Stop alla violenza sulle donne: serve una rivoluzione culturale

di ANNA COMI – Il 25 novembre, come ben sappiamo è la giornata contro la violenza maschile sulle donne e già questa denominazione è un invito alla riflessione. Se parliamo di violenza maschile e non semplicemente di violenza, è perché le parole contano: non sono mai neutre, dicono chi agisce e chi subisce, e ci obbligano a guardare in faccia la realtà.

Che la violenza sulle donne sia soprattutto una questione maschile ce lo ricorda l’indagine dell’Istat  pubblicata qualche giorno fa. L’indagine,  denominata “Sicurezza delle donne”, è uno strumento di rilevazione che, attraverso interviste rivolte a un campione rappresentativo di donne, permette di conoscere l’ammontare delle vittime della violenza maschile, includendo anche le esperienze subite e mai denunciate alle autorità (“sommerso della violenza”).

Secondo il report sono circa 6 milioni e 400mila (il 31,9%) le donne italiane dai 16 ai 75 anni di età che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita (a partire dai 16 anni di età). Il 18,8 ha subìto violenze fisiche e il 23,4% violenze sessuali; tra queste ultime, a subire stupri o tentati stupri sono il 5,7% delle donne.

La violenza contro le donne quindi non è – e non è mai stata – un “problema femminile”.

È una questione maschile, di potere, di linguaggi, di modelli educativi, di cultura profonda che attraversa le relazioni e il modo in cui la nostra società continua a rappresentare il ruolo di uomini e donne.

Proprio per questo, il cambiamento non può essere delegato esclusivamente alle donne, né può essere raccontato come un percorso individuale. È un cambiamento che riguarda soprattutto gli uomini di tutte le età: il loro modo di guardare alle relazioni, la capacità di riconoscere la violenza nelle sue forme più sottili, la responsabilità di costruire modelli diversi da quelli ereditati.

In questo senso tornano alla mente le parole pronunciate dal ministro Carlo Nordio: “La parità non è nel DNA dei maschi.”

Una frase che, oltre a essere scientificamente infondata, è politicamente pericolosa: come se la disuguaglianza fosse una caratteristica naturale e non il prodotto di secoli di cultura patriarcale.

Per noi è una lettura fuorviante, quasi una resa: la parità non appartiene al DNA, appartiene all’educazione, alle scelte collettive, alla responsabilità sociale.

Attribuire alla biologia ciò che nasce dalla cultura significa togliere agli uomini – e alla società – la possibilità e il dovere di cambiare.

La parità di genere continua ad essere una costruzione quotidiana, difficilissima, che richiede consapevolezza e responsabilità soprattutto da parte degli uomini.

La nostra storia italiana ce lo ricorda con forza.

Franca Viola, nel 1965, rifiutò il matrimonio riparatore dopo essere stata vittima di uno stupro. Quel rifiuto fu un gesto rivoluzionario, uno degli atti fondativi dell’Italia moderna. Ma pochi ricordano che Franca non fu lasciata sola: al suo fianco c’era suo padre, che si oppose alla famiglia del violentatore, alle pressioni sociali, scegliendo la dignità della figlia.

In un’Italia in cui lo stupro era considerato un delitto “contro la morale” e non contro la persona, la scelta di Franca Viola aprì la strada all’abolizione del matrimonio riparatore e – anni dopo – a una nuova consapevolezza sociale.

Quella vicenda ci dice una cosa fondamentale: per cambiare la cultura servono uomini che abbiano il coraggio di schierarsi.

Uomini che si assumano il peso del proprio ruolo nella trasformazione sociale.

Uomini che sappiano intervenire nelle relazioni, nei linguaggi, nei silenzi.

Uomini che riconoscano i privilegi che la cultura assegna loro e scelgano di usarli per smontare la violenza, non per perpetuarla.

Ogni 25 novembre ci ricordiamo che non basta indignarsi dopo un femminicidio.

Serve un lavoro quotidiano: nelle scuole, nelle famiglie, nelle istituzioni, nei luoghi di lavoro, nelle comunità.

Serve una rivoluzione culturale che sappia includere gli uomini come parte attiva, responsabile e consapevole.

Crediamo sia fondamentale educare all’affettività: per questo sosteniamo l’introduzione dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, come strumento di consapevolezza, rispetto e prevenzione della violenza di genere.

Come Quote Rosa, crediamo che questa rivoluzione sia possibile e che debba cominciare da un cambiamento dello sguardo, delle parole e dei modelli che lasciamo alle future generazioni. (ac)

(Presidente Associazione

culturale Quote rosa)

CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE AGIRE
SUBITO AL PRIMO SINTOMO O SOSPETTO

di ANNA COMI – Venticinque novembre, ed è ancora violenza. Sono 97 le vittime di femminicidio dallinizio dellanno ad oggi. Nel nostro paese, ogni 3 giorni una donna viene uccisa dalluomo con cui ha una relazione o da un ex partner.  La violenza maschile contro le donne non fa distinzione di classe sociale o provenienza geografica. È un fenomeno trasversale, radicato e che riguarda tutte.

Quella che stiamo vivendo è una ecatombe silenziosa e quotidiana che mette in evidenza un sistema incapace di proteggere e educare. Gli strumenti normativi esistono ma è evidente che non bastano. Le donne continuano a morire di femminicidio, e non solo. È notizia di qualche giorno fa larresto di un uomo, in provincia di Reggio Calabria, colto in flagranza del reato di violenza sessuale ai danni di una ragazza di 16 anni: la Calabria si trova ad affrontare una situazione preoccupante riguardo alla violenza di genere, con dati che riflettono un’incidenza elevata rispetto alla media nazionale.

È vero che nellanno in corso non si è verificato alcun femminicidio nella nostra regione ma, se guardiamo i dati degli ultimi anni, possiamo affermare senza ombra di dubbio che i femminicidi in Calabria si mantengono costanti. Sono 16 casi registrati nei cinque anni precedenti. Secondo lIstat la provincia di Cosenza è quella con la maggiore incidenza (7 casi), seguita da Catanzaro (4) e Reggio Calabria (3). Questo tasso, superiore alla media nazionale, evidenzia una problematica diffusa su tutto il nostro territorio regionale.

Secondo i dati nazionali, il 31,5% delle donne italiane tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale nella propria vita. Non ci stancheremo mai di sottolineare che la violenza è, nella maggior parte dei casi, perpetrata da partner o ex-partner. In Calabria, come altrove, oltre alla violenza fisica, sono comuni violenze psicologiche, economiche e atti persecutori, spesso protratti nel tempo.

I dati del servizio nazionale 1522 mostrano che molte vittime segnalano violenza psicologica (37,9%-42,9% nei trimestri del 2024), seguita da quella fisica e da minacce persistenti. La violenza psicologica, legata alla violenza economica, purtroppo è abbastanza radicata nei nostri territori e si manifesta attraverso il controllo delle risorse economiche della donna, limitandone l’indipendenza e la capacità di prendere decisioni autonome. Il non avere una indipendenza economica è un ostacolo all’emancipazione delle donne, impedendo loro di uscire da relazioni abusive e maltrattanti per la mancanza di risorse economiche.

La violenza economica e la disoccupazione femminile in Calabria sono due temi strettamente interconnessi e rappresentano una parte significativa del divario di genere e delle difficoltà socio-economiche che caratterizzano la regione.

Non dimentichiamoci che la Calabria registra tassi di disoccupazione femminile tra i più alti d’Italia e d’Europa.

La disoccupazione femminile alimenta la violenza economica perché la mancanza di indipendenza finanziaria rende difficile alle donne rompere il ciclo della violenza. In molti casi, le donne calabresi che subiscono violenza economica non possono permettersi di lasciare il partner perché hanno difficoltà a trovare un’alternativa abitativa per loro e per i propri figli. E questo accade anche per tutte quelle donne che lavorano con contratti part-time, o a tempo determinato, o con contratti atipici senza alcuna forma di assistenza.

È necessario pertanto che la politica calabrese si adoperi affinché anche le donne calabresi possano avere libero accesso al mercato del lavoro tentando così di diminuire quel tasso di disoccupazione femminile e giovanile, vera piaga della nostra terra.

Sul piano della violenza, nonostante gli sforzi, la nostra regione evidenzia criticità nei servizi di prevenzione e supporto. Le forze dellordine, delle quali è necessario evidenziare il costante impegno, risultano sottodimensionate, e vi è un bisogno urgente di potenziare i centri antiviolenza e le case rifugio nonché iniziare delle campagne di sensibilizzazione rivolte a tutti i cittadini, in particolar modo ai giovani. Leducazione al rispetto e allaffettività nelle scuole e nelle università è ritenuta fondamentale per un cambiamento culturale a lungo termine.

È da tempo che ribadiamo limportanza dei consultori familiari. I consultori sono dei presidi importanti sul territorio che, se messi nelle condizioni, sono in grado di intercettare casi di violenza domestica e giovanile.

Tutto ciò necessita di impegni finanziari importanti da parte della politica calabrese che deve adoperarsi per trovare le risorse necessarie al buon esito degli intenti.

Parliamo di cambiamento culturale perché, in passato, il ruolo delle donne è stato spesso definito da norme patriarcali, con una forte enfasi sull’onore della famiglia, un concetto che storicamente ha reso le donne custodi di un ideale di purezza e obbedienza nonché di sottomissione. In questo contesto, atti di controllo, gelosia e persino violenza sono stati talvolta giustificati come strumenti per “proteggere” o “preservare” questo onore. È necessario decostruire gli stereotipi di genere  e  superare certi retaggi culturali. Bisogna far capire quindi, alle giovani generazioni che gesti di gelosia, di controllo ossessivo, anche del cellulare, la denigrazione, la limitazione della libertà,  nulla hanno o devono avere a che fare con una relazione affettiva che piuttosto deve porre le basi sulla fiducia e il rispetto reciproco.

In questo contesto di numeri e statistiche, è “confortanteil dato Istat che ha registrato un incremento dell83% di richieste di aiuto. Confortanteperché indica che le donne stanno acquisendo una maggiore consapevolezza sulla questione e sempre una maggiore fiducia nei confronti delle istituzioni ma sopratutto fiducia in tutta quella rete di solidarietà che nasce dalle donne per le donne.

Non dobbiamo infatti dimenticare di citare e ringraziare tutte quelle associazioni, fatte da volontarie,  che operano sul territorio e sono il cuore pulsante di una intera comunità, animate da una passione instancabile che trasforma solidarietà e impegno in gesti concreti di aiuto e speranza. Per le donne. Per tutte noi. (ac)

[Anna Comi è Coordinatrice Cpo Uil Calabria]

Dire denuncia iter pericolosi per la presa in carico delle donne vittima di violenza

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza Dire – Donne in rete contro la violenza della Calabria denuncia iter pericolosi per la presa in carico delle donne vittima di violenza in una lunga nota.

Il Coordinamento dei centri antiviolenza della Calabria afferenti a Dire – Donne in rete contro la violenza – organizzazione nazionale che raccoglie oggi in Italia 106 Cav, 62 Cr, con 20.711 donne accolte e 2874 attiviste, «prende atto di una grave situazione: ci sono centri antiviolenza in Calabria – come l’associazione “Astarte” di Catanzaro – che stanno portando avanti progetti di accoglienza delle donne e minori vittime di violenza non conformi con le procedure nazionali e internazionali, quali la Conferenza Stato Regioni del 2022 e la Convenzione di Istanbul».

«La violenza di genere non deve essere affrontata come questione emergenziale – è scritto in una nota – bensì come fenomeno strutturale e culturale radicato nella società e ciò ha bisogno di progetti condivisi e di politiche integrate. È fondamentale evidenziare che esiste a livello nazionale una specificità della metodologia di accoglienza dei Centri Antiviolenza e delle Case Rifugio basata su un approccio e su una metodologia di genere, non giudicante e sulla co- costruzione di un percorso definito insieme alle stesse donne, applicando il principio di autodeterminazione (nel rispetto dei loro tempi) , della massima riservatezza e anonimato.
La “presa in carico” della donna e dei minori vittime di violenza deve essere gestita da donne qualificate e formate, presenti nei centri antiviolenza e nelle case rifugio, già autorizzati e riconosciuti a livello istituzionale, e non può essere demandata a soggetti terzi, quali le Famiglie affidatarie, e i Single forniti di sola buona volontà, come previsto dal progetto “Regalami un sorriso” comunicato dall’associazione Astarte di Catanzaro».

Continua la nota: «Le motivazioni alla base di tutto ciò sono molteplici: Sicurezza e protezione: Le donne vittime di violenza si trovano spesso in situazioni di grave pericolo. Solo chi è qualificato è in grado di predisporre la procedura della valutazione del rischio e di mettere in atto le misure necessarie per garantire la sicurezza e la protezione delle stesse donne e dei minori. Comprensione del trauma: La violenza di genere è un trauma complesso che ha effetti devastanti sulla salute e sulla vita di una donna. Solo chi è qualificato è in grado di comprendere la natura del trauma e di fornire un supporto adeguato e ciò al fine di elaborare il vissuto violento delle donne. Empatia e rispetto: Le donne vittime di violenza hanno bisogno di essere ascoltate e credute. Solo chi è qualificato è in grado di creare un ambiente sicuro e di fiducia attraverso la tecnica “dell’ascolto attivo”. Professionalità e competenza: La presa in carico delle donne e dei minori vittime di violenza di genere richiede formazione e competenze specifiche a livello psicologico, legale, medico e sociale.
Nessuno mette in dubbio la buona volontà di fare del bene e aiutare le donne vittime di violenza da parte di molti, ma bisogna distinguere il voler far del bene rispetto al saper far bene che presuppone formazione, competenze ed esperienza convalidata a livello nazionale».

«Si tratta perciò di predisporre percorsi che abbiano una coerenza con le norme esistenti, con le procedure accreditate e già definite per aiutare le donne e i minori vittime di violenza – prosegue la nota – Accogliere una donna implica dover avviare un “progetto” dedicato, individualizzato, di aiuto concreto, adeguatamente e costantemente supportato stante la loro vulnerabilità, al fine di recuperare la propria autostima, l’empowerment e la propria indipendenza; inoltre la presenza di minori, vittime di violenza assistita, richiede ulteriori azioni specifiche da dover mettereinatto. Non si può delegare l’accoglienza della donna e dei minori in fase emergenziale alla permanenza presso una famiglia affidataria priva delle competenze, ciò può solo portare che ritornino sui loro passi o che vengano ri-vittimizzate. Non si tratta di mettere in atto la semplice buona volontà o l’accoglienza, quanto piuttosto di operare efficacemente con gli strumenti predisposti e conosciuti dai centri antiviolenza e dalle case rifugio».

«Stupisce – conclude – che gli organismi donatori non abbiano effettuato una analisi approfondita, valutando la pertinenza del progetto rispetto a quelle che sono le norme nazionali in vigore. In ultimo da evidenziare è la situazione di grave rischio e pericolo per la donna e i minori con le possibili reiterazioni dei comportamenti violenti da parte degli autori maltrattanti che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza delle stesse ed estendersi e gravare sulla famiglia accogliente». (rcs)

Violenza sulle donne, il Consiglio regionale promuove la campagna per l’utilizzo del numero telefonico 1522

Il Consiglio regionale promuove la campagna della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità per l’utilizzo, da parte delle donne vittime di violenza, del numero telefonico 1522.

Sulla homepage del sito istituzionale, infatti, è visibile il banner del numero telefonico antiviolenza e stalking 1522, gratuito e attivo 24 ore su 24 e accessibile sia da rete fissa sia mobile. Cliccando sull’icona del numero 1522 si accede direttamente alla pagina web del servizio (https://www.1522.eu/) promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità che accoglie, con operatrici specializzate, le richieste di aiuto e sostegno delle donne.

Le operatrici telefoniche dedicate al servizio offrono, con assoluta garanzia di anonimato, una prima risposta ai bisogni delle vittime di violenza di genere e stalking, dando informazioni utili sui servizi socio-sanitari e sui centri antiviolenza presenti sul territorio nazionale, di cui la pagina web 1522 fornisce la mappatura aggiornata.

«Attraverso tale iniziativa, raccomandata dal ministro Zangrillo nella direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2023 , quest’Istituzione – ha spiegato il presidente Filippo Mancuso – intende dare visibilità a uno strumento concreto per contrastare il fenomeno della violenza di genere, incentivarne l’emersione e supportare le donne in difficoltà». (rrc)

 

Violenza sulle donne, Bo Guerreschi denuncia violenza sessuale in una struttura psichiatrica

Bo Guerreschi, presidente dell’Ong internazionale “bon’t worry”, denuncia un fatto di cronaca gravissimo: la violenza sessuale di una paziente in una struttura del cosentino.

«Non può rimanere nell’ombra una violenza sessuale avvenuta di recente in una struttura di riabilitazione psichiatrica del Cosentino, a danno di una paziente che era lì ricoverata. Nonostante la nostra segnalazione con un’informativa immediata e il pronto intervento dei carabinieri, sempre solerti, specie davanti a situazioni di tale delicatezza, purtroppo la vittima non è stata ancora ascoltata, a distanza di oltre un mese dall’episodio», dice la presidente di “bon’t worry” che assiste e tutela i diritti fondamentali e la dignità delle persone colpite da abusi e violazioni di legge.

«A seguito del fatto, sono sensibilmente peggiorate – precisa la presidente di “bon’t worry” – le condizioni di salute mentale della vittima, la quale doveva essere sentita entro tre giorni, come previsto dalla normativa vigente. Il tempo continua a passare in un immobilismo inquietante, che ci ha spinto a informare l’opinione pubblica a mezzo stampa. Peraltro, è scandaloso – sottolinea Guerreschi – che in una struttura preposta al recupero di pazienti psichiatrici e finanziata dal Servizio sanitario, quindi dai contribuenti, possano avvenire vicende del genere, per di più a fronte di precedenti comunicazioni formali di uno stato di pericolo, del tutto ignorate dalla struttura in argomento, e in una regione come la Calabria, che con impegno e fatica sta tentando di uscire da un lungo disastro nell’ambito della sanità».

«Confidiamo che questa nostra denuncia pubblica consenta di fare luce sulla vicenda, di gravità inaudita, che era giusto portare all’attenzione nazionale e si aggiunge ai troppi casi denunciati che finiscono in silenzi assordanti e attese imperdonabili. La giustizia, unico mezzo per la tutela del cittadino, troppe volte manca. È un problema enorme, che – conclude Guerreschi – non può continuare ad esistere». (rcs)

Celebrata la giornata contro la violenza sulle donne a Longobucco

di ANTONIO LOIACONO – Un minuto di rumore ha aperto la manifestazione “L’amore non alza le mani… ti prende per mano” tenutasi e moderata da Rosa Brunetti, studentessa universitaria, il 25 novembre a Longobucco, in occasione della giornata internazionale contro il femminicidio. Promossa dall’associazione V.E.S.C.A., sodalizio del luogo, l’evento, svoltosi nell’aula consiliare del Comune sul Trionto, ha rappresenta un importante passo avanti nella sensibilizzazione e nella lotta contro la violenza di genere offrendo un’opportunità unica per riflettere sulle cause profonde della violenza contro le donne, per promuovere un cambiamento positivo nelle nostre comunità e combattere il femminicidio attraverso la consapevolezza e l’azione!

Il tema “L’amore non alza le mani… ti prende per mano” sottolinea l’importanza di riconoscere e promuovere relazioni sane e rispettose all’interno della società. Troppo spesso, la violenza domestica e il femminicidio sono il risultato di dinamiche relazionali disfunzionali e dannose, in cui l’amore diventa distorto e tossico. Il focus dell’evento è stato mirare a contrastare questa realtà, offrendo un messaggio positivo e costruttivo sull’amore e sul rispetto reciproco. La lotta contro il femminicidio e la violenza di genere richiede un impegno collettivo. In primo luogo, è fondamentale promuovere la consapevolezza e l’istruzione su questi temi, in modo che le persone possano riconoscere i segnali di allarme e intervenire tempestivamente in situazioni di pericolo. Inoltre, è cruciale che le istituzioni e le autorità competenti adottino politiche e misure efficaci per proteggere le vittime e perseguire i responsabili di atti violenti!

«Eventi come “L’amore non alza le mani… ti prende per mano” – ci dichiara la segretaria dell’Associazione V.E.S.C.A., avv. Luigina Diletto – forniscono un’importante piattaforma per coinvolgere la comunità, promuovere la consapevolezza e raccogliere fondi per sostenere le vittime di violenza di genere. Inoltre, incoraggiano un dialogo aperto e onesto su questioni spesso trascurate e stigmatizzate, spingendo la società verso un cambiamento positivo e duraturo. Per sconfiggere il femminicidio e la violenza di genere, è necessario un impegno a lungo termine da parte di tutti i settori della società. Dobbiamo lavorare insieme per creare un mondo in cui tutte le persone, indipendentemente dal genere, possano vivere liberamente e in sicurezza. Questo implica non solo rispondere alle conseguenze della violenza di genere ma anche affrontare le radici profonde di tale comportamento, inclusi stereotipi di genere dannosi, disuguaglianza economica e sociale, e mancanza di accesso a risorse e supporto. Le manifestazioni come “L’amore non alza le mani… ti prende per mano” svolgono un ruolo fondamentale nell’educare le persone su tali questioni e nell’ispirare azioni concrete. Attraverso la sensibilizzazione e la mobilitazione della comunità – conclude Luigina Diletto – possiamo promuovere una cultura che valorizzi l’uguaglianza, il rispetto e la dignità di ogni individuo».

L’associazione V.E.S.C.A. e coloro che hanno partecipato all’organizzazione dell’evento, hanno dimostrato un impegno straordinario nel combattere il femminicidio e promuovere relazioni sane e rispettose. Il loro lavoro è fondamentale per creare un impatto positivo sulle vite di coloro che sono vulnerabili alla violenza di genere e per promuovere un futuro in cui ogni persona possa vivere senza paura di abusi o discriminazioni. In conclusione, “L’amore non alza le mani… ti prende per mano” è un potente richiamo all’importanza di relazioni basate sull’amore, sul rispetto e sull’uguaglianza. Questo evento e altri simili, sono un passo significativo verso la creazione di comunità sicure e inclusive in cui le donne e le persone di tutti i generi possano vivere libere dalla minaccia della violenza. Attraverso la consapevolezza, l’educazione e l’azione collettiva, possiamo lavorare insieme per eliminare il femminicidio e costruire un futuro migliore per tutti.

Alla manifestazione hanno partecipato, oltre che le istituzioni locali, anche le ragazze dell’Istituto di Longobucco le quali, sotto l’attenta guida della professoressa Iolanda Volpone, hanno letto delle poesie, presenti anche le allieve della scuola di danza Art Dance, di Giovanna Ioele, che con le loro danze hanno emozionato i presenti. Messaggi di buon lavoro sono giunti alla VESCA da parte di chi non ha potuto essere presente. Il tutto si è concluso con la presentazione dell’opera pittorica realizzata da Natalino Scino, “Bellezza calpestata”, un murale in Via Martini (adiacente a Piazza Matteotti): un altro “asterisco” artistico che impreziosisce la città di Themesen. (rcs)

Cuzzupi (Ugl Scuola): «La violenza sulle donne non è solo quella che finisce nel sangue»

Il Segretario Nazionale Ugl Scuola nonché Presidente dell’Osservatorio contro le discriminazioni nei luoghi di lavoro della regione Calabria, Ornella Cuzzupi, partecipando al convegno “Come un fiore” tenutosi oggi a Gioia Tauro in occasione della Giornata Internazionale contro le violenze sulle donne a margine della manifestazione ha tenuto a ribadire alcuni concetti che invitano a profonde riflessioni.

«Proprio in questi momenti, caratterizzati dall’emozione dovuta ad una tragedia il cui uno degli aspetti più agghiaccianti è dato dall’idea di possesso che ha mosso il carnefice, occorre avere la giusta lucidità per analizzare il problema e cercare di individuarne rimedi e, come ho detto poco fa, gli anticorpi necessari. In tale ottica – continua Cuzzupi – accanto alla condanna e alla rabbia occorre si creino le condizioni affinché tali fenomeni non avvengano e non ci riferiamo esclusivamente a quelli caratterizzati dalla bieca violenza ma anche a quelli molto più subdoli e difficili da identificare come, ad esempio, la discriminazione sui luoghi di lavoro e in famiglia».

Ornella Cuzzupi torna ancora una volta sulla necessità che a scaturire le contromisure necessarie sia proprio il sistema sociale moderno: «Sembra anacronistico, eppure ancora oggi siamo spesso al cospetto di considerazioni legate unicamente al genere e le normative servono a poco se, chi subisce, ha paura di rivelarlo perché conscio del rischio che corre. Un rischio terribile, che segna, che lede la dignità come un coltello di fuoco sulla pelle e forse anche peggio. Penso agli alibi tesi a screditare le vittime creati per tentare di “giustificare” l’accaduto o, peggio ancora, per plasmare il terreno idoneo ad agire. Potremmo continuare per ore, ma in realtà la violenza sulle donne è il peggior segnale del degrado che si nasconde tra le pieghe della nostra società. Occorre che sin dalla tenera età la violenza sulle donne, così come per ogni altro essere umano, appaia come la negazione del valore della vita e offesa verso l’intelligenza. Su tale aspetto un sincero plauso va al Ministro Valditara impegnato in maniera decisa e convinta affinché l’istituzione scolastica assuma un rilievo d’assoluta importanza per l’educazione al rispetto della persona di qualunque genere sia. Così come meritano il dovuto rispetto quegli organismi virtuosi, come l’Osservatorio contro le discriminazioni nei luoghi di lavoro istituito in Calabria allo scopo di eliminare qualsivoglia forma di abuso o prevaricazione, che sono chiamati a vigilare, analizzare e cercare di accompagnare la società verso un orizzonte più giusto».

«Le donne – prosegue Cuzzupi – non hanno bisogno di quote garantite, le donne non desiderano corsie preferenziali, le donne vogliono che ad esse siano riconosciute le stesse, uguali, medesime, prerogative degli uomini. Nulla di più, nulla di meno!». (rrm)

CALABRIA, VIOLENZA SULLE DONNE: TROPPI
REATI SPIA: SERVE PREVENIRE, NON CURARE

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La giornata internazionale contro la violenza sulle donne trova, anche in Calabria, una situazione alquanto inquietante. Difatti, pur in presenza di un elevato numero di casi di violenza, tutto lascia supporre che siano ancora moltissime le donne che non denunciano maltrattamenti e violenze soprattutto in ambito familiare. La nostra regione è sopra la media nazionale per i “reati spia” quali stalking e maltrattamenti contro familiari e conviventi e per i femminicidi; mentre è sotto la media nazionale per il reato di violenze sessuali.

Secondo i dati Istat sugli accessi ai pronto soccorso per motivi di violenza la Calabria è tra i più bassi indici di incidenza d’Italia, ma, secondo la stessa nota Istat, i dati della Calabria non sono correttamente pervenuti. L’indice di femminicidi (0,33), superiore a quello medio italiano, va considerato come un indicatore importante sia della diffusione del fenomeno e sia della insufficienza del sistema di prevenzione, sostegno e protezione della donna e dei figli/e.

È il quadro sconfortante emerso nel corso degli Stati Generali sulla violenza di genere, svoltosi nei giorni scorsi in Consiglio regionale. Ginestra è stato il titolo dato all’evento, teso a significare il concetto chiave della resilienza e del coraggio delle donne che si affrancano dalla morsa maschile.

Lo stesso presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, nel suo messaggio di apertura ha ribadito la necessità di «interventi preventivi e immediati, soprattutto quando si percepiscono segnali di pericolo» per fronteggiare la violenza sulle donne.

«Troppe volte le donne denunciano – ha detto – e le denunce vengono sottovalutate o si interviene a dramma consumato. Le leggi devono essere severe, ma anche efficacemente applicate. C’è bisogno che le Istituzioni valutino costantemente l’efficacia delle politiche e dei servizi messi in atto, perché solo attraverso una valutazione continua possiamo migliorare le nostre risposte».

Per Mancuso, poi, il testo di legge approvato in Senato «è un ottimo segnale, perché si individuano risorse destinate alla formazione di tutti i soggetti che sono coinvolti nelle dinamiche della violenza sulle donne, agendo anche sulla dimensione culturale, in un’ottica di prevenzione della violenza che risalga alla radice del problema».

«L’Italia – secondo l’indice di uguaglianza di genere 2023 dell’EIGE/ – ha recuperato terreno da molti punti di vista – ha proseguito il presidente del Consiglio regionale – ma contro la violenza sulle donne resta ancora molto da fare. I dati, o se vogliamo ‘numeri della vergogna’,  in possesso del Ministero dell’Interno sulla violenza alle donne sono allarmanti. Anche la Calabria, in queste tragiche statistiche, conta le sue vittime».

«Secondo il Viminale dal 2020 ad oggi si contano 17 femminicidi nella regione – ha detto ancora – di cui gli ultimi due nel 2023. E poi ci sono le violenze sessuali che contano numeri importanti, senza riferirsi al cosiddetto ‘numero oscuro’ rappresentato dalla miriade di episodi di soprusi e violenze che subiscono le donne e che non vengono denunciati alle autorità per paura, pudore, sudditanza. Ma che chiariscono quanto sia diffuso in Calabria un fenomeno che riflette il retaggio arcaico che vuole la donna succube del maschio».

Mancuso, infine, ha ribadito la disponibilità «del Consiglio regionale a mettere a disposizione, in questa battaglia di civiltà, le proprie prerogative legislative”, ma auspica “che ogni impegno su questo fronte possa trasformarsi in azioni tangibili».

«Come il ‘Protocollo d’intesa’ sostenuto da questa Presidenza – ha ricordato – da sottoscriversi nei prossimi giorni fra l’Aterp (Azienda per l’edilizia residenziale pubblica della Regione) e l’Osservatorio del Consiglio, per offrire soluzioni alloggiative alle donne vittime di violenza e ai loro figli, prevedendo la loro collocazione e il recupero di una quotidianità lontana dagli abusi. L’obiettivo è mettere a sistema un percorso virtuoso, per scongiurare tragedie familiari e dare continuità all’azione a tutela delle donne. Dobbiamo esigere un impegno deciso da parte di chi ha il potere di fare cambiamenti significativi».

«Dobbiamo realmente tendere la mano a queste donne che non hanno il coraggio – ha ribadito – i mezzi e spesso neanche la necessaria sensibilizzazione per dire basta alla violenza. È un dovere verso i nostri bambini, perché i maschietti non crescano come potenziali assassini né le femmine come vittime predestinate. Essere donna non può diventare una malattia mortale».

«Abbiamo voluto un grande laboratorio, con un orizzonte nazionale, capace di mettere a frutto esperienze, progetti e idee, per quanto ambiziosi. Se non si comincerà a lavorare in seria sinergia investendo sulla parità di genere, sull’educazione emotiva e sentimentale, coinvolgendo così come stiamo facendo oggi, il territorio, le scuole, le istituzioni, i mass-media, continueranno ad esserci vittime predestinate di uomini violenti», ha dichiarato la coordinatrice dell’Osservatorio regionale sulla violenza sulle donne, Giusy Pino.

 La sessione del mattino ha visto l’attuazione di 3 focus group, moderati per l’Osservatorio dal dott. Antonio Goiello, dalla dott.ssa Anna Briante e dall’avv. Giusy Spinella, e la larga partecipazione di esperti nazionali ed addetti ai lavori, dei Centri Antiviolenza e dei funzionari regionali. Gli esiti dei lavori hanno portato ad un’analisi di contesto e monitoraggio del fenomeno, all’individuazione di proposte sui modelli culturali da adottare per contrastare i diversi tipi di violenza agita sulle donne e alla mappatura degli strumenti esistenti e dei benefici economici per favorire l’autonomia e l’empowerment delle donne.

La sessione pomeridiana dei lavori ha visto inoltre la realizzazione di una tavola rotonda, condotta dall’avv. Lucia Lipari, componente dell’Osservatorio regionale sulla violenza di genere, che ha anticipato la sigla di un imminente protocollo d’intesa tra il Consiglio regionale, l’Osservatorio e l’Aterp, finalizzato allo sviluppo di azioni condivise e mirate al sostegno delle donne vittime di violenza e alla loro prole attraverso la concessione di unità abitative di residenza pubblica.

Nel corso dell’attività avviata da un testo in ricordo di Giulia Cecchetin letto da Maria Milasi e scritto da Lucia Lipari, si sono intervallati numerosi interventi di spessore, dal procuratore della Repubblica Giovanni Bombarbieri e il procuratore presso il tribunale dei minorenni reggino, Roberto Di Palma, da remoto la senatrice Susanna Donatella Campione della commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, dal sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita, la dott.ssa Vittoria Doretti per il Ministero della Salute, la dott.ssa Elisabetta Franzoia, responsabile pari opportunità Orfani di femminicidio, Monica Pietropaolo Pres. Ass. “Dai un pugno alla violenza”, dir. nazionale INPS, la prof.ssa Francesca Cuzzocrea per l’Università Magna Graecia, la presidente dell’osservatorio regionale per le discriminazioni sul lavoro, Ornella Cuzzupi, i garanti regionali Luca Muglia, Antonio Marziale e Anna Maria Stanganelli, la dott.ssa Daniela De Blasio per la Commissione Pari Opportunità regionale, il presidente di Confcommercio Lorenzo Labate.

Ornella Cuzzupi, ha ricordato come «questo Osservatorio è nato per rappresentare un punto di riferimento del mondo del lavoro calabrese, ai cui cambiamenti bisogna adeguarsi, facendo leva con l’informazione e la formazione delle aziende, per superare certe disdicevoli pratiche che ancora esistono, e vanno dagli ostacoli agli avanzamenti di carriera fino al licenziamento».

«Azioni – ha aggiunto – spesso nascoste dietro un muro d’omertà… le discriminazioni possono celarsi persino dietro alcuni incidenti sul lavoro”.  L’osservatorio ha di recente iniziato una collaborazione con l’Unar (ufficio nazionale contro le discriminazioni che fa capo alla presidenza del consiglio), una bozza di protocollo d’intesa mirata a contrastare in modo congiunto la discriminazione negli ambienti produttivi, portando la Calabria all’attenzione di palazzo Chigi».

La presidente della Commissione Legalità del Comune di Cosenza, Chiara Penna, intervenendo su delega del sindaco Franz Caruso, ha ribadito la necessità di «fare rete  per proporre azioni concrete e, soprattutto, per agire in via preventiva favorendo l’indipendenza economica delle donne, causa spesso di accettazione di stili di vita che favoriscono contesti maltrattanti».

«È questo quello che in soli due anni, su volontà precisa del sindaco, Franz Caruso, abbiamo cominciato a fare a Cosenza, ottenendo i primi risultati positivi», ha ricordato Penna, parlando in particolare della partecipazione «al tavolo tecnico “Empowerment ed imprenditoria femminile-Strumenti esistenti, benefici e modelli economici per favorire l’autonomia” – dove ho esposto l’esperienza  importantissima dello sportello spazio donna».

«Un progetto proposto dall’assessore Pina Incarnato, su cui ho lavorato anche io insieme all’assessore Veronica Buffone, avviato nel maggio 2022 con l’obiettivo di agevolare i percorsi di autonomia ed emancipazione delle donne in condizione di vulnerabilità, ovvero vittime di violenza economica. In questi mesi l’attività di empowerment dello sportello a sostegno delle donne che vivono una situazione di violenza economica, portata avanti in collaborazione con Spazio Donna Cosenza, gestito dal Moci Cosenza Aps e We World onlus, ha fatto emergere una forte richiesta di aiuto da parte di donne con varie difficoltà, non riconducibili immediatamente ad atteggiamenti di violenza psicologica e di prevaricazione perché spesso camuffati da comportamenti “culturalmente accettati”. La prevaricazione e la sopraffazione psicologica ed economica, infatti, sono forme infide di violenza di genere che occorre combattere per debellarle». (ams)

 

Il presidente Mancuso: Occorrono interventi preventivi e immediati contro violenza sulle donne

«Vista la drammatica sistematicità delle violenze contro la donna, per fronteggiarla occorrono interventi preventivi e immediati, soprattutto quando si percepiscono segnali di pericolo». È quanto ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, all’iniziativa dell’Osservatorio Regionale dal titolo Ginestra/Stati Generali contro la violenza di genere.

«Troppe volte le donne denunciano e le denunce vengono sottovalutate o si interviene a dramma consumato – ha evidenziato –. Le leggi devono essere severe, ma anche efficacemente applicate. C’è bisogno che le Istituzioni valutino costantemente l’efficacia delle politiche e dei servizi messi in atto, perché solo attraverso una valutazione continua possiamo migliorare le nostre risposte».

Mancuso, poi, ha apprezzato il testo di legge votato a Montecitorio e che a breve sarà approvato dal Senato: «è un ottimo segnale, perché si individuano risorse destinate alla formazione di tutti i soggetti che sono coinvolti nelle dinamiche della violenza sulle donne, agendo anche sulla dimensione culturale, in un’ottica di prevenzione della violenza che risalga alla radice del problema».

«L’Italia – secondo l’indice di uguaglianza di genere 2023 dell’Eige – ha recuperato terreno da molti punti di vista, ma contro la violenza sulle donne resta ancora molto da fare. I dati, o se vogliamo ‘numeri della vergogna’,  in possesso del Ministero dell’Interno sulla violenza alle donne sono allarmanti. Anche la Calabria, in queste tragiche statistiche, conta le sue vittime. Secondo il Viminale dal 2020 ad oggi – ha proseguito – si contano 17 femminicidi nella regione, di cui gli ultimi due nel 2023. E poi ci sono le violenze sessuali che contano numeri importanti, senza riferirsi al cosiddetto ‘numero oscuro’ rappresentato dalla miriade di episodi di soprusi e violenze che subiscono le donne e che non vengono denunciati alle autorità per paura, pudore, sudditanza. Ma che chiariscono quanto sia diffuso in Calabria un fenomeno che riflette il retaggio arcaico che vuole la donna succube del maschio».

Mancuso ha ribadito «la disponibilità del Consiglio regionale a mettere a disposizione, in questa battaglia di civiltà, le proprie prerogative legislative», ma auspica «che ogni impegno su questo fronte possa trasformarsi in azioni tangibili. Come il ‘Protocollo d’intesa’ sostenuto da questa Presidenza, da sottoscriversi nei prossimi giorni fra l’Aterp (Azienda per l’edilizia residenziale pubblica della Regione) e l’Osservatorio del Consiglio, per offrire soluzioni alloggiative alle donne vittime di violenza e ai loro figli, prevedendo la loro collocazione e il recupero di una quotidianità lontana dagli abusi».

«L’obiettivo – ha concluso – è mettere a sistema un percorso virtuoso, per scongiurare tragedie familiari e dare continuità all’azione a tutela delle donne.  Dobbiamo esigere un impegno deciso da parte di chi ha il potere di fare cambiamenti significativi». (rrc)

La calabrese Gimigliano racconta la sua storia di violenza su Rai Tre

«Partendo dal mio vissuto con una neoplasia ho pensato che violenza sul corpo di una donna non fosse solo quella di un uomo, ma anche quella di un tumore, che genera gli stessi effetti devastanti e che, comunque, lascia cicatrici e segni indelebili, nel corpo e nella mente», lo ha detto la catanzarese Donatella Gimigliano, Presidente dell’Associazione Consorzio Umanitas, ideatrice, autrice e produttrice del programma tv “Women for Women against Violence – Camomilla Award”, che andrà in onda su Rai Tre il 24 novembre alle 23.10 alla vigilia della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle donne.

Giunta alla sua quarta edizione televisiva Women for Women è una kermesse unica che unisce due grandi temi del mondo femminile: la violenza di genere e quella del tumore al seno. Quasi sempre si parla di chi muore e non ce la fa, Women for Women, attraverso testimonianze autentiche, parla invece di vita e dà voce alla forza delle donne che non smettono mai di combattere e che vincono ogni giorno, e lo fa raccontando anche il difficile percorso di rinascita che tante affrontano in solitudine, offrendo un messaggio di speranza e incoraggiamento: da un vissuto di violenza – qualsiasi essa sia – si può uscire. Donne unite per le donne anche per ricordare che ogni anno in Italia oltre 100 donne vengono uccise da uomini che, quasi sempre, sostengono di amarle, e per inoltre ricordare che il tumore al seno, nel nostro Paese, è il big killer più letale e più frequente del genere femminile e principale causa di mortalità oncologica. Violenza che, per una donna, non è soltanto una minaccia di morte, ma anche una ferita all’immagine di sé, alla propria femminilità, sessualità e maternità.

L’evento tv sarà presentato da Arianna Ciampoli e Beppe Convertini, per la regia di Antonio Centomani. Sul palco di questa edizione le luci dei riflettori si accenderanno per ascoltare le storie della “mamma” di Miss Italia, Patrizia Mirigliani, di Nicolò Maja, giovane orfano del femminicidio, di Antonietta Tuccillo, una combattente che ha trasformato la malattia in creatività diventando stilista. La storia di Antonietta darà lo spunto per introdurre uno studio sulla “tossicità economica del tumore”, realizzato da Lucio Fortunato, primario di senologia del San Giovanni di Roma. La kermesse ospiterà anche due donne, già presenti nella precedente edizione, che racconteranno il loro “giorno dopo”: Carolina Marconi, che aveva già lanciato il tema dell’oblio oncologico, e Filomena Lamberti, sfregiata con l’acido dal mario, che è rinata grazie anche all’importante contributo raccolto dalla testata “La 27 Ora” del Corriere della Sera che, rappresentato dal responsabile della redazione romana, Giuseppe Di Piazza, riceverà dalla donna il Camomilla Award, scultura realizzata dal maestro orafo Michele Affidato.

Riceveranno il premio (che si ispira alle virtù terapeutiche del fiore di camomilla), tra gli altri, il conduttore televisivo di TV Talk, Massimo Bernardini, la giornalista sportiva Greta Beccaglia, la conduttrice Samantha De Grenet, testimonial della Fondazione Veronesi, Daniele Angelo Giarratano e Gianfranco Natelli dell’Arma dei Carabinieri, per aver salvato la vita di una donna sequestrata dal compagno e che aveva chiesto aiuto con il segno internazionale signal for help, il Direttore de Il Messaggero, Massimo Martinelli, per la rubrica “Mind the gap”, la straordinaria vocalist Silvia Mezzanotte, e la trasmissione di Mediaset “Le Iene”, rappresentata da Nina Palmieri e Filippo Roma. Tra gli ospiti speciali la conduttrice Francesca Ceci, il flautista Giuseppe Mario Finocchiaro, e il violinista elettrico dall’archetto luminoso, Andrea Casta, che affiancherà la vocalist Serena Menarini, nell’esibizione di una emozionante “The Lord’s Prayer”, preghiera del “Padre Nostro” in lingua aramaica orientale.