SCUOLA: DISABILITÀ, INCLUSIONE, RISORSE
MENO RETORICA, SERVONO PIÙ INTERVENTI

di GUIDO LEONEL’integrazione scolastica degli alunni con disabilità costituisce un punto di forza del nostro sistema educativo. La piena inclusione degli alunni con disabilità è un obiettivo che la scuola dell’autonomia in questi anni persegue attraverso una intensa e articolata progettualità, che spesso non ha trovato e non trova sul territorio riscontri in termini di disponibilità, risorse e strategie interistituzionali.

Anche perché nel nostro Paese durante gli ultimi  anni è stato operato un taglio significativo sui capitoli dell’istruzione, della sanità e del welfare. Gli effetti dei tagli e del federalismo fiscale sul diritto allo studio rischiano di fare imboccare alla scuola la via dell’”esclusione” ancor più se  l’autonomia differenziata non sarà fermata. 

I dati di ricerche e monitoraggi recentemente effettuati rivelano alcune criticità di non poco conto, dall’insufficiente assistenza in classe alla presenza di barriere architettoniche, dalla presenza di insegnanti di sostegno poco formati al servizio di trasporto non sempre garantito per cui servono cambiamenti urgenti.

Continuo aumento delle disabilità

Secondo i dati ministeriali gli alunni disabili presenti nel corrente anno scolastico negli istituti italiani di ogni ordine e grado statali sono 331.124, su una popolazione scolastica complessiva di 7.073.587 allievi, evidenziando un incremento di 19.923 unità rispetto all’anno precedente.

Anche in Calabria e nella Provincia di Reggio

Nelle classifica delle regioni italiane sui numeri della presenza degli allievi disabili  la Calabria si colloca al decimo posto con 10.755 unità ,791 allievi in più rispetto all’anno precedente; un incremento continuo come si può ben notare (erano 6.591 nel 2014/15; 6.457 nel 2013/14; 6.224 nel 2012/2013 ).

Nella nostra regione gli allievi in questione sono così distribuiti: nella scuola dell’infanzia 944, nella primaria 3.843, nella scuola media di primo grado 2.677, nelle scuole superiori 3.291.

Gli allievi portatori di handicap nelle scuole della provincia di Reggio Calabria sono in tutto 3.560  anni, così distribuiti: 245 nelle scuole dell’infanzia, 1.230 nella primaria, 854 nella media di primo grado, 1.231 nelle superiori.

Il dettaglio delle tipologie di disabilità

Il problema più frequente è la disabilità intellettiva che riguarda il 37% degli studenti con disabilità, quota che cresce nelle scuole secondarie di primo e secondo grado attestandosi rispettivamente al 42% e al 48%; seguono i disturbi dello sviluppo psicologico (32% degli studenti), che aumentano nelle scuole del primo ciclo, in particolare nella scuola dell’infanzia (57%).

Frequenti anche i disturbi dell’apprendimento e quelli dell’attenzione, ciascuno dei quali riguarda quasi un quinto degli alunni con disabilità, entrambi sono più diffusi tra gli alunni delle scuole secondarie di primo grado (rispettivamente il 26% e il 21% degli alunni). Meno frequenti le problematiche relative alla disabilità motoria (10,5%) e alla disabilità visiva o uditiva (circa 8%), con differenze poco rilevanti tra gli ordini scolastici. 

Il 39% degli alunni con disabilità presenta più di una tipologia di disabilità, questa condizione è più frequente tra gli alunni con disabilità intellettiva che, nel 54% dei casi, vive una condizione di pluridisabilità. 

Quasi un terzo degli studenti (28%) ha inoltre un problema di autonomia con difficoltà nello spostarsi. Analoga situazione è riscontrabile nella provincia di Reggio Calabria dove prevale la minorazione psicofisica. 

Rilevanti anche i numeri relativi ai disturbi specifici dell’apprendimento Dsa-Bes

Aumentano anche nelle statistiche i dati relativi ai disturbi specifici dell’apprendimento.

In effetti, dopo il ritardo mentale nella tipologia dei problemi degli alunni con disabilità risulta al secondo posto il disturbo specifico dell’apprendimento (Dsa), una sindrome che si manifesta con la difficoltà di imparare la lettura, la scrittura o il calcolo aritmetico nei normali tempi e con i normali metodi di insegnamento. Questa difficoltà, purtroppo, è sempre più spesso causa di diagnosi errate. In tutte le scuole elementari del Paese la dislessia viene diagnostica al 20% dei bambini che la frequentano, percentuale che non rispecchia la realtà e spesso i bambini si ritrovano dirottati su percorsi alternativi come portatori di una disabilità che non hanno.

Troppo spesso l’individuazione e il riconoscimento dei sintomi tardano: nella scuola secondaria di primo grado ,secondo i dati ministeriali,  il 4,2% dei ragazzi è affetto da Dsa, a fronte dell’1,6% nella primaria, del 2,5% nella secondaria di primo grado e del 2,1% totale nazionale. Ma a seguito del tardivo riconoscimento si complica nel frattempo il rendimento scolastico del bambino o del ragazzo affetto da Dsa, caricandolo così di ulteriori disturbi emozionali e comportamentali ma anche facendo crescere il disagio delle famiglie.

Riconoscere, perciò, precocemente i Dsa è fondamentale ma è necessaria  una formazione specifica del personale coinvolto, che offra gli strumenti adeguati per cogliere i primi segnali e d’ effettuare gli interventi opportuni. Nelle scuole italiane, però, ci sono anche studenti riconosciuti come Bes, ovvero che hanno Bisogni Educativi Speciali. Ovvero ragazzi e ragazze ai quali , si legge sul sito del Miur, «per motivi fisici , biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali , è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta». In questa categoria , ad esempio, rientrano gli studenti dislessici, disgrafici e discalculici , ma anche quelli con disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD).

In Calabria nelle scuole dell’infanzia si registra una presenza di alunni Bes dello 0,5%, nella primaria del 3,4%, nella scuola media del 5,4% , nelle scuole superiori del 4,0%.

Aumenta anche il contingente degli insegnanti di sostegno

Ma, aumenta, al contempo, il contingente dei docenti di sostegno: questa figura è molto importante non solo per il processo formativo dell’alunno disabile, ma anche per promuovere il processo di inclusione scolastica. Quasi 205.253mila, più 10.772 rispetto all’anno precedente, per  331.124 studenti disabili  Si prendono cura ogni giorno di bambini e ragazzi con i disturbi più disparati e mandano avanti la scuola italiana, contribuendo a realizzare quella che in Europa definiscono una eccellenza del sistema scolastico italiano. Certo non tutti i numeri sono positivi, nel senso anche che troppo docenti, almeno il 40% del totale, sono ancora precari.

In totale in Calabria risultano 8.260 posti di sostegno, più 1.658 rispetto all’anno precedente.

Discontinuità nel rapporto alunno-insegnante

Sempre dal report Istat per l’anno scolastico 2022/2023 la quota di alunni con disabilità che ha cambiato insegnante per il sostegno rispetto all’anno precedente è stata pari al 59,6%.  Il fenomeno è piuttosto stabile su tutto il territorio e sembra consolidarsi nel tempo, non si riscontrano, infatti, differenze rispetto al passato. 

Una quota non trascurabile di alunni (9%) ha, inoltre, cambiato insegnante per il sostegno nel corso dell’anno scolastico, anche in questo caso non si riscontrano differenze significative sul territorio e tra gli ordini scolastici.

L’area della docenza di sostegno , comunque, si presenta ancora con forti problematicità: ampia presenza di personale precario, non pochi incarichi conferiti a personale privo di titolo di specializzazione, turn over “selvaggio” dovuto al meccanismo di assegnazione annuale fuori organico (deroga). Ben vengano, dunque, proposte risolutive per aumentare, stabilizzare e qualificare detto personale.

Pochi gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione

In quasi tutti i casi di disabilità non siamo in presenza solo di problemi di natura apprenditiva e cognitiva  ma anche di una “materialità” delle cure educative da rivolgere ai disabili: bisogni fisici (deambulazione, pulizia, alimentazione), tempi più abbreviati di attenzione, mancanza di autonomia, esigenze di interazione tonico-affettiva continuativa, ecc. 

Ecco perché non si può ignorare l’esigenza di una presenza supplementare di personale:educatori, personale assistenziale. Si tratta però di risorse non facilmente disponibili. C’è infatti una scarsità di strumenti e ausili adeguati.

Gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione che affiancano gli insegnanti per il sostegno sono più di 68mila, di questi il 4,5% conosce la lingua italiana dei segni (Lis). Sono operatori specializzati, finanziati dagli enti locali, la cui presenza è finalizzata a migliorare la qualità dell’azione formativa, facilitando la comunicazione e l’interazione dello studente con disabilità e stimolando lo sviluppo delle sue abilità nelle diverse dimensioni dell’autonomia. 

A livello territoriale sono ancora ampi i divari nella disponibilità di assistenti all’autonomia: a fronte di un valore medio di 4,4 alunni per assistente, nel Mezzogiorno il rapporto sale a 4,7,in Calabria è del 4,5.

E, poi, le criticità strutturali e infrastrutturali rilevate dall’Istat

Una fotografia più dettagliata sulle criticità del pianeta disabilità nel nostro sistema scolastica  la propone sempre l’Istat nel suo consueto e recente rapporto annuale, pubblicato qualche mese addietro e  relativo all’anno scorso.

Nel Mezzogiorno vi è ancora la percentuale più bassa di scuole che possiedono le scale a norma. Ed in particolare la Calabria è quella che è la più deficitaria, tra le ultime, che ha i valori in assoluto più bassi nella scuola primaria per quanto riguarda le scale, i servizi igienici, i percorsi sensoriali interni ed i percorsi esterni, le mappe a rilievo e i percorsi tattili. Lo stesso differenziale territoriale anche per la scuola secondaria di primo grado, pur penultima nella classifica delle regioni. Le scuole non accessibili per barriere fisiche sono il 48,3%, quelle senza mappe a rilievo per ciechi/ipovedenti il 79,3%,che non dispongono di segnalazioni visive per sordi il 67,6%.

Si confermano, rispetto all’anno precedente, invece i dati relativamente alle presenza di postazioni informatiche nelle scuole di ogni ordine e grado destinate alle persone con disabilità  della Calabria  l’ottava regione italiana con il 74,6%  a fronte di una media italiana del 73%

Le postazioni informatiche adattate all’inclusione scolastica sono situate prevalentemente in laboratori dedicati  per il 58,5%, meno frequente la presenza di postazioni nelle classi di alunni con disabilità il 44,0% mentre la percentuale della loro presenza in aule specifiche per il sostegno è del 33,8%.

La Calabria si conferma sotto la media nazionale (67,5%) nel totale delle scuole  di ogni ordine e grado  per l’utilizzo da parte degli insegnanti di sostegno della tecnologia per la didattica speciale pari al 52,7%.

Tuttavia, viene rilevato nel report Istat, un contributo importante alla rimozione di queste barriere potrà avvenire con la realizzazione dei progetti finanziati con fondi Pnrr per rendere innovativi, sostenibili, sicuri e inclusivi tutti gli edifici pubblici adibiti a scuole, avviati a partire dal 2024.

Le esigenze di cambiamento e innovazione

Per l’inclusione scolastica ci sono una serie di ritardi e di lacune che non facilitano il percorso cominciato nel nostro Paese mezzo secolo fa frutto di scelte culturali, politiche e legislative lontane nel tempo, che hanno fatto del modello inclusivo la linea portante del nostro sistema scolastico. Non va dimenticato che  il modello italiano di inclusione degli alunni con disabilità è un unicum nel mondo e va difeso e valorizzato.

 Molte sfide sono ancora aperte e che vanno decisamente affrontate dalla  mancanza di programmazione tempestiva dei posti di sostegno e delle supplenze, alla  formazione, alla pedagogia inclusiva rivolta ai docenti delle materie disciplinari non sufficiente, alle  norme chiare sulla continuità didattica e sull’istituzione di una apposita classe di concorso per il sostegno, alla  delega del progetto inclusivo dell’alunno con disabilità da parte dei docenti curriculari ai soli colleghi del sostegno.

La seconda grande questione che rischia di mettere a rischio un modello di inclusione efficace risiede nel fatto che un terzo degli insegnanti (67 mila) non sono specializzati. L’inclusione si fa con personale stabile e adeguatamente formato, a cui vanno certamente forniti gli ausili necessari, e, ovviamente, anche con spazi adeguati.

Con il decreto 71 del 2024 il Miur ha introdotto la possibilità, su richiesta della famiglia  dell’alunno con disabilità, di ottenere la conferma del docente precario di sostegno in servizio nel precedente anno scolastico, conferma che mira a garantire la continuità didattica che è presidio fondamentale per la didattica di tutti ma in modo particolare per gli alunni fragili.

Nel provvedimento si punta anche ad ampliare l’organico dei docenti di sostegno specializzati.

Il principio dell’inclusione scolastica ci riguarda tutti insieme: dirigenti scolastici e insegnanti curricolari, non solo di sostegno; genitori di tutti gli alunni, non solo di quelli con disabilità. Non sentirsi direttamente coinvolti nelle questioni, non è una giustificazione. Pensiamo allora a un nuovo welfare  regionale, perché si apra una fase nuova. Abbiamo sempre parlato di bisogni e servizi: è ora di parlare di diritti e responsabilità.

Insomma, l’amministrazione regionale e quelle locali devono pensare ad un nuovo welfare, certo  compromesso dal punto di vista economico, ma che, proprio per questo, nella scala di priorità dei bisogni comunitari ,deve poter raggiungere livelli di qualità accettabili nell’integrazione, coniugando diritti dei singoli e responsabilità oggettive. (gl)

[Guido Leone è già ispettore tecnico Usr Calabria]

EDILIZIA SCOLASTICA IN CALABRIA ANCORA
C’È TROPPO DA FARE TRA DIVARI E RITARDI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – In Calabria a poco a poco si stanno rendendo più sicure e moderne le scuole. Si tratta certamente di un importante risultato, ma questo non è abbastanza per poter dire che nella regione le Scuole stanno bene, perché non è così. A certificare lo stato di salute degli edifici in Calabria e in tutta Italia, la 14esima edizione del report Ecosistema Scuola di Legambiente, in cui sono emersi dati molto interessati.

Ad esempio, Vibo Valentia è tra le città che hanno realizzato maggiori interventi di adeguamento sismico, mentre Cosenza è tra quelle che hanno realizzato i maggiori interventi di messa in sicurezza dei solai nelle proprie scuole negli ultimi 5 anni, oltre ad avere – assieme a Crotone – il maggior numero di scuole servite da pedibus. La città bruzia, inoltre, brilla per il maggior numero di scuole raggiungibili in bicicletta grazie alle piste ciclabili. Catanzaro, invece, viene “rimandata” per non aver fornito dati gli impianti di energia rinnovabile nelle scuole, mentre Vibo, se da una parte è stata virtuosa contro i terremoti, dall’altra viene “bocciata” per non avere impianti di energia. Il capoluogo e Crotone rientrano, anche, tra le scuole che non hanno fornito dati sul monitoraggio amianto. Sempre Vibo, è tra le città che spendono di pi ù nel servizio di pre e post scuola. Reggio Calabria, invece, non compare in nessuna classifica.

Dati importanti, considerando che i dati sulle certificazioni ci restituiscono una situazione a livello nazionale poco rassicurante, visto che ancora oggi solo 1 edificio su 2 dispone del certificato di agibilità (49,3%) e di collaudo statico (47,5%). Nello specifico, il 68,8% degli edifici del Nord dispongono del certificato di agibilità, mentre solo il 22,6% di quelli del Sud e il 33,9% delle Isole.

Nel Report, infatti, sono raccolti i dati del 2023 di 100 Comuni capoluogo su 113  e che riguardano 7.024 edifici scolastici di loro competenza, tra scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado, frequentati da una popolazione di oltre un milione e 300mila studenti, offre un’analisi dettagliata sullo stato di salute delle scuole confrontandola con i servizi essenziali di prestazione, i cosiddetti Lep previsti dall’autonomia differenziata, e che per le scuole riguardano edilizia scolastica, digitalizzazione e servizi mensa, denunciandone ritardi ed emergenze da affrontare anche per quel che riguarda trasporti, palestre e sostenibilità energetica, tre servizi non contemplati dai Lep riguardanti l’istruzione.

«Con l’autonomia differenziata – ha commentato Claudia Cappelletti, responsabile nazionale scuola di Legambiente – si rischia di aumentare i divari tra le scuole del nord e sud. Di questo passo senza un investimento sui Lep, rischiano le aree più fragili del Paese, come il sud e le aree interne, non solo di non recuperare i ritardi sull’edilizia scolastica ma anche di restare indietro sui servizi scolastici. Se si vuole lavorare su una didattica inclusiva e innovativa l’organizzazione e la progettazione degli spazi è rilevante, bisogna che ci siano laboratori, palestre, mense, nuovi ambienti di apprendimento».

«Ma anche le condizioni di lavoro sono fondamentali – ha aggiunto – gruppi classe più piccoli, un isolamento termico che consenta di stare in classe senza disagi, scelte di sostenibilità che migliorino lo stato generale degli edifici. Tutto questo potrebbe essere realizzato se la messa a terra dell’autonomia differenziata aprisse una stagione con al centro un grande piano di rigenerazione partecipata delle scuole per connettere bisogni e azioni».

«Per ridurre il gap con il resto d’Italia – si legge nel rapporto – ma soprattutto per mettere in sicurezza le scuole, si rende, quindi, urgente dedicare maggiori fondi al Sud e Isole ma, soprattutto, aiutare le amministrazioni a realizzare gli interventi necessari per la messa a norma degli edifici scolastici di loro competenza.

«È giunto il tempo – ha detto Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania – di “alzare l’asticella della qualità”, con obiettivi e prestazioni da raggiungere che garantiscano davvero la sostenibilità ambientale e la salubrità degli edifici, la qualità indoor, il benessere e la salute. La vera sfida consiste nel promuovere nei fatti un grande cantiere di innovazione, dove convogliare idee e risorse per progettare e realizzare scuole innovative, sostenibili, più sicure e inclusive».

Infatti, nella Penisola una scuola su tre ha bisogno di interventi di manutenzione urgenti, un dato che nel Sud e nelle Isole sale al 50%, 1 scuola su 2. Un’emergenza ormai cronica, che non migliora, nonostante nel 2023 a livello nazionale siano stati stanziati maggiori fondi per la manutenzione straordinaria (media per singolo edificio), 42milax euro, rispetto a quelli medi degli ultimi 5 anni, 36mila euro. Senza contare che persiste un forte gap tra quanto viene stanziato e quanto le amministrazioni riescono effettivamente a spendere: nel 2023 considerata la media a edificio scolastico su 42.022 euro stanziati ne sono stati spesi 23.821 euro. Preoccupano, anche, i ritardi su digitalizzazione, trasporti, servizi per lo sport ed efficientamento energetico e in questo quadro l’autonomia differenziata rischia di non aiutare la scuola.

Ma non solo: a pesare sullo stato di salute  degli edifici scolastici sono anche i ritardi che si registrano sul fronte della sicurezza – solo il 50% delle scuole ha tutte le garanzie (ossia i certificati di sicurezza) – ma anche sul fronte servizi come, ad esempio, sull’innovazione digitale con poco più di 1 scuola su 2 che dispone di reti cablate e Wi-Fi.Le mense restano un servizio di qualità ma ancora non presente in tutte le aree del Paese. Il dato medio di 76,7% di edifici con mensa a livello nazionale, al Nord e al Centro sale rispettivamente al 92,2% e all’80,9%, mentre nel Sud e nelle Isole si ferma rispettivamente al 54,3% e al 41,2%. Preoccupa la poca attenzione alla sostenibilità, nel 64,9% delle mense vengono impiegate stoviglie monouso. Sul fronte trasporti solo il 19,7% delle scuole dispone di un servizio di mobilità collettiva come lo scuolabus; sui servizi per lo sport un impianto su quattro necessita di manutenzione urgente.

Le palestre aperte oltre l’orario scolastico sono oltre il 70% nei capoluoghi di provincia del Centro-Nord, per ridursi al 30,3% nelle Isole al Sud e ridimensionarsi a poco più del 40% nelle città del Sud delle Isole. Relativamente all’energia, solo il 20,9% degli edifici scolastici utilizza fonti di energia rinnovabile, con un picco al Nord (24,3%) e un minimo nelle Isole (14,1%), solo il 16,4% delle scuole ha visto realizzati interventi di efficientamento negli ultimi 5 anni e di tutti gli edifici scolastici, solo il 6,7 % si trova in classe A.  Per Legambiente è una grave mancanza che i Lep relativi all’istruzione non considerino tre servizi come trasporto scolastico, palestre e sostenibilità energetica. Si tratta di servizi indispensabili per garantire il diritto allo studio, l’accessibilità a strutture sportive pubbliche e ambienti qualitativamente vivibili anche da un punto di vista climatico.

Nel rapporto, poi, viene rilevato come «persiste, nella Penisola, il divario tra Nord e Sud anche in termini di capacità progettuale, di reperimento dei fondi e di finalizzazione della spesa. In particolare, per quel che riguarda i fondi nazionali per l’edilizia scolastica per interventi di diversa tipologia, nel 2023 nel Nord e nel Sud la media dei fondi nazionali ricevuti per edificio scolastico è stata di circa 1,4milioni di euro, nel Centro il dato scende a poco più di 600mila, per arrivare a meno di 300mila euro a edificio nelle Isole. Fondi esigui, quest’ultimi, per la messa in sicurezza e l’efficientamento degli edifici scolastici. Differenti anche i tempi di durata dei cantieri, se in alcune regioni del Nord possono essere di 8-10 mesi dallo stanziamento della risorsa all’opera ultimata, in diverse regioni del Sud possono invece arrivare a 24 mesi. Sul fronte nuova edilizia scolastica, negli ultimi 5 anni stando ai dati inviati dalle amministrazioni, nella Penisola sono solo 41 le scuole nuove costruite».

Alla luce dei dati emersi dal Report, Legambiente ha presentato dieci proposte che hanno come filo rosso un grande piano di rigenerazione partecipata delle scuole a partire da una manutenzione, gestione, organizzazione e qualità della scuola migliore. Primo intervento importante da mettere in campo, attivare da parte degli Enti Locali processi di amministrazione condivisa sulla base di patti educativi di Comunità. A seguire tra gli interventi prioritari per Legambiente occorre ampliare la funzione dell’anagrafe scolastica rendendo trasparenti le informazioni sullo stato di avanzamento degli interventi per l’edilizia scolastica e relativi finanziamenti, creare una struttura di governance per facilitare accesso e gestione dei fondi per l’edilizia scolastica da parte degli Enti Locali e garantire il funzionamento dell’Osservatorio per l’edilizia scolastico. (ams)

RITROVARE FINE ULTIMO DELLA SCUOLA IN
CALABRIA: UN LUOGO DI LEGALITÀ E VALORI

di GUIDO LEONECon il mese di settembre la scuola sono iniziate le lezioni del nuovo anno scolastico. Una ripartenza anche  per la scuola di Reggio Calabria che coinvolge decine di centinaia di persone tra alunni, personale docente e amministrativo e le stesse famiglie.

Ma che anno sarà per la scuola reggina in particolare? Se la scuola, così come la sanità e la giustizia, misura lo stato di salute sociale e democratico di uno stato, di un territorio, non c’è da stare allegri. Tutto è rimasto come prima, gli stessi disagi, gli stessi problemi di prima.

Vari aspetti di criticità irrisolti nella scuola calabrese e reggina in particolare

Il nostro sistema scolastico ci restituisce severi aspetti di criticità: una crisi nei risultati scolastici che si manifesta già nella scuola dell’obbligo e che sembra prefigurare successivi scacchi formativi; una stratificazione sociale nelle scelte tra i diversi indirizzi della scuola secondaria superiore, che si ripercuote nei livelli di apprendimento; una difficoltà supplementare di intervento nei confronti dell’utenza straniera ,che ottiene risultati scolastici più modesti dei coetanei italiani, in particolare a livello di competenze linguistiche; l’emergere di un disagio sottile, di una difficoltà a coinvolgere fino in fondo gli allievi nella loro esperienza scolastica, testimoniato dal fenomeno dei debiti scolastici, che, comunque, indica un rapporto non positivo con gli apprendimenti scolastici (matematica, lingua straniera, ecc.); tendenza alla licealizzazione del sistema scolastico; i dati più sconfortanti in materia di sicurezza e di adeguamento degli edifici scolastici; un forte turn-over nei comprensori decentrati: la rotazione del personale docente è molto elevata e rappresenta un forte vincolo alla continuità e alla programmazione didattica.

E, ancora, la permanenza di squilibri territoriali: è stato più volte rimarcato che molti comprensori delle aree interne della Calabria sono tagliati fuori da una offerta formativa extra-curricolare per la mancanza dei servizi, trasporti in particolare, che penalizzano la partecipazione degli studenti alle attività pomeridiane che le istituzioni scolastiche pongono in essere per il completamento del percorso educativo. Questo stato di cose non assicura equità e qualità. Non garantisce il diritto allo studio per tutti; un discutibile processo di dimensionamento che non tiene conto delle peculiarità territoriali, dei bisogni formativo/educativi di determinate aree a rischio della regione, che non razionalizza i processi di accorpamento delle singole scuole in termini di moderna consortilità intercomunale, come avviene per altro genere indispensabile di servizi alla comunità.

Inoltre il divario che c’è tra Nord e Sud continua a permanere. A tal proposito parlano chiaro i risultati dei test Invalsi per il 2024 che confermano questo gap esistente soprattutto per quanto riguarda gli apprendimenti in italiano e matematica. Per la Calabria, ultima tra le regioni italiane, i risultati sono estremamente negativi.

Dati che confermano la necessità di interventi mirati per garantire a tutti gli studenti le stesse opportunità di apprendimento e di successo scolastico. È sul territorio, dunque, che si misura la capacità della politica ad affrontare i nodi strutturali di un sistema scolastico come il nostro che manifesta delle criticità ormai consolidate. 

La scuola, poi, quale protagonista educativa nella società civile, ha il ruolo insostituibile di dare visibilità, significato ai fatti e avviare all’interpretazione critica della realtà sociale che circonda gli allievi, agli esempi, ai fenomeni e agli stimoli  che da essa provengono.

Interroghiamoci sul ruolo che la nostra scuola svolge nel nostro territorio pervaso dal fenomeno mafioso e delinquenziale. Perciò, non si può nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi e far finta di nulla. Ripeto, questo ci riguarda come città di Reggio Calabria, e come regione in maniera particolare, e ci si deve interrogare costantemente sul ruolo che la scuola svolge nei nostri territori pervasi dal fenomeno mafioso e delinquenziale.

E proprio noi reggini abbiamo dei doveri in più, e, in quanto operatori scolastici, noi per primi, dobbiamo immettere anticorpi nelle relazioni che abbiamo dentro e fuori le scuole rispetto a contesti di illegalità, di prevaricazione, di intolleranza, di intimidazione, di violenza, di deresponsabilizzazione.

È compito primario della scuola reggina attivare una pedagogia del coraggio civico fondato su un concetto di dignità umana che riconosca quella degli altri, che veda nel prossimo una persona portatrice di pari diritti. Ecco perché occorre puntare sui contenuti fondamentali della scuola, ponendo la attenzione a ciò che accade ogni  giorno dentro le classi, alla didattica, al rapporto formativo, educativo fra i docenti, fra il mondo della scuola e i nostri ragazzi.

Certo, bisogna ritrovare il senso ultimo della scuola. Dare un senso alle cose nella scuola vuol dire ricomposizione di una filiera che è fatta anche di valori, di riforme adeguate ,di investimenti per scuola e università (che devono comporre un unico sistema) ricerca, politiche giovanili, politiche culturali. Insomma, investimento sulla risorsa umana, sui talenti che ci sono dentro la nostra comunità e che sono capitale umano ,capitale sociale. Si tratta di cose che sono l’altra faccia della stessa medaglia e che è giusto ricordare quando parliamo di scuola calabrese.

E, infine, è necessaria una presa di coscienza diffusa che la nostra scuola è oggi lo specchio di una crisi radicale di valori che rischia di desertificare la nostra società e che le speranze di quest’ultima di non restare asfissiata dal nichilismo sono in buona misura legate alla capacità delle nuove generazioni di ritrovare ,nelle nostre grandi tradizioni culturali, quelle che la scuola ogni giorno cerca di trasmettere ai giovani, i semi di prospettive nuove e più costruttive.

I fallimenti sperimentati nella quotidianità con i gravi fatti di cronaca nera di violenza e corruzione rendono consapevoli insegnanti e famiglie dell’impossibilità di farcela da soli, ciascuno per proprio conto, e della necessità di una cooperazione corresponsabile fra tutti i protagonisti del processo di crescita umana e professionale dei nostri ragazzi e dei nostri giovani per ritrovare faticosamente un orizzonte di significati condivisi in grado di riscattare le vite di questi ragazzi dall’insignificanza dove sono stati precipitati dalle politiche governative e amministrative di questi anni. (gl)

[Guido Leone è già dirigente tecnico Usr Calabria]

L’Avis Calabria incontra i dirigenti scolastici della regione

Domani e sabato 21 settembre, nella sede dell’Avis Provinciale di Caraffa di Catanzaro, l’Avis Calabria incontrerà i dirigenti scolastici della regione per una due giorni di attività, dal titolo Avis e Scuola: Un’alleanza per il futuro, per portare avanti valori e progetti significativi a favore delle nuove generazioni.

Domani, dalle 16, ci sarà un confronto con i dirigenti associativi Avis, mentre per il secondo giorno, invece, dalle 9.30, sono attesi i dirigenti scolastici o loro referenti per presentare le possibile sinergie future tra l’associazione di volontari e le scuole e per raccontare quanto già realizzato in Calabria.

Intervengono Franco Rizzuti, presidente regionale Avis Calabria; Domenico Nisticò, tesoriere Avis Nazionale con delega all’Area Scuola; Francesco Pietro Parrottino, presidente Avis Provinciale di Catanzaro; Caterina Capponi, assessore regionale alle Politiche Sociali; Piero Cattaneo, docente di metodologia della progettazione educativa all’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano e Piacenza; Mario Zaninelli, docente di etica e cultura dello sport all’Università Statale di Milano; Loredana Iannetti, docente di lingua inglese al liceo classico “Pitagora” di Crotone; Myriam Calipari, docente di matematica e fisica al liceo scientifico “Leonardo da Vinci” di Reggio Calabria. (rcz)

L’OPINIONE / Mons. Claudio Maniago: Carissimi studenti, siete i protagonisti di una storia importante

di MONS. CLAUDIO MANIAGO –Carissimi studenti, mi è caro rivolgere a tutti voi il mio paterno, sentito augurio per il nuovo anno scolastico, per questa nuova affascinante avventura che, come gli anni scorsi è carica di aspettative, di sogni e di aspirazioni.
La Scuola è e resta sempre la sede privilegiata, indispensabile per l’autentico sviluppo della vostra personalità, che fin dalla più tenera età trova in essa le radici della cultura e quindi della civiltà del nostro Paese, unitamente agli stimoli e alle occasioni per conoscere e crescere nella piena coscienza di essere cittadini chiamati ad abitare il mondo con responsabilità e forti dei diritti riconosciuti alla dignità di ogni vita umana.

In un tempo in cui la guerra continua a mietere vittime innocenti in tutto il mondo, la violenza segna tragicamente i nostri giorni, il razzismo sotto varie spoglie crea discriminazioni e spesso odio violento, non potete crescere nell’indifferenza, ma dovete prepararvi a essere protagonisti di un mondo migliore.
Per questo vi auguro che in quest’anno scolastico aumenti la vostra sete: sete di conoscenza, di libertà, di giustizia. Una sete che vi faccia vibrare dentro, che vi scuota, che provochi in voi domande importanti a cui cercare di dare risposte significative con lo studio, la partecipazione, la passione.
Carissimi studenti, dalla scuola dell’infanzia fino ai licei, siete i protagonisti di una storia importante e insieme ai vostri insegnanti costruite il futuro! Per questo spero che il rapporto tra voi e i docenti sia sempre segnato da quella confidenza che si basa sulla fiducia reciproca e da quella “complicità” che è finalizzata a fare qualcosa di importante per il bene comune, per costruire un mondo più solidale e pacifico.

Gesù, amico fedele, non vi farà mancare la sua forza e li suo sostegno in questo cammino affascinante.
Buon anno anche a voi, carissimi Docenti: siete la chiave di volta per innestare li processo di cambiamento e di riscatto; siete i depositari di funzioni essenziali da cui non si può prescindere nell’attuale situazione di emergenza: istruzione, formazione ed educazione. Siete consapevoli che non basta trasmettere i contenuti delle discipline, non basta accertarne l’apprendimento, occorre promuovere ogni azione volta a realizzare l’affinamento delle competenze, e soprattutto svolgere tutte quelle attività finalizzate alla sana crescita ed alla maturazione della personalità.

Gesù, Maestro per eccellenza, vi sarà riferimento e luce per un servizio che accoglie e cura, che ascolta e aiuta.
Infine un pensiero di vicinanza anche a voi cari genitori, insostituibili protagonisti nella crescita dei vostri figli e a tutti voi operatori della comunità scolastica, collaboratori indispensabili nel creare il clima più adatto per una scuola umana e accogliente.
Mi è caro accompagnarvi con la mia benedizione, affidando a Maria Santissima, sede della Sapienza, l’intera Comunità scolastica, perché vi sia vicina, vi protegga e vi conforti. (cm)

[Mons. Claudio Maniago è Arcivescovo Catanzaro-Squillace]

Valentino (Filcams Cgil): Dalle mense alle pulizie la regolazione degli appalti sia priorità

Giuseppe Valentino, segretario generale di Filcams Cgil Calabria, augurando un buon inizio scolastico, ha ribadito come «la regolazione degli appalti, specie per il tema mensa, dovrebbe essere una priorità della politica che aldilà degli auguri rituali resta distratta ed indifferente ai bisogni di studenti, personale scolastico e famiglie».

«Così come – ha aggiunto – un tema importante sono le pulizie, la vigilanza e il trasporto pubblico, gli scuolabus tutti lavoratori e lavoratrici che lottano da anni per affermare la loro dignità. Attraverso i servizi passa non solo il buon funzionamento del sistema scolastico, ma anche il riconoscimento dei diritti di studenti e famiglie come la possibilità ormai necessaria di permettere ai genitori di lavorare entrambi senza dover fare i salti mortali per occuparsi dei propri figli che studiano. Assistiamo spesso ormai a situazioni nelle quali sono le famiglie a dover sopperire alla carenza di servizi e strutture.».

La Filcams, quindi, ha augurato «agli studenti ed alle studentesse un proficuo anno scolastico all’insegna della curiosità, della ricerca e della libertà è impegnata a garantire il diritto allo studio ed alla crescita attraverso i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che sono strettamente connessi tra loro. Il mondo della scuola è anche il nostro mondo e noi agiamo per renderlo migliore e alla portata di tutti».

Auguri, anche, «al personale scolastico, agli alunni e alle loro famiglie. Auguri soprattutto da parte della categoria che li rappresenta agli invisibili, lavoratrici e lavoratori grazie ai quali il sistema scolastico va avanti e si integra con il contesto socio economico». (rcz)

L’OPINIONE / Giusi Princi: Ruolo insegnanti fondamentale, porterò a Bruxelles la vostra battaglia

di GIUSI PRINCI – Buon anno scolastico ai tanti studenti calabresi che oggi tornano tra i banchi!

Cari ragazzi, vivete la scuola con la consapevolezza che saranno gli anni nei quali, attraverso il sapere, imparerete l’alto valore della libertà che vi aiuterà a superare le sfide della complessità e ad essere i protagonisti delle vostre scelte. Studiate consci che traccerete oggi la strada del vostro domani.
Un augurio di buon anno scolastico anche ai docenti e a tutto il personale scolastico degli istituti calabresi. Auguro a Voi di avere sempre l’entusiasmo, la motivazione e la determinazione per sostenere e incoraggiare gli studenti nel loro percorso didattico.
Porterò a Bruxelles la vostra battaglia: mi impegnerò perché la retribuzione dei docenti italiani venga finalmente adeguata a quella degli altri paesi europei. Il ruolo degli insegnanti è fondamentale per la formazione delle coscienze e quindi per lo sviluppo di una società migliore. (gp)
[Giusi Princi è europarlamentare]

ANCHE IN CALABRIA SUONA LA CAMPANELLA
LA SCUOLA TRA EMERGENZE E CRITICITÀ

di FRANCESCO RAOA distanza di poche ore dall’avvio del nuovo Anno Scolastico, con l’emozione di chi si appresta a varcare le porte di un mondo infinito chiamato scuola per la prima volta, credo sia opportuno porgere un caloroso augurio a tutta la Comunità scolastica calabrese, anteponendo per una volta le opportunità alle criticità, con il chiaro intento di valorizzare la narrazione qualitativa della nostra terra e della sua gente, da sempre impegnata in un percorso di forte riscatto sociale e culturale praticato soprattutto attraverso lo studio.

La strada da percorrere è lunga ma sotto i nostri occhi, contrariamente al passato, è presente molto più entusiasmo e voglia di essere protagonisti di un futuro considerato non più lontano e irraggiungibile, ma realtà nella quale la cultura e il sapere potranno generare coesione, crescita e sviluppo nonché dare vita al superamento emergenziale dell’emigrazione. 

La Calabria ed i calabresi, per superare il divario Nord-Sud, hanno bisogno di culture capaci di creare opportunità positive, da sempre individuate altrove come fatto naturale ma puntualmente irrealizzabili a casa nostra per motivi poco noti. Ebbene, affermare che la Calabria e altre regioni del Meridione possano diventare in un prossimo futuro la “Silicon Valley” dell’Europa, oggi credo non sia più una blasfemia ma può essere un auspicio reale al quale il mondo della scuola non dovrà sottrarsi ma al contrario dovrà considerarlo uno tra i propri obiettivi prioritari. Oggi i nostri studenti hanno una marcia in più. Apprendono velocemente e, da nativi digitali, hanno un approccio naturale con la tecnologia e l’informatica, ricorrono con facilità all’approccio offertoci dall’intelligenza artificiale e assorbono in un modo incredibile i linguaggi del mondo che li circonda.

Queste importantissime caratteristiche, considerabili parte di un capitale invisibile da valorizzare, impongono una particolare attenzione tesa a coinvolgere in un progetto comune, oltre ai docenti e alle famiglie, le realtà territoriali che rappresentano il tessuto socioeconomico e produttivo del territorio. In tal senso, grazie all’autonomia scolastica e alla particolare professionalità dei docenti, si potranno inserire nei rispettivi curricula delle scuole curvature specifiche tese a far conoscere agli studenti la realtà locale storica ed economica con l’intento di superare il pericoloso paradosso del disimpegno scolastico e della noia, potenzialmente individuabili quali cause principali della dispersione scolastica. 

Intere Comunità potrebbero formare i nostri giovani, fornendo loro maggiori conoscenze e soprattutto intravedendo nella storia la chiave di lettura utile per scrivere un futuro nel quale il Meridione, in concorso al Settentrione, possa essere a pari dignità motore di crescita e sviluppo per l’intero Paese. Ai nostri giovani dovremo chiedere anche soluzioni innovative per risolvere annose questioni che in futuro li riguarderanno in prima persona. Penso alle criticità strutturali quali l’organizzazione dei trasporti, alla distribuzione di centri sportivi, alle opportunità d’inserimento nel mondo del lavoro e alla partecipazione politica.

Per esempio, attraverso sessioni di “debate”, sarà possibile far apprendere e migliorare le tecniche di confronto con quanti la pensano in modo differente, lavoro indispensabile da svolgere tanto in classe quanto all’aperto insieme ai docenti e con l’intento di trasmettere agli studenti l’importanza della non violenza da praticare come metodo di vita per tutelare la vita. Infine, la Scuola è chiamata a mettere in campo tutti gli strumenti utili per affrontare l’incombente pericolo dell’analfabetismo funzionale, fatto che ostacola la corretta comunicazione e rischia di minare la tenuta sociale e democratica del Paese a seguito del crescente atteggiamento relativistico praticato da tutte le generazioni con epiloghi sempre più tristi e violenti. 

Dalla nostra parte, questa volta, non ci sono più le solite stime o le previsioni ma dati concreti da considerare come un incoraggiante punto di partenza. La Calabria in particolare ha registrato una crescita nell’esportazione, manifestando una chiara inversione di tendenza del Sud rispetto al Nord; cresce la presenza turistica nazionale e internazionale; le nostre Scuole, il sistema ITS e in modo particolare le nostre Università, rappresentano un validissimo sistema formativo, capace di attrarre studenti e docenti non solo da altre regioni ma anche da altri stati. 

Insomma, l’arduo lavoro svolto nel corso di questa fase post-pandemica ha aperto un nuovo scenario nel quale le giovani generazioni, insieme ai loro docenti e alle rispettive famiglie, dovranno essere accompagnati per toccare con mano una realtà in costante evoluzione dalla quale si potranno trarre nel medio periodo importanti segnali occupazionali e di sviluppo socioculturale da considerare elementi indispensabili per mantenere il passo con la velocissima evoluzione tecnologica e superare la desertificazione sociale ed economica del Mezzogiorno, paragonabile ad una spada di Damocle pronta ad infierire sulla nostra testa.

Ecco perché lo studio va considerato dagli studenti come una missione sociale e gli insegnanti dovranno ricordare ogni giorno il valore del loro delicatissimo ruolo, seppur poco retribuito ma ancora tra le professioni più belle al mondo perché attraverso la trasmissione del sapere, l’approfondimento critico e la bellezza delle scoperte, sarà possibile consentire ai nostri giovani di potersi presentare all’appuntamento dell’inserimento occupazionale con le giuste competenze, con la propensione di mantenere vivo per tutta la vita il desiderio di imparare e la curiosità di scoprire sempre nuove mete, alimentando sentimenti di cooperazione a sommatoria positiva tesi a generare pace tra i Popoli. 

Con questi presupposti e con la fiducia di chi ha iniziato la scuola da quasi 50 anni, senza esserne più uscito, auguro buon Anno Scolastico a tutta la Comunità scolastica calabrese. (fr)

[Francesco Rao è docente a contratto, cattedra di sociologia generale, presso l’Università “Tor Vergata” di Roma]

INTEGRAZIONE E INCLUSIONE SCOLASTICA
QUANTI RITARDI ANCORA NELLA REGIONE

di GUIDO LEONENei giorni scorsi il ministero dell’Istruzione ha presentato il focus dell’ultima indagine sugli alunni con cittadinanza non italiana  nelle scuole di ogni ordine e grado del nostro Paese relativi all’anno scolastico 2018-2019. Gli esiti confermano che  la multietnicità è divenuta una realtà significativa anche della scuola calabrese e, comunque, un elemento strutturale del nostro sistema scolastico. Dall’espansione delle consistenze e delle nazionalità degli alunni stranieri consegue che un numero sempre più crescente di operatori e famiglie è coinvolto nelle problematiche di accoglienza e di integrazione di questi bambini e ragazzi. 

È importante, quindi, approfondire il fenomeno che di seguito analizzeremo nelle sue particolarità.

Costante crescita degli alunni stranieri

Le prime rilevazioni di alunni non italiani nelle scuole italiane risalgono all’83/’84, quando ne furono contati 6.104. In tutti questi anni anni gli alunni non italiani sono aumentati passando a 914.860, come da ultimo censimento ministeriale, con un incremento di ben 42.500 unità (+4,9%) rispetto all’anno precedente, che aveva subito, dopo la diminuzione del 2020/2021, un nuovo, seppur lieve, aumento.

Anche in termini percentuali si registra un maggior aumento della presenza degli alunni con cittadinanza non italiana rispetto all’anno precedente (11,2% contro 10,6%). Diminuisce tuttavia il totale degli studenti di quasi 103 mila unità (pari a -1,2%) a causa del calo degli studenti italiani (oltre -145.000 unità) che supera ampiamente l’aumento degli studenti con cittadinanza non italiana.

I dati 2022/2023 confermano una maggior concentrazione nelle regioni settentrionali (65,2%), a seguire nelle regioni del Centro (23,3%) e infine del Mezzogiorno (11,5%).

In rapporto alla popolazione scolastica totale, l’Emilia-Romagna registra il valore più elevato di studenti con cittadinanza non italiana, seguono  Lombardia, Liguria, Veneto. La Calabria si colloca al sedicesimo posto tra le regioni italiane con 13.065 allievi stranieri. Un incremento di 1090 studenti rispetto all’anno precedente.

La presenza nelle scuole calabresi

La scolarizzazione di stranieri tenderà a consolidarsi. Gli alunni non italiani ora alla scuola dell’infanzia e alla primaria elementare – le nuove leve scolastiche – rappresentano quasi i due terzi del totale di alunni stranieri. Il futuro inter-etnico siede già sui banchi di scuola. Ed anche sui banchi delle scuole calabresi.

Infatti le scuole di ogni ordine e grado della nostra regione sono state frequentate nello scorso anno scolastico da 13.065 allievi, di cui 2.326  nella scuola dell’infanzia, 4.029 nella scuola primaria, 2.643, nella scuola secondaria di 1° grado e 3.887 nella scuola secondaria di secondo grado.

La provincia di Cosenza è questa volta tra le consorelle calabresi quella a maggior incidenza del fenomeno. Infatti, le scuole di ogni ordine e grado della provincia cosentina  sono state  frequentate   da 4.663 allievi con cittadinanza non italiana, così distribuiti per ordine di scuola:infanzia 867, primaria 1504, I grado 933, II grado 1359.

A seguire Reggio Calabria  con 4.015 allievi, di cui nelle scuole dell’infanzia 617, nella primaria 1246, al I grado 790, al II grado 1362. Poi, Catanzaro con 2497, di cui 499 infanzia, 822 primaria, 532  I grado, e 644 II grado. Quindi, Crotone con 968, distribuiti come segue 183 infanzia, 325 primaria, 215 I grado e 245 II grado. Infine, Vibo Valentia  con 922 allievi, di cui 160 infanzia,312 primaria,173 I grado e 277 II grado.

Nel dettaglio, la distribuzione degli studenti in base al voto conseguito evidenzia che, tra gli studenti con cittadinanza non italiana diplomati con la sufficienza, il 43,5% si iscrive agli istituti tecnici, il 37,2% agli istituti professionali, un altro 3,0% ai corsi regionali di istruzione e formazione professionale e il rimanente 16,3% ai licei. Inoltre, optano per l’istruzione e formazione regionale in numero maggiore gli studenti maschi (3,4%) rispetto alle studentesse (2,3%).

In ogni caso, gli alunni diplomati con sufficienza scelgono soprattutto gli istituti tecnici (50,5%), mentre per le ragazze la distribuzione tra i diversi percorsi è più equilibrata (28,1% licei, 31,3% istituti tecnici e 38,2% istituti professionali).

Al crescere della votazione, aumenta la percentuale di studenti che si orienta verso gli istituti tecnici e i licei. Tra gli elementi che incidono sulla prosecuzione degli studi il risultato conseguito all’esame di licenza media appare decisivo. In generale, gli studenti con cittadinanza non italiana sembrano comportarsi in modo simile agli studenti italiani. In ambo i gruppi l’opzione per gli istituti professionali è tanto più frequente quanto più bassa è la votazione conseguita, viceversa quanto più alta è la votazione, tanto più frequente è l’orientamento verso i licei.

Una vera e propria Onu nelle scuole

Il quadro ricavabile dai dati dell’indagine riflette una vera e propria Onu disseminata nelle aule scolastiche del Paese. Sono circa 200 i Paesi di cui sono originari gli studenti con cittadinanza non italiana. Una varietà di lingua, culture, etnie, razze.

I dati suddivisi per continente evidenziano che la maggior parte degli studenti, ovvero il 44,42%, come in passato ed in lieve aumento, sono di origine europea; seguono gli studenti di provenienza africana (27,25%) ed asiatica (20,27%).

Assai più contenuta ma in lieve aumento è la quota degli studenti provenienti dall’America (8,02%) mentre rimane stabile quella degli studenti provenienti dall’Oceania (0,03%).

Alcune comunità sono di gran lunga più rappresentate rispetto ad altre. Tra i Paesi europei la cittadinanza più rappresentata si conferma quella Rumena. Nell’insieme, gli studenti di origine rumena e albanese rappresentano quasi un terzo degli alunni stranieri in Italia .

I minori stranieri in Calabria provengono per lo più dall’Europa, dall’Africa e dall’Asia  Sono in tutto 80 le cittadinanze rappresentate nella nostra regione, tra queste primeggia quella romena e a seguire quella albanese, marocchina, cinese, ucraina, egiziana e indiana. 

Alunni con cittadinanza non italiana nati in Calabria e a Reggio

Nell’a.s. 2022/2023, per la prima volta, si registra una diminuzione della percentuale di presenze di seconda generazione, la cui crescita costante fino all’anno precedente aveva caratterizzato nel tempo l’evolversi della presenza degli studenti con retroterra migratorio.

Nel quinquennio 2018/2019-2022/2023 il numero degli studenti con cittadinanza non italiana nati in Italia è tuttavia stato significativo passando da 553.176 a 598.745 unità registrando così un incremento di oltre 45 mila unità, mentre la variazione percentuale è stata del +8,2% contro il 10,8% del quinquennio 20217/2028 – 2021/2022.

Nell’ultimo anno invece, la crescita dei nati in Italia in valore assoluto è stata di 9.759 unità in totale (+1,7%), mentre la quota sul totale degli studenti di origine migratoria è arrivata al 65,4%, registrando oltre due punti percentuali in meno rispetto al 2021/2022 (67,5%).

I minori stranieri nati in Italia sono in Calabria 5.499 così distribuiti: infanzia 1.316, primaria 2.049, media inferiore 1095, superiore 1039. Nell’a.s. 2022/2023 aumentano anche gli studenti che frequentano per la prima volta una scuola italiana. Sono stati 29.186.

Nella nostra regione l’anno scorso il totale è stato di 434, di cui a Reggio Calabria 135, a Vibo Valentia 22, a Catanzaro di 63, a Crotone di 12 e a Cosenza di 102. Gli studenti con cittadinanza non italiana nati in Italia sono più orientati verso gli istituti tecnici e a seguire i licei, invece, gli studenti nati all’estero dopo gli istituti tecnici scelgono gli istituti professionali.

In particolare, nell’a.s. 2022/2023 il 40,3% degli studenti nati in Italia frequenta  gli istituti tecnici, il 36,7% i licei, il rimanente 23,0% gli istituti professionali o i percorsi IeFP. Per gli studenti nati all’estero, la distribuzione presenta un andamento diverso: al primo posto resta la scelta dell’istituto tecnico con il 38,0%, a seguire i percorsi professionali con il 33,6%, e al terzo posto i licei con il 28,3%.

Le distanze tra gli studenti italiani e quelli di origine migratoria rimangono sempre notevoli. Nell’a.s. 2022/2023 gli studenti italiani in ritardo sono il 7,9% contro il 26,4% degli studenti con cittadinanza non italiana. Il massimo divario si riscontra nella scuola secondaria di II grado dove le percentuali dei ritardi diventano rispettivamente 16,0% e 48,0%.

Problemi aperti

Resta fondamentale  per la scuola la disponibilità di mediatori linguistici e culturali, di facilitatori didattici, con i corsi di appoggio e di tutoring per gli alunni stranieri, col sostegno economico più allargato per le scuole che ospitano numeri alti di immigrati.

Anche le nostre scuole reggine e calabresi in questi anni hanno sperimentato modelli organizzativi diversi, pratiche per l’accoglienza, azioni di approccio al processo di integrazione. Insomma, sia pure con fatica le istituzioni scolastiche si sono caratterizzate per una pedagogia dell’accoglienza e dell’integrazione. Ma non ci nascondiamo che, tra le difficoltà che determinano l’insuccesso scolastico, la barriera linguistica e culturale è quella più rilevante, primo anello di una catena di esclusioni che si amplificano via via che si sale nel grado di istruzione. 

Ecco perché non si può pensare ad una azione educativa della scuola che sia avulsa dal contesto educativo delle città e, viceversa, le azioni delle amministrazioni comunali sarebbero velleitarie se non sono coordinate con le azioni di tutti gli altri soggetti, di cui la scuola è uno dei più importanti. Occorre affrontare il problema con un rafforzamento della cooperazione tra scuola e città e nell’attuazione di politiche efficaci di integrazione sociale .Intanto va sottolineata una misura significativa, voluta dal Ministero e contenuta in un decreto recentemente approvato per ora solo  dalla Camera dei Deputati riguardante, appunto, i minori stranieri  che dovranno acquisire una conoscenza adeguata dell’italiano con corsi obbligatori e docenti dedicati. La misura prevede l’introduzione di insegnanti di italiano L2 che dovrebbe entrare in vigore a partire dall’anno scolastico 2025-26.

Diritti di cittadinanza

Si tratta delle seconde generazioni, un segmento particolare della popolazione scolastica di origine straniera, con esigenze e bisogni educativi diversi da quelli degli allievi di recente immigrazione. Hanno in comune con i ragazzi italiani la stessa scolarizzazione, parlano quasi sempre la nostra lingua, hanno gusti e interessi uguali o simili ai coetanei italiani. Non presentano in genere criticità scolastiche particolari. Li rende diversi solo la pelle, la religione, l’origine.

Insomma, la cosiddetta seconda generazione ha un altro tipo di impatto sul sistema scolastico italiano in quanto l’ostacolo non è la lingua, problema maggiori per un ragazzo immigrato. Il nascere e crescere nel Paese ospitante può fungere già come una sorta di ammortizzatore sociale. Ma non basta. Giustamente con sempre maggiore consapevolezza e determinazione reclamano la revisione della normativa in materia di cittadinanza.

È quanto mai opportuno rimuovere ogni inutile incertezza o ingiustificata difficoltà burocratica nei percorsi di acquisizione della cittadinanza italiana, in particolare per gli stranieri nati in Italia che desiderano scommettere sul nostro paese. Rendere meno vago il loro futuro, dando loro quella fiducia che fino a oggi è stata loro negata da un codice della cittadinanza anacronisticamente difensivo, ci pare un modo sensato per aiutarli  a investire nella propria istruzione. (gl)

[Guido Leone è già ispettore tecnico Usr Calabria]

SCUOLE DISEGUALI, CALABRIA PRIMEGGIA
CON DIFFICOLTÀ NEI PERCORSI EDUCATIVI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – In Calabria solo un bambino su quattro della scuola primaria ha accesso al tempo pieno, mentre solo il 20,8% degli alunni della primaria e secondaria di primo grado fruisce di una mensa e solo il 25,9% delle scuole ha una palestra, la percentuale più bassa in Italia. È il quadro sconcertante emerso dal Rapporto “Scuole Diseguali. Gli interventi del Pnrr su mese, tempo piene e palestre” di Save the Children, realizzato in occasione della ripresa dell’anno scolastico.

In Calabria, infatti, il tasso di dispersione scolastico è sopra la media nazionale: è dell’11,8% rispetto al 10,5%. Un dato che dimostra, ancora una volta, il divario e le diseguaglianze nell’offerta dei servizi educativi, che compromettono i percorsi di crescita di bambini, bambine e adolescenti, soprattutto nelle regioni del Sud e delle Isole, dove si continuano a registrare, nonostante i miglioramenti, livelli di dispersione scolastica tra i più alti in Europa.

«La scuola rappresenta uno spazio essenziale in cui dare a bambini, bambine e adolescenti uguali opportunità di crescita, contrastando la povertà educativa che oggi rappresenta più che mai un’emergenza», ha sottolineato Giorgia D’Errico, direttrice Affari Pubblici e Relazioni Istituzionali di Save the Children Italia.

«Eppure esistono ancora profondi divari territoriali nell’accesso ai servizi e alle infrastrutture educative – ha concluso – che gli investimenti e gli interventi del Pnrr fino ad ora attivati non sono riusciti a colmare totalmente. Ed è per questo che stiamo attivamente collaborando con la Regione Calabria per la definizione di un quadro organico di azioni volte alla prevenzione e al contrasto della povertà educativa, nell’augurio che questo diventi un pilastro fondamentale della programmazione e degli investimenti regionale».

La Regione, infatti, dispone di quasi 57,5 milioni di euro del Pnrr per 136 interventi interventi per mense, tempo pieno e palestre – di cui 89 per la costruzione, ristrutturazione o riqualificazione di spazi mensa e 47 per il potenziamento delle strutture sportive – per un valore complessivo di circa 57,5 milioni di euro. La provincia che ha avviato il maggior numero di interventi è di gran lunga Cosenza, con 51 progetti del valore di quasi 20,8 milioni di euro. Seguono Crotone (28 interventi per quasi 13,2 milioni) e Reggio Calabria, con 24 progetti per un valore di 8,4 milioni. Catanzaro ha ricevuto 11,4 milioni per 19 progetti, mentre Vibo Valentia attiva 14 progetti con 3,59 milioni di euro. Crotone e Vibo Valentia sono le province che hanno attivato il maggior numero di interventi per le mense rispetto al numero di studenti (rispettivamente 11 e 8,6 interventi ogni 10mila studenti), mentre Crotone e Cosenza quelle che registrano il maggior numero di interventi per il potenziamento delle infrastrutture sportive rispetto al numero di scuole (rispettivamente 7,8 e 5,1 interventi ogni 100 scuole).

Ma, nonostante questa importante somma, dal rapporto è emerso che anche tra le stesse province più svantaggiate – perfino nella stessa Regione – la distribuzione degli interventi per l’accesso al servizio mensa è disomogenea. Ad esempio, la provincia di Reggio Calabria, che ha il numero minore di studenti che accedono alla mensa nella Regione (soltanto l’11,9%) ha ricevuto 5,27 milioni per 16 progetti, ovvero 4,2 ogni 10mila studenti, mentre Cosenza, che ha una percentuale più alta (19,4%) ha ricevuto 12,28 milioni per 37 progetti, ovvero 8,2 ogni 10mila studenti. Le province di Catanzaro (29,3%) e Crotone (22,1%) hanno ricevuto finanziamenti simili, poco più di 6,4 milioni, per attivare rispettivamente 13 e 14 progetti, che però significano per Crotone un’attivazione di 11 progetti ogni 10mila studenti, la metà (5,5) per Catanzaro. Vibo Valentia (30,9% la percentuale di accesso alla mensa più alta a livello regionale) ha ottenuto il finanziamento più basso, 1,98 milioni con i quali attiva 9 progetti, ovvero 8,6 ogni 10mila studenti.

La mensa scolastica è fondamentale per garantire a studentesse e studenti, soprattutto quelli in condizioni di maggior bisogno, il consumo di almeno un pasto sano ed equilibrato al giorno. È, inoltre, un servizio indispensabile nell’ottica di incentivare l’estensione del tempo pieno e quindi di potenziare l’offerta formativa, con benefici sia per i ragazzi, , sia per le famiglie con effetti positivi in particolare per l’occupazione femminile. Eppure solo due alunni della scuola primaria su cinque beneficiano del tempo pieno – con le percentuali più basse in Molise (9,4%), Sicilia (11,1%) e Puglia (18,4%), le più alte nel Lazio (58,4%), in Toscana (55,5%) e in Lombardia (55,1%) – e solo poco più di un quarto delle scuole (il 28,1% delle classi della primaria e secondaria di I grado) offrono il tempo prolungato.

Anche la possibilità di praticare attività sportiva a scuola in una palestra rappresenta una grande opportunità per la crescita di bambine, bambini e adolescenti. Ma, ad oggi, meno della metà (il 46,4%) delle scuole statali primarie e secondarie (I o II grado) hanno una palestra. La Calabria è la Regione con la percentuale più bassa di scuole con una palestra: solo il 25,9% delle scuole (poco più di una su 4) contro il dato nazionale del 46,4%.

La regione ha ricevuto quasi 25 milioni di euro per 47 progetti di potenziamento delle strutture sportive a scuola. La provincia di Vibo Valentia, che il numero più basso di scuole con palestre nella regione (22,4%) ha attivato 5 progetti con un finanziamento di 1,6 milioni, pari a 3,1 interventi ogni 100 scuole, mentre Cosenza – che ha una percentuale leggermente superiore di scuole dotate di strutture sportive, il 23,4% – attiva ben 14 progetti per un valore di 8,5 milioni, pari a 5,1 interventi ogni 100 scuole. 14 progetti anche per la provincia di Crotone (26,8% di scuole con palestra), per un valore di 6,7 milioni e una densità progettuale di 7,8 interventi ogni 100 scuole. Soltanto 6 i progetti attivati a Catanzaro con 4,9 milioni (1,2 interventi ogni 100 scuole), mentre per Reggio Calabria i progetti attivi sono 8 per un valore di 3,16 milioni (2,2 interventi ogni 100 scuole) e una presenza di strutture sportive attualmente in un terzo degli istituti (33,3%).

In generale – si legge nel rapporto – i 433 interventi sulle strutture sportive scolastiche avviati con il Pnrr – sebbene rappresentino un passo importante per promuovere l’educazione motoria a scuola – sono insufficienti a garantire la copertura di palestre su tutto il territorio nazionale e a ridurre i divari tra le province, soprattutto nei territori dove la scuola spesso rappresenta l’unica opportunità per bambini e adolescenti di praticare attività sportiva. In Italia, un minorenne su tre (31,5%) che proviene da famiglie con scarse o insufficienti risorse economiche non pratica attività sportive e tra gli adolescenti di 15-16 anni il 16,2% rinuncia a fare sport perché troppo costoso.

Ciò che emerge, prendendo in considerazione anche i dati delle altre regioni, è una distribuzione disomogenea degli interventi tra le province più svantaggiate e la necessità di integrare le risorse del Pnrr con altri investimenti per garantire livelli essenziali delle prestazioni per l’accesso alle mense scolastiche, e così al tempo pieno, nelle scuole primarie e secondarie di I grado, nonché la presenza di palestre scolastiche su tutto il territorio nazionale, a partire dalle aree del Paese dove la scuola rappresenta spesso l’unica opportunità per bambini, bambine e adolescenti di praticare attività sportiva.

Con il Pnrr, le regioni del Mezzogiorno hanno avviato 767 progetti interventi del valore di 381 milioni e 932 mila euro, il Centro 213 del valore di 139 milioni e 340 mila euro e il Nord 428 del valore di 345 milioni e 650 mila euro. Con un investimento complessivo di oltre 17 miliardi di euro destinati al Ministero dell’Istruzione e del Merito, il Pnrr rappresenta un’occasione unica per garantire uguali opportunità a tutti i bambini, le bambine e gli adolescenti, soprattutto in territori dove la povertà minorile è più accentuata e le famiglie affrontano maggiori difficoltà economiche.

A partire dalla mensa e dal tempo pieno o prolungato, servizi essenziali di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica: ad oggi, poco più di un bambino su due della scuola statale primaria ha accesso alla mensa (55,2%) e solo il 10,5% nella secondaria di I grado, con profonde differenze territoriali. Se nelle regioni del Centro e del Nord si concentrano le province con oltre il 50% di accesso al servizio da parte degli alunni della scuola primaria e secondaria di I grado– con punte del 70% e oltre a Biella e Monza e della Brianza, fino al 91,3% della Provincia Autonoma di Trento – gran parte delle province del Sud sono sotto la media nazionale (che è del 36,9%, considerando sia scuole primarie che secondarie di I grado).

Per Raffaela Milano, direttrice Ricerca di Save the Children Italia, «il problema che abbiamo davanti come Paese non è solo riuscire a garantire la tabella di marcia della spesa, ma fare in modo che le risorse del Pnrr raggiungano effettivamente i territori dove i bambini e le bambine scontano le maggiori difficoltà nel percorso educativo. Il PNRR rappresenta un’occasione unica per superare le disuguaglianze di offerta educativa tra nord e sud, tra centri urbani e aree interne. Ma dall’analisi della distribuzione delle risorse e degli interventi ad oggi avviati, l’obiettivo di riequilibrio sembra raggiunto solo parzialmente».

«È un campanello di allarme – ha proseguito – che deve spingere a realizzare al più presto un’analisi di impatto sulla povertà educativa di tutti gli investimenti della missione 4 del Pnrr, dedicati all’istruzione, in corso ed in programma. Nei territori più svantaggiati, è necessario integrare le risorse del Pnrr con altri fondi disponibili, per garantire un’offerta di servizi educativi a tutti i minori. Allo stesso tempo, giunti a questa fase del percorso, le istituzioni tutte, per i diversi livelli di responsabilità, devono attrezzarsi per garantire la copertura dei costi di funzionamento dei nuovi servizi in via di attivazione grazie al Pnrr – le mense così come gli asili nido – senza che l’aggravio di spesa corrente vada a ricadere solo sui comuni più virtuosi o sulle famiglie, e senza correre il rischio che i nuovi spazi, una volta pronti, restino chiusi per mancanza di risorse umane ed economiche, come purtroppo già tante volte è accaduto in passato». (ams)