di FRANCO BARTUCCI – Gerardo Sacco, il noto orafo crotonese, ha parlato di se stesso in una lezione agli studenti dell’Università della Calabria, iscritti al corso di laurea in Scienze Pedagogiche del prof. Mario Caligiuri. La pedagogia del fare: la creatività umana ai tempi dell’intelligenza artificiale, questo il tema del seminario che si è tenuto nell’aula “Nettuno”, a piano terra di in uno dei cubi del complesso universitario di Arcavacata di Rende.
Gerardo Sacco ha raccontato agli studenti il valore pedagogico della sua attività e del suo percorso di vita, sottolineando alcune delle tappe che hanno segnato la sua carriera e quegli incontri speciali con i giganti del mondo del cinema, del teatro e della moda.
Ad introdurre i lavori è stato Mario Caligiuri, Coordinatore del Corso di Laurea che ha introdotto così il maestro: «Va posto in risalto l’importanza del valore delle persone e il significato di un termine fondamentale: il merito, ovvero valorizzare tutte le nostre capacità individuali, che è forse l’unica possibilità di ascesa sociale dei figli delle famiglie più deboli».
«La prima e più potente forma di educazione è l’esempio, sia privato che pubblico – ha aggiunto –. La presenza di Gerardo Sacco dimostra che, anche partendo dal centro storico di Crotone di 70 anni fa, pur avendo perso il papà da ragazzino, si può a diventare uno degli orafi più importanti d’Italia e, di conseguenza, del mondo. Come ci è riuscito? Puntando sui sogni, sulla fantasia. Non ha svolto dei corsi di studio regolari, ma ha recuperato quel ritardo nell’istruzione puntando su lui stesso, sulla creatività, puntando sui valori della sua famiglia, della nostra storia e della nostra identità, che Gerardo Sacco ha impersonificato con la sua vita e la sua arte la grande cultura della Magna Grecia e delle tradizioni del nostro grande Sud».
Gerardo Sacco ha, quindi, raccontato la sua esperienza di vita, interagendo molto attivamente con gli studenti che hanno ascoltato con grande attenzione le sue parole. Agli studenti ha invitato, e dimostrato, di credere in loro stessi, di svolgere bene il proprio lavoro, di seguire le proprie passioni, di non pretendere le soluzioni dagli altri, di affrontare le difficoltà ricercando le energie dentro di sè, di coltivare gli affetti familiari. Della moglie, a cui intende dedicare un fondazione, ha detto: «è scomparsa ventisei anni fa ma è sempre dentro di me». Ha ricordato la sua difficile infanzia con i compagni di giochi molti dei quali purtroppo hanno sperimentato vicende criminali.
Curiosa la risposta che il maestro ha dato dopo una domanda posta da una giovane studentessa di Santa Severina, splendido borgo calabrese che il maestro conosce molto bene: «Cosa avrei fatto se non avessi intrapreso la carriera di orafo? Devo dire che fin da piccolo, in occasione della Festa della Madonna di Capocolonna, c’erano sempre delle figure a guardia del Quadro sacro che mi hanno sempre affascinato: i carabinieri. Li ho sempre visti eleganti, sicuri e simbolo della legalità. Ecco, forse sarei stato proprio un carabiniere, chi lo sa…». (fb)