelli dal 01/03/2020 al 31/05/2020 – hanno spiegato – Abbiamo estratto le prescrizioni dei seguenti indicatori: accessi (per accesso si intende che il medico apre la cartella clinica di un assistito e compie in essa un atto medico), esami ematochimici e strumentali, visite specialistiche, terapie farmacologiche, ricoveri ospedalieri, assistiti deceduti e numero delle telefonate al numero fisso confrontandole con quelle dello stesso periodo del 2019. Per ogni indicatore il primo numero si riferisce al 2019 e il secondo al 2020. Accessi 26.344 verso 20.371, esami 35.490 verso 17.310, visite specialistiche 5.016 verso 1.764, terapie 37.316 verso 32.535, ricoveri 100 verso 42 decessi 8 verso 8 e le telefonate 12.026 verso 21.252».

«Da questi dati si evince che la somma degli accessi e delle telefonate degli assistiti con i medici Mediass è superiore nel periodo della pandemia (20371+21252) 41623 verso (26.344+12.026) 38370 del 2019 e se a questi accessi si aggiungono quelli via email, sms e whatsapp (tutti in naturale aumento durate la pandemia) si può concludere che gli accessi dei medici Mediass con i propri assistiti durante la pandemia è nettamente aumentato». 

«Un secondo dato che dimostra un maggiore lavoro del medico di famiglia durante la pandemia – viene spiegato ancora – è la forte diminuzione delle visite specialistiche prescritte durante la pandemia 1764 (e di queste la gran parte neanche eseguite) rispetto alle  5016 del 2019. Una diminuzione del 65% per cui il medico di famiglia ha dovuto fare il monitoraggio dei malati cronici e gestire le loro riacutizzazioni in prima persona. E, visto che la prescrivibilità delle visite specialistiche era solo in modalità “urgente,” la dirigenza Asp ha creduto bene di verificare se l’apposizione dell’urgenza fatta dai medici di famiglia era appropriata per eventuali contestazioni agli stessi».

«L’associazione MediAss, molti anni fa – ha concluso l’Associazione – aveva già proposto alla Asp (e la vorremmo riproporre) una “unità di cure primarie telematica” che in questa occasione sarebbe stata in grado di attivare quei settori oggi rimasti in disparte per la lotta contro il coronavirus». (rrm)

CON IL CIS SANITÀ NASCONO IN CALABRIA
LA CASA E L’OSPEDALE DELLA COMUNITÀ

di FILIPPO VELTRI – Anche la Regione Calabria ha di recente stipulato con lo Stato il Cis (Contratto Istituzionale di Sviluppo) per la realizzazione del piano sanitario predisposto dal presidente della regione nonché commissario ad acta, Roberto Occhiuto.

Sulla base delle prescrizioni dettate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sono previste Case della Comunità, Ospedali di Comunità e Centrali Operative Territoriali (C.O.T.).

Si recepisce un caposaldo essenziale indicato dall’Europa. E cioè, il passaggio da un concetto “ospedalocentrico” dell’assistenza sanitaria ad una nuova filosofia che vede al centro il paziente, soprattutto quello fragile, anziano e con malattie croniche.

La Casa della Comunità (CdC) è il luogo fisico di riferimento per la comunità nella quale la stessa si colloca. Un luogo di prossimità e di facile individuazione dove la comunità può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria al fine di trovare risposta ad un proprio bisogno di salute. La CdC introduce un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare attraverso un’équipe multiprofessionale territoriale.

«Costituisce la sede privilegiata per la progettazione e l’erogazione di interventi sanitari, tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali, nel pieno rispetto del principio di prossimità».

Alle Case della Comunità sono ricomprese tutte le aggregazioni dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di Libera Scelta, avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente; alle Case della Comunità accederanno anche gli specialisti ambulatoriali.

Standard di personale per una Casa della Comunità: 7-11 Infermieri, 1 assistente sociale, 5-8 unità di Personale di Supporto, (Sociosanitario, Amministrativo).
La Centrale Operativa Territoriale (COT) è un modello organizzativo che svolge una funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e dialoga con la rete dell’emergenza-urgenza.

L’Ospedale di Comunità (OdC) è una struttura sanitaria di ricovero che afferisce alla rete di offerta dell’Assistenza Territoriale e svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri o di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni sociosanitari, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell’autonomia e più prossimi al domicilio.
Più specificamente, l’OdC assolve ai bisogni assistenziali dei pazienti: – anziani a rischio di non autosufficienza o temporaneamente non autosufficienti; – affetti da patologie croniche ad alto fabbisogno assistenziale, durante i periodi di riacutizzazione o nelle fasi post-acute; – oncologici e terminali (non affetti da immunodeficienza acquisita); – non sostenuti o con scarso supporto familiare, in alternativa all’assistenza domiciliare integrata; – in fase di pre-ospedalizzazione o di recupero successivo al momento acuto ospedaliero.
Sono garantiti gli esami diagnostici ed i supporti terapeutici di non elevata complessità tecnologica. L’attività di ricovero è svolta in regime h24 e h12.

L’OdC eroga prestazioni assistenziali avvalendosi dei medici di medicina generale, degli specialisti, del personale infermieristico, dei tecnici della riabilitazione e dei medici del Distretto socio-sanitario.
L’accesso è programmato ed avviene mediante specifica richiesta di ricovero formulata dal medico di medicina generale o dal medico ospedaliero, la quale deve essere rivolta al medico responsabile della struttura.

Standard di personale per 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto: 9 Infermieri, 6 Operatori Sociosanitari, almeno 1-2 unità di altro personale sanitario e un Medico per almeno 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7.
Come si vede, le strutture sanitarie di prossimità modificheranno radicalmente l’approccio verso il paziente, privilegiando la prevenzione delle malattie, soprattutto quelle croniche, ed evitando che gli ospedali sede di pronto soccorso siano congestionati con ricoveri impropri.

Un rapporto familiare tra la struttura di prossimità ed il paziente, ed innovazioni come la telemedicina favoriranno servizi sanitari immediati, la risoluzione di problemi con interventi a bassa intensità clinica e degenze non lunghe. Tutto questo farà sì che il personale della rete ospedaliera (hub, spoke, etc.) possa pianificare ed attuare gli interventi più complessi e difficili con maggiore tranquillità e raziocinio. (fv)