Bruni (PD): Discutere il prima possibile in Commissione Affari della proposta di legge di Schlein su SSN

La consigliera regionale del Pd, Amalia Brunim ha ribadito come «la proposta di legge a prima firma Elly Schlein per il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale assume una priorità indiscutibile» e, per questo, «è importante che se ne discuta il prima possibile».

La dem, infatti, ha reso noto che il gruppo del Pd è «riuscito a far calendarizzare la discussione in Commissione Affari Sociali» su «una proposta ragionevole e di buon senso, che parte dalle criticità profonde che vive oggi il nostro Sistema sanitario nazionale e dalle difficoltà che incontrano ogni giorno milioni di famiglie italiane per potersi curare».

«La proposta prevede di aumentare in cinque anni – ha spiegato – l’investimento sulla sanità pubblica fino a raggiungere il 7,5% del Pil, ovvero la media Ue. Con questa proposta si arriva a superare definitivamente il tetto di spesa per il personale e si promuove un piano straordinario di assunzioni di figure indispensabili a far funzionare ospedali e servizi sul territorio».

«È la stessa proposta che hanno inviato al Parlamento i Consigli Regionali di Emilia Romagna, Toscana, Marche e Piemonte, guidate da Giunte di segno politico diverso. Ci auguriamo – ha concluso Bruni – che tutte le forze politiche, comprese quelle della maggioranza, vorranno confrontarsi positivamente: sono norme che indicano chiaramente la volontà di rilancio e di riforma di cui il SSN ha urgente bisogno». (rrc)

Sposato (Opi Cosenza): Sistema sanitario regionale va rivisto

«Il sistema regionale è da anni sotto pressione e gli operatori che ci lavorano sono spremuti ed oramai saturi del continuo scivolamento verso il basso del sistema», ha dichiarato Fausto Russo, presidente di Opi Cosenza, sottolineando come si tratti di un modello che, per tutti gli iscritti, «non riesce più ad essere efficace ed a dare risposte adeguate e concrete all’esigenza di un utenza che diventa sempre più esigente per i bisogni che cambiano con una certa dinamicità».

Ma è anche un modello che «va rivisto e che va inserito in un contesto più ampio e condiviso di sanità globale, dove gli infermieri giocano un ruolo fondamentale per raggiungere gli obiettivi previsti dai vari decreti e dal Pnrr.  La casa ed il territorio come primi luoghi di cura» non più l’ospedale, quindi, che «deve essere destinato solo alle acuzie».

Sono molti i tavoli di confronto e di discussione che si sono aperti a livello nazionale al fine di dare una svolta alla professione infermieristica e, di conseguenza, alla sanità rivedendo i profili di competenze ed i ruoli all’interno delle varie aziende del sistema pubblico e privato.

«Ad oggi nella nostra regione – ha spiegato il presidente – non è codificata alcuna prestazione infermieristica ragion per cui moltissime attività rientrano in quelle codifiche riservate ad altre professioni. Senza codifica e riconoscimento non si potranno misurare gli aspetti economici e la ricaduta sui Lea degli interventi infermieristici, soprattutto di quelli specialistici. Ancora oggi non si comprende come mai agli infermieri venga negato l’atto della prescrizione di presidi utili all’assistenza o di farmaci comuni o di piani terapeutici nei pazienti cronici».

Così come non si riesce a comprendere qual è il “danno” che si possa provocare nel prescrivere esami ematici utili ai piani assistenziali. Questo non significa togliere o “sfilare” attività ad altri professionisti ma un’integrazione ed un supporto per quei casi che, così facendo, «eviterebbero – per l’Opi – di doversi recare dal medico di medicina generale troppo spesso assente in alcune comunità disagiate anche alla luce della carenza di tali figure. Puntare sulla dirigenza degli infermieri, gli unici responsabili dell’assistenza, e fare in modo che l’organizzazione delle attività sia di competenza esclusiva dei professionisti formati con laurea magistrale ed altri percorsi post laurea. Gli infermieri formano altro personale non perché infermieri ma in quanto professionisti competenti».

«Rivedere il rapporto infermiere/paziente e riportarlo agli standard europei con l’immissione di nuove professionisti e di nuove figure professionali – viene spiegato – dedicate all’assistenza e gestiti dagli infermieri. Coinvolgere le università con percorsi di formazione appropriati e con l’inserimento di più docenti e ricercatori infermieristici è un elemento da tenere in debita considerazione, gli infermieri devono essere formati da altri infermieri con un percorso di studio adeguato che ne esalti le peculiarità e la stessa formazione».

Ed ancora: «rivedere i percorsi della magistrale puntando sulle specializzazioni o sugli indirizzi gestionali garantendo l’evoluzione di competenze e conoscenze manageriali – ha concluso Sposato – che portano a ruoli di gestione e direzione delle strutture».

Sono questi alcuni temi importanti affrontati ed è questa la direzione in cui andare se si vuole «davvero cambiare il paradigma della sanità regionale e nazionale». (rcs)

Sposato (Opi CS): Ospedale e Pronto soccorso di Cosenza disorganizzati

«Ao e Pronto soccorso di Cosenza disorganizzati. Si rischia il 10% in più di morte dei pazienti». È questo l’allarme lanciato da Fausto Sposato, presidente dell’Ordine degli Infermieri Cosenza, che ha ribadito che «il sistema sanitario è già saltato. Non è più possibile andare avanti in queste condizioni. Pochissimi infermieri ed operatori sanitari, reparti accorpati, graduatoria ormai esaurita senza alcun concorso all’orizzonte».

«Ed un Pronto soccorso al collasso – ha aggiunto –. Dove sono stati finora i commissari? Dov’è il nuovo? Che fine hanno fatto i Dipartimenti sanitari? Un rischio enorme, anche per i cittadini ed i pazienti. Ed una percentuale di mortalità superiore del 10%».

«Il rapporto, qui – ha spiegato Sposato – parla di un infermiere ogni 12 pazienti mentre la media europea è di uno a sei. È dunque evidente la mancanza di personale. Chi ha amministrato finora non è stato lungimirante per nulla. Al Pronto soccorso di Cosenza lavora un terzo del personale necessario. La situazione in tutta la provincia non è diversa. La sanità territoriale non riesce a fare filtro ed ai cittadini viene negato il diritto anche ad una semplice risposta».

Facile, per Sposato, ricordare le forti prese di posizione dei mesi e degli anni addietro. «Bastava seguire i nostri consigli per non arrivare ad una situazione non più risolvibile. L’innalzamento dei contagi rende più critica la quotidianità, mentre il personale non ce la fa più. Il commissario si assuma tutte le responsabilità del caso: ci sono i soldi per procedere a nuove assunzioni con avvisi pubblici? Si proceda. Devono essere pagati straordinari e premi Covid mai percepiti dai colleghi? Si faccia. Siamo stufi di pagare il malfunzionamento del sistema intero».

L’Opi di Cosenza «non ha mai fatto becero populismo ma raccontato – sempre – la realtà. Se, oggi, molti infermieri scappano letteralmente dal posto pubblico, attraverso quota 100, non è una sorpresa per noi. Se si consente di aumentare ancora l’emigrazione sanitaria verso il Nord non è più una notizia».

«La sanità – ha proseguito ancora – che non programma non serve a nulla. Persistono pazienti che hanno altre patologie che non vengono seguiti. E ci sono operatori che hanno diritto alle loro ferie e ad orari di servizio normali. Viviamo invece momenti drammatici che inevitabilmente si ripercuotono sui cittadini».

«In più – ha assicurato il presidente Opi – la rabbia maggiore è che poi gli operatori sanitari, oltre al carico di lavoro massacrante, ricevono persino minacce dai pazienti per le mancate risposte. L’errore nasce a monte: la fase di commissariamento non ha pagato né paga. Sono state messe a capo dell’intero sistema persone incapaci di gestire così tante problematiche. Noi infermieri siamo i difensori dei pazienti ma la situazione orma è sfuggita di mano».

«È tempo di cambiare e dare risposte – ha concluso –. Ci hanno definito eroi ed ora siamo diventati carne da macello e come merce di scambio per coprire questa o quella emergenza. Sul tavolo sono pronte le nostre idee ma se nessuno continua a non ascoltarci ed al timone si continua a perseverare con persone sbagliate non intravediamo nulla di buono. Per tutti». (rcs)

TRISTE PRIMATO DEI VIAGGI DELLA SALUTE
60% DEI CALABRESI MALATI SI CURA FUORI

In Calabria, purtroppo, non c’è solo una fuga di giovani cervelli, ma anche di malati oncologici: il 60% sceglie, infatti, di curarsi in un’altra Regione, generando un debito pari a ben 220 milioni di euro a carico del sistema sanitario regionale. È quanto è emerso dalla ricerca condotta da Demoskopika nel report Indice di Performance Sanitaria relativo al 2019, che ha rilevato come 120mila nuclei familiari  a non potersi curare perché impossibilitati da una rilevante condizione di disagio economico e sociale.

«La nostra indagine annuale – si legge nel report – conferma la persi stente disparità tra l’offerta sanitaria presente al Nord rispetto a quel la erogata nel Mezzogiorno. Un di vario che, ostacolando il diritto al la libertà di scelta del luogo in cui curarsi, genera un circuito imposto di ricoveri che alimentano costantemente la migrazione sanitaria. Un fenomeno che oltre rendere la vita impossibile a chi è costretto a curar s i fuori dal proprio sistema sanitario regionale, lo condanna a una preoccupante schiavitù sanitaria dai connotati irreversibili e devastanti . È del tutto evidente che per il Mezzogiorno rappresenti, in assoluto, l’emergenza principale per affrontare la quale non sono più sufficienti provvedimenti spot ma una vera e propria terapia shock».

Nel 2019, infatti, nella sola Calabria – secondo i dati forniti da Agenas – sono stati effettuati oltre 5mila ricoveri extra-regionali di tipologia chirurgico-oncologica, registrando un indice di fuga, pari al 2,8 per cento, tra i peggiori del Paese.

Sempre nella ricerca condotta da Demoskopika, il sistema sanitario della Calabria si posiziona con 89,1 punti, mentre per quanto riguarda il livello di soddisfazione per i vari aspetti del ricovero, è di 83,3 punti.

Un aspetto preoccupante, sempre rilevato da Demoskopika, è la diffidenza, da parte dei meridionali, di curarsi al Sud: «e a guadagnarci, oltre 1,1 miliardi di euro sono Lombardia, Emilia Romagna e Veneto». «In particolare, con un indice medio di “fuga”, pari al 10,7%, che misura, in una determinata regione, la percentuale dei residenti ricoverati presso strutture sanitarie di altre regioni sul totale dei ricoveri s ia intra che extra regionali, il Sud s i colloca in fondo per attrattività sanitaria dopo le realtà regionali del Centro con un indice di fuga pari all’8,8% e del Nord (6,8%). Ciò significa che, nei 12 mesi del 2017, la migrazione sanitaria dalle realtà regionali del meridione può es sere quantificabile in oltre 319 mila ricoveri». In particolare, per la Calabria, «quale s i s tema più penalizzato, che a fronte di poco meno di 55 mila ricoveri fuori regione, ha maturato un debito pari a oltre 274 milioni di euro».

Di questo grave fenomeno, si discuterà oggi alle 14.30, in un webinar Migrazione sanitaria e tumori: spesa, stime e disagi socioeconomici ideato e coordinato dal Magnifico Rettore dell’università Magna Grecia di Catanzaro, Giovambattista De Sarro e supportato dall’azienda farmaceutica Merck. «L’obiettivo dell’incontro – ha dichiarato il Rettore De Sarro – è quello di individuare un percorso condiviso con gli stakeholder del comparto della salute calabrese mirato prioritariamente a mitigare il preoccupante fenomeno migratorio. Tra gli strumenti da mettere in campo per attivare sinergie ispirate alla massima concretezza, l’attivazione di tavoli tecnici tra medicina territoriale, oncologi e istituzioni regionali che potrebbero generare un alto valore aggiunto in direzione di un processo di ottimizzazione della reta oncologica e di implementazione del registro tumori regionale».

Rappresentati istituzionali, medici, esperti si confronteranno sulla condizione attuale dei pazienti oncologici, sulle perfomance del sistema sanitario calabrese e sui possibili scenari. E, ancora, sarà l’analisi della migrazione sanitaria ad alimentare un approccio dell’evento assolutamente concreto, alla luce dei dati allarmanti.

È prevista la partecipazione del presidente reggente della Regione Calabria, Nino Spirlì, del presidente della commissione Sanità della Regione Calabria, Baldo Esposito, del componente della commissione Affari Sociali alla Camera, Massimo Misiti, del commissario ad acta, Guido Longo, del dirigente generale reggente del dipartimento della Tutela della salute, Giacomino Brancati, della dirigente farmacista del settore farmaceutico, Simona Mirarchi e del presidente di Demoskopika, Raffaele Rio. Prevista, infine, anche la partecipazione presenti anche i commissari dalle aziende sanitarie e ospedaliere, oncologi, chirurghi, farmacisti , Ordine dei medici, rappresentanti di società scientifiche e associazioni che operano sul territorio a supporto dei malati. (rrm)

Programma_Webinar_Migrazione_Sanitaria